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Autore: Anown    10/09/2022    1 recensioni
Per Leshawna è un periodo storto, ha delle responsabilità in merito e rischia di trascinare con sé chi le sta attorno. Si rifà viva solo per la lettura di un testamento… potrebbe rivelarsi una terribile idea!
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harold, LeShawna, Nuovo Personaggio
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale
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Mesi prima di chiudere gli occhi per non risvegliarsi più, Roza si era addormentata naturalmente.
“Novak...”
Era il suo cognome, ma visti i pochi contatti con le persone che Roza era riuscita a tenere negli ultimi anni, temeva che prima o poi l'avrebbe dimenticato.
-Novak...- sentì il suo cognome ripetuto più chiaramente. A pronunciarlo era una voce maschile sconosciuta.
“Anche le voci immaginarie del dormiveglia pensano che se non me lo ripetono, lo scorderò...” la ragazza rise leggermente continuando a tenere serrate quelle palpebre sempre così pesanti, sia la notte che il giorno.
-Se ridi suppongo sia tutto a posto, signorina Novak...- la voce sospirò in un miscuglio di sollievo e rassegnazione.
-Oooh... la voce degli incubi di questa mattina è davvero mooolto chiara. Sembra vera! Di solito fate perlopiù sibili...- disse Roza cominciando ad aprire gli occhi, ma quella che vide di fronte a sé era una persona in carne ed ossa.
-Eh... mi spiace ma non sono un'allucinazione uditiva...- quella persona portava gli occhiali e aveva i capelli castano rosso di una lunghezza difficile da stabilire perchè erano disordinatamente inseriti in una coda ripiegata e attorcigliata su sé stessa, tenuta ferma da un laccio.
-Che ci fai in camera mia?- ma Roza indietreggiando sbattè i fianchi contro una superficie rigida che non poteva appartenere al suo letto. In realtà neanche il piano duro su cui era seduta poteva essere il suo letto. Guardandosi intorno, si rese conto di trovarsi seduta sulle scale del condominio. -Stavo dormendo qui? Perchè?- bisbigliò a sé stessa. Cominciò a ricordare di aver pianificato di fare la spesa. Si sentiva nervosa perchè temeva di non ricordare più la strada. La sua memoria non faceva altro che giocarle brutti scherzi e non si fidava abbastanza dei processi automatici che le avrebbero dovuto far ricordare la strada man mano che camminava, così si era seduta per riflettere, ma probabilmente, il sonno che aveva deciso di ignorarla le due notti precedenti, l'aveva colpita tutta in una volta mentre teneva la guardia bassa.
-Dovrei essere giovane, ma il mio corpo mi tradisce già...- constatò a voce bassa scordandosi dell'altra persona che sentì ridere sommessamente. Roza si sentì in imbarazzo. “Devo perdere l'abitudine di pensare ad alta voce quando sono nervosa...”
-No, non ridevo per te è che... non sono messo molto bene nemmeno io, diciamo...- disse l'altra persona sorridendo amaramente.
“Quindi... sei giovane? Quanto?” Roza si trovava in estrema difficoltà quando si trattava di riconoscere e trarre informazioni dai volti.
La voce di quella persona le comunicava che doveva trattarsi di un maschio con cui non aveva parlato precedentemente. Ma non riusciva a capire che età potesse avere. Il massimo che riusciva a intuire è che doveva superare almeno i quattordici anni, mentre provando a dargli un età massima, pensava fosse improbabile che superasse di molto i trentanni.
-Ti senti bene? Hai bisogno di aiuto?- le domandò la persona con gli occhiali con fare formale.
Roza scosse il capo, poi concentrandosi sui capelli di quella persona le venne un'intuizione: -Sei la persona che ho visto salire al mio piano qualche giorno fa.- le era rimasto in testa perchè l'aveva guardata con un'espressione triste e un po' inquieta. Poi se ne era andato velocemente come se stesse scappando. -Mi avevi scambiato per uno spettro?- “Avevi bisogno di qualcosa?” realizzò di aver invertito ciò che doveva dire e ciò che doveva solo pensare. Si sentì nuovamente in difetto. “In fondo non ho detto niente di male, credo.”
-Non mi hai spaventato, ero solo sovrappensiero.- rispose lo sconosciuto con un tono un po' infastidito.
-Meglio così. Allora, ciao.- gli disse domandandosi se era il modo giusto in cui salutare, ma si bloccò in mezzo alle scale.
-Stai bene?- domandò il ragazzo rosso.
Roza si girò e gli indicò con un gesto della mano di darle un momento. Il ragazzo la squadrò come se cercasse di analizzarla.
-Il prossimo piano è il secondo.- le disse pensando che fosse confusa per il risveglio.
-A-ah, ok...- lei annuì nervosa. -L'avrei capito anche da sola.-
-Beh, sì...- il ragazzo non distoglieva lo sguardo, sembrava interessato alla sua faccia e forse al collo.
“Mi trova attraente?” pensò spaventata. “Spero mi trovi solo strana... Lui ha dei capelli strani, non è imbarazzante essere considerata strana da una persona strana.”
-Sai guidare?- le domandò titubante.
-No... volevi un passaggio?- “O vuole fare conversazione?” non sapeva se l'idea le piaceva o la inquietava. “Vuole delle informazioni per uccidermi?”
