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Autore: Lella73    06/09/2022    9 recensioni
Ho sempre sognato di poter offrire un'opportunità di vivere la propria felicità ai personaggi che ho sempre portato nel cuore. Vi propongo quindi la mia storia, che intrecciandosi alla trama nota che tutti amiamo, lascia tuttavia la porta aperta ad altri sviluppi...
Genere: Azione, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alain de Soisson, André Grandier, Oscar François de Jarjayes, Victor Clemente Girodelle
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
Capitoli:
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Capitolo 3 - Cena di Gala

Il pomeriggio stava volgendo verso il tramonto. L'ampio spiazzo della caserma era immerso in una luce dorata. Oscar scese dal suo cavallo e guardò i soldati fare altrettanto, poi lasciò le redini di César ad André: l'avrebbe sistemato lui nelle scuderie, come sempre. Attraversò lo spiazzo a passo sostenuto verso l'ingresso, ma arrivata ai pochi gradini antistanti il portone si sentì come un peso in mezzo al petto. Tutto le costava più fatica ultimamente. Cercò di respirare a fondo, ma era come bere da un bicchiere vuoto. Si sedette su un gradino. "Solo per un attimo…" pensò "... solo un attimo, per riprendere fiato…". Chiuse gli occhi cercando di respirare. Sentì una mano appoggiarsi sulla spalla sinistra: aprì gli occhi e alzando lo sguardo incontrò gli occhi di Alain. La sua mano enorme le copriva interamente la spalla. L'ultima volta che aveva alzato una mano su di lei era stato per colpirla. Ora invece riconosceva in quel contatto un gesto di affetto e di intima amicizia. "Non state bene comandante" le disse Alain. Oscar non rispose. Alain strinse appena la sua spalla, come a volerla accarezzare in silenzio. "Dovreste dirglielo. Dovreste dargli l'opportunità di venirvi a prendere e portarvi via da dove state andando…". Oscar nuovamente non rispose. Guardò in avanti, verso il tramonto. Quella mattina all'alba si era svegliata fra le braccia di André e aveva pensato di non voler morire. Sei mesi, se non si fosse curata, le aveva detto il medico. Aveva sentito il respiro leggero del suo uomo contro la nuca, mentre teneva stretta al seno la sua mano. "Non voglio morire adesso" aveva pensato. Si sarebbe curata. Avrebbe mangiato. Si sarebbe riposata. Non avrebbe lasciato André. "Sono solo stanca Alain" mormorò Oscar. Alain sorrise con amarezza e fece per ritirarsi, precedendo gli altri verso le camerate. Dopo pochi metri si volse e guardò il profilo sottile del suo comandante stagliarsi contro la luce del tardo pomeriggio. Tornò sui suoi passi e le porse la mano. Oscar gli sorrise e accettò il suo aiuto; Alain pensò che la sua mano era davvero piccola stretta nella propria. Avrebbe voluto trattenerla ancora solo un istante, ma non lo fece. Oscar si alzò e percorse con lui il corridoio dalle ampie finestre inondato di luce. 

Poco prima di raggiungere la porta dell'ufficio, furono raggiunti da un giovane alto e dinoccolato; era privo di grazia, sui quattordici anni, con pelle butterata e occhi rotondi, ma la divisa era impeccabile. "È uno dei cadetti agli ordini di mio padre" disse Oscar, riconoscendo l'uniforme. Il giovane chiese con un tono troppo squillante chi fosse Oscar Francois de Jarjayes. Alain lo apostrofò a voce alta: "Secondo te chi sarà, zucca vuota!". Era quasi minaccioso: il busto sporto in avanti, un braccio sollevato col pugno chiuso… Il giovanotto fece un passo indietro, titubante. Oscar sorrise e prese dalle sue mani la busta che questi non si decideva a consegnare, sfilandogliela dalle dita. "Vai!" gli ordinò. Il ragazzetto fece qualche passo a ritroso, poi corse via. Oscar lo guardò correre e non potè fare a meno di notare che pressapoco a quell'età lei era già capitano delle guardie di Sua Maestà; aprì la busta e lesse velocemente. "Stasera c'è una cena di gala a palazzo Jarjayes" mormorò "saranno presenti diversi alti ufficiali. È richiesta la mia presenza.". Guardò Alain senza aggiungere altro. Questi le sfiorò appena un braccio. "Tranquilla comandante. Lo dico io al vostro bello!", le voltò le spalle e se ne andò senza aspettare risposta.

Oscar entrò nel suo ufficio e si sedette alla scrivania. La sua famiglia non era mondana. Gli eventi a casa Jarjayes erano sempre stati rari e organizzati con scrupoloso anticipo. Perché questo invito a comparire le era stato recapitato con così poco preavviso? E perché il tono della missiva dava più l'idea di un ordine che di un invito? Oscar abbassò la testa e si premette i palmi delle mani sugli occhi.

 

Dopo aver rischiato la vita nell'attentato in cui era stato colpito al posto del generale Bouillé, il generale Jarjayes aveva improvvisamente iniziato a dubitare della propria scelta di aver cresciuto Oscar come un figlio maschio. Mosso da scrupoli di coscienza aveva tentato di parlarne con lei e Oscar, che aveva sempre amato con devoto rispetto i genitori, l'aveva rassicurato, dicendogli che era contenta della vita che conduceva e che aver ricoperto mansioni tipicamente maschili le aveva concesso una libertà che a tutte le altre donne era stata sempre assolutamente preclusa. Nel momento stesso in cui aveva parlato al padre con tanta franchezza, Oscar aveva saputo di aver sbagliato a offrire la propria sincerità. Il generale non stava infatti dimostrando alcun rimorso nei suoi confronti, semplicemente aveva sentito la necessità di sistemare questa figlia la cui libertà lo stava preoccupando.

