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Autore: Stillathogwarts    12/09/2022    1 recensioni
"Restò immobile, totalmente spiazzata, mentre Draco affondava il volto tra i suoi capelli.
Lo sentì inspirare ed espirare profondamente e rabbrividì quando il suo respiro caldo colpì il suo collo, provocandole una sensazione di calore che si diffuse in tutto il corpo.
«Ovviamente dovevi essere tu» sussurrò con voce roca, riconoscendo chiaramente il suo profumo."
(Dal testo)
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STORIA IN 2 PARTI | DRAMIONE.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Blaise Zabini, Draco Malfoy, Ginny Weasley, Harry Potter, Hermione Granger | Coppie: Draco/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Behind The Mask
PARTE SECONDA






Come avesse potuto una singola serata destabilizzarla così tanto, Hermione non se lo riusciva proprio a spiegare.
La sua brillante mente sembrava fallire miseramente ogni volta che provava a dare un senso alle sensazioni che il biondino le aveva fatto provare.
Soprattutto in merito a quel bacio.
Non era stato poco più che uno sfioramento di labbra, ma era riuscito ad accenderla dall’interno e a farle provare cose che nessun altro le aveva mai fatto provare prima.
Forse era tutto dovuto al fatto che non sapeva chi fosse, al fascino dell’ignoto.
Ma il pensiero delle sue labbra che la sfioravano non abbandonava la sua mente, neanche ora che sapeva a chi appartenessero; rimuginava su quel bacio e fissava il vuoto imbambolata, con le dita premuta sulla bocca, neanche fosse una ragazzina alle sue prime esperienze.
Forse scoprire che fosse Draco Malfoy aveva peggiorato le cose, perché di più attraente del fascino dell’ignoto, c’era solo il fascino del proibito.
E Draco Malfoy era sempre stato quanto più di proibito ci fosse per lei, tanto da non concedersi mai la libertà di gettargli uno sguardo più approfondito, l’occasione di vederlo veramente; anche dopo la guerra, anche dopo che Harry le aveva detto che non seguiva più la linea purosanguista, che aveva capito i suoi sbagli e che se n’era pentito profondamente, Hermione si era sempre vietata categoricamente di guardarlo da vicino.
Durante quegli anni, si era interrogata spesso su come fosse il nuovo Malfoy, quello che Harry era arrivato con il tempo a considerare un amico, addirittura; si era chiesta più volte come fosse sostenere una conversazione con lui in termini amichevoli, come ragionasse e quali fossero le sue nuove prerogative nella vita… quali fossero i valori che sosteneva ora.
Sapeva che fosse maledettamente intelligente perché era l’unico studente con cui avesse mai sentito la competizione tra i banchi di scuola; la nota che le era sempre sembrata stonata nell’immagine del Draco di Hogwarts che seguiva ciecamente i precetti del padre nonostante avesse le capacità per ragionare con la sua testa. Il modo con cui avevano discusso la sera prima ne era la prova schiacciante; aveva stimolato la sua mente come nessun uomo era riuscito a fare prima, incuriosendola, stupendola, spronandola a vagliare altre opzioni, ad approfondire gli argomenti, a indagare… Facendole desiderare di avere altre occasioni di parlare con lui.
Ma ora sapeva che quel lui era Malfoy e Malfoy non l’aveva mai degnata di uno sguardo, né aveva mai dato alcun segno di volerla conoscere o di volersi far conoscere da lei.
Sbuffò, chiedendosi come avrebbe fatto a dimenticare l’accaduto e ad affrontare il biondino quando lo avrebbe incontrato di nuovo al Ministero, il tutto senza arrossire o avvertire imbarazzo, senza fargli capire che era la ragazza fuggita via da Malfoy Manor dopo aver scoperto che era lui l’uomo a cui aveva appena concesso di baciare le sue labbra.
Il calice di vino era di nuovo vuoto e Hermione non aveva idea di quante volte lo avesse già riempito.
La Gazzetta del Profeta di quel giorno giaceva spiegazzata sul pavimento, il titolo in prima pagina che ammiccava nella sua direzione:
Ronald Weasley e l’ereditiera Purosangue Astoria Greengrass si sposano: eroe del mondo magico fa la proposta di matrimonio durante il Ballo di Halloween organizzato dal Ministero e riceve un entusiasta ‘sì’.
Il fatto che i giornali si ostinassero a precisare ancora lo status di sangue di alcune famiglie le faceva storcere il naso; Hermione credeva che fosse una cosa da sfatare, perché finché lo avessero fatto, alcuni avrebbero continuato a credersi superiori.
Gente come Pansy Parkinson, per esempio.
Era contenta per il suo amico, anche se non era mai stato in grado di trovarsi una ragazza capace di accettare la loro amicizia.
Era stata da sempre la sua croce, veramente, perché anche la ex di Harry era gelosissima di lei, Cho Chang, ma con lui era fortunata perché alla fine aveva sposato Ginny e non era stata obbligata a distanziarsi in alcun modo da quello che considerava a tutti gli effetti un fratello.
Era così difficile da capire l’amicizia che li legava?
Il fatto che Ron avesse chiesto in sposa Astoria a quel ballo spiegava anche l’assenza di Ginny e Harry alla sua porta il giorno seguente.
Erano stati troppo distratti per accorgersi di quello che stava facendo lei.
Un bene, a detta di Hermione.
Se c’era qualcuno che avrebbe avuto da ridire su Malfoy, quello era proprio Ron; i Potter ormai conoscevano Draco troppo bene per fare storie, al punto che spesso lo invitavano a cena da loro. C’era spesso anche Hermione, in realtà, in quelle occasioni… ma con lui ci aveva parlato a malapena. Lei sembrava sempre l’unica con cui il biondino non si prendesse la briga di scambiare due parole, al di là dei convenevoli.
*
«Si può sapere che cosa ti prende?»
La voce di Potter gli arrivò come ovattata alle orecchie.
Draco si passò una mano sul viso e gettò sgraziatamente la piuma con cui stava scrivendo sul tavolo. «Niente, sono solo un po’ distratto.»
«Un po’?» chiese il moro. «Malfoy, tu non sei mai distratto. Questa è la prima volta in quattro anni e va avanti da giorni. È preoccupante.»
Draco sospirò. «Merlino, non ci credo che sto per farlo veramente...»
Rabbrividì al pensiero che stesse davvero per confidarsi con il fottuto Harry Potter riguardo a una ragazza; si passò una mano sul volto e deglutì, avvertendo lo sguardo inquisitorio del suo ex nemico, ormai amico, su di sé.