-N-no, volevo solo capire se... beh, comunque se avessi qualche emergenza puoi rivolgerti a qualcuno dei vicini. Potrebbe sembrare umiliante però se sospettassi di rischiare di morire... n-non farti problemi... ok?-
Roza era indecisa su chi fra i due fosse più confuso in quel momento. -Ah, ecco perchè mi fissavi, cercavi segni di violenza domestica.- pensò di nuovo ad alta voce. -No, il problema sono io. Ho... ho delle situazioni scomode di salute... e rendono abbastanza frustrante vivere con me, per questo senti che lei mi urla contro, ma non sono abusata. È solo un problema mio.- si pentì subito di quanto detto, ma avendo perso l'abitudine al dialogo, aveva perso inevitabilmente anche i filtri. Non che fosse mai stata particolarmente brava. -Comunque sto risolvendo per conto mio.- Non doveva apparire debole, la debolezza attirava i predatori. Non importava se era una bugia e lei sarebbe sempre rimasta un'incapace, malata sia fisicamente che mentalmente e in via di peggioramento costante da oramai cinque anni... o forse da più tempo? Aveva perso il conto. “Se sono senza speranze per il futuro e sono solo un peso, cosa me ne frega di attirare un predatore?” per un attimo quel pensiero la fece sentire più leggera.
-Ed io sono uno studente di psicologia in preda ad un esaurimento nervoso.- confessò il ragazzo. -Scusa se sono stato invadente e inopportuno, ma non sono la persona più simpatica e rassicurante da incontrare in questo momento.-
-Ah, credevo che stessi cercando di reclutarmi come cliente.-
-Ti verrò a cercare quando avrò la licenza, se avrai problemi di cui posso occuparmi.- rispose lui in tono scherzoso.
-E' mai davvero guarito qualcuno che avesse qualcosa di debilitante, per esempio, una depressione?- chiese incupita.
-Ah, credo che ti risponderò quando sarà passato l'esaurimento, quando sarò più positivo... E magari quando mi sarò liberato di quell'ignorante, megalomane e antiscientifico del mio professore...- disse con una smorfia nervosa. -Lo giuro! Con la giusta attenzione al metodo scientifico, la psicologia sarebbe uno strumento efficacie! Ma quell'uomo giustifica tutti i pregiudizi sugli psicologi che ha Le... ehm, l'innominata...- si interruppe all'improvviso come preda di un dolore improvviso. -S-scusa lo sfogo, sono... beh, esaurito! Comunque, se hai bisogno, dovresti consultare uno specialista, non uno studente... inoltre in questo momento non penso di essere adatto a rispondere, scusa se non ti sono stato utile...- disse sospirando.
-Tu sei?- gli chiese forse provando una specie di simpatia per quella persona che sembrava con l'acqua alla gola.
-Mi chiamo Harold McGrady e abito nell'appartamento sotto al tuo.- disse porgendole la mano. Ma i due invece di darsi una stratta di mano le fecero toccare senza stringere come se entrambi si aspettassero che fosse l'altro a condurre il gesto.
“Giusto... dovrei dare una forte stretta di mano... debole dovrebbe rappresentare una personalità sottomessa... o forse sono tutte scemenze?”
Ma mentre Roza ragionava fu McGrady a cingere delicatamente il palmo della ragazza tra il pollice e il resto delle dita e a farlo oscillare leggermente su e giù in quella che era probabilmente la stretta di mano più patetica e debole della storia umana.
“Anche in una situazione così ho perso l'opportunità di mostrarmi quella più decisa.” Roza sospirò rassegnata. “Forse lui ha più energia perchè è più giovane?”

La notte seguente mentre Roza fissava il soffitto nella speranza di addormentarsi, il vento si mise a fare dei suoni spettrali.
Sembrava quasi un lamento umano. Fortunatamente Roza era immune alle suggestioni legate ai suoni notturni. Non che facesse differenza. Non riusciva ad addormentarsi comunque nonostante fosse esausta.
In assenza di distrazioni si concentrò sul rumore del vento. Cominciò a sembrargli davvero che ci fosse un lamento umano nascosto in quel suono.
-E' la persona con i capelli rossi...- lo ascoltò per qualche minuto, ma era sempre più sicura della propria intuizione così Roza si alzò e andò in punta di piedi a bollire dell'acqua.
Uscì dall'appartamento portandosi dietro il bollitore. Forse la disperazione dell'attesa del sonno l'aveva resa poco lucida. Mentre percorreva le scale senza scarpe non sentiva più neanche i lamenti soffocati che l'avevano spinta ad uscire.
“Forse sono definitivamente impazzita...” ma ricominciò ad avvertirli flebilmente quando fu davanti la porta del ragazzo. Si bloccò appoggiata alla parete per qualche secondo. Perchè una persona poco socievole come lei era venuta a intromettersi nella vita di un altra persona? “La noia fa davvero brutti scherzi...” pensò. “Ma ora che sono qui davanti, cosa faccio?”
Stava per tornare indietro. Ma l'idea di mollare a quel punto la faceva sentire peggio di quanto la faceva sentire lo stare bloccata davanti la porta. Non riuscire, per l'ennesima volta, in qualcosa che si era prefigurata era terribilmente frustrante.
