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Autore: Lamy_    11/09/2022    1 recensioni
Ariadne Evans è in gabbia, intrappolata in un matrimonio combinato e prigioniera di una madre dispotica. Il suo piano sin dall’inizio era quello di uccidere Mick King, aiutare i suoi fratelli e porre fine alla sua vita da criminale. Ma vuole anche vendicare la morte di Tommy, l’uomo verso cui ha un debito.
Tommy Shelby è un fantasma. La sua famiglia crede che sia morto e i Peaky Blinders sono allo sbando. La città è nelle mani dei nemici e Polly fa fatica a tenere duro. Tommy deve vendicarsi e per questo crea una falsa identità che lo porta a vivere a Londra nelle vesti di pescatore squattrinato.
Tutto cambia quando Ariadne e Tommy si rincontrano per caso. Nel momento in cui i loro sguardi si incrociano, entrambi capiscono che niente e nessuno potrà separarli.
Uniranno le loro forze e cercheranno in tutti i modi di liberarsi, arrivando addirittura a fare accordi con la banda più pericolose del Regno Unito pur di riuscirci.
“Tenendosi per mano, con passi erranti e lenti
attraverso l'Eden presero la loro via solitaria.”
(John Milton, Il Paradiso Perduto)
Genere: Azione, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Thomas Shelby
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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4. A CARTE SCOPERTE

"Anche quando disertano l'inferno, gli uomini lo fanno solo per ricostruirlo altrove."
(Emil Cioran)
 
Il giorno dopo
Ariadne si era svegliata alle cinque del mattino per mettere in atto il suo piano. Dopo l’incontro con Caesar Osborne aveva passato ore a consolare una Rachel distrutta. I matrimoni combinati erano una sventura che Ariadne conosceva bene, dunque si sentiva in dovere di stare accanto alla cognata. Proprio per questo non poteva lasciare Londra e andare in cerca dell’ex moglie di Mick. Aveva trascorso l’intera nottata a fissare il soffitto e a spremersi le meningi, ma alla fine aveva trovato la soluzione. Ecco perché andò dritta in camera di Lily, la domestica che le aveva riferito che al mercato qualcuno la cercava, e la svegliò senza troppe cerimonie.
“Lily! Sveglia, su! Su!” le sussurrò all’orecchio.
“Che c’è? Che succede?” rispose Lily allarmata.
La ragazza si mise velocemente seduta sul letto, i lunghi capelli sciolti le cadevano sulle spalle come un mantello, e si stropicciò gli occhi assonnati.
“Ho un compito per te. E’ molto importante.”
“Di che si tratta, signora?”
Ariadne si sedette accanto a lei e le mise una mano a coppa sull’orecchio in modo da poterle parlare senza essere ascoltata minimamente.
“Devi andare al convento di Lanhearne in Cornovaglia a cercare la precedente moglie di Mick.”
“Come, prego?”
Ariadne in quel momento doveva sembrare una svitata. Avanzare quella richiesta era azzardato, ma era l’unico modo per indagare su Mick senza allontanarsi dalla città.
“Ho detto che devi andare al convento di Lan…-“
“Questo l’ho capito. Non capisco perché devo cercare quella donna.” La interruppe Lily.
“Perché ho bisogno di mettermi in contatto con lei per motivi che a te non interessano.”
“Il signor King lo sa?”
Ariadne aggrottò le sopracciglia, era estenuante essere sempre ostacolata da un uomo.
“Non lo sa. E ti pagherò bene per mantenere il segreto. Chiedi qualsiasi cifra, sarà tua.”
Lily ci pensò su perché in effetti era una proposta niente male, del resto non era mai stata in Cornovaglia.
“A che ora parte il treno?”
“Alle sei e un quarto. Ti darò i soldi per comprare i biglietti di andata e ritorno e anche per prenotare una stanza in una pensione. Hai due giorni di tempo. Dirò io alla governante che hai la febbre e sei tornata a casa.”
“Va bene. Lo farò.”
 
