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Autore: drisinil    10/09/2022    2 recensioni
[kurotsuki] [nospoiler] [canonverse] [long: 2 capitoli/settimana]
«Signor è-solo-un-club sei senza parole?» lo provoca Kuroo. «Vuoi che brindi io per te? Però poi bevi tu!»
«Okay, ma solo se il brindisi mi piace» risponde Kei con arroganza, spingendosi gli occhiali sul naso.
Kuroo storce le labbra e si riprende la bottiglia, strappandola a Kei. «E' una sfida?»
«Se vuoi...»
Kuroo distende lentamente il braccio verso Kei, con la bottiglia in mano. Si schiarisce la voce e tenta di scostarsi dalla fronte il ciuffo di capelli, che però ricade subito al suo posto. «Al muro perfetto, che ferma la palla, la devia, la smorza o la costringe. Obbliga le traiettorie, crea pressione e controlla il gioco.»
Kei sorride, gli strappa la bottiglia e beve d'impeto.
E' il vino più buono che abbia mai bevuto, forse il più buono che berrà mai.
Genere: Introspettivo, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Kei Tsukishima, Tetsurou Kuroo
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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12 - Vecchie tradizioni, nuove promesse


21 luglio 2012

L'orologio sul muro segna le 23:19, nella stanza risuona una sinfonia di respiri regolari, che scandiscono il sonno profondo e il meritato riposo di tutta la squadra.

Solo Kei è sveglio. Scavalca il futon di Yama, rannicchiato in posizione fetale e passa di fianco a quelli di Hinata, supino con braccia e gambe allargate, e di Kageyama sdraiato sul fianco, con le gambe arrotolate nelle lenzuola.

Si tira su la zip della felpa e guadagna l'uscita, scivolando nel buio dei corridoi deserti della Shinzen, che ospita il ritiro.

La notte è tersa e profumata, ma il clima è molto meno frizzante delle sere precedenti. Un po' dell'afa del giorno è rimasta intrappolata dal cemento e ora vaga fra le palestre e il bosco.

Kei ha deciso di aspettare ancora un paio di minuti prima di incamminarsi anche lui su per la collinetta delle penitenze. Negli ultimi quattro giorni, i giocatori del Karasuno hanno fatto almeno cinquanta scatti di velocità su per quel pendio, visto che hanno perso tutti gli scontri, quindi non è una sorpresa quello che c'è in cima: una striscia di umida di prato che s'inerpica fino alle pendici di un boschetto di larici, prima radi e poi sempre più fitti. Le luminarie della periferia di Tokyo sono sorprendentemente vicine, come una cesura fra due mondi, una linea netta fra il buio e la luce, che attraversa la scuola e fa da barriera alla città.

A guidarlo nell'oscurità, la luce bianca di una torcia elettrica che balugina fra gli alberi e, man mano che si avvicina, bisbigli portati dal vento.

«C'è un intruso!» esclama Bokuto sorridendo, quando il lungo e allampanato profilo di Kei emerge dall'ombra frusciando. Anche se crede di parlare a bassa voce, l'asso del Fukurodani è praticamente una fanfara.

«Ciao Tsukki» saluta Kuroo, sollevando la bottiglia che ha in mano. La torcia in mezzo a loro getta ombre spezzate tutt'intorno.

Akaashi solleva il braccio.

«Ciao» risponde Kei, con le mani sprofondate nelle tasche e l'aria dimessa di uno che sia passato di lì per caso.

«Che ci fai sveglio a quest'ora?» domanda Kuroo.

Bokuto gli fa segno di sedersi, battendo per terra con la mano aperta. 

«Non riesco mai a dormire quando mangio troppo» risponde Kei.

«Non riesco a immaginarti che mangi troppo» commenta pacato Akaashi.

Kei si siede in mezzo fra Bokuto e Kuroo, abbracciando le ginocchia piegate. «Stasera i senpai mi sono stati addosso e mi hanno riempito il piatto tre volte. Sembra che qualcuno li abbia fatti sentire in colpa per il fatto che mi trascurano. Il discorso salutistico che sempre lo stesso qualcuno ha fatto a Daichi-san mi farà digerire fra due mesi.»

Kuroo sorride, guardando per aria.

«Parla di te?» chiede Bokuto, tirando per la felpa il Capitano del Nekoma.

«Potrei aver esagerato un pochino, ma era per una buona causa... »

«Farmi girare le palle?» suggerisce Kei.

«Farti crescere bene»

«Sono già altino, mi pare.»

