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Autore: Stillathogwarts    05/09/2022    1 recensioni
Hogwarts, ultimo anno di scuola dopo la guerra.
Due diari gemelli, due anime spezzate dalla guerra che trovano conforto l'uno nell'altra, nella garanzia dell'anonimato.
Hermione Granger torna al castello per completare gli studi e come lei, molti studenti che non hanno potuto sostenere i M.A.G.O. durante il regime dei Mangiamorte fanno altrettanto.
Per ordine del Wizengamot, Draco Malfoy e altri Serpeverde sono obbligati a ripetere il settimo anno come condizione per essere reintegrati in società.
I docenti elaborano un programma per incentivare la cooperazione tra Case, dando il via alla formazione di nuove amicizie e nuovi legami che sfidano i dissapori passati e gettano le basi per un futuro migliore, nei confronti del quale il mondo magico nutre profonde speranze.
Il tutto mentre una nuova minaccia incombe sul castello e mina l'equilibrio appena ristabilito dopo gli eventi orribili della guerra e i buoni propositi degli studenti.
| DRAMIONE (slow burn) | Personaggi leggermente OOC
Genere: Angst, Dark, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Blaise Zabini, Draco Malfoy, Ginny Weasley, Harry Potter, Hermione Granger | Coppie: Draco/Hermione
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Più contesti
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CAPITOLO 3
Cambiamenti





 
 