Il giorno dopo
Mick leggeva il giornale mentre sorseggiava il tè. Il cipiglio sul suo volto era così evidente che la notizia che stava leggendo doveva averlo fatto innervosire.
“Che c’è, è crollata la borsa?” scherzò Ariadne.
Se Mick era preoccupato, allora lei doveva conoscere la fonte della sua preoccupazione per ogni eventuale attacco contro di lui. Conosci ogni debolezza del tuo nemico, diceva sempre suo fratello Eric.
“Ieri sera i comunisti hanno fatto saltare in aria la sede in costruzione del partito fascista.”
Il Partito Comunista di Gran Bretagna (*questo il nome completo del partito comunista) era nato nel 1920 e da allora aveva avviato azioni sovversive in diverse città del paese. I membri in Parlamento concludevano poco e niente, la vera lotta si teneva in strada.
“E’ morto qualcuno?” domandò Rachel.
“C’è solo una vittima, probabilmente è il segretario del partito. Può darsi che ora quel ruolo spetti a Caesar Osborne.”
La soddisfazione di Mick era tale che Ariadne sentì il sangue rimbombare nelle orecchie per la rabbia.
“Oppure fanno saltare in aria anche Osborne.”
“Osborne non morirà, io non lo permetterò. Lui mi serve.”
Ariadne addentò un biscotto e gli lanciò un’occhiata di sfida. Se voleva giocare, lei avrebbe giocato senza regole.
“A te servono soldi e supporto, e si sa quanto sia ricco e influente il partito fascista di questi tempi.”
“Ricchezza e potere sono le vere essenze della vita.” replicò Mick.
“Anche morire è essenziale.” Lo minacciò Ariadne.
La conversazione fu troncata dall’arrivo di Andrew. Non disse una parola, fece solo un cenno col capo e Mick si alzò in piedi come se avesse ricevuto un ordine.
“Io starò tre giorni fuori città. Andrew verrà con me, dunque voi potrete chiedere a Matthew di essere accompagnate dove volete. Mi raccomando, Ariadne, non combinare guai.”
Ariadne alzò le mani in segno di resa ma dentro di sé stava ridendo perché Mick le aveva appena servito tre giorni di libertà su un piatto d’argento.
“Rachel, ti va di andare a trovare Lady Violet?”
 
Tommy se ne stava seduto a sorseggiare whiskey alle sette del mattino. Davanti a lui c’era Olga che affondava le dita nei fondi del tè per leggere il futuro. Nel mentre Nadina era l’unica che stava facendo colazione, una vera con latte e pane.
“Che cosa dicono le carte, nonna? Diventerò milionaria?”
Olga aveva l’espressione lugubre, la lettura non era andata come sperava. Tommy conosceva abbastanza bene quell’arte, sua madre era ne esperta, al contrario di Polly che era capace di comunicare con gli spiriti.
“Vedo un’aquila. E’ l’unica immagine chiara. Il resto è tutto sfocato.”
“Con le aquile non si campa.” Blaterò Nadina.
Tommy scrollò la cenere sull’erba – erano seduti fuori al caravan – e pestò le scintille col piede.
“Allora, come fate a conoscere la mia vera identità?”
Nadina intinse l’indice nei fondi del e tracciò un segno su una pietra, era un doppio cerchio con al centro un puntino.
“Perché io ti conosco da quando sei bambino. Io e tua madre un tempo eravamo amiche. Lei era la cugina del mio defunto marito.”
Tommy non ricordava Olga, neanche sforzando la memoria. Casa Shelby era sempre piena di gipsy, amici o familiari che fossero, e lui da piccolo non aveva mai fatto attenzione ai loro volti.
“Potevo anche essere Arthur o John.”
“Arthur è più grande di te e John è morto. Sono ben informata.” Disse Olga.
“Un anno fa abbiamo incontrato Esme.” Spiegò Nadina.
Tommy osservò di nuovo il disegno del doppio cerchio e nella sua mente balenò un’immagine simile. Ricordò che un tempo anche sua madre aveva visto lo stesso simbolo nei fondi del caffè.
“Che significa quel simbolo?”
“Due destini che si incrociano poiché avranno la stessa fine.”
“Si riferisce a te e alla rossa focosa.” Lo prese in giro Nadina.
Gli occhi di Olga scattarono su Tommy, quasi sembrava volesse scavargli nell’anima.
“Una rossa? Nei miei sogni ho visto una ragazza dai ricci rossi, camminava fra uccelli morti ed era ricoperta di sangue.”
“Bevi troppo whiskey, nonna.” sospirò Nadina.
Tommy era un gipsy, era cresciuto credendo ad ogni storia della tradizione zingara. Se una donna anziana del gruppo aveva una visione, questa si avverava sempre.
“Credo sia il momento che conosciate la mia alleata.”
 