Con i palmi ancora premuti sugli occhi, Oscar ripensò a un giorno di tanti anni prima, quando, appena adolescente, il generale l'aveva schiaffeggiata e poi gettata giù dalle scale di palazzo Jarjayes per costringerla a obbedire alla sua volontà riguardo alla divisa da comandante delle guardie reali. Ripensò agli schiaffi e alle umiliazioni verbali subite da ragazza, quando già colonnello aveva tentato di indagare i sentimenti del popolo nei confronti della famiglia reale… ripensò a come il generale si fosse vantato della formazione che le aveva fornito anziché cercare di proteggerla e dissuaderla quando, giovanissima e impetuosa, aveva accettato una sfida a duello con la pistola. Ripensò a come aveva imparato presto, da bambina, a non esprimere opinioni o preferenze e a nascondere i momenti allegri passati giocando con André per evitare dure punizioni corporali. Non le era mai stato permesso di mostrare di amare giocare o divertirsi, né di indugiare in attività considerate femminili: era stata schiaffeggiata e punita perché scoperta a farsi pettinare i capelli dalla madre… Ricordava ancora l'espressione atterrita della contessa, impotente, mentre il generale trascinava la figlia per un braccio… la stessa espressione atterrita di André tutte le volte che l'aveva vista subire senza poter fare niente per lei… 

Oscar si alzò e andò alla finestra. In quell'orario del giorno la luce era così intensa da ferire gli occhi. Il sole ormai basso lanciava ombre lunghe su tutto ciò che toccava, ma i suoi raggi erano ancora forti e chiari. Oscar si massaggiò una tempia con la punta delle dita. Conservava ancora sulla coscia sinistra il segno indelebile di una scudisciata ricevuta quando a tredici anni fu scoperta a fare il bagno nel lago con André. Avevano sempre nuotato. Una volta da bambini avevano anche rischiato di annegare. Non avevano mai pensato di fare qualcosa di male. Quando suo padre, informato dal proprio valletto zelante, li aveva sorpresi André aveva cercato di difenderla, così c'erano state scudisciate anche per lui...

Oscar non si era mai lamentata, non si era mai ribellata, non aveva mai versato una lacrima se non quando certa di essere sola. Aveva sempre obbedito e aveva fatto in modo di essere il degno figlio maschio del generale Jarjayes. Era stata sempre devota e rispettosa e aveva pensato che il prezzo pagato tutto sommato non era stato poi così alto, se confrontato con la libertà che la sua vita da uomo le aveva concesso. Da adulta, finalmente,  era stato tutto meno difficile e da quando aveva lasciato la guardia reale, aveva finalmente conquistato una libertà nuova che la faceva sentire se non altro soddisfatta della vita che conduceva.

 

Quando l'avevano informata dell'attentato subito dal padre si era sentita piena di angoscia ed era corsa al suo capezzale. Voleva fare giustizia per lui, dimostrandogli le doti di soldato che le erano state così duramente inculcate, ma a quel punto suo padre aveva iniziato a insistere perché lei accettasse di convolare a nozze. Già prima dell'attentato le aveva suggerito di accettare le proposte del conte di Girodelle, poi aveva iniziato a invitare a palazzo Jarjayes giovani promettenti ufficiali e infine l'aveva praticamente obbligata a partecipare a allo stupido ballo organizzato per lei dal generale Bouillé,  a cui si era presentata in uniforme, lamentandosi di non vedere dame da far ballare, sperando, con quel gesto plateale, di aver ben espresso una volta per tutte la sua posizione riguardo alle nozze.

Aveva sempre ottemperato a ogni ordine del generale, ma questa volta non avrebbe ceduto mai.

 

Alain si stava sbarbando e lavando: il sabato veniva a trovarlo sua sorella e per lui era il momento più importante della settimana. André lo guardava divertito. Alain lo rimbrottò: "Che hai da guardare?!?". "A vederti sembra che tu ti prepari a uscire con una fidanzata anziché per vedere tua sorella!". Alain sorrise. "Diane è la cosa più bella che ho.". Si allacciò con cura il fazzoletto al collo, si sistemò la giubba e uscì. Diane era diversa da lui: minuta, graziosa, con bei capelli color miele e una pelle così chiara da far invidia alla regina. Quando veniva a trovarlo passeggiavano assieme fuori dal muro di cinta della caserma: Alain conosceva benissimo il genere di commenti lascivi a cui si lasciavano andare i compagni e non voleva che quei bifolchi guardassero la sua Diane. Non l'aveva certo cresciuta per lasciare che degli idioti puzzolenti si facessero venire in mente idee su di lei! Ogni tanto qualche commilitone usciva in cortile per guardarla dal cancello, ma Alain non permetteva ai compagni di rivolgerle la parola e gli bastava un'occhiata per farli rientrare. Solo ad André aveva permesso di conoscere Diane. Solo ad André perché era un buon amico e di lui si fidava; inoltre sapeva con certezza  che André non avrebbe mai avuto dell'interesse per Diane… 

Quando la sua sorellina aveva compiuto quindici anni Alain aveva ottenuto un giorno di licenza e aveva invitato André a casa sua. Avrebbero festeggiato assieme la piccola Diane e gli avrebbe presentato sua madre. Arrivati a casa erano stati accolti da un'atmosfera calda e famigliare. La tavola, benché povera, era stata apparecchiata con amorevole cura e avevano trovato le due donne emozionate di ricevere un ospite. Alain aveva osservato André: l'amico era decisamente quello che secondo lui poteva definirsi un vero gentiluomo. Aveva portato dei fiocchi di seta in regalo per Diane e una scatola di frutta candita per sua madre. Le aveva chiamate madame e mademoiselle e si era intrattenuto con loro in una conversazione amabile e gentile, facendole sentire lusingate e importanti. Alain aveva pensato che André fosse veramente un aristocratico mancato e che sarebbe stato molto meglio in un salotto che non fra i soldati della guardia. Aveva pensato al comandante, sempre così silenziosa, con i suoi capelli biondi e quegli occhi azzurri…  Per occhi come quelli forse anche lui avrebbe sopportato tutto quello sopportava André…

