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Autore: lulette    13/09/2022    3 recensioni
Dal capitolo 4
[Dei, l'aveva colpito. Così forte! Con tutta la forza che aveva. Aveva colpito quel viso così delicato, così fragile, come fragile era tutto di Merlino. Il suo corpo esile. Il suo cuore sensibile. Come aveva potuto colpirlo così?
Lui era da sempre il suo servo più fidato, il suo suddito più entusiasta ed era suo amico.]
["Che volete Artù?"
"Volevo chiederti perdono!"
"Vi perdono, ma sapete meglio di me che lo schiaffo di oggi non era per la risata" disse serio.
"Cosa vorresti dire?"
"Spiegatemelo voi, sire. Siete voi che siete cambiato nei miei confronti"
Di nuovo Artù si soffermò a guardarlo. Nudo sembrava ancora più fragile, ancora più indifeso ed ora che lo aveva vicino pensò che fosse un uomo incredibilmente attraente, sia per la sua nuova bellezza appena scoperta ma soprattutto per ciò che il ragazzo significava per lui.]
Raccolta di one shot dove oltre all'amore, l'elemento in comune è la presenza quasi magica dell'acqua.
Genere: Angst, Commedia, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Gaius, I Cavalieri della Tavola Rotonda, Merlino, Principe Artù | Coppie: Merlino/Artù
Note: Lemon, Raccolta, What if? | Avvertimenti: Bondage, Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Più stagioni, Contesto generale/vago
Capitoli:
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Rating: arancione

Genere: Angst, Drammatico, Romantico

Note: Missing moments, What if?

Coppie: Merlino/Artù

Contesto: terza stagione




 
5026 parole

 

APOCALISSE










 

Era successo quello che più aveva temuto da sempre.

 

L'avevano visto in tanti: per salvare la vita di Artù dalla creatura degli abissi, aveva lanciato in aria centinaia di rami appuntiti e l'aveva trafitta a morte. La creatura era caduta sul suolo, con un boato che aveva squassato la terra, mentre Artù magicamente illeso, era sfuggito agli artigli della bestia ed era calato dal cielo, adagio e in piedi. Di fronte aveva il ragazzo che puntava le mani verso di lui e che aveva gli occhi che emettevano una intensa luce dorata.

 

Artù, già psicologicamente a pezzi per la morte sfiorata che aveva ormai data per certa e scioccato dall'incredibile visione del suo servo, si era accartocciato a terra, perdendo conoscenza.

 

Nel frattempo gli abitanti di Camelot e i soldati di Artù erano come impazziti.

 

Si era lasciato catturare senza opporre la benché minima resistenza, dai soldati, terrorizzati che potesse ucciderli con una sola mossa della mano.

 

Il popolo era diviso. Chi aveva riconosciuto in Merlino un amico, un collega, quel bravo ragazzo al servizio del principe, gridava che fosse liberato, che aveva salvato Artù, che aveva salvato tutti loro, che aveva ucciso il mostro.

 

Chi invece condivideva il parere di re Uther e la sua interpretazione della magia come malvagia sempre e comunque, gridava che il ragazzo fosse portato al cospetto del re, che perisse sulla forca, che fosse mandato al rogo.

 

Merlino non sentiva quasi più niente in tutto quel vociare. 

 

Avrebbe solo voluto sapere se Artù era sano e salvo. L'aveva visto venir meno ed era preoccupato per lui.

 

Ogni tanto gli arrivava un sasso addosso, scagliato da qualche cittadino infuriato; in altri momenti erano le guardie a dover fare i conti con le pietre lanciate da qualche popolano: era tutto un gran guazzabuglio e quasi Merlino si trovò a sperare di raggiungere presto il castello di Camelot, per non dover più avere a che fare con quella sorta di guerra civile in atto.

 

Con la sua magia avrebbe potuto scappare, ma almeno per il momento non avrebbe fatto nulla.