Ariadne arrivò al British Museum giusto in tempo per i rintocchi di mezzogiorno della Torre. Aveva lasciato Rachel da Lady Violet ed era sgattaiolata via dal giardino sul retro per non farsi vedere dal lacchè di Mick che le aveva accompagnate.
Dopo aver pagato il biglietto, si inoltrò nel museo per dirigersi nell’area isolata dell’edificio che si apriva su un ampio spazio verde. L’ultima volta che era stata lì si faceva chiamare Judith, lavorava come sguattera in una bettola e studiava arte; gli anni più felici della sua vita.
“Credevo ti fossi persa.” Esordì una voce profonda.
Tommy era seduto alla panchina – l’unica, quella su cui si era seduti in passato – e stava staccando i petali di una povera rosa bianca.
“Non è facile seminare i tirapiedi di Mick. Inoltre, non ho molto tempo.”
Ariadne si accomodò sulla panchina e tirò un sospiro di sollievo, era bello potersi riposare dopo aver corso da un capo all’altro della città.
“Ho scoperto che il figlio di Mick è in congedo per malattia. Non ti sembra strano?”
“Proprio adesso suo figlio si ammala. Che bizzarra coincidenza.” Disse Ariadne.
Tommy gettò la rosa senza petali nella piccola fontana a forma di vaso e si accese una sigaretta, sebbene fosse vietato fumare e vi fosse un cartello a ricordarlo.
“Tu che hai scoperto?”
“Sulla moglie ancora nulla, la mia domestica ci sta lavorando in questo momento. Ho dovuto mandare lei in Cornovaglia altrimenti un mio allontanamento sarebbe risultato sospetto.”
“Una vera criminale.” Commentò Tommy.
Ariadne lo fulminò con gli occhi. Si alzò in piedi e si mise le mani in tasca, doveva camminare per ragionare.
“Però c’è una novità: Mick ha combinato un matrimonio fra sua sorella e un tale Caesar Osborne, un membro del partito fascista.”
Tommy si bloccò con la sigaretta a mezz’aria, sorpreso da quella novità.
“Mick sta puntando sempre più in alto. A cosa gli serve il partito fascista? Non penso voglia candidarsi.”
“Non si vuole candidare. Pare che voglia conquistare tutto e tutti.” Disse Ariadne.
“Sta costruendo un vero impero.”
“Ma perché? Ha un reale motivo oppure vuole solo fare il gradasso?”
Tommy soppesò la risposta e dovette ammettere che neanche lui ne aveva idea.
“Secondo me c’è dell’altro sotto. Dobbiamo solo capire cos’è per toglierci di mezzo Mick una volta per tutte.”
Ariadne si risedette con uno sbuffo. C’erano tante domande e nessuna risposta; o meglio, nessuna risposta chiara. Più scavavano e più la situazione si faceva torbida.
“Tra l’altro, oggi Mick è partito per chissà dove e resterà per tre giorni fuori città. Entrerò nel suo studio e cercherò fino a quando non avrò trovato qualcosa di utile.”
“Come pensi di entrare? I suoi uomini sorvegliano la casa e lo studio sarà di certo chiuso a chiave.”
Ariadne sollevò un sopracciglio e lo guardò con aria di sufficienza. Per una che aveva mentito sulla propria identità per anni era uno scherzo superare una porta chiusa.
“Quando lavoravo al Mayfair, ho scassinato la cantina per vendere una bottiglia di vino al doppio del prezzo. Mi servivano i soldi per pagare l’affitto.”
“Saresti stata perfetta per i Peaky Blinders.” Ridacchiò Tommy.
“Io sono perfetta per qualsiasi cosa, mio caro.”
“Ascolta, Ariadne…io vorrei presentarti delle persone che potrebbero aiutarci. E’ la gente con cui sto da quando sono a Londra. Stasera riesci a uscire?”
“Sì, ce la posso fare. Dove ci vediamo?”
“A Yellow Camp, alle spalle del mercato del pesce. Alle nove.” Disse Tommy.
Ariadne avrebbe dovuto escogitare una fuga con i fiocchi. Per fortuna non c’era Andrew, ma comunque la casa era accerchiata dagli Scuttlers di guardia.
“Facciamo alle dieci, prima devo liberarmi della servitù e delle guardie.”
Tommy annuì, nella sua mente già immaginava il piano folle che la ragazza stava ideando. Per essere così giovane era dotata di una straordinaria intraprendenza.
“Va bene.”
Ariadne d’improvviso gli strinse la mano e fece incastrare le loro dita; combaciavano alla perfezione.
“Ne verremo mai a capo, Tom?”
Tommy le cinse le spalle con un braccio e la strinse a sé. Le diede un leggero bacio sulla testa.
“Tra poco saremo liberi. Te lo prometto.”
E rimasero così, abbracciati e in silenzio, fino a quando la Torre non segnò le tredici. Allora si separarono con uno sguardo che silenziosamente diceva ‘io ti troverò ancora’.
 