Ascoltò qualche secondo ancora i suoni singhiozzanti al di la della porta per assicurarsi che avesse senso per lei essere lì, poi bussò... molto piano, ma era un inizio.
“Devo riuscire a bussare più forte, altrimenti...” ma sentì dei passi veloci avvicinarsi.
Una persona con i capelli rossi ma sciolti aprì con un'espressione allarmata e il respiro affannato. Guardò Roza con aria sorpresa. Per un attimo la sua espressione le sembrò delusa, sussurrò qualcosa che suonava tipo “Bussava troppo piano per essere...” Roza pensava che quella persona si aspettasse, o temesse, di vedere qualcuno che evidentemente non era lei.
-Novak, hai bisogno di qualcosa?- chiese la persona con un lungo sospiro. Era pallido ed esausto. Ma Roza fece un sospiro di sollievo, a causa dei capelli sciolti che coprivano di più il viso facendolo percepire molto diverso, Roza inizialmente non era stata sicura al cento per cento che quello fosse il McGrady con cui aveva parlato il pomeriggio e non un convivente, forse parente, con lo stesso colore di capelli e un tono simile e ciò l'aveva fatta sentire ancora più a disagio. Ma sentendolo parlare a voce alta e sentendosi riconosciuta poteva finalmente essere sicura di averlo identificato correttamente.
Per portare a compimento il suo obbiettivo, Roza porse a McGrady il bollitore.
-Camomilla...- capì il ragazzo annusando poi la guardò disorientato. -Entra pure...- le disse con un tono arrendevole.
-Eh?- Roza non aveva previsto che le avrebbe chiesto di entrare. L'idea la metteva tanto a disagio da farle venire in mente le ipotesi peggiori. Era troppo disabituata al contatto con le persone, chiunque poteva essere un serial killer.
Il ragazzo continua ad osservarla con perplessità. Roza, molto stanca di tutto ciò che riguardava sé stessa e la sua piccola bolla, decise di abbandonarsi alla corrente e rischiare varcando la porta. “Anche se fosse un omicida, anche se sparissi, che importerebbe? A chi importerebbe?”
Con le mani instabili, il ragazzo versò ad entrambi la camomilla mentre un severo felino rossiccio li sorvegliava con la coda che si agitava ritmicamente.
A causa del vapore che gli aveva appannato gli occhiali il ragazzo li aveva momentaneamente tolti cambiando volto per la terza volta. “Fastidio, fastidio...” aveva canticchiato fra sé e sé Roza per diminuire lo stress.
-Allora, avevi bisogno di qualcosa?- le chiese nuovamente McGrady con un sorriso stanco.
Non sembrava infastidito dalla sua presenza nonostante l'orario. “Ragione in più per credere che sia un serial killer...” il ricordo dei singhiozzi e dei lamenti mise in pausa quel pensiero. “Forse qualunque cosa lo distragga dai suoi demoni gli va bene... anche io sono qui per distrarmi, non è così strano...”
-In realtà ho sentito che facevi dei rumori strani.- disse facendo sgranare gli occhi del ragazzo che abbassò lo sguardo. -Ho pensato che potessi avere un attacco di panico... sono pesanti... Così, visto che ero sveglia ti ho portato qualcosa per calmarti un po'...- che fosse o meno quello, “attacco di panico” suonava più giustificabile di “stavi piangendo incontrollatamente” così Roza preferì quel termine pensando di metterlo meno a disagio.
McGrady si stava pizzicando alla base del collo, era molto arrossato. “Ah, anche io a volte mi sono pressata la gola per smettere di piangere...” le sembrava di guardarsi allo specchio, poi distolse lo sguardo. “O forse tende ad arrossire dal collo...”  fare supposizioni su qualcuno che non conosceva la faceva sentire in colpa.
-S... sei una brava persona... grazie...- le disse fissando la tazza, era divento tutto rosso.
Per Roza era comodo che il ragazzo mostrasse facilmente il suo stato d'animo ma la reazione esasperatamente imbarazzata la mise a disagio. -Tranquillo, forse si sente solo dalla mia stanza perchè è direttamente sopra la tua. Mentre scendevo le scale non si sentiva nulla...-
McGrady produsse un lungo sospiro ma sembrava sollevato. -Ehm... tu invece come stai? Hai bisogno di qualcosa? Posso fare qualcosa per aiutarti?- le chiese nervosamente alla disperata ricerca di pezzi da raccogliere, visto che era impossibilitato a raccogliere e aggiustare i propri.
-No, davvero. Dovevo solo portarti il bollitore.-
-Ok...-
-Posso tenerti compagnia fino a quando non ti senti più tranquillo, ma non sono di molte parole, probabilmente starò solo zitta.- spiegò Roza.
McGrady ridacchiò nervosamente. -Ok, grazie per l'avvertimento. Ma sto già meglio, puoi anche tornare a dormire.- disse gentilmente.
-Posso aspettare con te quella persona.-
-Ma, non sto aspettando nessuno...-
-Scusa, ho frainteso... è che quando hai aperto la porta tu... Credevo fossi preoccupato per qualcuno che ritardava.-
-Sono preoccupato... Estremamente preoccupato... Ma se questa persona si facesse viva la rispedirei da dove è venuta.- disse serio. -Prima dovrei assicurarmi delle sue condizioni di salute... ma il problema non si pone, perchè non tornerà.- la stanchezza lo faceva apparire freddo e rassegnato. -Vuoi che ti presti delle scarpe per tornare sopra?- le disse successivamente.