 

Il conte di Girodelle era stato sorpreso di ricevere l'invito per una cena di gala a palazzo Jarjayes. Madamigella Oscar aveva risposto con freddezza alle sue proposte e benché il generale si fosse mostrato propenso a caldeggiare un'eventuale unione, lei era stata estremamente esplicita nel respingerlo quando lui, raccogliendo tutto il suo coraggio, aveva avuto l'ardire di esternarle i suoi sentimenti. "Ebbene Girodelle, dovete dimenticarmi" gli aveva detto. Aveva poi nutrito delle speranze quando aveva saputo del ballo organizzato per lei dal generale Bouillé, ma quando madamigella aveva fatto la sua comparsa in divisa da comandante delle guardie metropolitane, aveva capito che sarebbe stato veramente difficile ottenere da lei qualsivoglia benevolenza. 

Eppure, non riusciva a dimenticare l'impeto che aveva sentito in sè quando l'aveva vista comparire all'ingresso della sala: le belle gambe inguainate negli stretti pantaloni, i capelli ribelli che le incorniciavano il viso, più biondi del grano di agosto… e quegli occhi… non era stato tanto l'azzurro intenso ad averlo turbato, ma piuttosto quello sguardo risoluto e fiero, la sfida che quegli occhi esprimevano sotto quelle lunghe ciglia… Chi avrebbe mai potuto domare questa donna? Si era chiesto. Lui. Avrebbe voluto poterla domare lui. Madamigella Oscar aveva il fascino di una creatura selvatica e lui sentiva il profondo desiderio di addomesticarla, di poter essere il solo a godere di quella forza selvaggia.

Quando il galoppino del generale Jarjayes gli aveva consegnato l'invito, il suo cuore aveva fatto una capriola. Che madamigella avesse rivisto le sue posizioni? Ripensando alla risolutezza con cui gli aveva parlato, guardandolo diritto negli occhi, aveva immediatamente dubitato che lei avesse potuto mutare la sua opinione, ma poi si era ricordato dell'entusiasmo con cui il generale aveva accolto le sue proposte e così aveva pensato che forse questi si fosse imposto sulla figlia. Madamigella Oscar aveva sempre dimostrato devozione nei confronti del padre, di certo non lo avrebbe contraddetto qualora lui le avesse imposto il matrimonio! Girodelle era persuaso che se fosse potuta finalmente essere sua, non avrebbe potuto che finire con l'amarlo. Semplicemente, se fosse finalmente diventata sua moglie, avrebbe potuto costringerla ad amarlo!

Dopo aver ricevuto l'invito, Girodelle aveva dunque immediatamente inviato il suo valletto a prendere un appuntamento con il suo  sarto personale a Parigi. Voleva apparire al meglio! Si sarebbe ritirato presto quel pomeriggio:  aveva già predisposto affinché si potesse cambiare e toelettare con cura. Il barbiere gli avrebbe rasato il viso e si sarebbe occupato dei suoi capelli, poi sarebbe uscito presto: aveva intenzione di recarsi prima alla caserma dei soldati della guardia per aspettare madamigella Oscar. Avrebbero cavalcato insieme fino a palazzo Jarjayes!

 

Alain aveva accompagnato Diane al carro che l'avrebbe riportata fino a casa. Pochi minuti e sarebbe partita. Un uomo tarchiato stava aiutando altre donne a salire sul carretto. Erano le lavandaie e le cameriere al servizio degli ufficiali in caserma. Da qualche tempo Alain aveva addocchiato una di loro: belle forme rotonde, pelle olivastra, occhi appena allungati dall'aspetto orientaleggiante… La ragazza volse solo un attimo lo sguardo nella sua direzione, ma poi lo abbassòi, pudica. Alain le guardò le morbide labbra carnose appena dischiuse. "Mmm" pensò " questa me la devo fare!". 

Il carretto partì e Alain restò per un paio di minuti a guardare sua sorella che si allontanava, con la mano alzata a salutarlo come quando era bambina, poi si avviò per rientrare in caserma. Avvicinandosi al cancello vide il conte di Girodelle arrivare. Lo riconobbe subito: era il tizio per cui il comandante si era affrettata ad accettare l'invito di Lasalle, la sera in cui erano andati tutti a bere dalla Petite Alsacienne. L'aveva vista liquidarlo almeno un altro paio di volte. Sapeva che era un colonnello delle guardie reali. Cosa voleva ancora? Si avvicinò con circospezione.

 

Oscar uscì. André le aveva già preparato il cavallo. Non lo aveva nemmeno potuto salutare. Sperò che la raggiungesse a casa più tardi. Se non l'avesse fatto sarebbe tornata in caserma. Non avrebbe trascorso la notte senza di lui a costo di andarlo a cercare nelle camerate. Quanto tempo aveva perso! Ora voleva approfittare di ogni istante.

Montò César e attraversò la piazza d'armi. Appena varcato il cancello lo vide: Girodelle, con i lunghi capelli ben pettinati e un'elegante giacca dai decori sontuosi. Oscar abbassò la testa. Sarebbe stata una serata lunga e pesante. Dalla cura nell'abbigliamento, era chiaro che il conte doveva aver ricevuto un invito a palazzo Jarjayes. Il generale aveva simpatia per lui. Oscar sospirò. Vide Alain avvicinarsi lentamente; le mani in tasca, il passo pesante… Notò che la capigliatura corvina era ben pettinata, le basette regolate, la barba rasata… La divisa era in ordine e addirittura allacciata. Di certo doveva aver visto la sorella. Sorrise con tenerezza.

