Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: Captain Jane Claude    08/09/2022    1 recensioni
Estraniarsi in un'altra realtà sembrava far intravedere loro uno spiraglio di conforto. Ma erano solo attimi, era solo un'illusione. Per loro, l'unica verità era morte e tradimento.
Rimasero in silenzio.
Fermi in un'attesa che li faceva sprofondare in un'oscurità da cui non c'era ritorno.
Genere: Drammatico, Hurt/Comfort, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Berthold Huber, Reiner Braun
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Note:

• Ambientata prima della puntata 3x13 (capitolo 73) ma presenti riferimenti fino alla puntata 4x03 (capitolo 97); non ci sono spoiler sul finale del manga.

• Warnings: Pensieri suicidi, Disturbo dissociativo dell'identità, Depressione

⊱ Fanfiction scritta per l’Easter Advent Calendar 2021 del gruppo Fb Hurt/Comfort Italia⊰

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ATTESA A SHIGANSHINA

La luce del falò brillava nella notte di Shiganshina ma il suo bagliore e il suo calore non sembravano raggiungere le ombre che inquietavano i pensieri di Reiner.

Bertholdt, seduto accanto a lui, appoggiò una mano sulla sua spalla: “A che stai pensando?”

Il ragazzo distolse lo sguardo dal fuoco e si girò verso l’amico, gli occhi vacui per un attimo, poi finalmente concentrati sulle iridi verdi dell’altro.

“Bertholdt. Pensi mai che Marco sarebbe ancora vivo se il Comandante Erwin e il Capitano Levi fossero tornati prima quel giorno?”, la voce un po’ roca per il lungo silenzio che aveva preceduto quel momento.

Bertholdt lo osservò terrorizzato per qualche secondo, non riusciva ad abituarsi, e distolse lo sguardo. A volte era troppo difficile guardare quel soldato negli occhi.

Si sentì sollevato che il Capo Guerriero Zeke si fosse già ritirato nella sua tenda. Le sue braccia strinsero più vicine le ginocchia contro il petto, poi parlò: “Sì, probabilmente sarebbe ancora vivo.”

“Non doveva morire. Farò di tutto perché non muoia nessun’altro dei nostri compagni.”

“Lo so” rispose in un sussurro Bertholdt mentre i ricordi di due vite diverse si affollavano nella sua mente, visioni di Reiner che salvava guerrieri e soldati indistintamente, mettendo a rischio la sua incolumità ogni volta.

Non sapeva cosa fare, non sapeva cosa dire. A volte assecondava Reiner e basta, come quella sera. Altre volte cercava di risvegliare il guerriero che in qualche modo aveva lasciato spazio a quella recluta speranzosa.

Nessuno l’aveva preparato a questo, nessuno li aveva preparati.

Uccidere non era facile. Radere al suolo città intere. Sapere che non ci sarà “tutta una vita davanti”, ma solo una missione, e quando la missione sarà finita, ci sarà una condanna a morte, per lui e per le persone che gli sono state vicine tutta la (breve) vita. Niente di questo era facile.

Ma vivere in mezzo al nemico...Dormire insieme a loro, ridere, mangiare, allenarsi insieme, rischiare la vita. Non poter più credere alle bugie che gli erano state ripetute mille volte sui demoni di Paradis. Amare quei demoni. Guardarli vivere le loro vite, sorridere, lottare, piangere e sperare. Essere la causa della loro morte. Vedere la disperazione che gli avevano causato e sapere che non ci sarà più una vita come quella prima della breccia. Che nessuno potrà riportare indietro i loro figli perduti, i loro genitori, i loro amici, le loro case, le loro esistenze.

Nessuno li aveva preparati a questo. E nessuno l’aveva preparato a vedere Reiner rompersi così. Reiner l’affidabile, quello responsabile, quello forte: così forte che per riuscire a sopravvivere aveva dovuto rispondere spezzandosi in due di fronte all’orrore che aveva provocato, alla morte di cui era stato l’artefice.