 

Sperava tanto che Artù si svegliasse e gli portasse conforto. Non che il principe avrebbe potuto far niente per lui, contro suo padre, ma sperava di poterlo vedere lo stesso, prima di morire: per lui sarebbe stata una gran consolazione. 

 

Se avesse potuto esprimere un ultimo desiderio, avrebbe chiesto di parlare con Artù.

 

Voleva dirgli che gli dispiaceva di non avergli mai detto della sua vera natura di mago. Lo avrebbe rassicurato sul fatto di aver usato la sua magia per il suo bene e nient'altro. Gli avrebbe chiesto di perdonarlo o almeno con il tempo di provare a farlo. Avrebbe aperto il suo cuore, ammettendo quanto lo stimava, quanto gli era stato fedele e che era sempre stato al primo posto nella sua vita, come interesse e come affetto. Poi tutto il resto non era così importante.

 

Sentiva anche l'esigenza di parlare con Gaius  o di rivedere sua madre, ma non li avrebbe fatti chiamare. Per loro sarebbe stato uno strazio vederlo lì in prigione, sapendo già che non c'erano speranze.

Era vero. Con Uther niente e nessuno avrebbe potuto fare qualcosa per salvarlo.

 

Non aveva paura. Com'era possibile? Probabilmente il suo cervello ancora non era riuscito a razionalizzare quella situazione.

Lentamente la paura sarebbe arrivata. Non tanto la paura della morte in sé, perché per certi versi la morte poteva considerarsi una sorta di liberazione, ma la paura del dolore, la paura di vedere i volti amati, straziati dal dolore per lui, la paura di non poter fare più quelle cose che aveva amato e che lo avevano reso felice.

 

Si ritrovò in ginocchio a piangere: non avrebbe potuto adempiere al suo destino con Artù, ma forse anche quello era il suo destino. Se non avesse usato la magia, Artù a quest'ora sarebbe sicuramente morto, per cui in fondo non aveva rimpianti. Se il suo destino era quello di morire per salvare il suo principe, probabilmente andava bene così. Questo pensiero lo tranquillizzò e sfinito si addormentò su un giaciglio di paglia. 

 

Il mattino dopo si svegliò con un'idea. Tirò fuori da una tasca interna della giacca, un cristallo, uno di quelli trovati nella grotta dei re. Guardò attraverso di esso, sussurrando una formula magica e visualizzò la stanza di Artù.

Uther era in camera del figlio, preoccupato per il fatto che Artù tardasse a riprendersi.

 

Arrivò Gaius, quasi di corsa. La sua comparsa fece sorridere Merlino. Il vecchio medico fece respirare dei sali al principe, che lentamente riprese i sensi.

 

"Padre... cos'è successo?"

"Sono io che dovrei chiederlo a te!"

Artù si riscosse: "La creatura degli abissi é stata sconfitta da... Merlino!" aggiunse il principe in un sussurro.

 

Gaius sbarrò gli occhi. Merlino pensò che il vecchio dovesse essere prudente. Non doveva esporsi perché rischiava la prigione o la vita a causa sua ed ebbe sinceramente paura per lui.

 

Gaius si portò una mano al petto e un'altra alla gola. Merlino sgranò gli occhi e capì che Gaius non riusciva a respirare. Non respirava! Il vecchio mentore boccheggiò più volte e cadde malamente a terra.

 

In cella Merlino cacciò un urlo di dolore e iniziò a piangere. Gaius stava morendo e lui non poteva far niente per aiutarlo.

Uther fece subito chiamare le guardie per portarlo in camera sua e ordinò loro di cercare un guaritore tra il popolo, perché potesse occuparsi di Gaius.

 

Merlino vide che anche Artù era stravolto:

"Gaius, no... padre, vi prego, salvatelo."

"Sto facendo quello che posso. Stai calmo e cerca di dormire!"