«Al Ballo di Halloween, io… Ho trascorso la serata con una ragazza, ma non ho idea di chi sia. Non riesco a smettere di pensare a lei.»
«Perché non le hai chiesto il suo nome se ti piaceva?»
«Le ho chiesto di togliere le maschere» ribatté in tono asciutto lui. «Ma prima che sfilasse la sua, deve avermi riconosciuto e dev’essersi spaventata, perché è corsa via.»
Seamus Finnigan passò accanto alla porta dell’ufficio di Harry proprio in quel momento.
«Magari sarà rimasta traumatizzata dal trovarsi davanti un ex Mangiamorte, non ti pare?»
Draco ridusse gli occhi a due fessure e lanciò un’occhiataccia nella sua direzione.
«Chiudi il becco, Seamus», disse Harry, ma il ragazzo non lo ascoltò.
«Insomma, è comprensibile che abbia voluto girare al largo.»
«Non era tua madre quella con cui hai parlato per tutto il tempo tu, Finnigan?» berciò caustico il biondino. «Buffo che il pulpito venga proprio da te quando una donna non ti si avvicina neanche se indossi una maschera, non trovi?»
Seamus divenne pericolosamente rosso in volto e Harry si affrettò a intervenire.
«Basta così, voi due!» ruggì spazientito. «Seamus, torna nel tuo maledetto ufficio!»
Il moro si passò una mano tra i capelli e sbuffò. «Non era scritta tra le mansioni del Capo Auror, quella di fare da baby-sitter!»
Draco sbuffò. «Non è colpa mia se Finnigan è un idiota.»
«Sì, ma credo che possa migliorare esattamente come credevo che potessi farlo tu quando ti ho preso sotto la mia ala, Malfoy» replicò l’altro. «E avevo ragione, quindi non perdo la speranza.»
Il biondino alzò gli occhi al cielo. «L’unico stronzo che viene nominato Auror effettivo dopo un solo anno di addestramento.»
«Esperienza sul campo», gli ricordò ammiccando. «E poi, la mia promozione anticipata ha fatto comodo anche a te.»
Draco grugnì, ma era vero.
«Potter», asserì dopo un istante, ricordando all’improvviso un dettaglio della sera del ballo. «L’ho vista parlare con te, all’inizio della serata. Aveva un vestito azzurro, dei motivi argentati sulla parte superiore…»
Harry sgranò gli occhi e spalancò le labbra, capendo immediatamente di chi si trattasse.
Stava per aprire la bocca per parlare, quando incrociò lo sguardo di Hermione, che era appena arrivata e si era pietrificata sulla porta.
Lo guardò con occhi sbarrati e terrorizzati, mentre scuoteva la testa impercettibilmente, a mo’ di avvertimento.
«…Capelli leggermente mossi e castani… bellissima… Ti dice niente?»
Il Prescelto si schiarì la gola. «Ehm, no. Mi dispiace.»
«Ma ci hai parlato e anche Ginevra sembrava conoscerla bene!»
«Malfoy, ho parlato con tanta gente quella sera» asserì Harry, «metà della quale non l’ho nemmeno riconosciuta.»
Poi sospirò, genuinamente dispiaciuto e odiando Hermione con tutto sé stesso in quel momento.
Non aveva mai visto Draco così preso da qualcuno prima ed era dalla guerra che non sembrava così abbattuto e disperato.
«Temo che la tua dama sia tra questi ultimi.»
Malfoy si lasciò ricadere contro lo schienale della sedia e sbuffò sconsolato.
Riusciva ancora a sentire il suo sapore tra le labbra, il fantasma della sua mano sulla spalla, il suo profumo, che gli sembrava di avvertire ovunque…
Hermione bussò alla porta proprio in quel momento.
Harry, che la conosceva bene, notò immediatamente che stesse facendo uno sforzo immenso per far finta di niente.
«Ti ho portato i documenti che hai richiesto al mio Dipartimento, Harry» gli disse, poggiando un plico di fogli sulla scrivania.
Il moro annuì. «Grazie, Mione.»
Lei rivolse un’occhiata rapida al biondino, ma si girò subito, avvertendo le guance surriscaldarsi.
«Malfoy.»
Draco avvertì una stretta allo stomaco, nel realizzare che non lo aveva neanche guardato in faccia.
«Granger.»
Harry fece ruotare gli occhi.
*
«Si può sapere che accidenti stai combinando?»
«Sssh, Harry!»
Hermione balzò dalla sua sedia corse a chiudere la porta.
«Hai passato la serata del ballo con Malfoy?»
«Non sapevo che fosse lui!» esclamò lei sulla difensiva. «Si era persino scurito i capelli e aveva mascherato la sua voce! Non indossava neanche il suo maledetto anello! Insomma, quand’è stata l’ultima volta che lo hai visto senza?»
L’espressione sul viso dell’amico era assai eloquente.
«Esatto, mai!» tradusse Hermione in uno squittio.
«Cavolo, avete preso proprio seriamente questa faccenda dell’anonimato per una sera» commentò ironico Harry. «Non credo che Kingsley intendesse la cosa così alla lettera.»
Hermione ringhiò di frustrazione. «Non gli hai detto che ero io, vero? Dopo che me ne sono andata…»
«No, ma è in uno stato pietoso» la informò. «Crede che tu sia scappata perché hai avuto paura di lui, qualcosa del genere… E Seamus gli ha messo la pulce nell’orecchio tirando in mezzo la storia del Marchio.»
«Gli passerà...»
«Hermione, non l’ho mai visto così fuori forma dai tempi della guerra. Perché non glielo dici e basta?»
«Perché ci siamo baciati, Harry!» sibilò a denti stretti.
E perché ho spudoratamente flirtato con lui fin dall’inizio e potrei morire dalla vergogna se scoprisse che ero io.”
Harry sgranò gli occhi. «Oh, mio, dio! Hai baciato Draco Malfoy!»
«Non dire niente!» gli intimò lei, puntandogli contro un dito con fare minaccioso, ma l’amico stava già sghignazzando.
«E se stai reagendo così ti è pure piaciuto!»
Hermione avvampò. «Dico sul serio, Harry Potter. Smettila
«Devi dirglielo.»
«Non posso!» rispose esasperata lei. «Non appena saprà che sono io, perderà tutto l’interesse. Meglio risparmiarmi l’umiliazione, ne ho ricevute abbastanza da lui a scuola.»
«Credevo non gli portassi rancore per i vostri trascorsi.»
«Non vuol dire che lo abbia perdonato» sbuffò la giovane. «Non è che mi abbia chiesto scusa o altro.»
«Hermione» asserì Harry. «È Malfoy. Credi sul serio che ti chiederebbe scusa come le persone normali?»