Volse il capo. "Buona sera conte" disse con distacco. Alain li aveva ormai raggiunti, ma il conte, girato verso di lei, non poteva vederlo. Girodelle le offrì un sorriso speranzoso. "Madamigella Oscar, la vostra algida bellezza risplende nel tramonto!". Alain fece una smorfia infastidita. "Che cazzo è l'algida bellezza?!?" disse fra sè a mezza voce. Oscar non mostrò interesse per il complimento ricevuto. Cercò tuttavia di essere gentile: "Cosa vi porta qui fra i soldati della guardia, conte?". "Speravo di incontrare voi madamigella Oscar!" rispose Girodelle, "Cavalchiamo insieme fino a palazzo Jarjayes!". Alain socchiuse appena un occhio. E chi era questo che veniva a prendere Oscar, dopo che lei l'aveva liquidato già tante volte?!? Non si sarebbe mai permesso di essere geloso di André, ma non poteva sopportare che questo bellimbusto si presentasse a fare il cascamorto con il suo comandante! Con le mani ben affondate nelle tasche calciò forte una pietra, colpendo il posteriore del cavallo, che si impennò spaventato; il conte rischiò di venire disarcionato. Fu costretto ad aggrapparsi e finì con l'urtare forte il collo del cavallo con il viso. "Hei algida bellezza!" lo canzonò Alain "Ti si è scompigliata la parrucca!". Oscar faticò a soffocare una risata e fu costretta a mordersi un labbro. Alain le passò accanto camminando verso l'ingresso della caserma. "Passate una buona serata comandante. A domani.". La guardò dritta in faccia strizzandole un occhio. "A domani Alain" gli rispose lei, accondiscendente. "Sono brutali, questi soldati della guardia!" si lamentò Girodelle "Come potete sopportare gente come questa tutti i giorni?". "Sono ottimi ragazzi. Sono fiera dei miei uomini" rispose Oscar con serietà, prima di spronare il cavallo con decisione e partire a passo sostenuto.

 

Alain arrivò nelle camerate di malumore. Cercò André. "Hei, figlio d'un falegname! Vai un po' a casa!". André lo guardò stupito e rispose tranquillo: "Non mi è permesso presenziare alle cene di gala. Vengo prima a bere qualcosa con voi. Più tardi raggiungo Oscar.". Alain si sentiva irrequieto. Aggredì quasi l'amico: "Non andiamo a bere. Andiamo a donne. Portiamo Jacques a vedere le sciantose! Tu non puoi venire!". André rimase perplesso. "Vattene a casa!" ripeté Alain a voce alta, scandendo ogni parola. 

 

Dopo aver passato i primi dieci minuti ad ascoltare Girodelle parlare di sè, Oscar lo interruppe dicendogli che purtroppo suo padre la stava aspettando con urgenza e che per questo era costretta a lanciare il cavallo al galoppo. Non le importava che lui la seguisse, o la raggiungesse più tardi al passo per non compromettere la sua mise, le importava invece che smettesse di parlare. Non aveva mai avuto antipatia per Girodelle, ma nemmeno aveva mai cercato la sua compagnia. Era stato un buon sottoposto e un valido collaboratore, fedele e leale, ma Oscar non aveva mai inteso approfondire alcun rapporto con lui; non si poteva nemmeno dire che fossero amici: non si erano mai frequentati, né avevano mai trascorso in compagnia del tempo al di fuori dei doveri delle guardie reali.

Arrivata a palazzo Jarjayes Oscar scese da cavallo lasciando le redini in mano a un giovane stalliere. Lo guardò. André si era sempre occupato di César. Senza volere si rivolse al ragazzo troppo bruscamente: "È una bestia importante. Pretendo per lui le migliori cure!". Si avviò molto velocemente verso l'ingresso, senza guardare se Girodelle l'avesse seguita o meno. Attraversò l'atrio a grandi falcate, il cuore pesante, il respiro spezzato… sentiva la febbre montare. Non si poteva permettere di mostrare debolezza. Strinse i pugni e chiuse gli occhi un attimo prima di affrontare la lunga scalinata. Sapeva già di poter trovare il generale nel suo studio. Fece irruzione senza chiedere permesso né salutare. "Padre!" esclamò, temendo di lasciar trapelare tutta la sua esasperazione "Vi esorto nuovamente a non concedere la mia mano al giovane conte di Girodelle" fece una breve pausa "... e né a nessun altro!". Il generale si dimostrò immediatamente infastidito. "Oscar abbiamo ospiti illustri. Attendo entro breve dei generali della marina di sua maestà. Esigo che tu ti vada immediatamente a preparare come si conviene. Ho fatto acquistare per te degli abiti per l'occasione.". Oscar serrò la mascella. Per la prima volta, guardandola, il padre notò nella figlia uno sguardo diverso. Era sempre stata risoluta, ma ora aveva negli occhi un lampo di sfida che non sarebbe riuscito mai più  a spegnere. Qualcosa in lei era cambiato. Improvvisamente seppe che non sarebbe più riuscito a costringerla a seguire i suoi ordini. Tuttavia non era disposto a cedere. Decise di mostrarsi più accomodante assumendo un tono più bonario: "Suvvia Oscar! Il conte di Girodelle è un ottimo partito. … e inoltre per te è disposto a non tener conto dei pantaloni e nemmeno della tua età! Ti chiedo solo di valutarlo con attenzione. Sarei volentieri propenso a caldeggiare per questa unione!". Oscar si rese conto  che era troppo tardi per fermare la febbre; sentì il calore avvolgerle la testa e si dovette sedere. "Respira!" si impose. Il padre vide il rossore invaderle il viso e pensò di averla intimidita facendo cenno alla sua età. Oscar chiuse di nuovo gli occhi per un attimo; doveva fermarsi. "Padre, mi ritiro" disse uscendo dallo studio.