Erano le dieci in punto quando Ariadne arrivò a Yellow Camp di corsa. Aveva il fiatone e le gambe bruciavano per la corsa, ma era strafelice di essere riuscita sgattaiolare via dalle guardie per la seconda volta.
“Così tu saresti la rossa di Tom.” Esordì una voce dal buio.
Ariadne si fermò e si guardò intorno, ma non vide altro che oscurità. Poi dal nulla venne fuori una ragazza, era minuta, capelli neri e camminata baldanzosa.
“Il mio nome è Ariadne.”
“Io sono Nadina. E comunque ‘rossa’ mi piace di più. Dai, vieni.”
Ariadne la seguì in silenzio. Imboccarono una stradina sterrata che portava ad un immenso campo costeggiato da mucchi di girasoli, ragion per cui si chiama Yellow Camp. Disseminati qua e là c’erano una ventina di caravan. Sedie, tavoli e poltrone malconce riempivano il piazzale. Un grande fuoco al centro del campo era accerchiato da tanti piccoli fuochi che ardevano ai piedi dei caravan; ciascuna famiglia aveva il proprio focolare. Intorno al falò centrale gravitavano una cinquantina di persone, uomini e donne, anziani e giovani, adolescenti e bambini. Tutti indossavano abiti gitani, cantavano e ballavano, alcuni parlottavano fra loro, altri bevevano e giocavano a carte.
“Il tuo fidanzatino è lì.” Disse Nadina.
Ed eccolo Tommy, con la sigaretta all’angolo della bocca, un bicchiere in mano, mentre giocava a dadi con due ragazzi che sembravano colonne di marmo per quanto erano possenti.
Tommy si girò per un secondo e vide che Ariadne lo stava salutando con la mano.
“Io mi ritiro. Ho degli affari da sbrigare.”
“Quell’affare lo condividi?” lo incalzò il fratello di Nadina.
Tommy si avvicinò al ragazzo e si abbassò a parlargli all’orecchio.
“Non osare parlare di quella donna mai più, altrimenti ti staccherò le corde vocali e la voce non ti servirà più.”
Nel frattempo Ariadne si era avvicinata e ora si trovava ad un metro dal tavolo da gioco.
“Ciao, Tom. Ti devo parlare.”
Tommy lanciò un’ultima occhiataccia al fratello di Nadina e si allontanò insieme ad Ariadne. Andarono a sedersi ai margini del campo, sul tronco di un albero abbattuto e disteso a terra. Tommy accese l’ennesima sigaretta e buttò fuori il fumo in una nuvoletta bianca.
“Che succede?”
“Sono andata nello studio di Mick – sì, ho scassinato la porta – e ho scoperto che ha acquistato due biglietti per Boston, uno per sé e uno per il l’autista. Che cosa ci potrebbe essere a Boston?”
“Soldi, alcol, droga, corruzione. In America c’è tutto quello che vuoi.” Rispose Tommy.
“Ma uno come Mick andrebbe fino a lì per quale motivo? Lui non è uno che fa le cose a caso. Se è andato lì deve esserci un valido motivo.”
“Boston è immensa e c’è tanta gente di merda. Mick potrebbe fare affari con chiunque.”
Intanto dal campo proveniva la musica di un violino. Olga si era messa al centro e aveva iniziato a suonare mentre la folla si riuniva per assistere allo spettacolo.
 “Che canzone è?” chiese Ariadne curiosa.
Una bambina si affiancò a Olga suonando il tamburello, insieme stavano creando una melodia armoniosa e dal ritmo fluente.
“E’ una ballata gitana. Racconta di Jasmina, una zingara che ha perso suo figlio. Jasmina inizia ad aiutare tutti i bisognosi che incontra, sia gitani sia non gitani. Una notte le appare una fata e le dice che lei ha un buon cuore, così diventa la madre di tutti i bambini del mondo e ogni notte vola di carovana in carovana per proteggerli e benedirli.” *.
“E’ bellissima.” Mormorò Ariadne ammaliata.
Alla melodia adesso si era aggiunta la voce di una donna che raccontava in musica la storia di Jasmina. Si stringeva nelle spalle, lo scialle con le frange che abbracciava la sua figura, mentre girava lenta su se stessa. Era un canto sofferto e dolce, morte e amore insieme.
“Ari, stai piangendo.” Disse Tommy.
Ariadne si asciugò alla sventa le lacrime, si era commossa e non era riuscita a frenare l’emozione.
“E’ meraviglioso.”
Tommy guardò Ariadne, il modo in cui le fiamme del falò le arrossavano i capelli ancora di più; era come ammirare un tramonto incendiato. L’avrebbe guardata per sempre.
“Già, è meraviglioso.”
Ariadne si voltò e vide che Tommy era perso a guardarla. Quel complimento era riferito a lei, il che la fece sorridere.
“Ti manca la famiglia, Tom?”
“Sì, soprattutto i bambini. Ma tornerò a casa solo quando avrò risolto questa questione. Certi conti vanno chiusi prima di tornare. E tu?”
“Mi manca la mia famiglia. Non so nulla di Eric e Julian. Ho lasciato che fosse Jonah ad occuparsi di lui e degli affari di Camden Town in mia assenza.”
“Tornerai a casa dopo?”
Ariadne deglutì, era un argomento spinoso che voleva evitare di affrontare. Eppure Tommy la fissava come se volesse strapparle una risposta con le proprie mani.
“Quale casa? A Birmingham per me non c’è niente. I miei fratelli se la sanno cavare, e del resto entrambi hanno una famiglia di cui occuparsi. Non mi va di essere la zia che si occupa dei nipoti perché è zitella. Ho altri progetti.”
“Quali?” indagò Tommy.
“Prima mi libero di Mick e di mia madre, poi te ne parlerò.”
Tommy si limitò ad annuire, un groppo gli si era formato in gola. Resta con me, non te ne andare. Questo avrebbe voluto dirle, invece si accese la centesima sigaretta e alzò gli occhi alla luna.
“Girano delle voci sull’attacco al partito fascista. Voci interessanti.”
Ariadne distolse lo sguardo dai festeggiamenti per focalizzarsi su Tommy.
“Quali voci?”
“A quanto pare non sono stati i comunisti. Il fratello di Nadina dice di conoscere uno dei colpevoli. Dice che si tratta del membro di una banda.”
“Tu conosci questa banda?” domandò Ariadne a bassa voce.
“No. Però credo che Olga, la donna che nuova il violino, sappia qualcosa. Ha fatto una faccia strana quando il nipote ha menzionato questa banda.”
“Andiamo a parlare con lei!”
“No, Ariadne! Aspet-…”
Le parole di Tommy caddero a vuoto mentre Ariadne marciava in direzione di Olga.
 