«Dovrebbe.»
Il moro alzò gli occhi al cielo. «Ha proposto lui alla McGranitt il progetto di Cooperazione tra le Case che hanno avviato a Hogwarts quest’anno» le rivelò. «Ha finanziato lui il Programma di Protezione dei Nati Babbani in Pericolo del Ministero, che ci ha permesso di mettere al sicuro un sacco di famiglie nelle zone in cui quel maledetto gruppo di neo-Mangiamorte sta colpendo più duramente. Ha persino finanziato un programma di coordinamento per i Nati Babbani che entrano a Hogwarts per la prima volta, per aiutarli a comprendere il mondo magico in anticipo, per evitare vengano abbandonati a sé stessi una volta scaraventati all’interno.»
Hermione lo fissò con la mascella a terra. «Malfoy?»
«Stavamo parlando di lui, no?» replicò Harry piccato. «Magari è il suo modo di dirti che gli dispiace.»
«O di alleviare i suoi rimorsi.»
«Che differenza fa? Vuol dire comunque che si sente in colpa e che ha capito i suoi errori, no? Che sta cercando di rimediare…»
La ragazza si morse il labbro inferiore.
«Hermione, lavoro con lui ogni giorno da quattro anni, posso dirti con sicurezza che è cambiato, non c’è più nulla nel Malfoy di Hogwarts.»
Poi gli tornò in mente la scenata con Seamus di quella mattina. «Beh, quasi nulla. Ma comunque, si sta impegnando. Sta facendo del suo meglio. E il suo meglio è tanto, credimi.»
«Non posso dirglielo, Harry» sussurrò lei tristemente. «Per favore, non insistere.»
Harry sospirò. «Come vuoi. Ma sembra che gli piacessi veramente.»
Si alzò e si incamminò verso la porta; prima di uscire esitò un momento sulla soglia.
«Se il motivo per cui non vuoi dirglielo è che hai paura di quello che potrebbe accadere dopo, forse dovresti sapere che l’ho visto stracciare ogni singola proposta di candidate Purosangue che i suoi genitori gli hanno inviato in questi anni senza mai tenerle in considerazione. Neanche una volta.»
*
«Ciao, Draco.»
Il biondino sobbalzò e chiuse gli occhi, già esasperato in partenza, riconoscendo immediatamente quella voce.
«Pansy.»
Trasse un profondo respiro e si voltò a guardarla. «Hai bisogno di qualcosa?»
«La domanda qui», rispose, gettando la sua borsa sul divano, «è di cosa hai bisogno tu.»
Draco strinse il labbro tra i denti e dilatò le narici. «Ti hanno scritto, non è vero?»
«Non so di cosa tu stia parlando», cantilenò lei con finta aria innocente. «Mi manchi.»
Il biondino rise. «Senti, Pansy, non importa quello che ti hanno promesso i miei genitori, io non sono interessato. Gliel’ho detto mille volte, non sposerò una Purosangue tradizionalista e di certo non ho intenzione di sposarmi entro i prossimi due anni.»
La ragazza si leccò il labbro inferiore e gli si avvicinò comunque. «Draco…»
La sua mano si allungò per sfiorare il suo petto e lui la bloccò afferrandole il polso con uno scatto infastidito.
«Te lo dirò per l’ultima volta e nel modo più gentile a cui riesco a pensare in questo momento» sibilò arricciando il naso. «Levati dalle palle, Pansy.»
«Ehi, Malfoy!»
La voce della Granger riempì la stanza all’improvviso, seguita da uno strillo acuto nel trovarli così vicini. «Non sapevo, scusate, non volevo…»
Draco deglutì e arretrò di qualche passo automaticamente, senza neanche spiegarsi veramente il perché.
Pansy sbuffò. «Non ti hanno insegnato a bussare, Sanguemarc
«Non ti permettere» ringhiò Draco, guardandola in cagnesco. «Non nel mio ufficio, non in mia presenza.»
«Oh, andiamo!» protestò Pansy. «Non puoi fare sul serio! E comunque non è educato entrare in un ufficio che non è il proprio senza bussare!»
Hermione sbuffò. «La porta era aperta! È una politica del Ministero, se la porta è aperta si può entrare senza bussare!»
Sbatté un malloppo di documenti sulla scrivania di Draco e si voltò senza neanche degnarlo di uno sguardo. «I documenti che mi avevi chiesto.»
Poi si dileguò senza aggiungere altro, richiudendosi la porta alle spalle con un tonfo.
«Vattene, Pansy» sibilò lui, stringendo le mani in pugni per mantenere un tono pacato.
E forse fu per via del gelo e del disprezzo nella sua voce, ma alla fine, Pansy se ne andò davvero.
*
Hermione si chiuse nel primo bagno che le capitò davanti per sciacquarsi il volto e tranquillizzarsi.
«Cambiato un corno» borbottò mentre si gettava addosso l’acqua fredda.
Malfoy era il tipo che poteva benissimo operare a favore della luce, baciare una sconosciuta durante un ballo e affermare di volerla rivedere con tutto sé stesso e al contempo continuare a scoparsi senza farsi remore un soggetto subdolo e meschino come Pansy Parkinson.
La scoperta non avrebbe dovuto sorprenderla.
Se Harry le avesse detto anche solo un’altra volta di rivelare a Malfoy che era lei la ragazza del ballo, lo avrebbe affatturato.
Non sarebbe diventata la barzelletta di quei due, la Parkinson e Malfoy avevano riso abbastanza di lei a scuola.
Voleva restare fuori e lontana da tutta quella faccenda.
Lontana da Draco Malfoy.
La sua vita post-guerra era stata priva di drammi fino a quel momento e aveva tutta l’intenzione di assicurarsi che le cose non cambiassero. 
Peccato che Pansy non la pensava allo stesso modo.
Evidentemente, l’aveva seguita fino al bagno, perché qualche istante dopo entrò anche lei.
«Allora, Sanguemarcio» esordì esibendo un sorriso sprezzante. «Sarò breve e coincisa, sperando che d’ora in poi tu la smetta di metterti in mezzo. Draco è mio
Hermione emise un gemito di frustrazione. «Chi se ne frega di chi scalda il letto di Malfoy la notte!» ringhiò spazientita. «Sono entrata perché la porta era aperta, te l’ho già detto. È la politic-»
«La politica del Ministero ti ha fatto trascorrere tutta la serata del ballo con lui?»
Hermione si pietrificò. «Non so di cosa tu stia parlando.»
Pansy si lasciò andare a una risata per niente ilare. «È inutile fingere. Ti ho riconosciuta.»
La ragazza strinse il labbro inferiore tra i denti.