-Eh?-
-Però in effetti con delle scarpe più grandi potresti cadere...- disse McGrady fra sé e sé.
-Non ho freddo ai piedi, sto bene così.-
Varcata la porta dell'appartamento, Roza si sentì molto più leggera, quasi energica. Forse perchè era riuscita ad avere un contatto umano senza impazzire o forse perchè alla fine quell'umano non l'aveva ammazzata.
-Ti accompagno?-
“No, ancora!” pensò Roza. A giudicare dall'espressione stranita di McGrady, probabilmente l'aveva guardato male accidentalmente. -Non voglio disturbarti!-
-Non è un disturbo per me, ma se ti metto a disagio non...-
-Accompagnami.- lo interruppe Roza. “Non volevo sembrare scortese, ma forse quello sembrava un ordine quindi qualcosa di scortese...”
-Ok...- acconsentì il ragazzo un po' perplesso e teso.
Notò che il ragazzo aveva rimosso le proprie scarpe. “E' un rituale da serial killer? Uno strano gesto di solidarietà? È entrambe le cose?”
I due rimasero in silenzio mentre aspettavano nell'ascensore. “Scusa se penso che tu sia serial killer, niente di personale, lo penserei di chiunque...” pensò Roza. Ma il ragazzo la guardò come se avesse capito che voleva dirgli qualcosa. Roza si stranì un po', non era mai stata molto espressiva.
Davanti la porta del proprio appartamento Roza si controllò le tasche inutilmente. “O no... sono un' idiota...”
-Ha-hai scordato le chiavi, non è così?- Harold deglutì.
“Legge nel pensiero o cosa?” si chiese la ragazza irrequieta.
-Il fantasma della mia ex deve essere tornato a tormentarmi! Anche lei una volta quando l'ho riaccompagnarmi non aveva le chiavi!- disse agitato, pur trattenendo il tono a causa dell'orario. -N-non me la sto prendendo con te, non ti conosco neppure! S-scusa, sono solo agitato... puoi chiamare tua madre?-
-...Condoglianze.-
-C-cosa?! Fantasma della mia ex era per dire, in realtà lei è viva e vegeta... a-almeno credo...- balbettò cominciando ad andare avanti e indietro per il pianerottolo.
“Gli sta per venire un'altra crisi? Come facciamo ora?” avrebbe dovuto chiamare sua madre, anche se, quasi quasi, piuttosto che svegliarla, preferiva dormire sul pianerottolo. “Ho scordato le chiavi... un'altra conferma delle mia incapacità...” forse era lei che stava per avere una crisi. Poi le arrivò un messaggio da sua madre. Con una fitta allo stomaco lo lesse.
“Non ti faccio rientrare, peggio per te, smettila di fare l'incapace. Se vuoi un riparo puoi chiedere al ragazzino che ti ha accompagnato. Puoi provaci, tanto dovrebbe essere disperato, è stato mollato da poco e non è troppo più piccolo di te. Ma tanto tu mentalmente sei parecchio indietro. Devi imparare a vedertela con gli altri esseri umani e questa è la tua occasione.”
Roza pronunciò un lungo “aaaaaaaaaaah” senza poter urlare davvero. “E' IMPAZZITA! Che c'entra l'imparare a vedersela con gli esseri umani col provarci con uno sconosciuto che fino a qualche secondo fa classificavo come serial killer?! Neanche mi piacciono gli uomini!”
-Cos'è successo?!- esclamò McGrady interrompendo la propria passeggiata nervosa.
-M-M...- fra un balbettio e l'altro, Roza disse di essere stata sbattuta fuori di casa. -Dovevo aspettarmelo... in fondo sono una maggiorenne inutile da troppo tempo...-
-Un corno!- esclamò il ragazzo fregandosene di essere sentito. -Non importa quanti problemi tu abbia! Non ti può abbandonare così!- disse piuttosto alterato.
-Sei molto idealista...-
-No! Sfido chiunque ad avere fiducia sull'umanità e una visione idealista del mondo dopo aver letto i capitoli dedicati agli abusi sessuali e i loro effetti in un manuale sui disturbi della personalità! Se tua madre non ti fa entrare scassino la porta.- disse deciso. -Non posso farti dormire da me, non ho neanche un divano! E tu non mi sembravi proprio a tuo agio nel mio appartamento.-
Roza era abbastanza sorpresa dal fatto che l'avesse capito. Le persone avevano sempre grosse difficoltà ad interpretare il suo tono monocorde e il suo volto inespressivo.
-Signora!- disse McGrady in tono di protesta. -Sua figlia è stanca, ha i piedi scalzi, nessun posto dove dormire e una carenza di serotonina che può portarle umore basso, ansia, attacchi di panico, credo soffra di depressione, sospetto non curata! Qualunque problema abbiate, risolvetelo domani, in modo civile. Questa situazione le provoca frustrazione? Beh, sono sicuro che la porti anche a sua figlia! Se non apre prendo esempio dalla mia ex e sfondo la porta! Me ne frego di un'eventuale denuncia!- si impuntò il ragazzo, con un tono alto, ma stabile. Solo i movimenti della gamba ne mostravano l'irrequietezza.