Hermione

 
«È assurdo!», sbottò Seamus, lasciando cadere sul tavolo i libri che aveva recuperato dagli scaffali della biblioteca.
Hermione gli rivolse un’occhiataccia, ma non dovette dire nulla perché Madama Pince, attirata dal tonfo causato dal gesto del Grifondoro, intervenne al posto suo, rimproverandolo prontamente.
«È una biblioteca questa, signor Finnigan!», trillò facendo sbucare il capo tra le mensole. «E ai libri si porta rispetto.»
«Mi scusi, Madama Pince», cantilenò lui senza alcuna traccia di sincerità.
Hermione sbuffò.
«La McGranitt e gli altri insegnanti devono essersi bevuti il cervello!» continuò poi, accomodandosi e spostando lo sguardo da un compagno all’altro.
«Coppie miste per i progetti, sedersi ai banchi accanto a qualcuno di un’altra Casa, obbligatoriamente… Insomma, non ho problemi a sedermi e collaborare con quelli di Tassorosso e Corvonero, ovviamente. Ma i Serpeverde…»
«Stanno cercando di incentivare la cooperazione tra le Case, Seamus», lo interruppe la ragazza, irritata. «E i Serpeverde fanno parte di una delle Case di Hogwarts, nel caso in cui lo avessi dimenticato.»  
«Sì, ma…»
«Escluderli non ci renderebbe migliori di quanto non lo siano stati loro finora», intervenne Harry. «Dobbiamo impegnarci per fare meglio di quanto non abbiamo fatto prima della guerra. Tutti noi. Anche loro possono cambiare, se gli diamo la possibilità di farlo.»
«Beh, non abbiamo iniziato noi l’astio tra le nostre Case, no?», insisté Seamus, sbuffando.
«Se vengono esclusi è solo colpa loro. Sono degli emeriti idioti!»
«Alcuni di loro non sono così male», lo interruppe il Prescelto, arrossendo leggermente.
Hermione non riuscì a reprimere un sorriso a quelle parole.
Harry faceva coppia con Daphne Greengrass già da una settimana e i due sembravano andare molto d’accordo. Hermione era convinta che si piacessero, ma pensava fosse troppo presto per sollevare la questione con il suo migliore amico.
Piccoli passi avanti e un passo alla volta, soprattutto.
Tutto a suo tempo.
Il loro compagno di Grifondoro esibì un’espressione scettica a quelle parole. «Voi a Trasfigurazione non siete in coppia con Pansy Parkinson!»
Dean soffocò una risata. «Ti è andata male, amico. A me è capitata Tracey Davis, non parla molto, ma è tranquilla.»
«Hermione, tu stai con Zabini, vero?», chiese allora Seamus. «Dimmi che almeno lui è uno stronzo.»
La ragazza rise. «No, sei stato l’unico sfigato, mi dispiace. Blaise è, in realtà, uno spasso.»
«Beh, vedi di arrivare presto a Pozioni, allora. Perché se arrivo prima di te e Lumacorno aderisce a questa iniziativa, te lo soffio e con la Parkinson ci stai tu in quella materia.»
«Non se ne parla», asserì lei, convinta. «A me darebbe il tormento molto più di quanto non faccia con te.»
«Chi primo arriva meglio alloggia, Hermione.»
§
«Quindi, Ron non sa che ti vedi con Blaise», dedusse Hermione mentre si recavano presso il bagno dei Prefetti per fare un bagno.
Ginny scosse il capo.
Era diventata Prefetto quando Hermione aveva ottenuto il ruolo di Caposcuola, mentre Harry aveva sostituito Ron, mantenendo anche la carica di Capitano della squadra di Quidditch.
Non c’era nessuno a protestare per il titolo perso, dal momento che i Mangiamorte avevano abolito il Quidditch l’anno prima.
«Non vedo perché dovrei dirglielo. Insomma, siamo solo amici e lui ne farebbe una tragedia.»
Un sorrisetto malizioso comparve sul viso di Hermione a quelle parole. «Sì? Solo amici?»
«Giuro. L’anno scorso, Blaise mi ha coperta con i Carrow più di una volta e nel frattempo ci siamo avvicinati, ma non sono sicura che sia abbastanza affinché Ron gli dia una possibilità come persona.»
«È simpatico, Zabini», disse Hermione sprofondando nell’acqua calda e schiumosa dell’enorme vasca al centro della stanza. «Sono in coppia con lui nelle ore di Trasfigurazione.»