Quello era un problema.
Quell’informazione in mano a Pansy Parkinson era pericolosa.
«Ovviamente, Draco non ti si sarebbe neanche avvicinato se ti avesse riconosciuta, hai fatto un buon lavoro quella sera per nascondere la tua identità…»
«Non ho intenzione di dirgli che ero io» affermò in tono asciutto Hermione. «Ti sarei grata se evitassi di farlo tu.»
Sorprendentemente Pansy le sorrise. «Vedo che siamo sulla stessa lunghezza d’onda, allora. Non sei ancora così stupida da pensare che uno come Draco possa volerti in qualche modo.»
Hermione fece ruotare gli occhi. «Se qui abbiamo finito, io me ne andrei. Sai, c’è gente che lavora nella vita.»
Pansy Parkinson esalò un sospiro indifferente. «Spero che ti sia goduta la tua serata, Principessa per una Notte... Perché è l’unica che avrai.»
Hermione avrebbe voluto dirle che non aveva mai desiderato di essere una principessa, neanche quando aveva quattro anni e le rifilavano costantemente film su barbie e principesse varie che su di lei sortivano lo stesso effetto della Pozione Soporifera che aveva rifilato a Tiger e Goyle al secondo anno, ma, pur di chiudere la faccenda alla svelta, incassò l’insulto in silenzio e se ne tornò nel suo ufficio.
Si lasciò ricadere sulla sua poltrona e poi espirò sonoramente, maledicendosi per non essere rimasta a casa la notte di quel maledetto ballo, come aveva inizialmente programmato.
*
«È la Granger.»
Draco alzò lo sguardo sul suo amico e sollevò un sopracciglio. «Eh?»
«La ragazza del ballo, Draco! Era la Granger!»
Il biondino lasciò cadere la piuma sul tavolo, non curandosi delle macchie di inchiostro schizzate sul foglio, e sbuffò. «Blaise, la Granger non ci è venuta al ballo.»
«E invece era lì», gli assicurò. «Ed è la ragazza con cui hai trascorso la serata. L’ho sentito dire dalla sua stessa bocca.»
Draco deglutì e lo fisso in silenzio per un po’. «Come lo hai scoperto?»
«Beh, ero nel bagno con Daphne a-»
«Taglia, Blaise.»
«D’accordo, d’accordo!» esclamò alzando le mani in segno di resa e poi gli raccontò l’accaduto per filo e per segno.
«Dannazione!» ringhiò Draco, imprecando mentalmente contro Pansy e la sua malsana ossessione per la sua persona, - o per il suo conto alla Gringott, non lo sapeva neanche più -, e contro i suoi genitori che non capivano i ‘no’ e continuavano ad alimentarla.
«Insomma, se aspetti che venga a dirtelo, temo, non lo farà mai.»
«Hai mai pensato che forse se non vuole dirmelo è perché non è interessata?» ribatté il biondino in tono piccato. «Insomma, adesso si spiega perfettamente la sua reazione quando mi ha visto. E se ha mantenuto il segreto per tutto questo tempo… immagino abbia persino detto a Potter di non fare il suo nome.»
Spiegava anche il rossore sulle sue guance quando lo vedeva e il motivo per cui all’improvviso cambiare strada ogni volta che si incrociavano nei corridoi sembrava essere diventato di vitale importanza per lei; spiegava la voce flebile con cui si rivolgeva a lui quando non poteva evitarlo in alcun modo, così diversa da quella decisa, stoica e sfacciata che aveva sempre usato nei suoi confronti.
Il cuore gli sprofondò nel petto al pensiero che alla fine era stato veramente respinto dalla Granger, nonostante non avesse mai fatto un passo verso di lei proprio per paura di rovinare tutto prima ancora di avere qualcosa da rovinare.
Doveva essere un nuovo record o qualcosa del genere.
«Hai mai pensato che magari non ti voglia dire niente perché invece teme un rifiuto?» cantilenò Blaise, imitando la sua cadenza saccente di poco prima.
Draco assottigliò gli occhi. «Non farmi il verso, Zabini.»
«Non chiamarmi Zabini, Malfoy» insisté lui. «Ho sopportato troppe delle tue stronzate per essere declassato all’uso del cognome.»
Gli angoli delle labbra del biondino si sollevarono all’insù.
«Vai a parlarle» lo incitò l’amico. «Insomma, è da una vita che vuoi farlo, comunque. Non ti sembra un segno, o qualcosa del genere, che fosse proprio lei la ragazza del ballo?»
«Non lo so, Blaise», sussurrò Draco, distendendosi contro lo schienale della sedia. «Non saprei neanche da dove cominciare.»
«Ehi, Granger! Volevo dirti che ora sono consapevole di essere stato un coglione a scuola e che mi dispiace da morire. Inoltre, so che sei tu la ragazza con cui mi sono sbaciucchiato al ballo e non faccio che pensare a quanto mi piacerebbe toglierti le mutandine. In realtà, ci fantastico su da molto tempo, ma me la sono sempre fatta addosso al pensiero di venire a parlarti» intonò Blaise con fare teatrale.
Draco lo fulminò con lo sguardo e lui rispose facendo spallucce.
«Era solo per darti un’idea.»
*
Erano le otto di sera e se c’era ancora qualcuno all’interno del Ministero, a un’ora dalla chiusura delle porte, quella era Hermione Granger.
Draco lo sapeva, perché era l’unica persona che gli era capitato di incrociare prima di tornare a casa.
Vivere da solo al Manor non lo invogliava spesso a ritornare alla fine del suo turno e non avendo nessuno con cui andare a bere una cosa, - a meno che di non voler fare da candela alle coppiette che conosceva, e non ci teneva né con i Potter, né con Blaise e Daphne -, non volendo farlo da solo perché era troppo deprimente e voleva evitare qualsiasi ragazza avesse avuto l’audacia di provarci con lui com’era successo le poche volte che ci aveva provato, la sua unica alternativa era quella di restare al Ministero il più a lungo possibile e portarsi avanti con il lavoro.
Non c’era veramente da sorprendersi dei rapidi progressi che aveva fatto nella sua carriera, una carriera che il giorno in cui aveva messo piede al Ministero per chiedere un’opportunità non pensava avrebbe mai avuto.
C’era qualcosa, nella consapevolezza della sua avanzata lavorativa, che gli dava un’immensa soddisfazione; non era per via dello stipendio, perché in realtà lui di quei soldi non aveva affatto bisogno, ma per qualcosa di personale che lo faceva sentire, per una volta, fiero di quello che stava facendo.