Reiner si alzò improvvisamente, gli dette una pacca sulla spalla e lo lasciò ai suoi pensieri, avviandosi nella tenda per dormire. Bertholdt lo raggiunse poco dopo, quando si sentì pronto a guardare negli occhi l’altro, chiunque egli fosse.

~~~

I giorni passavano, l’attesa era insostenibile.

Non sapevano più se temevano il momento in cui Pieck gli avrebbe detto che il Corpo di Ricerca stava arrivando o se desideravano che quel giorno fosse già lì.

La calma e la freddezza di Zeke erano snervanti ma quantomeno il Capo Guerriero li stava mantenendo concentrati sull’obiettivo. Questa volta non potevano permettersi errori.

Quanta morte avrebbero portato ancora...La dannazione la stavano vivendo sulla terra.

~~~

Bertholdt non riusciva ad addormentarsi. Guardava dritto davanti a sé. Non sapeva se l'amico stesse dormendo ma provò comunque a chiamarlo, la sua voce solo un sussurro: "Reiner?"

L'altro rispose subito, le notti insonni accomunavano entrambi: "Non riesci a dormire?"

Bertholdt gli rispose con voce incerta: "Sei un guerriero adesso?"

Un attimo di silenzio. "Sì, sono un guerriero."

"A volte...A volte mi chiedo se ci sia un posto o un tempo, in cui siamo tutti insieme."

Reiner non lo interruppe e Bertholdt proseguì: "Dove ci siamo tu e io...Dove ci sono Annie, Marcel, Pieck e Porco, e siamo cresciuti liberi, non in un ghetto...E ci sono anche Eren, Jean, Armin, Ymir, Connie, Sasha, Mikasa, Historia..."

Esitò un attimo: "...Marco."

Reiner si voltò verso l'amico. Era stanco di provare dolore. O di provare qualsiasi cosa.

"Forse c'è un posto dove non siamo né soldati, né guerrieri. Dove siamo solo noi."

Le parole faticavano a uscire dalla sua gola.

Reiner si sentiva annientato dal dolore che condividevano.

Bertholdt serrò gli occhi, mentre continuava a bisbigliare nel silenzio della notte: "Un posto dove non siamo né demoni, né reietti, dove non ci sono missioni, non ci sono mura."

Le ultime parole gli costarono più fatica delle altre: "E dove loro non ci odiano."

Estraniarsi in un'altra realtà sembrava far intravedere loro uno spiraglio di conforto. Ma erano solo attimi, era solo un'illusione. Per loro, l'unica verità era morte e tradimento.

"Vorrei tanto che esistesse, Bertholdt."

Rimasero in silenzio.