Nadina stava chiacchierando con una ragazza – la biondina figlia di uno dei venditori del marcato – quando vide Ariadne che puntava verso il suo caravan a passo spedito.
“Scusami, tesoro, ma adesso devo andare.”
“No! E la nostra serata speciale?” si lamentò la biondina.
Nadina odiava disdire un appuntamento, soprattutto dopo aver faticato tanto per corteggiare la ragazza. Dunque sospirò e poi sorrise.
“Ci vediamo fra un’ora al deposito di tuo padre e avrai la tua serata speciale.”
La ragazza ridacchiò tutta rossa in viso e si allontanò quasi saltellando di gioia. Nessuna resisteva al fascino di Nadina.
“Dov’è tua nonna? Le devo parlare.” Disse Ariadne concisa.
“Non credo pro…”
“Sono qui.” Annunciò Olga.
Ariadne la salutò con un cenno del capo, una sorta di riverenza data l’età e l’importanza della donna all’interno della comunità gitana.
“Ho bisogno di parlare con voi. E’ urgente.”
Tommy raggiunse le tre donne pochi secondi dopo. Il silenzio era piombato sul trio mentre attendevano la risposta dell’anziana.
“Hai i capelli rossi.” Costatò Olga.
“Già. Mia madre dice che sono il simbolo del demonio.” Disse Ariadne.
“Tua madre si sbaglia. Sono simbolo di forza e di potere. Il rosso è un colore importante.”
“Voi non avete i capelli rossi ma avete comunque forza e potere.”
Olga sogghignò, quella ragazza sfacciata sapeva come conquistare il suo pubblico.
“Vieni, andiamo a parlare in privato.”
 