E sapere che si era guadagnato un posto nel mondo magico da sé, un posto in contrasto così netto con il ruolo che aveva avuto da ragazzino, gli dava una sicurezza in più mentre marciava verso l’ufficio della Granger.
La porta era chiusa, ma poteva vedere la luce accesa riflessa sul pavimento dalla fessura tra il legno e le piastrelle.
Bussò.
«Avanti.»
La voce della Granger suonava stanca e, constatò, anche il suo viso recava i segni di una giornataccia.
«Oh, no» disse non appena lo vide, senza neanche lasciargli possibilità di parlare. «Se la tua ragazza psicopatica è ancora in giro, Malfoy, devo chiederti di tornare domani quando ci sarà altra gente o di mandarmi a dire le cose tramite una nota o un intermediario.»
«Non è la mia ragazza», precisò freddo, mentre si avvicinava a Hermione con passo deciso.
«Quello che è allora. Non ho davvero più la pazienza né il tempo di stare dietro alle vostre assurde-»
Hermione era così intenta nel suo sproloquio, da non accorgersi che il biondino l’aveva raggiunta; la voce le morì in gola quando la sua mano si chiuse sul suo polso e con uno strattone la alzò dalla sedia, attirandola a sé e facendola finire direttamente tra le sue braccia.
Restò immobile, totalmente spiazzata, mentre Draco affondava il volto tra i suoi capelli.
Lo sentì inspirare ed espirare profondamente e rabbrividì quando il suo respiro caldo colpì il suo collo, provocandole una sensazione di calore che si diffuse in tutto il corpo.
«Ovviamente dovevi essere tu» sussurrò con voce roca, riconoscendo chiaramente il suo profumo.
Hermione divenne scarlatta, mentre il biondino allontanava il volto da lei di qualche centimetro e le puntava gli occhi nei suoi.
Grigio ghiaccio.
Avrebbe dovuto riconoscerli immediatamente, ma lei Malfoy così da vicino non lo aveva mai visto, prima del ballo.
Lei, Malfoy non si era mai concessa di guardarlo affatto.
«Avrei dovuto capirlo subito, nessuna ragazza poteva togliermi dalla testa Hermione Granger» aggiunse il biondino, inumidendosi le labbra. «Mandarmi in tilt con tanta facilità…»
Hermione deglutì, non comprendendo appieno le sue parole, anche se l’antifona le era chiara.
Lui sapeva.
«Di che diavolo stai parlando, Malfoy?»
La sua voce non avrebbe convinto neanche un bambino per quanto era stridula e di fatti, lui reagì esibendo un sorriso sornione.
«Fingere o negare non ti sarà di alcun aiuto» la avvertì. «Il tuo profumo lo riconoscerei tra mille.»
Lei trattenne il respiro. «Non capisco come potresti farlo.»
«Vuoi che ti rinfreschi la memoria, Granger?» le domandò e il tono della sua voce le fece avvertire una nuova ondata di calore. «Perché sinceramente è dalla notte del ballo che non penso ad altro se non a quanto vorrei riassaggiare le tue labbra.»
Le mani di Draco erano sulle sue braccia e anche se non stava esercitando alcuna pressione, Hermione si sentiva in trappola, senza alcuna via di fuga, totalmente incapace di muovere anche solo un muscolo.
La sua vicinanza le faceva quasi girare la testa, il suo profumo inebriante la confondeva.
«Per favore, non farlo» sussurrò tremante.
La sicurezza del giovane vacillò per un momento.
Ingoiò saliva a vuoto, la gola improvvisamente secca. «Non… Non sei stata bene, quella sera, Hermione?» le chiese titubante. «Ho… frainteso?»
Le labbra le si dischiusero in un’espressione di sorpresa senza che potesse impedirlo; il suo nome, sussurrato in quel modo dalla voce di Malfoy riecheggiò dentro la sua mente per diversi istanti, mentre il suo cuore mancava un battito.
«Io… sì… cioè no, non hai frainteso, ma…»
Draco chiuse gli occhi e sospirò. «Non sei stanca dei ‘ma’, Granger?»
«Malfoy, se avessi saputo che ero io fin dall’inizio non ti saresti mai avvicinato a me» puntualizzò lei. «Possiamo evitare tutto questo? Far finta che non sia mai accaduto niente? Possibilmente senza trasformarmi in una barzelletta?»
Lui si leccò il labbro inferiore, mentre scuoteva il capo lentamente. «Temo che non sia possibile» mormorò con voce roca. «Non ora che so cosa vuol dire avere le tue labbra sulle mie.»
Hermione deglutì.
La mano di Draco scivolò con una lentezza estenuante lungo il suo braccio e si fermò solamente una volta raggiunta la sua nuca.
Chiuse gli occhi e posò la fronte contro quella di lei.
Quando parlò di nuovo, il suo respiro e il suo profumo le avevano già offuscato i sensi.
«Non sai quante volte sono stato sul punto di venire a parlarti», sussurrò con voce bassa e stranamente calda.
La voce di Malfoy non era fredda?
«Ti guardavo, seduta su quel tavolino, da sola, durante le tue pause pranzo e cercavo il coraggio di avvicinarmi, di prenderti in disparte per…» fece una pausa, deglutendo forte. «…dirti quanto cazzo mi dispiace per quello che ti ho fatto. E per quello che non ho fatto quando avrei dovuto fare qualcosa.»
«Draco…»
Lo sentì rabbrividire mentre il suo nome di battesimo lasciava le sue labbra.
Forse era la prima volta che lo pronunciava in sua presenza; ricordava di averlo sempre e solo chiamato per cognome.
«Non sai quante volte sarei voluto venire da te e dirti quanto cazzo sei bella e quanto credo che tu sia una strega maledettamente brillante» proseguì ancora. «Non sai quante volte ho sognato di baciarti, di stringerti tra le mie braccia e poi finalmente l’ho fatto, senza neanche saperlo, e in quei pochi secondi che le ho avute contro le mie, le tue labbra sapevano già di casa
Draco le sfiorava le labbra con il pollice, mentre pronunciava quelle parole.
«Non ho mai pensato che avrei avuto la possibilità di tenerti così…»
Hermione non era più sicura di quanto di quello che stava sentendo fossero vero, né di quanto potesse aver senso, perché il suo cervello si era spento molto tempo prima e il suo cuore batteva talmente tanto ferocemente da riuscire a sentirne il rimbombo nelle orecchie.
«Hermione, non so se puoi perdonarmi», mormorò alla fine con un filo di voce. «Ma se puoi farlo, posso assicurarti che ora sono una persona diversa. E se anche tu provi quello che provo io quando stiamo vicini, concedimi una possibilità. Permettimi di-»
Le labbra di Hermione si schiantarono contro le sue senza preavviso, inghiottendo il resto della frase. La sua mano scivolò tra i suoi capelli, mentre l’altra si aggrappava con forza alla sua schiena, spingendolo contro di lei per sentirlo più vicino.