Roza era sicura che sua madre l'avrebbe umiliata per il fatto che qualcun altro avesse preso le sue difese. Ma non aveva memorie di qualcuno che si fosse arrabbiato al posto suo e vedere il ragazzo farlo, fu in qualche modo liberatorio.
“Toccherà a me affrontare il disprezzo di mia madre ovviamente... il problema, è che sono d'accordo con lei... io mi odio profondamente...”

Mesi dopo la situazione non era cambiata granchè, a parte per il fatto che Roza era morta ed adesso era un fantasma. Anche se McGrady le aveva detto che il suo corpo era in coma da qualche parte.
Non aveva ancora capito se la percepiva come buona notizia o meno... McGrady si era mostrato preoccupato perchè temeva che se il suo corpo fosse morto anche il suo fantasma avrebbe cessato di esistere. Anche quell'ipotesi, Roza non era sicura se percepirla positivamente o negativamente.
Mentre McGrady di aspetto era cambiato molto... in realtà no, ma visto che Roza aveva difficoltà a riconoscere i volti, il fatto che il ragazzo in quel momento tenesse i capelli troppo corti per essere legati con facilità l'aveva reso diversissimo e inizialmente difficile da riconoscere... “Maledetto...”
Visto che l'appartamento in cui viveva era stato occupato da una persona biondo rossa, una castana e un infante e che McGrady si era mostrato disponibile, Roza si era messa nel suo appartamento ma fino a quel momento il ragazzo non aveva dato prova di riuscire a vederla. Invece la gatta fulva che aveva capito chiamarsi “Kunoichi” sembrava fissarla ogni tanto.
“E' una buona cosa che lui non mi veda. Sarebbe stato abbastanza imbarazzante...” pensò ricordando i litigi che il ragazzo aveva avuto con la ex il giorno precedente.
Ma quella mattina il ragazzo aveva chiamato alla ex, Roza aveva ascoltato appoggiando l'orecchio al cellulare. Era strano ma divertente stare così vicino a qualcuno senza essere vista.
I due ex fidanzati erano riusciti a parlare senza litigare e Roza era contenta per lui ma non era sicura che fosse normale essere così appiccicosi fra ex.
“Mia sorella ha domani l'appuntamento col commercialista? Forse dovrei telefonarle per ricordarglielo...” pensò McGrady poco dopo aver terminata la telefonata. Rimanendo molto vicino alla sua testa, Roza riuscì ad avvertire quel pensiero, si sentì emozionata da quella nuova scoperta sulle sue capacità.
“Non posso, lei noterebbe che ho qualcosa che non va e mi tempesterebbe di domande...” continuò a pensare McGrady inconsapevole di essere spiato. “Potrei chiamare a mia madre per vedere se ha qualche cliente con cui posso aiutarla, ma se le chiamassi di domenica mattina probabilmente mi farebbe pentire di essere nato...” anche se McGrady l'aveva pensato come un mezzo scherzo, Roza si era sentita inquietata da quel pensiero e si era allontanata.

“Non c'è la faccio più... dentro di me non ci sono più risorse di alcun tipo... prima di telefonare a Leshawna per quanto tempo sono rimasto a fissare il vuoto? Ho bisogno della presenza di qualcuno che non sia me o impazzirò...” pensò Harold reggendosi il capo.
Kunoichi attirò la sua attenzione tirandogli la maglia.
Il ragazzo sospirò e accarezzò la testa della gatta. -Perdono Kunoichi... ovviamente tu sei una presenza molto comunicativa. Ti faccio preoccupare quando sto troppo fermo, eh?- tranne che per mettere il cibo alla gatta, cambiarle l'acqua della ciotolina e ingerire dei medicinali, Harold era rimasto sulla brandina dalle cinque del mattino. Aveva solo cambiato posizione sedendo a gambe incrociate invece di rimanere steso.
Non aveva chiuso occhio ma temeva che dormire durante il giorno e svegliarsi chissà quando avrebbe compromesso disastrosamente il suo umore. “Sono solo in casa... non posso rischiare di farmi venire voglia di farla finita e di non avere nessuno a fermarmi...” la gatta lo tirò di nuovo. “Nessuno che sia fisicamente in grado di fermarmi...” si corresse e accarezzò di nuovo Kunoichi.
“Spero che quel regolatore del tono dell'umore funzioni.” il ragazzo si alzò e cercò di ignorare lo spettro accovacciato nell'angolo della stanza.
“Deve essere un'allucinazione causata dalla mancanza di sonno e dal mio bisogno di sentirmi utile per qualcuno.” si sentiva in imbarazzo ad aver precedentemente scambiato quell'allucinazione per un vero spettro. Purtroppo era sempre stato predisposto a credere a parecchie assurdità.
“Però... anche se è un'allucinazione mi sento un po' in colpa a lasciarla lì triste. Chissà cos'ha? Sembrava così allegra mentre origliava la telefonata...” sbuffò e si pizzicò per punirsi e svegliarsi un po'. “Non ha niente. È un'allucinazione. Non può avere niente e pensare niente.”
“Però è pur sempre un tentativo disperato del mio cervello per sopperire a un bisogno... se la ignorassi, forse il mio cervello si arrenderebbe  e potrei dire addio a ogni speranza di migliorare la mia situazione mentale...” -Ah! Non so più che fare...-
Sentì bussare alla porta. “Allucinazione uditiva o qualcuno alla porta?” vide Kunoichi che fissava la porta così concluse che doveva trattarsi di qualcuno in carne ed ossa.