Ariadne si pentì di non aver portato con sé una sciarpa, a quest’ora non starebbe battendo i denti per il freddo. Sono all’incirca le due del mattino, è buio e tira una brezza gelida. Olga l’ha fatta accomodare su un vecchio sedile sfondato a pochi metri dal campo. Tommy e Nadina sono rimasti in piedi, come due guardiani a protezione della torre.
“Di cosa vogliamo discutere?” iniziò Olga.
Ariadne cercò di sistemarsi meglio ma ogni tentativo era uno spreco di energie. Si riavviò i ricci che il vento le spostava sul viso e si preparò a parlare.
“So che vostro nipote conosce chi ha attaccato il partito fascista. Vorrei sapere il suo nome.”
“Perché mai?”
“Perché mio marito è in affari loschi con i fascisti e voglio capire il perché. Se qualcuno ha fatto esplodere la sede del partito, potrebbe anche voler fare esplodere casa mia.”
Olga distese le dita piene di anelli e afferrò le mani di Ariadne. Chiuse gli occhi e con i pollici sfregò le nocche della ragazza.
“Possiamo fidarci di te.”
“Sul serio?!” sbottò Nadina allibita.
“Sì. Io non sbaglio mai.” Sentenziò Olga.
Ariadne annuì e scoccò un’occhiata trionfante a Tommy, che le restituì lo sguardo complice.
“Quindi posso conoscere il nome di quell’uomo e della banda a cui appartiene?”
“L’uomo si chiama Luke Jones, è un membro dei Mowers.” (* Mowers in italiano significa Mietitori, nome inventato da me)
“Mai sentita nominare questa banda. La conoscete?”
“Io no.” disse Tommy.
“Neanche io.” gli fece eco Nadina.
Olga guardò i tre davanti a sé, erano ancora giovani rispetto a lei e molta storia criminale neanche la conoscevano.
“Il capo della banda è un tale Tyler Nolan. Nessuno di voi lo conosce perché Tyler ha settanta anni e si è ritirato da molti anni.”
“Beh, a quanto pare è tornato in pista.” Disse Ariadne.
“Qualcosa o qualcuno lo ha spinto a tornare.” Spiegò Olga.
Un dubbio si fece largo nella mente di Ariadne e si espanse come l’ombra sul sole.
“Questo potrebbe c’entrare con Mick?”
“Tu credi?” fece Tommy.
“Pensaci: esplode la sede di Caesar Osborne, il nuovo alleato di Mick. E non ti sembra strano che Mick si partito proprio dopo l’esplosione? Sono coincidenze strane.”
“Non conosco bene Nolan. Abbiamo solo fatto un lavoretto per lui anni fa.” Disse Olga.
“Che lavoretto?” chiese Tommy.
“Dovevamo rapinare un banchiere. Abbiamo concluso il lavoro, ci siamo presi la nostra fetta d soldi e ce ne siamo andati. E’ stato un affare veloce.”
“Questo tizio potrebbe avercela con i fascisti?” domandò Nadina confusa.
“Tutti odiano i fascisti.” Disse Ariadne.
“Nonna, vieni! Victor vuole che gli leggi i fondi!” la richiamò uno dei nipoti.
Olga scattò in piedi come una molla, gli occhi che rilucevano di gioia alla solo menzione della lettura.
“Ora vi saluto. Se avrete bisogno di me, mi troverete qui.”
“Vi ringrazio infinitamente.” Disse Ariadne con un sorriso.
“Io torno alla mia serata. Addio!” li salutò Nadina.
Rimasti soli, Ariadne si abbandonò ad un sospiro carico di angoscia. Un gufo bubolò nel buio, il suo sguardo dorato seguiva la luna con estrema attenzione.
“Io devo tornare a casa prima che qualcuno si accorga della mia assenza.” Disse Ariadne.
“Ti accompagno io.” si offrì Tommy.
 