 

Oscar raggiunse le sue stanze sperando di potersi liberare immediatamente della giacca dell'uniforme, invece appena entrata si trovò davanti a tre giovani cameriere emozionate che la aspettavano accanto al guardaroba. Appesi con cura facevano bella mostra di sè due abiti femminili all'ultima moda. Sul tavolino tiare, guanti, gioielli.... una delle cameriere la invitò ad accomodarsi. Le disse che avrebbero pensato loro a lei e che sarebbe stata bellissima; doveva solo scegliere quale abito preferisse fra i due. Oscar gridò: "Fuori di qui! Tutte! Fuori!". Una provò a dirle che non si sarebbe potuta vestire da sola, ma lei le urlò di andarsene immediatamente. Si lasciò cadere sulla poltrona accanto alla porta. Le ragazze uscirono con un'espressione confusa sul volto. Oscar allungò una mano fermando l'ultima prima che se ne andasse. "Portami dell'acqua fredda. Subito!". Si tolse la giubba da comandante e gettò a terra gli stivali. Passò davanti agli abiti e ne schiaffeggiò uno con rabbia, provocando un frusciare di gonne e un tintinnare di perline.  Aspettò che la cameriera tornasse con l'acqua e la congedò bruscamente. Si bagnò le tempie e il collo e immerse mani e polsi nell'acqua fredda. Aprì la finestra cercando sollievo nella frescura della sera e si buttò sul letto. Esausta, cadde in un sonno profondo e senza sogni.

 

La carezza di una manina fresca sulla guancia la svegliò. Oscar riconobbe la nonna di André dal profumo di sapone e di vaniglia prima ancora di aprire gli occhi. "Bambina!" le disse con la sua voce dolce e chioccia, "Devi alzarti subito ora! Tuo padre si sta agitando molto! Hanno già iniziato a servire la cena! Il generale non sarà contento se non scenderai!". Oscar provava un immenso affetto misto a gratitudine per la propria governante; era la nonna di André, ma in qualche modo era come se fosse anche un po' sua nonna. Si era sempre occupata di lei con amorevole dedizione ed era l'unica persona al mondo a non avere mai avuto soggezione del padrone. L'aveva vista rispondere a tono al generale più di una volta e Oscar sapeva che non si era mai fatta scrupolo nel dirgli quanto poco trovasse sensate le sue scelte riguardo alla figlia. Benché avesse sempre desiderato che la sua Oscar fosse educata come una ragazza, non le aveva mai fatto mancare il suo appoggio nelle scelte che aveva fatto. Era stata lei a cucirle l'unico vestito da donna che avesse mai indossato ed era sempre stata lei ad accudirla le volte in cui era stata ferita.

Oscar si mise seduta. Quanto aveva dormito? Fuori era buio e la luna era già alta. Il riposo le aveva fatto bene: la febbre si era abbassata. Si sentiva meglio.

"Guarda questi abiti Oscar! Li ho scelti io sai? Non potevo credere alle mie orecchie quando il generale mi ha detto cosa voleva regalarti! Ha fatto venire qui le migliori sarte e ha fatto portare solo gli accessori più esclusivi! Ha lasciato che scegliessi io!". Oscar le voleva troppo bene per deluderla, così le disse che davvero trovava gli abiti molto belli. Le disse che si vedeva proprio che li aveva scelti lei, perché erano assolutamente perfetti! "Tuttavia" aggiunse con delicatezza "questa sera si tiene una cena fra ufficiali… e io sono un ufficiale… Metterò la mia divisa!". La governante la guardò con occhi sgranati: "Ma c'è il conte di Girodelle! Ed è elegantissimo!". Oscar le sorrise, poi le rispose: "È così elegante che basterà lui per tutti!". Si sistemò camicia e pantaloni, indossò gli stivali, quindi l'uniforme, allacciandola con cura. La governante, dispiaciuta, le disse: "Lascia almeno che ti pettini i capelli!". "Va bene" le rispose Oscar. "A tuo padre piace il conte di Girodelle…" osservò la nonna con noncuranza. "È vero" le rispose Oscar "... ma non piace a me.". L'anziana non aggiunse altro, ma fece una carezza alla sua bambina prima di congedarsi da lei.

 

Quando Oscar arrivò nel salone per la cena i commensali stavano già mangiando. Intercettò lo sguardo del generale, pieno di disappunto, certamente per il suo ritardo e il suo abbigliamento. Con rassegnazione si andò a sedere accanto a Girodelle, al posto che le era stato assegnato. Si guardò intorno: gli ufficiali presenti erano tutti alti in grado. Dall'altro lato del tavolo madame Jarjayes mangiava in silenzio. Nessuno, tanto meno il marito, aveva pensato di coinvolgerla nella conversazione. Appena seduta, Girodelle salutò Oscar cerimoniosamente; anche lui sembrava deluso che si fosse presentata in uniforme: a parte madame Jarjayes il conte era il solo in abiti civili.

Cercando di non mostrarsi troppo infastidita dalle chiacchiere di Girodelle, Oscar osservava sua madre: appena quattordicenne era stata data in sposa a un vedovo di vent'anni più vecchio di lei. Era stato certamente un matrimonio molto conveniente: benché il generale conducesse una vita austera, la famiglia Jarjayes possedeva infatti un patrimonio principesco. Madame Jarjayes era sempre stata misurata, dolce, mite. Oscar pensò di non averla vista parlare con il padre più di dieci volte in tutta la sua vita. Si chiese se le fosse mai stato concesso un gesto di vera tenerezza. Girodelle continuava a parlare. Oscar lo interruppe. "Madre!" disse "Avete avuto una buona giornata?". Madame Jarjayes le sorrise e annuì. Oscar continuò: "Siete molto elegante. Il celeste vi dona particolarmente."