Kuroo solleva un angolo delle labbra, in un sorriso asimmetrico, che è sia ironico che divertito. «Sono giovane, sto crescendo. La mia forza e altezza si stanno ancora sviluppando» cantilena, rifacendo il verso a Kei, con notevole talento.

Bokuto sghignazza, Akaashi ride, Kei solleva il dito medio, ma viene da ridere anche a lui.

«Come facevi a sapere che eravamo qui?» chiede Bokuto.

«Ci ha seguiti» indovina Akaashi.

«Ci hai seguiti?»

La mancanza di malizia dell'asso del Fukurodani è spiazzante e mentirgli insolitamente difficile, per Kei. «Vi ho visto passare davanti alla finestra. Ero curioso.»

«Hai fatto bene a venire, Tsukki» commenta Kuroo, con il solito tono neutro.

«Sì hai fatto bene» ripete Akaashi. «Almeno a fine serata non sarò l'unico sobrio.»

«Io non mi ubriaco mai!» si difende Bokuto. «Mai seriamente» rettifica, incrociando lo sguardo scettico di Akaashi.

«Di solito crolla a mezzanotte, anche se ha bevuto solo acqua» spiega Kuroo.

La mano di Bokuto scatta verso il collo di Kuroo, che però ha i riflessi più veloci e la schiva con una gomitata.

«Quindi che ci fate qui? Bevete?»

«Brindiamo» risponde Kuroo.

«Per avere fortuna ai Nazionali» spiega Bokuto. «E' una specie di tradizione ormai.»

«La parola giusta per me è scaramanzia» interviene Akaashi, impegnato a ridurre fili d'erba in striscioline minuscole.

«Chiamala come ti pare Akaashi, ma tutte le volte che al ritiro estivo siamo venuti qui a brindare, poi ai nazionali spacchiamo!»

«Solo due volte» rimarca Akaashi.

«Appunto, tutte» ribadisce Bokuto sorridendo. Akaashi alza le mani in segno di resa.

«Cos'è?» chiede Kei, accennando alla bottiglia.

«Vino» risponde Kuroo, passandogliela.

Kei la esamina e si trova senza parole: Cheval Noir Saint-Émilion 2007. L'etichetta con il cavallo nero è inconfondibile.

«Lo conosci?» domanda Akaashi, a cui non è sfuggita l'espressione di sincero stupore.

«Mn» annuisce Kei. «Ne abbiamo qualche bottiglia a casa.»

«Di vino francese?»

«Di questo vino. La stessa etichetta.»

«Davvero?» Kuroo riprende la bottiglia e se la rigira fra le mani, incredulo.

Tutto quello che Tsukishima Kei sfiora, guadagna un alone di mistero. Funziona come una lente deformante: passando attraverso di lui, anche le cose più ordinarie si arricchiscono di significati, gradi di libertà, profondità, spessore. Con incredibile naturalezza piega il mondo intorno a sé, rendendolo diverso interessante, come è lui. Complesso, enigmatico, difficile da decifrare, pericoloso, conturbante.

Kei, intanto, si sforza resistere alla tentazione di continuare a fissare Kuroo per studiare l'anomalia che rappresenta. In un mondo governato da probabilità facili da calcolare, gremito di individui prevedibili, quel tizio è una singolarità a densità infinita. Dove c'è lui, anche per una semplice bottiglia di vino, smettono di valere le regole della matematica e della statistica. E' un essere umano atipico, irregolare, immune alle estrapolazioni. Eppure, in un modo tutto suo, è sorprendentemente esatto.

«E' destino» esclama allegro Bokuto, interrompendo i pensieri di entrambi. «Il vino, dico. Significa che devi brindare per forza!»

«Significa che ci fa molto piacere se brindi con noi» corregge il tiro Akaashi, che detesta le costrizioni più di chiunque.

Kei rilassa le spalle e borbotta qualcosa che somiglia a un assenso.

«Kuro!» esclama Bokuto, folgorato da un'idea. Ha le sopracciglia sollevate, gli occhi pieni di entusiasmo, persino i capelli puntano con più decisione verso l'alto. «Ci hai pensato? Il primo anno eravamo noi due soli, l'anno scorso si è aggiunto Akaashi, quest'anno Tsukki. Anche questa è una tradizione!»

Meno di un attimo dopo, Bokuto si spegne. Le sue spalle si abbassano in un sospiro, si affloscia, lancia nel nulla uno svogliato sassolino. «L'anno prossimo, però, noi non ci saremo. Starà a voi trovarvi qualcun altro per brindare» dice, affranto, rivolto ad Akaashi.