Fermi in un'attesa che li faceva sprofondare in un'oscurità da cui non c'era ritorno.

~~~

Seduto sul bordo del Wall Maria, Reiner guardava le gambe dondolare verso il basso, straziato dal flusso dei pensieri.

‘Non so cosa sto facendo. Come posso portare a termine questa missione? Sono un incapace. Marcel è morto per colpa mia e ho trascinato Bertholdt e Annie in una missione impossibile. Sarebbe stato meglio se Ymir avesse divorato me invece di Marcel...’

‘Se solo avessero scelto Porco al posto mio, Marcel sarebbe ancora vivo e probabilmente avrebbero già recuperato la Coordinata.’

‘Annie forse è già morta e finirò con il far morire anche Bertholdt.’

‘Non merito di combattere accanto a lui.’

‘Bertholdt continuerà a seguire i miei ordini finché non saremo morti entrambi. Marcel non l’avrebbe mai messo in pericolo come ho fatto io.’

‘Sono compromesso. Cosa farò quando dovrò combattere contro Eren? Non voglio battermi di nuovo con lui. Non voglio veder morire tutti quelli del 104° ma non c’è altro modo per porre fine a questo inferno. Se dovessi esitare...prolungherò quest’agonia anche per Bertholdt.’

‘Se io non ci fossi...Lui è molto più abile di me, non avrebbe problemi a portare a termine la missione. E non dovrebbe continuamente preoccuparsi di danneggiare anche me nelle esplosioni.’

‘Non c’è modo di evitare questa battaglia... ...C’è un modo. Ce n’è solo uno. E quest’angoscia avrebbe fine.’

‘Non mi aspettano molti anni davanti. E saranno persino peggiori di ciò che sto vivendo adesso. Non rivedrò più le altre reclute. Non potrò più fingere di essere un ragazzo qualunque e di non essere un assassino. Perché stiamo vivendo tutto questo?’

‘Vorrei solo che tutto questo finisse.’

Reiner s’interrogò sulla sua capacità di mantenere la coscienza collegata al corpo qualora l’avesse voluto...

“Reiner.”

Una mano sulla spalla lo riportò alla realtà. Forzò un’espressione sicura sul volto, si alzò in piedi e si girò verso il compagno di troppe missioni. Si schiarì la voce.

“Bertholdt, sei pronto per la battaglia? Immagino che fra non molto arriveranno.”

“Io...io sì. Tu?”

Reiner finse una convinzione che non sentiva: “Certo. Questa storia finisce qui. Riporteremo la Coordinata a Marley.”

“Sono contento di sentirtelo dire” commentò sollevato Bertholdt. Nemmeno lui sopportava più quest’attesa e questo tormento.

“Però devi smetterla di seguire sempre e solo i miei ordini. Devi fidarti di più del tuo intuito e delle tue capacità. Hai talento e forza, comincia a pensare con la tua testa, Bertholdt.”

“Lo so” rispose frustrato l’altro.

“Devi essere pronto a portare avanti la missione anche senza di me” aggiunse Reiner, ma si pentì non appena quelle parole furono uscite dalla sua bocca.

“Di che stai parlando? Pensi che morirai nello scontro con Eren? O contro il Capitano Levi?”

Reiner allontanò gli occhi color miele dallo sguardo inquisitorio dell’amico. La mascella e i pugni serrati.

Bertholdt lo osservò, la preoccupazione gli strinse un nodo all’altezza del diaframma, esitò un attimo. “Non avrai pensato...”

Ma la voce gli morì in gola, la consapevolezza lo colpì come uno schiaffo in faccia.

Con le dita, Bertholdt sollevò con gentilezza e decisione il mento di Reiner per costringerlo a guardarlo e appoggiò le mani sulle sue spalle. Voleva che lo ascoltasse e che non si sentisse solo.

“Reiner, ascoltami. Io ho bisogno di te. Non posso concludere la missione senza di te.”

Reiner non riusciva a respirare. Se fosse stato un’altra persona avrebbe pianto e urlato, ma non era lui quella persona. Sentiva di essere in un baratro dal quale nemmeno il suo amico avrebbe potuto salvarlo. Nessuno poteva salvarlo dove si trovava ora.

“Ascoltami, ti prego. Sono qui, sono accanto a te, come sempre. Metteremo fine a tutto questo. Non posso andare avanti se tu non ci sei. Lo so che è difficile.”

Reiner si sentiva schiacciato. Quasi faticava a sentire le parole dell’amico, ma cercò di concentrarsi.

“Non lasciarmi qui, ora. Da solo. Per favore. Ci restano pochi anni da vivere. Viviamoli insieme.”

Reiner cercò di focalizzarsi sulla sua voce calma. Bertholdt era il suo migliore amico, la persona che più lo capiva al mondo. Non poteva abbandonarlo qui.

“Reiner, ti prego, portiamo a termine la missione. Presto quest’inferno sarà finito e potrai tornare a casa da tua mamma. Torna a casa, Reiner. Torniamo a casa. Insieme.”

Bertholdt sentiva il dolore e la disperazione di Reiner e stava cercando di rassicurarlo e calmarlo con i suoi sguardi, con la sua voce, con le mani forti sulle sue spalle . Voleva infondergli una serenità che per loro non esisteva, ma la stava cercando in qualche posto remoto dentro di sé, per impedire che il suo amico si arrendesse a quell’agonia e smettesse di combattere.

“Reiner?”

“Torniamo a casa insieme, Bertholdt.”

   
 
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