 

"Merlino... dov'è? Voglio vederlo, ho bisogno di vederlo ora!"

Uther conosceva il profondo affetto che stranamente lo legava al ragazzo e mentì:

"Non so dove sia... è scappato"

 

Merlino si bloccò: era spacciato. Uther mentiva al figlio, così avrebbe potuto farlo giustiziare prima che Artù se ne accorgesse.

"Dovete farlo ritrovare, ma non dev'essergli fatto alcun male, vi prego! Prima di tutto devo parlare con lui."

"Farò il possibile, Artù, ma é un mago e sarà difficile trovarlo, se non vuole essere trovato!"

 

"Io so solo che lui non scapperà da me. Sa che ho bisogno di lui. Mi ha salvato la vita, lo sapete questo?"

"Ci sono varie teorie... Qualcuno dice che voleva ucciderti, per prendere il tuo posto sul trono."

"A questo non crederò mai..."

"D'accordo, ma non avresti nemmeno mai creduto che lui fosse uno stregone o sbaglio?"

Artù si accasciò sul cuscino, tenendosi la testa con entrambe le mani.

 

Merlino si agitò, vedendolo così sofferente.

 

"Adesso ti farò portare un tranquillante, uno di quelli che Gaius mi prescrive quando ho bisogno di dormire. Vedrai che dopo sarai un po' più razionale sul tuo servo. Ha una colpa grave, molto grave, Artù: ti ha mentito per tutto il tempo e tu dovrai capire, prima o poi, che ti sei sbagliato su di lui. D'altronde tutti noi ci siamo sbagliati su Merlino. Un servo devoto, un ragazzo così sensibile e dolce nei confronti di tutti, ma soprattutto nei tuoi... capisco che tu sia quanto meno... confuso. So che per te non era solo un servo, ma un amico... e gli amici possono tradire!"

 

Il re guardò il figlio con un sorriso triste: 

"É successo anche a me, purtroppo, e so bene il dolore che questo può causare."

 

Merlino scuoteva la testa e pregava che Artù non gli credesse. Uther lo stava plagiando, approfittandosi della debolezza fisica e psichica del figlio.

 

Il re continuò sospirando: "È colpa mia! Questa volta, la responsabilità di tutto quanto è mia. È stato furbo il ragazzo: quando ti salvò la vita, io gli ero così grato che non ragionai lucidamente. Non avrei dovuto permettere ai miei sentimenti di offuscare la normale prudenza che avevo sempre avuto nei tuoi riguardi. L'ho messo io al tuo fianco, decisione di cui mi pento tantissimo. Tu capisci che già da allora lui aveva tramato per la tua fine? Un attore incredibile, questo Merlino, devo ammetterlo; tutte le cose che ha fatto per te, le ha fatte con uno scopo. Pensa: uno stregone così potente che si é lasciato tiranneggiare da te, così, senza un perché, non é possibile! Te ne rendi conto anche tu? Non puoi prenderti nessuna colpa, ci sarebbe cascato chiunque!

So che soffri e soffro anch'io, per non averti protetto, per non essere riuscito a evitare che ti facesse soffrire. , come adesso.

Sono stato un padre severo, ma ti ho sempre voluto bene. Tu rappresenti il futuro di Camelot e io sono così orgoglioso di te. Ti prego, non scordarlo mai. Sei mio figlio e non potrei amarti di più." Uther si chinò per dare un bacio in fronte ad Artù. Il principe aveva le lacrime agli occhi. 

 

Il re uscì e Merlino vide che Artù, silenziosamente, non faceva altro che asciugarsi gli occhi dal pianto. Nel guardarlo Merlino non si rendeva neanche conto di piangere a sua volta.

 

Uther era stato davvero convincente nella sua arringa e molto abile: non aveva neanche usato parole così dure contro di lui, lo aveva quasi elogiato e poi aveva fatto intendere al figlio che ormai aveva capito che anche Artù si rendeva conto della malevolenza del mago, facendogli credere di parlare a suo nome e cercando di sostituirgli i pensieri con altri non suoi. Come se il principe avesse già deciso per conto proprio.