Kei e Akaashi si guardano per un attimo, leggendosi a vicenda negli occhi una verità ovvia: non cercheranno proprio nessuno, perché senza quei due stupidi esaltati non avrebbe alcun senso essere lì.

Kuroo tira un calcio violento sulla gamba di Bokuto: «Sai che ti dico, vecchio gufo? Invece che una nuova tradizione, ora ci facciamo una bella promessa. L'anno prossimo, all'ultima sera del ritiro, torniamo a importunare questi due pivelli per brindare con loro, così non avranno bisogno di reclutare nessuno.»

«Chissà dove saremo l'anno prossimo...» sospira Bokuto, massaggiandosi il polpaccio.

«Che importa? Prendi un aereo, un treno, un gommone, una bici e vieni qui. E lo farò anch'io» risponde Kuroo, con totale convinzione. Kei lo guarda e gli sembra che, fra le sue mani da prestigiatore, anche il futuro debba mostrare solo le carte che lui vuole.

Bokuto abbozza un sorriso: «Non è per niente una brutta idea. Vero, Akaashi?»

«Mi sembra ottima, Bokuto-san.»

Kuroo si batte il petto: «E' un'idea fantastica. Del resto, l'ho avuta io. E poi, senza di noi, questi qui finirebbero a brindare con le bevande energetiche... Dai, gufaccio, prometti!»

«Prometto che fra un anno tornerò qui per brindare tutti insieme!» esclama Bokuto tendendo la mano a Kuroo, che la afferra e la stritola. «Promesso!» 

Bokuto scoppia a ridere d'entusiasmo. «E' proprio un'idea grandiosa!»

Akaashi annuisce con la testa: «Fra un anno Bokuto-san verrà a raccontarci cosa si prova a giocare in una squadra della prima divisione. E a schiacciare le alzate di un professionista... »

«Nessuno al mondo alza come te» risponde Bokuto senza esitazioni. Non si capisce se sia triste o allegro. «Dopo il diploma verrai ad alzare nella mia squadra.»

«Dopo il diploma andrò all'università.»

«Certo! E intanto alzerai per me» insiste, battendosi il petto. «Lo sai, Tsukki, che Akaashi è entrato al Fukurodani con una borsa di studio?»

«Davvero?»

«Sì. E' abbastanza frequente al Fukurodani, viste le rette» spiega Kuroo.

«Anche Bokuto-san è entrato come borsista» specifica Akaashi tranquillo.

«Ma la mia è solo una borsa di studio sportiva. Non vale. La tua è una di quelle per merito, saranno tipo tre l'anno. Significa che oltre a essere il mio alzatore sei un sacco intelligente. In effetti, sai sempre tutto, Akaashi. Vedi Tsukki, qualsiasi domanda, se non so la risposta, vado a chiederla a lui. Credo che sia perfino più intelligente di te» conclude Bokuto pensieroso.

Akaashi, imbarazzato, scuote il capo, mimando a Kei la parola "scusa" con le labbra.

«Non ci credi, Tsukki? Vuoi provare? Fagli una domanda, dai!»

«Bokuto-san, è piena notte. Non fare il bambino» interviene Akaashi.

Tsukki alza lo sguardo su Akaashi, con un sorrisetto provocatorio: «Akaashi-san, credi nel destino?»

«Wow!» commenta ammirato Bokuto, grattandosi la fronte.

Ad Akaashi scappa un sorriso, a quella reazione. Sposta lo sguardo in alto, verso le poche stelle che osano ribellarsi all'inquinamento luminoso della capitale. «Sono sempre stato un rigido determinista, Tsukishima-kun. Come te, probabilmente. Ma credo che solo gli imbecilli non si mettano mai in discussione.»

«E' un sì o un no?»

«E' un no per principio che sta diventando sì all'atto pratico...» si inserisce Kuroo, sorridendo tra sé, mentre cerca qualcosa nelle tasche della felpa. Estrae un cavatappi compatto, di legno e acciaio.

«Esatto» conferma Akaashi. «Qualche volta gli eventi, o più spesso le persone, sono capaci di smentire la filosofia e le convinzioni personali.»

«Perfino la fisica e le leggi delle probabilità» commenta Kei, pensieroso.

Non è una domanda, ma Akaashi la interpreta così e annuisce, guardando Bokuto, che intanto sta perdendo la sua battaglia contro la cerniera lampo. Non ha agganciato bene i fermi inferiori e continua a tirare su la linguetta a vuoto, senza riuscire a far combaciare i dentini.

«Allora? Questi brindisi li vogliamo fare o no?» propone Kuroo, mentre infila nel sughero il ricciolo di metallo del cavatappi. «Vai, gufo, spiega a Tsukki come funziona.»