Finalmente fu servita l'ultima portata. Appena fu possibile farlo, Oscar fu la prima a lasciare la sala. Ricordò che da ragazzina si affrettava a conquistare immediatamente la zona più buia del patio, perché nell'ombra nessuno faceva caso al fatto che André la raggiungesse. Finivano sempre le serate di gala assieme, ridendo degli ospiti del generale. Quella sera invece si accomodò immediatamente nell'area più illuminata e in vista: non voleva che il conte di Girodelle credesse che ci potesse essere anche solo una remota possibilità di appartarsi.

Oscar si sedette. Non voleva sprecare energie; aveva bisogno di riposare. L'indomani sarebbe andata dal dottore di famiglia. Avrebbe parlato ad André. Ci sarebbero andati insieme, dal dottore. Lei avrebbe chiesto del suo occhio. Si sarebbero aiutati e sostenuti…

Girodelle la raggiunse. Fra le mani un largo bicchiere con del cognac e un bicchierino con qualcosa di rosso che le porse dicendo: "Ecco a voi madamigella! Liquore di rose: leggero e adatto a una donna!". Oscar lo guardò infastidita. Pensò a tutti gli uomini con cui beveva o aveva bevuto. Nessuno di loro le aveva mai offerto qualcosa di diverso da quello che bevevano loro stessi. Con André aveva condiviso sempre qualsiasi cosa… liquori, vino, birra… e anche tè e cioccolato o semplicemente acqua. Avevano condiviso persino bicchieri, boccali e bottiglie… Con il conte di Fersen aveva passato tante piacevoli serate sorseggiando cognac e conversando di attualità, storia, musica, letteratura… Quando accettava di fermarsi a bere qualcosa nelle osterie con i soldati della guardia dopo turni pesanti, i suoi uomini le offrivano birra. La stessa che bevevano loro. Ricordò le serate di gala a cui aveva presieduto a corte; dopo cena sua maestà re Luigi XVI le aveva sempre fatto servire cognac così come agli altri gentiluomini. 

Oscar guardò in faccia Girodelle che continuava a porgerle il piccolo bicchiere. Gli fece un gesto di diniego con la testa senza aggiungere altro. Il conte appoggiò imbarazzato il bicchiere sulla balaustra. "Non amate il liquore di rose?". Oscar gli rispose con freddezza: "Sua Maestà il Re mi offre cognac."

Girodelle prese posto accanto a lei. "So che mi avete raccomandato di dimenticarvi, ma non posso!". Oscar lo fissò esasperata. Il conte proseguì: "Questo invito mi ha fatto capire tuttavia che vostro padre invece sarebbe favorevole a una nostra eventuale unione… Madamigella Oscar... Oscar… mi concedete di chiamarvi per nome?". Oscar inarcò le sopracciglia: "Perché no?! Ci conosciamo da tanto dopo tutto!". "Oscar… Oscar…" ripeté Girodelle. Lei si chiese come fosse possibile che il conte non avesse colto il sarcasmo della sua risposta. "Oscar, cara, sapete… ho una carriera avviata come colonnello delle guardie reali, godo di una buona posizione a corte e la mia famiglia conta su un cospicuo patrimonio… sono titolare di una rendita importante… potreste vivere nell'agiatezza!". Cara? Oscar lo guardò a bocca aperta: era stata lei a fargli avere la nomina a colonnello di cui si stava vantando, raccomandandolo alla corona quando aveva lasciato le guardie del re! Inoltre registrata come unico figlio maschio del generale Jarjayes era unica erede dell'immenso patrimonio della sua famiglia. Suo padre si era addirittura preoccupato di procurarsi una bolla reale da allegare ai documenti per la successione affinché nessuno potesse impugnare i diritti di questo "figlio"! Oscar pensò che in realtà era una donna molto ricca e che questa eventuale unione sarebbe stata certamente più proficua per lui che per lei! Guardò di nuovo il conte. Girodelle scambiò la sua espressione di stupore per interesse e continuò con entusiasmo a parlare di sè. Oscar pensò che anziché proporsi per un matrimonio sembrava voler vendere se stesso.

Non ascoltò più nemmeno una parola. Il suo pensiero era ormai volato ad André. Lui non aveva mai cercato di venderle proprio niente. Le aveva semplicemente offerto tutto se stesso e niente di meno. 

 

André arrivò a palazzo Jarjayes piuttosto presto e per prima cosa andò a controllare César; era una bestia speciale e aveva bisogno di più cure degli altri cavalli. Prima di lasciare la caserma aveva tolto la divisa, si era rinfrescato e sistemato e aveva indossato abiti civili: se Oscar si fosse liberata in fretta dalle incombenze della cena di gala, avrebbero potuto passare un po' di tempo nell'ombra a ridere degli ospiti del generale, come facevano quando erano ragazzi. 

Aveva cavalcato con calma verso casa, chiedendosi il perché dello strano comportamento di Alain. Erano sempre usciti insieme. Chissà come mai gli aveva detto che non poteva unirsi ai compagni.

Aveva strigliato César e gli aveva offerto qualche pezzo di mela. Il nuovo stalliere non aveva sistemato abbastanza fieno e se ne occupò lui.