 

Merlino era così angosciato, nel vedere Artù in quello stato che preferì visualizzare il laboratorio di Gaius: il suo mentore giaceva nel letto, ancora senza conoscenza, con accanto due uomini che cercavano di rianimarlo.

 

Quando più tardi gli fu portato il cibo, chiese a gran voce di poter parlare con il principe.

 

Qualche ora dopo, fu Uther in persona a presentarsi nella sua cella.

"Merlino! Mi dispiace, ma Artù non può venire. Non sta bene. Vedi... é rimasto traumatizzato, quando ha capito che il suo fedele servitore ha tramato contro di lui, per anni! ... Come? Uno stregone? Quel ragazzino goffo, che quando arrivò finiva alla gogna tutti i giorni? Immaginati come può stare!... La persona di cui ti fidi di più al mondo, non è altro che un falso e un traditore!"

 

"Maestà, voi in fondo sapete che non è così! Ho usato la magia solo per proteggerlo e aiutarlo e se Artù dovesse non averlo ancora capito, lo farà, lo capirà..."

 

"Ma, se mai avverrà, per te sarà comunque troppo tardi! Sai come la penso sulla magia. Non esiste magia buona e non esiste stregone buono!"

 

"Voi siete stato sfortunato: io so che la vostra vita è stata distrutta da maghi malvagi. Ma esistono anche maghi che vogliono il bene e la pace. È stato il fato che mi ha messo al servizio di Artù!"

 

"No, sono stato io! Con me è perfettamente inutile che continui questa farsa. Io non sono Artù. Io conosco la magia che possiedi ed è ... malefica!"

 

"Maestà, ascoltatemi..."

 

"BASTA!" tuonò Uther autoritario per poi riprendere a parlare come se niente fosse successo "Sono qui per portarti una buona notizia. In virtù dell'affetto che il principe ha sempre provato per te, domani non sarai arso sul rogo, ma verrai giustiziato semplicemente tramite decapitazione. É Artù che mi ha chiesto una pena più clemente per te. Dovresti essergli grato, per questa generosità che ti concede."

 

Merlino abbassò il capo, sconfitto: Artù aveva davvero chiesto questo al padre? Allora Uther aveva vinto. In mezz'ora era riuscito a spezzare ciò che di buono, lui e Artù avevano creato nei tre anni precedenti.

 

Merlino non aveva piú guardato nel cristallo, per cui non poteva sapere se il re dicesse la verità. Artù aveva chiesto una morte veloce e indolore per lui? Aveva senso. Era un atto di compassione di quelli che Artù compiva frequentemente.

 

In fondo non era una cattiva notizia. Si diceva che morire arsi vivi, fosse una delle torture terrene più indicibili. I più fortunati morivano soffocati dal fumo. Per chi rimaneva in vita invece era una delle morti più atroci: quando le fiamme avvampavano attorno al corpo, bruciavano la pelle, scioglievano le carni e le urla dei disgraziati non avevano più niente di umano. Forse il taglio della testa era cruento e umiliante, ma era una morte senz'altro migliore.

 

Merlino tuttavia era turbato dalle strane dicerie che circolavano sulla decapitazione. Sembrava che chi avesse tenuto in mano la testa ancora calda di un giustiziato, come potevano essere ad esempio gli assistenti del boia, riferissero che spesso il capo mozzato sbarrava gli occhi e muoveva la bocca, quando veniva mostrato al pubblico, come fosse ancora in grado di vedere e di capire.

 

Merlino sperava di cuore che non fosse così. Non riuscì a mangiare nulla e cadde per tutto il giorno in uno stato di torpore agitato e pieno di incubi.