Bokuto lascia perdere la cerniera e si sfrega le mani, entusiasta. «Dunque sono due giri di brindisi. Nel primo si brinda alla pallavolo, per avere fortuna al torneo. Il secondo è in onore delle cose belle della vita. Chiaro?»

Kei annuisce. E' tutto totalmente assurdo, ma l'idea che avrebbe potuto perderselo se fosse andato a letto presto è stranamente triste.

Bokuto continua: «Parto io che sono il più vecchio e poi andiamo in senso orario, quindi tu sei ultimo. Quando arriva il tuo turno, proponi il tuo brindisi e bevi. Tutto qui. Una figata, vero Akaashi?»

«Vero.»

«Verissimo» conferma Kuroo, subito dopo lo stappo. «Vai, Bokuto!» lo esorta, passandogli la bottiglia.

Bokuto si alza in piedi, sollevandola col braccio teso «Alle schiacciate perfette, che ti fanno sentire il re del mondo!» urla, ridendo. Subito dopo manda giù un grande sorso. «Oya, Kuro. E' spaziale questa roba francese!»

«Vero? Yu-chan è un portento per queste cose» risponde fiero Kuroo.

Kei ha registrato il nome femminile e ci ha già appiccicato l'etichetta fidanzata. Una fidanzata ricca e sofisticata, che regala vino francese e ha un armadio che trabocca di felpe del Nekoma.

«Yu-chan è un portento per tutte le cose» risponde Bokuto, passando la bottiglia ad Akaashi, alla sua sinistra. «Con una sorella così, ti sei fatto degli standard troppo alti. Ci credo che poi molli subito tutte le ragazze! Mami è ancora lì che si dispera!»

Sorella. Il cervello di Kei si adagia su quella parola rassicurante. Anche la disperazione di questa Mami è piuttosto confortevole.

«Lo sapevi, Tsukki, che Kuro stava con l'asso della nostra squadra femminile?» chiarisce pettegolo Bokuto.

Kei scuote il capo.

«L'ha mollata due mesi fa di punto in bianco. E lei non l'ha presa molto bene.»

Kuroo chiude il discorso con un altro calcio diretto a Bokuto.

Akaashi si schiarisce la voce; non si alza, ma allunga il braccio, tenendo la bottiglia di fronte a sé. «Alla vittoria leale, che arride ai forti, agli audaci e ai puri di cuore!» declama, prima di bere il suo sorso.

Tocca a Kuroo e neanche lui si alza. Getta a Kei uno sguardo traverso, che cattura un frammento di luce della torcia: «Alla passione e al piacere, che rendono il gioco (e la vita) favolosi e indimenticabili!»

Kuroo beve e si pulisce la bocca col dorso della mano.

Kei resta qualche istante a fissare la bottiglia che il capitano del Nekoma gli ha passato.

«Signor è-solo-un-club sei senza parole? Nemmeno un'emozione piccina piccina per la pallavolo?» lo provoca Kuroo. Bokuto ride, ebbro di un singolo sorso. 

«Vuoi che brindi io per te? Però poi bevi tu!» propone Kuroo.

«Okay, ma solo se il brindisi mi soddisfa» risponde Kei, spingendosi su gli occhiali sul naso.

Kuroo storce le labbra e si riprende la bottiglia, strappandola a Kei. «E' una sfida?»

«Se vuoi...»

Bokuto si percuote le cosce con la mano, solo per fare rumore. Akaashi si rilassa all'indietro, contro un tronco, e accavalla le gambe, per godersi lo spettacolo.

Kuroo distende lentamente il braccio verso Kei, con la bottiglia in mano. Si schiarisce la voce e tenta di soffiarsi via dalla fronte il ciuffo di capelli, che però ricade subito al suo posto. «Al muro perfetto, che ferma la palla, la devia, la smorza o la costringe. Obbliga le traiettorie, demolisce le sicurezze, crea pressione e controlla il gioco.»

Maledetto parolaio. Kei sorride apertamente, gli strappa la bottiglia e beve d'impeto. E' il vino più buono che ha mai bevuto, forse il più buono che berrà mai.

«Secondo giro! Cose belle della vita!» esclama Bokuto, infervorato, saltando in piedi. «All'amicizia!» urla. La parola gli esce dalle labbra luminosa, potente e ricolma di emozioni. «All'amicizia vera, che colora ogni giornata!»