Dallo spioncino vide un adolescente bassino e paffuto dai capelli viola a scodella.
-Max, posso fare qualcosa per te?-
-Sì, mi servirebbe il tuo aiuto per un lavoretto che ho accettato dalla signora Allen. Sai, quella più vecchia fra le due sorelle...- il ragazzino si irrigidì per un attimo. -C'è un freddo terribile che viene dal tuo appartamento, hai qualche finestra rotta?-
-No, ma è risaputo dove ci sono i fantasmi la temperatura cala...- rispose Harold sdrammatizzando.
Gli occhi scuri di Max si illuminarono. -Davvero? Hai l'appartamento infestato? Oh! Sei riuscito a catturare lo spirito di Roza?!- chiese con entusiasmo.
-M-Max?! In che senso catturato?!- disse spaventata una voce femminile.
Harold cercò di ignorarla ma rise nervosamente. -No, Max... l-la mia era una battuta! Al massimo nell'appartamento ci sono i fantasmi della mia relazione fallita... della mia sanità mentale...- vide che il ragazzino osservare l'interno dell'appartamento con aria irrequieta. -Max?-
-C'è qualcun altro in casa? Quella non sembrava la voce della tua fidanzata malvagia.-
-Fidanzata malvagia?- Max lo ignorò e andò a controllare all'interno dell'appartamento.
Harold sospirò e lo seguì. “Deve essersi suggestionato. Non può aver sentito anche lui la mia stessa allucinazione uditiva.” pensò nervosamente. Tirò un sospiro di sollievo capendo che non riusciva più a vedere il fantasma mentre Kunoichi nascondendosi sotto la brandina si dimostrava poco contenta dell'intrusione di Max.
-Max, sono certo che alla mia fidanzata malvagia farà piacere avere un vicino che si preoccupi che non abbia altre ragazze nell'appartamento, ma forse hai solo sentito male.- disse Harold al ragazzino dall'aria delusa.
-Sì... probabilmente hai ragione...- rimase  abbattuto ancora per un po', poi sembrò risollevarsi.
“Ah... l'energia dei bambini.” pensò Harold sorridendo leggermente.
-Comunque mi insegni ad arrampicarmi sul tetto come hai fatto tu ieri?-
“Maledetti i bambini e il loro spirito di emulazione! Devo fare molta più attenzione a non dare pessimi esempi d'ora in poi...” -Max, abbiamo un altezza e un baricentro troppo diversi. Se provi a imitare i miei passi caschi e ti spiattelli sul terreno. E morire sul colpo sarà la cosa migliore che ti potrà capitare, dubito tu te ne voglia andare da questo mondo agonizzando, vero?- disse Harold con tono cupo e severo. -Se proprio vuoi toglierti lo sfizio, va in palestra e allenati nell'arrampicata.-
-Palestra?- mormorò Max con aria minacciosa.
-Palestra...- ripetè Harold -Allora... andiamo dalla signora Allen e vediamo un po' cosa vuole...-

Allen, una donna sulla sessantina, era le responsabile del condominio. Aveva ricevuto delle lamentele da alcuni condomini riguardo all'odore di decomposizione proveniente da una stanza in disuso di cui si era persa la chiave.
-Scusi, ma non si dovrebbe rivolgere alla polizia?- disse Harold non nascondendo il proprio fastidio.
-Lo definiscono odore di decomposizione perchè sono dei melodrammatici senza speranza. Certo... magari se un ragazzino instabile dai capelli rossi evitasse di tentare il suicidio e di fare rumore di notte alimentando dicerie su un fantasma piangente, saremmo tutti un po' meno nervosi...- disse la donna.
-Sono piuttosto sicuro di non essere l'unico abitante problematico qui.-
-Sei quello che si fa notare di più...-
-Sono un capro espiatorio. E se sua sorella minore evitasse di spargere voci su di me, magari mi farei notare meno, non pensa?-
-Lo penserei se ieri non ti fossi comportato come una scimmietta troppo vivace in cerca di una morte da esibizionista...-
-Comunque non stava cercando di uccidersi.- si intromise Max. -Stava solo litigando con la sua fidanzata.-
-Grazie dell'aiuto Max...- commentò Harold incerto.
-Ah, prego!-
-Sono felice che andiate tanto d'accordo.- li interruppe Allen. -Quindi, mi sgombrate o no la stanza da qualunque cosa emetta quell'odore? Mi sono già messa d'accordo con altri per portare tutto all'impianto di stoccaggio.-
-Mi scusi! Max è minorenne e domani ha scuola! Non penso che voglia passare il resto della domenica a pulire delle stanze sporche per poi passare ore a mollo per togliersi l'odore di decomposizione. Inoltre se si trattasse realmente di un cadavere e il ragazzino rimanesse traumatizzato?-
-Pff... non sono una femminuccia! Posso reggere la vista di tutti i cadaveri che volete!- protestò il ragazzino.
-Non c'è nessun cadavere! Sarà colpa di qualche furbetto che scordando il giorno in cui viene portato via l'organico e non volendo continuare a tenere in casa o sul balcone l'immondizia l'ha buttata in quella stanza. Comunque vi pagherò per il disturbo e ovviamente non mi aspetto che ripuliate nel caso doveste sul serio ritrovare un cadavere.- disse la Allen.