Allontanò il viso da quello di lui per guardarlo negli occhi e qualcosa si smosse dentro di lei quando trovò le sue iridi argentee dilatate, tinte di un grigio più caldo e scuro del normale.
Draco, in un primo momento, non registrò quello che era successo, ma non appena realizzò che la Granger lo avesse davvero baciato, non attese un ulteriore incoraggiamento.
Non era mai stato paziente, d’altronde, e il desiderio di lei stava sovrastando non solo il suo normalmente impeccabile autocontrollo, ma anche la sua decantata razionalità.
Azzerò di nuovo le distanze tra di loro e poi la sollevò leggermente, per farla sedere sulla scrivania, piazzandosi tra le sue gambe; fece vagare le mani su ogni centimetro del suo corpo che riusciva a toccare, premendo e stringendo di tanto in tanto in piccole morse delicate e possessive al contempo.
Se il bacio che si erano scambiati durante il ballo era stato casto e innocente, questo era l’opposto.
Ad ogni carezza, ad ogni passaggio delle sue mani sul suo corpo, ad ogni scontro di lingue, ad ogni morso sulle labbra… a Hermione sembrava che la stesse reclamando per sé.
E non riusciva a trovare un singolo motivo per il quale non avrebbe dovuto permettergli di farlo.
Le sue mani si chiusero sui bottoni della sua camicia, ma prima che potesse sbottonarne anche solo uno, Draco si allontanò da lei con uno scatto, lasciandola sola e ansante sulla sua scrivania.
Lo vide chiudere gli occhi e trarre dei lunghi respiri, voltarsi di nuovo verso di lei solo quando si fu calmato e i suoi occhi furono tornati del loro colore naturale.
Hermione lo fissava sbattendo le palpebre, con il petto che si alzava e si abbassava rapidamente, palesemente confusa e anche un po’ spaventata.
«Che succede?» chiese timidamente, tutta l’audacia di qualche minuto prima, - o era stata mezz’ora? O un’ora? O anche di più? Il Ministero era chiuso? Erano bloccati dentro? -, sparita in un soffio.
«Perché ti sei fermato?»
«Non ho intenzione di toccarti finché non ti avrò offerto una cena» le disse in tono fermo. «Sono un gentiluomo.»
Hermione sollevò un sopracciglio, sforzandosi con tutta sé stessa di non scoppiare a ridere, né di ribattere in maniera piccata che con lei non lo era mai stato e che avrebbe preferito che scegliesse un altro momento, - qualsiasi altro momento, ma non quello -, per iniziare a fare il galante con lei.
«Inoltre, la prima volta che ti faccio mia, mi piacerebbe che fosse nel mio letto.»
«E se io non avessi fame?» ribatté lei.
Draco esibì un ghigno beffardo.
Le dinamiche tra di loro avrebbero anche potuto mutare forma, ma sarebbero rimaste sempre le stesse.
«Allora, temo che dovremo posticipare.»
Hermione assottigliò gli occhi e dopo qualche istante parve recuperare lucidità; scese dalla scrivania, raddrizzò il suo vestito e afferrò la sua borsa.
Gli passò davanti con un sorriso palesemente finto. «Sto morendo di fame», asserì con finta nonchalance. «Ma credo che consumerò il dolce nel mio letto.»
*
«Qual è il problema di Pansy, comunque?» chiese distrattamente Hermione, mentre camminavano per le vie affollate della Londra babbana.
«Non sono più sicuro se il problema sia suo o dei miei genitori che continuano ad alimentare la sua ossessione per me» sbuffò lui, esalando al contempo un soffio d’aria bianca.
Era una serata particolarmente fredda; il cielo era ricoperto di nuvole dense che promettevano un temporale imminente.
Hermione si morse l’interno della guancia, sovrappensiero.
«Per un po’ ho cercato di fargli capire che non ho intenzione di assecondare le loro assurde aspettative», aggiunse ancora, stringendosi nelle spalle e tirando su col naso. «Ma alla fine ci ho rinunciato. Non possono più obbligarmi a fare niente, comunque.»
La giovane non rispose neanche a quella manciata di informazioni.
«Possono solo darmi il tormento, ma ho sopportato di peggio e le loro pressioni non sortiscono più alcun effetto su di me da quando ho smesso di dare importanza alla loro opinione.»
Hermione annuì semplicemente, non sapendo di preciso cosa dire.
Draco si sfregò le mani e poi ci alitò sopra per riscaldarle; si arrestò all’improvviso e sospirò.
Lei si fermò a guardarlo.
«Senti, Granger» sussurrò leggermente in difficoltà. «Potrei essermi lasciato trasportare un po’ troppo, in ufficio. Insomma, ci sono davvero tante cose di cui dovremmo discutere prima di… portare le cose su un altro livello.»
Hermione fece un breve cenno di assenso col capo; si guardò intorno e riconobbe la via in cui abitava.
«Vuoi salire?» gli domandò puntellandosi esitante sul posto. «A meno che Draco Malfoy non consideri un oltraggio venire invitato in un modesto appartamento babbano.»
Lui esibì un mezzo sorriso e scosse il capo. «Fammi strada.»
Gli angoli delle labbra della giovane si sollevarono all’insù, mentre si dirigeva verso il portone e lo apriva con uno schiocco della serratura.
Draco gettò un rapido sguardo sugli scatoloni pieni sul pavimento. «Ti sei appena trasferita?»
«No, sto per traslocare, veramente», sospirò lei, liberandosi del suo cappotto. «Torno nella casa della mia famiglia, dal momento che i miei genitori hanno deciso di tornarsene in Australia.»
Desideravano sistemarsi lì, per godersi la pensione in una tranquilla e pacifica villetta circondati dalla natura.
«Posso farti una domanda, Granger?»
Lei annuì, mentre metteva su il bollitore.
«Perché hai rifiutato l’impiego al MACUSA?»
La voce di Draco era esitante mentre soccombeva alla sua curiosità; se l’era chiesto per anni.
«Voglio dire, ti ho vista spesso con Steeval e… sembravate particolarmente affiatati
Gli faceva ancora male il ricordo dei momenti tra i due a cui aveva assistito, desiderando di poter essere al posto del loro ex compagno di scuola, con la consapevolezza che se non poteva esserlo era solo colpa sua.
Era stato il periodo in cui il suo migliore amico era il Firewhiskey, l’unico periodo in cui si era portato delle streghe a casa, nella speranza che qualcuna riuscisse a togliergli la Granger dalla testa, fallendo miseramente volta dopo volta.