Da come Akaashi sorride, mentre guarda in basso, si capisce chi possieda l'esclusiva sulla sua tavolozza. Però quando solleva la bottiglia, torna serio, quasi triste. «Alla Libertà!» dice, e beve un sorso molto lungo.

«E' lo stesso brindisi dell'anno scorso» osserva Bokuto.

«Già.»

Kei coglie un frammento di dolore in quel monosillabo, ma non riesce a dargli un senso.

Kuroo non solo si alza in piedi, ma sale su un tronco caduto e solleva la bottiglia più in alto che può.

Le linee del suo corpo, sotto la felpa rossa slacciata, sono talmente perfette che Kei deve fare uno sforzo per distogliere lo sguardo.

«Alle risate!» declama Kuroo, e poi subito beve. «Specialmente quelle difficili da suscitare, quelle involontarie e quelle private.»

«Agli haiku!» brinda Kei, con un certo entusiasmo, bevendo anche lui un lungo sorso, che gli brucia in gola.

«Gli haiku?» ripete Bokuto, perplesso. «Non sono poesie?» Akaashi annuisce.

«Haiku?» ripete anche Kuroo.

«Haiku» conferma Kei. «Adoro gli haiku. Specialmente quelli dell'epoca Edo. Li colleziono.»

Kuroo lo sta guardando come se fosse un alieno. Bokuto non ha mai sentito parlare di epoca Edo. Akaashi annuisce incoraggiante.

Kei sa di essere stato inutilmente sincero. Probabilmente è per via dell'alcool, a cui non è abituato. E' assolutamente vero che tra le cose belle della sua vita gli haiku occupano un posto di rilievo. Il fatto che lo sappiano solo Akiteru e Yamaguchi è un trascurabile dettaglio. Adesso sono in cinque a saperlo, perché poi gli sia venuta voglia di raccontarlo proprio a questi tre sconosciuti non ne ha proprio idea. E ormai è tardi per ripensarci.

Nella bottiglia è rimasto un fondo di vino; Kei la scuote, producendo un leggero sciabordio. Kuroo gliela sfila dalle mani e la rovescia con un gesto secco: il liquido gorgoglia e subito sparisce, inghiottito dal terreno. Qualche goccia rossa resta in bilico sugli steli d'erba, prima di scivolare verso il suo destino. «A quelli che non sono qui, ma sono comunque qui.»

E' un colpo mancino. Kei sente che un fiotto di lacrime pronto a traboccare, quindi tossisce, si toglie gli occhiali, li pulisce con l'orlo della maglietta e li infila nuovamente, dopo essersi strofinato le mani sugli occhi.

Su tutti e quattro scende un silenzio benevolo, senza imbarazzo, che dura un paio di minuti e in cui ognuno è libero di inseguire i propri pensieri.

E' Kuroo a parlare per primo: «Adesso è meglio se torniamo, il nostro bimbo è bello stanco.»

Kei protesta subito: «Io non...»

«Shhhh» sibila Kuroo facendogli segno di tacere, col dito sulle labbra. Poi indica Bokuto, che si è assopito con la testa all'indietro e la bocca aperta. «Va a finire così tutti gli anni. La prima volta l'ho praticamente portato in spalla fino ai dormitori» bisbiglia, ridendo.

Anche Akaashi ride. «Andate avanti, fra cinque minuti lo sveglio e lo convinco a tornare giù» mormora a bassa voce.

«Vieni, dai, Tsukki!» sussurra impaziente Kuroo.

«Arrivo. Non chiamarmi Tsukki!»

«Basta che ti muovi!»

Camminano in silenzio, la discesa dura un attimo. 

 «Sul serio adori gli haiku?»

«Sì, sul serio. Perché?»

«Perché di tutti i quindicenni giapponesi, credo che tu sia l'unico.»

«Non mi dispiace essere unico» ribatte Kei.

Kuroo sorride. Non un ghigno, un sorrisetto o una risatina. Un vero sorriso, caldo e gentile. «Neanche a me dispiace. Proprio per niente.»

Kei si sente arrossire e pretende di dare la colpa al vino. Per fortuna, sono già arrivati  all'ingresso dei dormitori. Le stanze delle loro squadre si trovano ai capi opposti del piano. 

Kei saluta con la mano e fa per voltarsi, ma Kuroo lo blocca e si sporge verso di lui. «Ti sei reso conto che la strada più veloce per arrivare al boschetto non passa davanti alla vostra finestra?» gli sussurra all'orecchio.

Kei aggrotta la fronte, spiazzato. Kuroo gli strizza l'occhio e poi si incammina. Prima di sparire dietro l'angolo, solleva la mano per salutare, senza voltarsi.

   
 
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