-Comunque Max...-
-Se hai paura che gli succeda qualcosa sorveglialo.-
-Non ho alcun bisogno di sorveglianza!- Max se ne andò offeso.
-Aspettami.- Harold sbuffò poi guardò la signora Alllen.
-Se dovessi continuare a dare fastidio farò il possibile per sbatterti per strada.- lo avvertì la donna con un sorriso gentile.
“Ma va a...” -Complimenti per il tatto. Se crede davvero che sia a rischio suicidio, questo è sicuramente un ottimo modo per non mettermi sotto pressione.- Harold rispose a sua volta con un sorriso docile.
-Infatti mi dispiace molto. Sei un giovane diligente, proprio per questo in futuro non vorrei ritrovarci il tuo di cadavere in una stanza abbandonata.-
Harold sospirò. -Grazie della preoccupazione. Mi piace pensare che in fondo possa davvero dispiacerle l'idea di reperire il mio cadavere.-
Non gli piaceva l'idea di creare problemi ed era troppo emotivamente suscettibile per riuscire a capire se le lamentele della Allen fossero giuste o meno.
Era anche troppo stanco per riflettere davvero sull'incarico che gli era stato dato, così si arrese ma chiese buste e prodotti per le pulizie alla Allen nel tentativo di risparmiare.
Mentre si incamminava con Max si sentì improvvisamente pesante. Percepì come se qualcuno si fosse seduto sulla sua ombra e si stesse lasciando trascinare.
-Weeee...- disse una voce femminile con un' infantile allegria.
Harold si voltò verso Max, ma questa volta sembrava che il ragazzino non avesse sentito niente. “Sto impazzendo... le ombre non hanno nemmeno il senso del tatto! E che cavolo!”
Harold sentì che chi si stava facendo dare un passaggio dalla sua ombra si stava accovacciando. Il respiro della ragazza si faceva sempre più calmo, si stava addormentando.
“Va bene, almeno qualcuno di noi due si riposerà... Questo insieme di sensazioni deve essere la vendetta della mia mente per averla ignorata 'sta mattina...”
All'improvviso Harold sentì il bisogno di appoggiarsi alla parete del corridoio. Stava sudando freddo, aveva la sensazione che un corpo estraneo stesse penetrando nel proprio e non percepiva più la ragazza. Sembrava la ragazza stessa che si era fatta assorbire dalla sua ombra e dal suo corpo.
-Eh... Signor Depresso?- lo chiamò Max preoccupato.
-Sto bene!- Harold sbuffò e si portò avanti. Poi si voltò. -Sto bene...- ripetè più calmo come per scusarsi. Ma Max lo guardò storto.

Le stanze in disuso erano un appartamento che per un motivo o per un altro non era mai stato ristrutturato. Il pavimento non era stato piastrellato e vi erano diversi dossi di cemento.
-Max, fa attenzione a dove metti i piedi.-
L'adolescente sembrò ignorarlo. Quel luogo effettivamente puzzava molto. Era disseminato di mosche e buste dell'umido.
-Visto, la signora Allen aveva ragione.- disse Max per prenderlo in giro.
Ma Harold era concentrato su un oggetto talmente ricoperto di mosche da essere difficile da identificare. Il ragazzo trattenne un conato. -In qualche modo avevo ragione anche io.- commentò turbato. -Temo sia la carcassa di un procione...-
-Oh...- per un attimo Max sembrò intristirsi, ma si riprese immediatamente. -Gli animali morti vanno messi nell'umido?- chiese.
-Che ne so?! Cercalo su internet!- Harold si sfogò e si allontanò reggendosi il capo. Aveva la nausea. Si mise vicino ad una finestra aperta.
Max ridacchiò -Sei proprio una principessa!-
Questo commento ricordò ad Harold un suo vecchio compagno di scuola evocandogli una strana nostalgia. -Bene, visto che sono una principessa occupati tu di sbarazzarti del cadavere. Puoi farlo, caro?- gli chiese con un tono apparentemente gentile ma dispettoso mentre cercava di distrarsi dal proprio stato di malessere.
-Come vuoi.- disse Max ostentando indifferenza. Indossando i quanti in lattice spostò il corpo in un sacchetto. Poi lo buttò dalla finestra vicino l'altro ragazzo.
Harold sgranò gli occhi ma evitò di commentare, non aveva neanche il coraggio di affacciarsi e cercare di capire in che condizioni erano il sacco e il suo contenuto, sperava solo che non fosse finito sulla testa di qualcuno.
-Umh... forse ho fatto un errore...- Mormorò Max.
-Tu... tu dici?-
Max si occupò di portare fuori i sacchi dell'immondizia mentre Harold cercò di pulire, deodorare la stanza e cercò di sbarazzarsi di larve e mosche.
-Non sarebbe meglio dell'insetticida?- obiettò Max vedendo l'altro ragazzo che cercava disperatamente di far uscire il numero maggiore di mosche  dalle finestre aperte inseguendole gesticolando.
Harold ignorò la proposta di Max e cercò di far staccare le mosche dai vetri muovendo le imposte e passando la mano sul vetro.