Perché la verità, quella che ci aveva messo anni ad accettare, era che a via di osservarla da lontano e di ascoltare i suoi discorsi alla minima occasione, rapito dalla sua voce, intrigato dalla sua mente, stregato dal suo modo di ragionare, aveva finito con l’innamorarsene perdutamente e il desiderio di redimersi ai suoi occhi si era tramutato nel desiderio di poterla amare liberamente; era successo lentamente e senza che se ne rendesse conto, senza che avesse modo di impedirlo o di fare qualsiasi cosa al riguardo, e alla fine l’impossibilità della sua situazione aveva preso nella sua mente la forma di una logorante punizione per i suoi peccati.
Hermione deglutì e senza voltarsi a guardarlo, rispose con un sussurro. «La mia vita è qui», disse. «Ho lottato per avere il mio posto nel mondo magico, non ho intenzione di ricominciare tutto d’accapo.»
Sospirò e si poggiò con la schiena contro il bordo della cucina. «Terry è un Purosangue, non doveva preoccuparsi di quello che lo avrebbe aspettato altrove. Non è un lusso che io posso permettermi e l’idea di un’altra battaglia dietro l’angolo non mi entusiasmava e non lo fa tutt’ora. Sono stanca di combattere.»
Draco sfregò le labbra una contro l’altra e poi annuì. «Non gli hai chiesto di restare?»
«No», rispose lei. «Se freni una persona dal seguire i suoi sogni, prima o poi ti trasformerai nel suo più grande rimpianto.»
La studiò con attenzione per qualche istante. «Provi ancora qualcosa per lui?»
Hermione sbatté le palpebre una volta più del necessario, spiazzata dalla domanda. «Affetto», ammise con uno filo di voce. «Quello non sparisce. Ma se mi stai chiedendo se sono ancora innamorata di lui, la risposta è no.»
Parte del peso che gravava sul petto di Draco sembrò dissolversi tutto di colpo nel sentire quelle parole.
«E… ipoteticamente… saresti pronta a impegnarti in qualcosa di serio?»
Hermione deglutì, mentre il cuore iniziava a palpitare forte nel suo petto.
«Granger, non sto cercando qualcosa di occasionale o senza importanza», precisò il biondino. «Non posso accontentarmi, non dopo tutto il tempo che ho passato aspettando di avere un’occasione con te. Voglio che questo sia chiaro.»
«Non sono il tipo da rapporti occasionali, Malfoy.»
Draco strinse il labbro inferiore tra i denti e si alzò per avvicinarsi a lei.
Afferrò una ciocca dei suoi capelli e iniziò a giocarci.
«Perché non sei mai venuto a parlarmi?» gli domandò esitante. «Pensavo non volessi avere niente a che fare con me.»
Poteva vedere il petto di lui abbassarsi e alzarsi rapidamente.
«Ti ho fatto troppo male per poter credere di meritare il tuo perdono.»
«Ma ce l’hai», mormorò lei. «Io ti ho perdonato.»
Draco si inumidì le labbra. «Non ti meriterò mai, non importa quanto possa impegnarmi per essere migliore», sussurrò. «Le cose con me non saranno mai facili e non sarò mai abbastanza degno di stare al tuo fianco.»
«Non mi piacciono le cose facili.»
Il viso del biondino si aprì in un sorriso.
Hermione fece scivolare le mani lungo il suo petto, sfiorando la stoffa raffinata della sua camicia nera, avvertendo il pulsare accelerato del suo cuore sotto la punta delle dita.
«Perché non…» deglutì e alzò gli occhi per incontrare quelli grigi di lui. «Perché non lasciamo semplicemente il passato nel passato e ricominciamo da qui?»
L’espressione nei suoi occhi divenne indecifrabile; le gambe di Hermione sembravano esser diventate di gelatina sotto il suo sguardo intenso.
Non sarebbe riuscita a decifrare i pensieri che gli stavano attraversando la mente neanche se fosse stata lucida in quel momento e lui non fosse stato un Occlumante esperto.
La mano di Draco si sollevò all’altezza del suo voltò; tracciò il contorno delle sue labbra con un dito, per poi farlo scivolare lentamente lungo il suo collo.
Hermione non riuscì a reprimere il brivido che la percorse, mentre il suo corpo si caricava di aspettativa alle lascive promesse che le mani di Draco le stavano facendo.
L’anello che portava al dito scintillò per un attimo, quando le prese il viso con entrambe le mani. E Draco pensò che avessero tutto il tempo per risolvere le questioni lasciate in sospeso… un altro giorno. Per una volta gli andava bene procrastinare, perché averla lì, tra le sue braccia, in attesa solo di una mossa, era più importante. Era quello che aveva desiderato per anni.
«Hermione, se io ti bacio adesso…» si leccò le labbra lentamente, «se io ti faccio mia questa notte» sussurrò con voce bassa e roca, «non ti lascerò più andare.»
I suoi occhi davano solennità a quelle parole, il suono del suo nome che scivolava dalle sue labbra sembrava quasi una promessa peccaminosa in quel momento.
Hermione deglutì; il bollitore strideva alla sua destra protestando per attirare la sua attenzione.
Era completamente assuefatta e inebriata dalla presenza di Draco, così vicina a lei; il suo profumo le solleticava le narici e irretiva i suoi sensi; il suo corpo veniva scosso da scariche elettriche ogni volta che la sfiorava e il suo cervello non riusciva a pensare ad altro se non a quanto desiderasse soccombere definitivamente alle sensazioni che il biondino le stava facendo provare.
«Per cui» continuò lui, scandendo le parole lentamente, «pensaci bene prima di-»
«Baciami, Draco.» 
Le pupille gli si dilatarono immediatamente, il grigio ghiaccio divenne argento fuso e il resto della frase si perse in un suono gutturale che lasciò la sua gola mentre le sue labbra si infrangevano su quelle di lei come le onde in riva al mare.
Hermione cercò a tentoni la manopola per spegnere il fornello ed evitare che il bollitore esplodesse, prima che anche l’ultimo sprazzo di lucidità l’abbandonasse.
Fece appena in tempo, perché le mani di Draco si chiusero sui suoi fianchi una frazione di secondo dopo e la sollevarono per spostarla e metterla seduta sul tavolo.
Con il suo corpo premuto contro il proprio in quel modo, il cervello della giovane si spense definitivamente.
La sua lingua chiedeva esigente un maggiore accesso, spingendo contro i suoi denti ed Hermione gemette, mentre dischiudeva le labbra per concederglielo; poteva avvertire le mani del biondino spostarsi decise e possessive sul proprio corpo, vogliose e desiderose di lasciare il proprio marchio ovunque, mandandole a fuoco la pelle.