 

Doveva essere sera quando Merlino si riprese: fuori era già buio e il ragazzo si preparava a passare l'ultima notte della sua vita. Avrebbe voluto salutare alcune persone. Si sentì gli occhi pieni di lacrime al pensiero di sua madre, del dolore che l'avrebbe annientata quando avesse saputo.

 

Sentì le chiavi girare nella toppa. Girò il capo e si ritrovò davanti Artù, che con un lungo mantello e il largo cappuccio calato sulla testa, lo fissava con occhi duri: "Vieni con me!" disse perentorio a Merlino.

"Artù, non vi lascerò fare questa follia. Vostro padre potrebbe punire anche voi!"

"Vuoi morire, allora?"

"No, ma sarà così in ogni caso!"

"Ho bisogno di parlarti: ne va della mia salute mentale e tu, ora, verrai con me!"

Lo obbligò ad indossare un mantello gemello del suo, lo prese per un braccio e se lo portò dietro con forza. Azzittì un paio di guardie che cercavano di farlo ragionare. Fece sedere Merlino sul suo cavallo, dietro di lui e cavalcò veloce verso il fitto bosco a nord di Camelot.

 

Cavalcò per più di un'ora. Merlino non sapeva cosa pensare. Lo stava salvando? Voleva portarlo lontano al sicuro o voleva vendicarsi di lui? Voleva ucciderlo? Cosa importava? Non era peggio di ciò che lo aspettava a Camelot. 

Si sentiva sfinito. Non aveva mangiato nulla, pur potendo e ora pagava il digiuno e il senso di oppressione con quella stanchezza invincibile. Non era spiacevole quel contatto stretto con Artù, quasi un abbraccio. Appoggiò il capo alla schiena di Artù. Il principe non si scompose, né disse nulla e il servo si lasciò andare a una sorta di dormi-veglia.

 

Quando si fermarono, Merlino si svegliò e ancora inebetito fu tirato giù dal cavallo in malo modo da Artù. Il principe lo fece sedere su una roccia e tirò fuori acqua e cibo per lui. "Non ho fame, Artù."

"Non m'importa, tu adesso mangerai, perché ho bisogno di chiederti delle cose e ti voglio lucido e con la pancia piena."

Merlino si sforzò di mandare giù qualche boccone, ma la gola era chiusa e lo stomaco gli bruciava.

"Vedi? Se ti sforzi ce la fai? Hai sempre avuto una fame da lupo. Non ho mai capito dove la mettevi tutta quella roba che ti mangiavi: sei sempre rimasto magro."

 

"Artù, che intenzioni avete?"

"Non fare il finto tonto. Sai benissimo cosa voglio sapere."

"Ve l'avranno già detto!"

"Sì, ma io voglio sentirlo dire da te, non é la stessa cosa, credimi!"

 

"Mi dispiace Artù... io sono uno stregone, possiedo la magia, ma la uso per voi, solo per voi."

La voce di Merlino tremava.

 

"Tu sai perché sono furioso con te?"

"Pensate che trami contro di voi, per diventare re al vostro posto."

"Sbagliato. Questo l'aveva già fatto Morgana. Ormai sono abituato e non mi sconvolge."

"Il...il fatto di non avervelo detto?"

"Esatto!" e lo prese per il collo del mantello, strattonandolo e soffiandogli in faccia:

"Tu, il mio servo più fidato, il mio migliore amico, che ha sempre fatto finta di essere quel che non é. Tu mi hai preso in giro, umiliato. Mi hai tradito! Lo sai, credevo che nessun tradimento potesse essere peggiore di quello che ho vissuto con Gwen e Lancelot, e invece...

 

"Voi potete ancora fidarmi di me. Sono sempre la stessa persona. Anche prima avevo la magia, ma capisco che la cosa cambia, per voi."