«Sì, già lo scorso anno sembrava aver accantonato i suoi pregiudizi da Purosangue snob, quest’anno poi… Insomma, li ha completamente superati ora. Ha detto che la guerra ha aperto gli occhi a molti di loro, sebbene alcuni fatichino ancora ad accettarlo o ad abbandonare le vecchie abitudini.»
Hermione scrollò le spalle. «Altri invece non le supereranno mai, temo. Tipo la Parkinson.»
Ginny annuì. «Non so come si possa essere così ottusi. Perché è qui, tra l’altro?»
«Harry pensa che sia tornata nella speranza di riuscire a recuperare la sua presa su Malfoy.»
«Sul suo patrimonio, vorrai dire», precisò la rossa.
Una smorfia comparve sul viso di Hermione a quelle parole.
«La loro politica è veramente disgustosa e retrograda.»
«Ti sorprende?», le chiese l’amica, sollevando un sopracciglio.
Hermione scosse il capo. «Purtroppo, no.»
«Non l’ho vista molto attorno a Malfoy, però», considerò Ginny, mentre giocava distrattamente con le bolle di sapone che si levavano dalla vasca.
«Pare che abbia chiuso con lei a metà dell’anno scorso e che da quando siamo tornati non faccia che evitarla», aggiunse poi, ripetendo le parole che aveva sentito dire qualche giorno prima a un gruppo di ragazzine pettegole del quinto anno.
«Draco è strano, quest’anno», commentò Hermione sovrappensiero. «Intendo, più del solito. È come se avesse smarrito sé stesso all’inizio del sesto anno e ora stesse cercando di ritrovarlo in qualche modo. Ha quello sguardo un po’ perso…»
«Perché credi che abbia allontanato la Parkinson?» indagò Ginny. «Insomma, non è che abbia molti amici… è sempre da solo, per i fatti suoi. Non ha nemmeno tentato di riavere il suo posto da Cercatore nella squadra di Quidditch.»
Hermione fece spallucce. «Chi potrebbe dirlo? Cosa sappiamo veramente di Draco Malfoy per poter fare delle supposizioni?»
La rossa le rivolse un sorrisetto beffardo. «Sappiamo che ti fissa continuamente mentre crede di non essere visto.»
La compagna di Casa scoppiò a ridere. «Stai insinuando che Malfoy possa avere un qualsiasi tipo di interesse verso di me adesso, Ginny?»
Lei scrollò le spalle. «Non si sa mai, di questi tempi. Hai visto Harry e la Greengrass?»
«Per favore», la interruppe Hermione, ridendo. «Malfoy potrà anche aver abbandonato alcuni dei suoi vecchi modi, ma non ci vedrai mai seduti allo stesso tavolo a parlare amichevolmente.»
La rossa le rivolse un’occhiata dubbiosa, ma non obiettò. «Sai se tra Harry e Daphne c’è qualcosa? Li ho visti spesso insieme in giardino, anche dopo le lezioni…»
Hermione si mordicchiò il labbro inferiore. «No, Ginny. Non so niente, mi dispiace. Ma… pensi ancora a lui?»
«No, non in quel senso… cioè, le cose si sono raffreddate dopo un anno trascorso lontani l’uno dall’altra e per via delle esperienze diverse che abbiamo fatto durante la guerra… Ma gli voglio bene, non voglio che soffra. E fidarsi di un Serpeverde non è mai facile... è praticamente un salto nel vuoto.»
Hermione annuì. «Harry sa badare a sé stesso. E posso dire altrettanto di te» rispose alludendo a Blaise, un amo a cui la piccola di casa Weasley non abboccò.
Invece, le rivolse un ampio sorriso. «Tu e Ron avete più discusso del, ehm, vostro rapporto?»
«No, credo che continuiamo ad essere entrambi d’accordo sul fatto che una relazione romantica tra noi due non porterebbe da nessuna parte», le rispose l’altra, facendosi d’un tratto pensierosa. «Ci conosciamo troppo bene e siamo troppo diversi. Siamo stati insieme per tre mesi e non è scattato nulla di tutto quello che avevo pensato sarebbe scattato tra di noi, se ci fossimo dati una possibilità.»
Ginny sospirò. «Peccato, mi sarebbe piaciuto averti come cognata.»
«Fai sempre e comunque parte della mia famiglia, per me, Ginny.»
 