I bottoni della parte superiore del vestito che indossava ricaddero sul pavimento tintinnando, mentre Draco divorava con le labbra ogni centimetro della sua pelle e sganciava il gancetto del suo reggiseno con un unico movimento secco.
La sua lingua guizzò tra i suoi seni e Hermione pensò che se già a quel punto le sembrava di morire, entro la fine della serata il suo cuore sarebbe scoppiato sicuramente.
Si affrettò a sbottonare la camicia di lui con dita tremanti e impazienti e quando finalmente tolse via la stoffa che la separava dal suo petto nudo, si lasciò inondare dal piacere di sfiorare la sua pelle e di sentire il suo cuore battere furiosamente contro il palmo della sua mano, senza barriere ad attutirne la percezione.
Draco fece rotolare il vestito giù lungo le sue gambe, facendolo atterrare sul pavimento, poi allontanò il viso da lei di qualche centimetro e fece scorrere le mani sulle sue curve esposte; la osservò con uno sguardo riverente, estasiato e famelico che la incendiò anche dall’interno, sciogliendola, mentre rivoli di calore iniziavano a lasciare il suo corpo, trepidante di anticipazione.
Se abbandonarsi a Draco Malfoy significava varcare le porte dell’inferno e diventare sua voleva dire lasciarsi divorare dalle fiamme, Hermione pensava che non le sarebbe affatto dispiaciuto proseguire sulla via della dannazione, a patto che implicasse restare tra le sue braccia per il resto dell’eternità.
«Cazzo se sei bella.»
Strinse le gambe attorno al suo bacino non appena le labbra di lui furono di nuovo sulle sue; le sue mani ripresero a vagare sul suo corpo, incapaci di stabilire quale punto volessero reclamare per primo.
«Dov’è la tua stanza?» le domandò impaziente, mentre la sollevava nuovamente e si allontanava dalla cucina senza neanche sapere dove stesse mettendo i piedi.
«Seconda porta a destra.»
La schiena di Hermione sbatté contro la porta del legno freddo, facendola sussultare e gemere, proprio mentre la bocca di Draco si chiudeva sul suo seno.
Tirò giù la maniglia al terzo tentativo e barcollarono all’indietro nella camera senza mai smettere di baciarsi; Hermione si lasciò adagiare sul suo letto, mentre si accingeva a liberare le gambe di lui dai pantaloni che in quel momento le sembravano decisamente di troppo.
Il fuoco divampò un’altra volta quando le dita del biondino entrarono dentro di lei, strappandole ansimi che la sua gola non aveva mai prodotto prima.
«Sei mia.»
Quelle parole sussurrate contro la sua pelle le mandarono un’altra scarica elettrica lungo la spina dorsale che la portò a piegare e stringere le gambe in un gesto istintivo, ma le dita di Draco non sembravano intenzionate a mostrarle clemenza, al contrario, intensificarono il loro ritmo.
Hermione lasciò ricadere il capo sul cuscino e chiuse gli occhi, proprio un attimo prima che il mondo esplodesse attorno a lei, o nella sua testa, e rilasciasse finalmente tutto il calore accumulato fino a quel momento.
«Sei mia.»
Lo sentì ripetere nuovamente quelle parole, mentre ripercorreva le linee del suo corpo con le labbra, ravvivando il fuoco già attizzato dal passaggio delle sue mani.
Raggiunse finalmente il suo viso e quando Hermione aprì gli occhi, lo trovò intento a guardarla con un ghigno compiaciuto ad illuminargli il volto.
«Sei mia», ripeté un’ultima volta, mentre con una spinta le entrava finalmente dentro e l’ambiente circostante iniziava a dissolversi attorno a lei, finché tutto ciò che rimase fu Draco.
Draco che si muoveva dentro e fuori di lei con una cadenza che pareva al contempo una dolce tortura e la pace dei sensi.
Draco, le cui labbra inghiottivano i suoi gemiti di piacere, all’apparenza insaziabili del suo sapore.
Draco che ormai aveva il respiro corto e si beava della vista di lei mentre raggiungeva l’apice del suo piacere, per poi abbandonarsi al proprio e crollare sopra di lei ansante.
Draco che aveva chiuso gli occhi e se ne stava con il viso affondato tra i suoi capelli, il mento che sfiorava il suo collo e le sue braccia che la stringevano a sé con forza, come se temesse di vederla sparire da un momento all’altro.
Draco che alzò il capo per guardarla estasiato e le lasciò un bacio sulle labbra, prima di lasciarsi ricadere di lato, uscendo da lei con lentezza.
Si concesse solo un attimo per riprendere fiato e poi se la portò con dolcezza contro il petto.
Hermione fece scorrere le dita sul suo dorso, studiando pigramente le cicatrici che lo segnavano, fino a risalire sulle sue spalle, dove dei segni recenti marchiavano le sue spalle.
«Ti ho graffiato», sussurrò amareggiata. «Mi dispiace, non me ne sono accorta.»
«Chi se ne frega», sbuffò fuori lui ridendo, mentre la stringeva un po’ più forte a sé.
Chinò il viso verso di lei per catturarle di nuovo le sue labbra tra le sue, pensando che essere riuscito ad averla fosse una benedizione e una punizione al contempo; perché lui del senso di colpa per avere ferito quella creatura perfetta ci sarebbe potuto morire alla fine, ma allo stesso tempo si sarebbe beato della sua presenza nella sua vita.
Si allontanò di qualche centimetro e la guardò intensamente, con un’espressione che Hermione non aveva mai visto sul suo volto prima.
«Hermione», disse con un sospiro e i suoi occhi grigi si illuminarono per un istante; la baciò un’altra volta e poi si passò la lingua sulle labbra, mentre incrociava nuovamente il suo sguardo. «Se tu fossi una Pozione, saresti Amortentia



[COMPLETA]


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Salve!
Innanzitutto grazie a chi ha letto la mia storia.
Si tratta di una piccola idea che mi è venuta all'improvviso e che ho voluto trasformare in una storia; avrebbe dovuto essere una one shot, ma non ho il dono della sintesi e anche se non si tratta di long ho la fissa per il caratterizzare i personaggi il più possibile, quindi il risultato è stato una storia in due parti. Non è explicit, ma è leggermente più spinta del solito, per gli standard delle mie fanfiction.
Spero che vi sia piaciuta.
Lasciatemi una recensione per farmi sapere il vostro parere, se vi va, a me farebbe tanto piacere.
A presto :)
   
 
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