Quando si avviò verso la casa era ormai buio. Vide il patio illuminato a giorno. Presto gli ospiti sarebbero usciti per accomodarsi al fresco. Avvicinandosi scorse la figura esile di Oscar uscire per prima. Gli si scaldò il cuore. Pensò si andasse a sistemare nel solito angolo buio e stava per raggiungerla, invece la vide accomodarsi nella zona più illuminata. Dopo un attimo vide Girodelle seguirla e offrirle qualcosa che lei rifiutò. Girodelle… ancora… doveva immaginarlo… era veramente un ottimo partito… il generale non si sarebbe arreso tanto in fretta… 

Ecco perché Alain l'aveva spedito a casa così bruscamente! Doveva averlo visto… Girodelle doveva certamente essere passato a prendere Oscar in caserma…

Preso dall'ansia entrò in casa, non visto. Non seppe perché lo fece, ma non si recò nella propria stanza. Andò invece diritto nelle stanze di Oscar. 

Entrando pensò che gli sarebbe scoppiato il cuore: anche nella penombra della sera infatti non potè non notare le sagome chiare dei due abiti da donna appesi al guardaroba… Si avvicinò e li toccò. Subito un frusciare di sete accompagnò il suo gesto. Il generale faceva sul serio… voleva maritare la figlia… Gli abiti doveva certo averli fatti ordinare lui…

Anche se si era dovuto sforzare per metterla a fuoco, era tuttavia certo che Oscar indossasse l'uniforme  quando l'aveva vista nel patio: ricordava il suo profilo sottile e le lunghe gambe inguainate nei pantaloni. Significava se non altro che si era rifiutata di obbedire al padre per quella sera…

André andò alla finestra e scostò le tende. Poteva vedere Oscar, pur con la difficoltà che il suo occhio gli imponeva. Girodelle le era accanto. Pensò a lei… alla sua Oscar… pensò alle sue labbra sulle proprie e a com'era morbida la sua pelle quando l'accarezzava. Pensò a come chiudeva gli occhi buttando la testa indietro nel momento del piacere, quando si amavano… Pensò che se un altro uomo l'avesse potuta baciare e accarezzare, se un altro uomo avesse potuto prenderla, lui l'avrebbe ucciso o sarebbe morto. 

Si passò una mano fra i capelli. Oscar aveva sempre cercato di compiacere il padre. In ogni cosa. Nonostante il generale non avesse fatto altro che trattarla duramente tutta la vita, lei lo aveva sempre amato con devozione.  E se non fosse stata in grado di opporsi?

Si sforzò di guardare meglio. Era difficile mettere a fuoco. La luce sul patio, tuttavia, almeno lo aiutava un poco. Oscar aveva sempre mantenuto lo sguardo dritto davanti a sè, ma ora improvvisamente la vedeva rivolgersi al conte. La vide sporgersi verso di lui… cercò di mettere a fuoco il più possibile… forse Oscar stava prendendo la mano di Girodelle… per un attimo gli mancò il respiro. Era perduto! Non sarebbe potuto sopravvivere se l'avesse persa!

Indietreggiò. Raggiunse il fondo della stanza e si lasciò cadere sulla poltrona accanto all'ingresso. Sentì il suo cuore gonfiarsi e non potè trattenere una lacrima.

 

Oscar notò qualcosa muoversi dietro le finestre della sua stanza. Pur nel buio, era certa di non sbagliare. Seppe che André era lì e decise di aver sopportato abbastanza Girodelle e le sue vanterie. Aveva dedicato alla serata un tempo sufficiente per poter dire al padre di aver onorato il suo dovere di ospite. 

Guardò il conte negli occhi ma questi non smise di parlare. Oscar decise di compiere un gesto che l'avrebbe ammutolito e di scoraggiare le sue pretese una volta per tutte; gli prese quindi una mano fra le sue. Come aveva previsto, Girodelle tacque immediatamente. Un'espressione di giubilo sul suo volto. Sicuramente, pensò Oscar, aveva creduto di aver fatto finalmente breccia in lei. Oscar non gli diede il tempo di formulare pensieri. "Victor Clément" esordì con voce ferma "ora ci chiamiamo per nome. Siamo in confidenza!". Girodelle la guardava rapito, pendeva dalle sue labbra. "Molto bene!" continuò Oscar con lo stesso tono con cui dava istruzioni ai suoi soldati durante le esercitazioni "Sono lusingata dalle attenzioni che mi riservate, ma già una volta vi dissi di dimenticarvi di me.". Girodelle cercò di dire qualcosa ma lei non gliene diede il tempo; continuò seria: "Nella mia vita e nel mio letto  c'è già un uomo. Sono certa che non cercherete più di conquistare il mio cuore, sapendo che già appartiene a un altro.". Non aggiunse altro né aspettò risposte. Lasciò il conte impietrito, finalmente senza parole, e si allontanò in fretta. 

 

Oscar percorse velocemente il tragitto che la portava verso le sue stanze. Una cameriera le venne incontro chiedendole se voleva che venisse a prepararla per la notte ma lei se ne disfece con un gesto brusco. Arrivò davanti alla porta col cuore in subbuglio: era certa che André la stesse aspettando! Entrò repentinamente sbattendo la porta dietro di sè, ma nel buio non lo vide. André, seduto nella poltrona accanto all'ingresso, si alzò immediatamente e la strinse. Le afferrò entrambi i polsi con una sola mano sollevandole le braccia sopra la testa e la spinse verso il muro, in un attimo l'altra mano si era già fatta strada sotto ai pantaloni e le ghermiva il sesso con prepotenza, mentre labbra esigenti premevano sulle sue. Era sopraffatta. 

In passato aveva sempre pensato di essere alla pari con André. Non le era mai venuto in mente che lui potesse trattenersi nel confronto fisico con lei. L'aveva scoperto solo la notte in cui per la prima volta lui le aveva confessato il suo amore. Quando le aveva stretto i polsi si era accorta che poteva farle male. Quando l'aveva baciata e riversa sul letto si era sentita, appunto, improvvisamente  sopraffatta e nell'impossibilità di respingerlo con le sue forze, era rimasta turbata.