-Non credo che la Allen ci pagherà se le rompi le finestre...- obbiettò di nuovo il ragazzino.
Harold si fermò a guardarsi la mano. Aveva accidentalmente schiacciato qualche mosca.
-Perchè... Perchè non avete il minimo istinto di sopravvivenza? Perchè non vi togliete quando metto le mani? Perchè tornate sempre sullo stesso punto?- domandò Harold con voce tremante ed esasperata.
-Perchè sono mosche.- rispose Max ma vide Harold muovere le mani sul vetro altre volte con fare agitato.
Harold sentì le sue mani inumidirsi, le vide tingersi di nero e rosso. -P-perchè l'ho fatto? È stato un incidente o...- “Le ho uccise a posta? Le ho uccise perchè ero arrabbiato con loro?” -Io non... Non volevo... mi spiace...- “E' così che si sente Leshawna quando per impazienza distrugge qualcosa? Lei mi manca...” ammise mentre stava perdendo il controllo del proprio flusso di pensieri.
-Wow! Sembri proprio sporco di sangue!-
-G-grazie Max... senza di te non me ne sarei proprio accorto!- rispose Harold cominciando a singhiozzare e lacrimare. -M-mi dispiace...-
Max rimase interdetto dalla reazione. -E... e dai calmati! Sono solo mosche... vivono poco e... e poi potrebbero portare malattie, dovevamo sbarazzarcene.- un po' preoccupato cercò di calmare l'altro ragazzo. Poi si deconcentrò vedendo un altro oggetto che sembrava fonte di mosche. -Oh guarda, un altro procione morto.- commentò leggermente seccato.
Max udì due urli familiari, uno dei due era femminile. Poi Harold perse i sensi.

-Poteva dirlo subito che era sensibile allo sporco!- commentò infastidita la signora Allen mentre lei e Max osservavano il ragazzo rosso privo di sensi. -Non c'è la fa proprio a non creare problemi... comunque...- la donna si fece inquieta. -C'era una ragazza con voi? Mi è parso di sentire anche un urlo femminile...-
Max deglutì. Aveva cercato ovunque ma non c'era traccia di nessuna ragazza.
Harold rinvenne lentamente. Si guardò intorno con aria molto disorientata. Sbattè le palpebre più volte, poi si toccò la faccia toccando i vetri degli occhiali, come se avesse scordato di portarli. Li tolse inserendoli in tasca e si riguardò intorno sembrando di poco più a suo agio.
-McGrady?-
-Signor Depresso?-
Harold fece un sorriso nervoso stringendo le labbra sottili. Balbettò qualcosa con una voce stranamente acuta. Sembrò fare diverse prove vocali, ci mise un po' prima di parlare chiaramente.
-S-scusate... non mi sento molto bene, tornerei nel mio appartamento se non vi dispiace.- sussurrò con una voce molto flebile e innaturalmente femminile.
Max e la Allen lo guardarono perplessi mentre si alzava e si allontanava con un' andatura instabile ma sempre più velocemente, alla fine si mise a correre in modo scoordinato.
-E'... E'... è davvero bravo a modificare la voce, eh?- disse Max ridacchiando un po' spaventato. -Però è anche uno scherzo di pessimo gusto... Mi domando cosa abbia in mente...- aggiunse il ragazzino mentre la Allen rimaneva in un silenzio irrequieto.


Angolo dell'autrice:

La prosopagnosia è un deficit cognitivo-percetivo che compromette la capacità di riconosce i volti e trarne informazioni (esempio; riconoscere età, sesso ed espressioni facciali)
Può svilupparsi nel corso della vita a causa di lesioni in alcune aree del cervello o può essere congenita. Ma non è curabile, per compensare il problema la persona deve affidarsi a strategie alternative per riconoscere le persone.
I livelli di gravità possono essere diversi. In quello presentato nella storia Roza è comunque capace di riconoscere le emozioni della persona che vede (ma potrebbe aiutarsi grazie agli indizi dati dall'udito e dal linguaggio del corpo invece di basarsi solo sulla mimica facciale) riesce a farsi un idea dell'età dell'altra persona e ad avere un'impressione del volto pur essendo instabile, molto influenzata da altri fattori (il modo in cui sono sistemati i capelli, la presenza degli occhiali) e non riuscendo a memorizzarlo.
Alcune persone non riescono neanche a riconoscere il proprio volto o a riconoscere che un volto è un volto.
Spero di non aver fatto qualche gaffes nel descrivere la situazione e di essere riuscita a rappresentare il punto di vista del personaggio.
Mi spiace per la parte relativa alla pulizia, ma mi servivano le mosche per innescare una situazione... inoltre ho la tendenza ad andare verso l'horror e il grottesco, ma allo stesso tempo cerco di censurarmi e il risultato sono alcune parti strane... che spero non risultino troppo strane... Insomma, aiuto! Spero che questo capitolo possa piacervi e che possa piacervi la storia, sono estremante dispiaciuta per il proseguimento lento e per il fatto che sia strana, ma non riesco a fare altrimenti e in generale questa storia è partita come un esperimento che spero possa piacervi.
In ogni caso, ringrazio come sempre per la pazienza chiunque sia qui a leggere, grazie mille, davvero ^^
Se volete darmi dei pareri sono qui.
Alla prossima e statemi bene! Spero abbiate passato una bella estate!
  
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