***
Draco
 
Come facesse Theodore Nott a non accorgersi che Pansy fissava Draco per tutto il tempo, - anche se restava appiccicata al suo braccio -, restava un mistero per il biondino.
Lo trovava incredibilmente irritante.
C’era stato un tempo in cui Pansy era l’unica persona in tutta Hogwarts che gli piaceva veramente; un tempo in cui era stupido e viziato e indossava un paraocchi che gli impediva di osservare la realtà e di interpretarla correttamente, per quello che era veramente.
Quel paraocchi era andato distrutto tempo prima, quando si era reso conto di cosa significasse davvero essere un Mangiamorte e di quanto l’ideologia purosanguista fosse sbagliata, di quanto male quelle convinzioni bigotte ed errate avessero causato e di quanto lui stesso fosse stato un idiota a crederle vere e a rendersene prosecutore.   
Ma Pansy Parkinson non faceva parte dell’elenco dei figli dei Mangiamorte che avevano riconosciuto gli sbagli dei propri padri e se n’erano dissociati; i precetti con cui era stata cresciuta erano rimasti ben radicati in lei, non aveva mai vacillato, né prima, né dopo, né durante la guerra.
Draco l’aveva lasciata una sera in cui non era stato più in grado di sopportare il tono carico di orgoglio con cui parlava del Marchio sul suo braccio.
Aveva notato, durante un momento di improvvisa realizzazione, che Pansy amava di lui tutto ciò che lui odiava di sé stesso; aveva realizzato che, nonostante gli anni trascorsi assieme, la ragazza non si era minimamente accorta di quanto lui stesse male, di quanto stesse soffrendo in realtà. Aveva capito che per quanto a Pansy Parkinson potesse importare di lui, ci sarebbe stata una cosa, sopra a tutto il resto, di cui le sarebbe sempre importato di più: i suoi soldi, il suo lignaggio.
Perché lei non era come la persona che gli scriveva nel diario e che a quel tempo ancora non sapeva fosse Hermione Granger.
Pansy non lo avrebbe mai messo al primo posto e restare con lei avrebbe significato arrendersi a un futuro caratterizzato da rapporti freddi e distaccati, puramente politici, senza alcun tipo di supporto emotivo reciproco. Perché le emozioni erano debolezze nel loro mondo e in quanto tali dovevano essere soppresse.
Pansy era come tutte le altre ragazze Purosangue che aveva sempre avuto attorno, che erano state cresciute come lui e con valori distorti dai quali lui si stava progressivamente e rapidamente allontanando.
E non poteva restare al suo fianco.
Perché lui voleva di più, voleva di meglio.
E anche perché lei non avrebbe mai accettato le sue nuove posizioni e lui non sarebbe mai tornato indietro da quella scelta.
Era l’unica scelta giusta che avesse mai fatto in vita sua.
Pansy ci aveva impiegato un po’ prima di arrendersi con lui, ma alla fine i suoi genitori dovevano averle fatto pressioni e aveva dovuto cercare un altro candidato da sposare un giorno, perché al suo ritorno a Hogwarts, Draco l’aveva trovata a braccetto con Theodore Nott.
La famiglia Nott era caduta molto più in basso dei Malfoy nel dopoguerra.
Nott Senior non era tra coloro che erano fuggiti quando Potter si era rivelato ancora vivo e neanche tra quelli che avevano deposto le armi e si erano rifiutati di combattere al fianco di Voldemort. Era stato arrestato dopo la Battaglia di Hogwarts e condannato alla prigione a vita. I Nott avevano perso gran parte dei loro averi per ripagare i danni di guerra e non erano mai stati ricchi quanto i Malfoy, per cui l’impatto della condanna sul loro patrimonio era stato ingente.
Draco aveva udito da voci di corridoio che Pansy avesse messo prima gli occhi su Zabini, ma che il ragazzo non le avesse affatto dato corda; tornando a Hogwarts, il biondino aveva capito perché: Blaise e le Greengrass erano tra i pochi Serpeverde che avevano dichiarato pubblicamente di non condividere le azioni e gli ideali dei propri genitori e di volersi distaccare da essi e dalla loro immagine.
Era stato facile per la gente credere alla loro buona fede; loro non avevano il Marchio Nero impresso sull’avambraccio, non avevano attirato molta attenzione quando avevano sbeffeggiato qualcuno a Hogwarts durante i primi anni di scuola, non avevano aiutato i Mangiamorte ad entrare nel castello.
Draco sbuffò e lasciò cadere la sua forchetta nel piatto, senza preoccuparsi minimamente del tintinnio che l’impatto avrebbe prodotto.
Che senso aveva preoccuparsi delle proprie maniere, quando tutti lo giudicavano comunque una persona negativa, qualcuno da cui tenersi alla larga?
Si alzò scocciato e irritato dal suo posto al tavolo dei Serpeverde, dove sedeva un po’ isolato dal resto dei compagni di Casa, per poi lasciare la Sala Grande a grosse falcate.
Non ne poteva più di sentire lo sguardo di Pansy su di sé, che lo fissava avida e come se non fosse altro che un pezzo di carne; una volta realizzato che la Granger non era più seduta al tavolo dei Grifondoro, comunque, aveva perso qualsiasi parvenza di appetito, per cui indugiare oltre non aveva alcun senso.
Durante il pasto era stato così immerso nei suoi pensieri da non essersi neanche accorto che se ne fosse andata.
E in quel momento era così nervoso da non essersi acconto che Pansy lo aveva seguito.