“Dobbiamo cercare informazioni su Tyler Nolan.”
Tommy camminava con le mani in tasca e il naso rivolto all’insù. Londra di notte aveva una sua magia, era silenziosa e luminosa, era un mondo a parte. Imboccarono Trafalgar Square, la piazza era uno spettacolo di luci soffuse e cavalli che si sentivano scalpitare in lontananza.
“Mi metterò subito sulle sue tracce. Tu, intanto, cerca tra le scartoffie di Mick.”
“Lo farò. Secondo me tutto è connesso.”
Proseguirono in silenzio, camminando vicini, ognuno perso nei propri pensieri. Ad un certo punto Tommy si accorse che Ariadne era sparita.
“Ariadne?”
“Sono qui!”
La ragazza stava camminando sul bordo di una delle tante fontane di Trafalgar Square. Si reggeva in perfetto equilibrio mentre canticchiava a bassa voce. Un lampione illuminava la sua figura, i ricci rossi sembravano finissimi filamenti di rame lucente, i suoi occhi ambrati erano oro liquido. Sembrava di ammirare un dipinto vivente.
Tommy avvertì quella fitta che lo colpiva ogni volta che c’era Ariadne di mezzo. Cominciava a temere che fosse amore. Amore puro.
“Vuole scendere, signorina? Prima di rompersi l’osso del collo.”
“Come siete romantico, signore.”
Tommy allungò la mano e Ariadne la strinse, scese dalla fontana e finì dritta fra le sue braccia.
“Hai intenzione di andartene quando sarà tutto finito, vero?”
Ariadne abbassò lo sguardo, quella sembrava tanto un’accusa.
“Adesso sono qui. E’ tutto ciò che conta.”
Tommy le sollevò il mento e con le dita le accarezzò il naso, la bocca e il collo fino a posare la punta dell’indice sul cuore della ragazza. Batteva così forte che lo fece sorridere.
“Ah, allora qui dentro c’è un cuore che batte.”
“Credevi non ci fosse?” ridacchiò la ragazza.
“Dipende per chi batte.”
Ariadne fece roteare gli occhi e afferrò Tommy per il colletto della camicia.
“Lo sai benissimo che batte per te.”
Dopodiché lo baciò. Tommy fece scivolare le mani sui fianchi della ragazza e la strinse a sé fino a sentirsi ebbro del suo profumo. Affondò poi le dita nei sui ricci, le spinse la testa all’indietro e approfondì il bacio.
“Non te ne andare.” Sussurrò Tommy.
Ariadne serrò le dita sul colletto della camicia quasi potesse aggrapparsi alla stoffa per non annegare. Non poteva fargli quella promessa. Non poteva rinunciare alla propria libertà.
“Adesso sono qui.”
Tommy l’abbracciò forte, voleva sentirla fra le sue braccia, voleva sentirla fin dentro le ossa. Appoggiò la fronte sulla sua spalla e chiuse gli occhi. Per la prima volta dopo tanto tempo si stava abbandonando ai sentimenti, si stava affidando ad Ariadne.
 