Ora era tutto diverso. Quell'impeto, quell'urgenza, quel modo di pretenderla e di volerla le facevano sentire André più vicino, e facevano sentire lei potente nella consapevolezza di saper scatenare tutto questo in lui.

Oscar si arrese al suo uomo. Sentì un ginocchio premere fra le sue gambe e insinuarsi fra le sue cosce, sentì le carezze farsi più profonde e più insistenti. Si consegnò alle sue mani, inerme e grata. André continuò a baciarla senza tregua, premendola contro il muro. Sentì il corpo di Oscar che gli si offriva e mentre il suo desiderio aumentava, si accorse che invece quell'arrendevolezza lo spaventava. E se Oscar si fosse sentita aggredita? Non l'aveva nemmeno salutata prima di baciarla, preso dal bisogno di sentire che lei gli apparteneva ancora. "Giuro su Dio Oscar che non ti farò mai più una cosa come questa". Gliel'aveva promesso. Il ricordo della sue stesse parole lo indusse a lasciarla. Liberò le sue mani e tolse la propria dalla sua intimità. La guardò e indietreggiò.

Oscar rimase muta a guardarlo, ancora fremente. André fece qualche passo a ritroso e si sedette sull'angolo del letto, la testa fra le mani. "Perdonami Oscar.". "Perdonami?" si chiese Oscar. Perché? Per averla accolta finalmente fra le sue braccia? Si tolse la giacca della divisa e gli si avvicinò. "Perché ti sei fermato?" gli chiese. André la guardò: "Ti ho vista con lui. Quando sei entrata volevo solo dimostrare che eri ancora mia…" disse in tono incolore. Oscar sorrise. "Sono sempre tua. Sarò tua sempre." mormorò. André la prese per mano; lei gli si avvicinò ancora e gli accarezzò una guancia. Le piaceva sentire il lieve accenno di barba sulla sua pelle. André le sfiorò le labbra con le dita e lei avvertì il proprio sapore acre sulla stessa mano che un attimo prima l'aveva ghermita..

"Il conte è stato invitato…" disse André. "Sì" rispose lei, tranquilla. "Ho visto gli abiti Oscar. Il generale fa sul serio…". Oscar girò il viso solo un istante verso il guardaroba. "Il conte è restato con te tutta la sera…" continuò André, "Cosa voleva?". "Sempre la stessa cosa", gli rispose lei piano. André sospirò. Oscar pensò alla serata trascorsa con Girodelle e improvvisamente si accorse di non poter trattenere il riso. André la guardò costernato e vedere quell'espressione di stupore rese la risata di lei incontenibile. "Oscar!", la apostrofò André. Lei lo guardò senza più riuscire a trattenersi. "Girodelle!" esclamò Oscar ridendo sempre più convulsamente, "Con quei capelli, André! Potrei rischiare di rimanere soffocata dalla sua dannata cipria, se mi si avvicinasse troppo!". Oscar vide le spalle di André alzarsi e abbassarsi ritmicamente: anche lui aveva iniziato a ridere. Si guardarono e allora fu impossibile trattenersi. Si abbandonarono a una risata incontrollabile e liberatoria. André si lasciò cadere sul letto e lei gli si sdraiò accanto. Si tenevano per mano e ridevano. Risero sguaiatamente. Risero finché restarono senza fiato. Risero fino a star male. Quando finirono restarono uno accanto all'altra, guardandosi. Oscar pensò che in tutta la sua vita solo con André si era sentita tanto libera da poter ridere.

"Non credo che tornerà sai?" disse Oscar piano. "Girodelle? Come lo sai?" le rispose André. Lei lo guardò divertita: "Gli ho detto che c'è già un uomo nel mio letto…". André si alzò su un gomito e fu sopra di lei. "Audace, Oscar…" le disse con voce bassa e profonda, poi le slacciò la camicia mentre lei faceva altrettanto con lui e scalciava via gli stivali. 

Oscar sentì le mani calde di André sulla propria pelle mentre la spogliava, poi lo guardò liberarsi dai pantaloni. Quando le si fece accanto,  lasciò che lui prendesse le sue mani per guidarle su di sè. Rimase poi stesa e nuda, offrendosii e lasciandosi accarezzare, baciare e assaggiare. Guardò André stendersi al suo fianco per invitarla; lo assaggiò a sua volta mentre lui frugava insistente nella sua intimità.

Quando il desiderio fu al culmine, André la condusse sopra di sè e Oscar si lasciò scivolare su di lui, accogliendolo. Eretta in tutta la grazia della sua morbidezza di donna, si lasciò guardare mentre si muoveva su di lui, le braccia stese lungo i fianchi, le mani strette fra le sue. Guardandola, André beveva  con gli occhi ogni cosa di lei. Si prese ognuno dei suoi sospiri, sentendo i lunghi capelli accarezzargli morbidi le gambe, e guardando i suoi seni mossi dai respiri convulsi. Solo allora, dopo aver accolto e raccolto ogni fremito della sua donna, si lasciò finalmente andare e lei restò immobile su di lui per infiniti istanti, per poi crollare appagata sul suo petto.

 

Accaldata e ansante, Oscar ascoltava il cuore di André.  Dopo l'amore era rimasta sopra di lui, la testa sul suo petto e le mani ad accarezzarne la peluria leggera. Lui la stringeva a sè con le mani allacciate dietro la sua schiena. Depose baci lievi fra i suoi capelli, sussurrandole "Amore mio…". Oscar chiuse gli occhi e si disse una volta ancora che non sarebbe morta. Non ora. Trasse un respiro profondo. "André Grandier, sarò tua moglie." mormorò infine.

 
   
 
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