«Draco!», si sentì chiamare all’improvviso, quando era a metà strada dal suo Dormitorio.
«Draco, aspetta!»
«Che vuoi, Pansy?», domandò sbuffando, senza neanche voltarsi a guardarla o arrestare, né rallentare, i suoi passi.
«Volevo solo… Senti, mi manchi, ok?»
Il biondino alzò gli occhi al cielo. «Nott ti ha regalato qualcosa al di sotto delle tue aspettative per il tuo compleanno?»
«E questo cosa vorrebbe dire?», ribatté lei con un acuto. «Non dirmi che sei geloso.»
Draco si arrestò di colpo e si lasciò andare ad una risata sardonica. «Non sono geloso, Pansy. Sto semplicemente constatando dei fatti.»
La ragazza sbuffò e incrociò le braccia al petto. «Non dev’essere così tra noi, sai? Ho capito che davanti al resto del mondo fingi di essere cambiato, ma con me non devi farlo. Puoi essere te stesso. A me piaci così.»
Le sopracciglia del biondino si sollevarono all’insù.
«Io non sto fingendo», le disse gelido. «E tu non sai niente di quello che sono veramente.»
La risata stridula di Pansy lo costrinse a voltarsi nuovamente verso di lei. «Ti sono stata a fianco per anni, Draco.»
Draco si inumidì le labbra e assottigliò gli occhi. «Non sono più quella persona.»
«Certo», commentò lei ruotando gli occhi, poi iniziò a guardarlo lasciva. «Smettila di negare con me, Draco… Non ne hai bisogno, non ne hai mai avuto bisogno… sai che so come farti stare bene.»
Gli si avvicinò e fece scivolare le mani sul suo petto; si alzò sulle punte, sorridendo quando vide il volto del biondino andarle incontro, tendersi verso di lei, farsi strada tra i suoi capelli, fino a raggiungere il suo orecchio.
«Tieni il tuo culo opportunista lontano da me, Pansy», sibilò freddamente Draco, poi arretrò bruscamente e riprese a camminare così velocemente che, quando Pansy si fu riscossa dalla delusione che quelle parole le avevano causato, lui era già sparito dalla sua visuale.
§
Entrò nel Dormitorio dei Caposcuola sbuffando sonoramente e lasciando che la porta sbattesse alle sue spalle.
Era ancora irritato per via della sua conversazione con Pansy quando un urletto spaventato e il rumore di una tazza che si infrangeva sul pavimento lo fecero sobbalzare.
Draco alzò lo sguardo e la vide lì, in piedi davanti a sé, che dava le spalle alla finestra.
Si pietrificò all’istante.
La Granger lo fissava con gli occhi sgranati e con la bacchetta sguainata, puntata dritta contro di lui.
Draco sbatté le palpebre per qualche istante, spiazzato, poi alzò le braccia e le mostrò i palmi delle mani in segno di pace.
«Malfoy, dannazione!» esclamò lei sospirando e mettendo via la bacchetta. «Non sbucarmi alle spalle in quel modo!»
La ragazza si piegò sulle ginocchia e aggiustò la tazzina con un Incantesimo, poi ripulì il pavimento.
«Lo sai che avrebbero potuto farlo gli elfi?» le disse in tono piatto, alzando un sopracciglio.
La Grifondoro rispose rivolgendogli un’occhiataccia.
Bella mossa, Draco”, pensò irritato da sé stesso. “Ora ti ascolterà di sicuro.
Era la prima volta che la sorprendeva da sola, nella Sala Comune di quel dormitorio che condividevano esclusivamente loro due e in cui avrebbero potuto parlare senza interferenze da parte di terzi, ed era riuscito a mandare all’aria persino quell’occasione di parlarle, dopo aver aspettato per settimane che tale circostanza si verificasse.
Decise di riprovarci.
«Non era mia intenzione spaventarti.»
Hermione scrollò le spalle e si voltò per rimettere la tazzina al suo posto.
«Vecchie abitudini.»
Dai tempi della guerra, sicuramente”, rifletté lui, ma non ribatté; invece, si limitò ad annuire.
«Senti, Granger…»
«No», lo interruppe lei sul nascere. «Non ho le forze per gestire anche te in questo momento.»
L’enfasi con cui si riferì a lui diede una stilettata al petto di Draco.
«Ne ho avute abbastanza, per oggi. Tieniti qualsiasi cosa tu voglia sputarmi contro per un’altra volta.»
E sparì dalla sua vista prima ancora di completare la frase, risalendo al Dormitorio femminile in cui il Serpeverde non avrebbe potuto accedere.
Draco imprecò e poi sospirò, scuotendo la testa esasperato.
Mi odia!” esclamò nella sua testa. “Non ce la farò mai!

 
******
 
‘È passato tanto tempo dall’ultima volta che ho parlato con qualcuno.
La gente non mi rivolge la parola. Mi evita.
Per un po’ ho provato a parlare con i miei genitori, ma parlare è inutile se dall’altra parte non c’è nessuno disposto ad ascoltare.
Non si può ragionare con loro, sono chiusi nelle loro posizioni.
Non molto diversamente da com’ero io prima della guerra, immagino, ma almeno io da tutto quello che è successo ho imparato qualcosa.
Loro no.
I miei genitori non accetteranno mai la mia decisione di non seguire più la linea purosanguista.
Credono che sia solo una fase transitoria dovuta al trauma della guerra, ma io sono sicuro che non sia questo il caso.
Perché non potrei mai tornare indietro, non dopo tutto quello che ho visto e vissuto.
Non dopo aver capito come stanno veramente le cose.
Allora, alla fine, ho smesso di parlare anche con loro.’


(Dal diario di Draco, dopo il ritorno a Hogwarts nel dopoguerra.)
   
 
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