Ariadne sorrise guardando la sua mano stretta in quella di Tommy mentre camminavano. Pochi metri e sarebbe tornata a casa, o meglio al suo inferno personale.
“Quindi il nostro punto di ritrovo è il campo?”
“No, è troppo lontano per te da raggiungere. Ci vediamo sempre al museo. Domani pomeriggio alle cinque?”
“Domani alle cinque.” Confermò Ariadne.
Tommy si fermò qualche passo dopo e diede uno sguardo ai dintorni, non sia mai che qualcuno vedesse la signora King girovagare di notte con uno sconosciuto mano nella mano.
“Ti lascio qui, ma aspetto che entri in casa prima di andarmene.”
“Allora buonanotte, Tom.”
Ariadne gli diede un bacio sulla guancia e uno sulla bocca a stampo, poi gli sorrise un’ultima volta e svoltò l’angolo.
 
“Signora King! Signora King!” bisbigliava qualcuno.
Ariadne aprì gli occhi e con disappunto sull’orologio a pendolo lesse che erano le cinque del mattino; a stento aveva dormito tre ore.
Il suo sonno era stato disturbato da diversi colpi alla porta e da una voce femminile. Si alzò, si infilò la vestaglia da camera e andò ad aprire. Sulla soglia c’era Lily con gli abiti da viaggio e la valigia in mano.
“Lily, sei già di ritorno?”
Ariadne controllò il corridoio e tirò dentro la domestica, che quasi inciampò nel tappeto a causa del peso del suo bagaglio.
“Signora, sono tornata prima perché in Cornovaglia non c’era altro da fare.”
“In che senso?”
Lily depositò la valigia a terra e si massaggiò il braccio, aveva camminato per due giorni senza sosta e aveva riposato soltanto sul treno.
“La precedente moglie del signor King non sta più al convento. La settimana scorsa un’auto è andata a prelevarla e di lei non si è saputo più nulla. Quando la madre superiora ha cercato di capire cosa stesse succedendo, l’uomo alla guida le ha lasciato una busta di soldi ed è sparito con la signora in macchina.”
“Le suore ti hanno saputo dire altro?” domandò Ariadne.
“Sono preoccupate per la loro consorella perché è malata di polmoni e non regge viaggi lunghi. Secondo loro l’uomo in questione è irlandese, lo hanno dedotto dall’accento.”
Ariadne cercò di mettere insieme i pezzi di quel puzzle senza senso: un uomo irlandese conosce il convento dove è stata confinata l’ex moglie di King, va in Cornovaglia e la porta chissà dove; inoltre, la donna è malata e soffre le lunghe distanze.
“Un irlandese…che strano.”
“Una delle suore mi ha riferito un dettaglio: l’uomo aveva un fucile tatuato sul braccio destro.”
Ariadne sbarrò gli occhi a quella rivelazione. Era un dettaglio fondamentale perché adesso sapeva che l’uomo apparteneva all’IRA. Adesso le opzioni erano due: o Mick era alleato dell’IRA o era una loro vittima.
“Grazie, Lily. Ora puoi andare. Sei stata di grande aiuto.”
La domestica fece un piccolo inchino, recuperò il bagaglio e uscì dalla stanza quasi senza farsi sentire.
Ariadne si sedette alla toilette e scrisse una lettera.
 
Tommy si stava preparando per la pesca quando Nadina irruppe nel suo caravan senza neanche bussare.
“Un ragazzino ha consegnato questa per te.”
La lettera era ben sigillata dalla ceralacca, indice che chi l’aveva scritta voleva che il contenuto restasse segreto fino all’apertura. Tommy strappò la cera e la carta senza troppe cerimonie.
Tom, è Ariadne che scrive. La mia domestica è tornata dalla Cornovaglia con una notizia inaspettata: un uomo ha portato via l’ex moglie di Mick. La notizia scioccante è che l’uomo è un membro dell’IRA. Credi che Mick sia loro alleato? Oppure è un loro nemico? Forse Mick non è andato in America, ma piuttosto potrebbe essere andato chissà dove per recuperare la donna. E se fosse toccato lo stesso destino al figlio?
In attesa di rivederci domani e di parlarne di persona.
Un abbraccio. Tua, Ariadne.
“Che c’è scritto?” curiosò Nadina.
Tommy ripiegò alla svelta la lettera e se la infilò in tasca. Con l’IRA di mezzo i giochi diventavano più pericolosi.
“Guai molto grossi in vista.”
 
Salve a tutti! ^_^
Il mistero si infittisce, ops…
Fatemi sapere cosa ne pensate.
Alla prossima, un bacio.
 
* E’ una favola antica rom.
  
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