"Cambia per me? E per te? Stavi per finire alla forca, te ne rendi conto? Che cosa stavi aspettando, Merlino, per venire alla luce con i tuoi propositi? Forse aspettavi che diventassi re? Come mai mio padre é ancora vivo? Sarebbe stato facile per te, per come ti muovi all'interno del castello, annientarlo."

"Non ho mai pensato di uccidere il re." 

"Allora perché sei ancora il mio servo? Tu potresti avere un regno tutto tuo."

"Perché il mio destino é sempre stato quello di servirvi e di proteggervi."

 

Artù tirò fuori Excalibur dalla custodia e un lampo di paura brillò nello sguardo dello stregone.

Il principe avvicinò la spada al suo collo e Merlino alzò la testa, chiudendo gli occhi. 

"Perché non ti difendi? Dimostrami chi sei veramente. La tua magia, la tua potenza."

"Perché mi fido di voi, siete mio amico, so che per me provate un affetto profondo, so che sentite il legame che c'è tra noi, perché per me é lo stesso. É così terribile sapere che tengo a voi più che alla mia vita, che vi ..."

 

"TACI!" urlò Artù, scagliando la spada lontano. Lo prese di nuovo per la collottola del mantello e lo trascinò lontano dalle rocce. "Difenditi!" e gli diede un pugno che fece cadere Merlino in un canale d'acqua poco profondo, per fortuna. Artù andò a riprenderlo, bagnandosi completamente e lo tirò su con forza. "Sei un bugiardo!" e gli sferrò un altro pugno, più doloroso. 

 

Quando Artù si avvicinò per riportarlo in piedi, Merlino gli diede una forte spinta che servì soltanto a guadagnare pochi istanti per rimettersi in piedi. Non voleva fargli male, ma non voleva altri pugni.

 

Era offeso da quelle illazioni del principe. Sentiva una grande rabbia oscurargli la vista e alzò la voce, per ferire: "Io non sono bugiardo! Artù ditemi: davvero non vi siete accorto della mia magia in questi tre anni? Come è possibile? L'ho usata sotto il vostro naso, decine di volte. Un abile stratega, un combattente astuto, una persona perspicace come voi, come ha fatto a non avere nemmeno un dubbio sul fatto che potessi possedere la magia? Forse non volevate vedere? Forse preferivate non saperlo e rimanere con la testa sotto la sabbia come uno struzzo? ... Non è da voi! Vi siete rammollito, Artù! Com' è successo?"

 

Artù annaspò nell'acqua verso Merlino:

"Non parlarmi così!" gridò Artù e gli si buttò addosso, tenendolo sotto di sé. Merlino cadendo aveva sbattuto la schiena e la testa e per un momento temette di perdere conoscenza. Tra l'altro era quasi sott'acqua con il viso e temette che Artù volesse affogarlo.

Il viso corrugato dall'ira di Artù, si stemperò per un attimo in un sorriso, ma Merlino tremò quando vide che il sorriso del principe era aspro e sferzante. 

 

"Bravo Merlino, mio padre ha ragione. Avresti dovuto recitare a teatro. Il piccolo Merlino, la sua storia triste, il suo cuore immenso, grande almeno quanto i suoi occhi blu."

 

"Ma cosa dite? Siete condizionato da vostro padre. Io non sono mai stato così!"

"E come dovrei vederti allora? ... Ho capito: il potente stregone, un duro, uno che può fare tutto ciò che vuole. Mi piace questa tua nuova immagine rude e oscura: il bel tenebroso, il giovane mago ribelle, il bello e dannato" soffiò Artù con feroce sarcasmo. È un'immagine quasi affascinante. La trovo sicuramente più sensuale di quella noia mortale di Merlino, eterno verginello."

 

Merlino boccheggiò e subito distolse lo sguardo da Artù, che si era avvicinato con il volto fin troppo al suo.

 

Le gocce cadevano copiose dai capelli e dal volto di Artù sul suo viso e si sentì ferito nel profondo. Quelle parole facevano davvero male, più che per il senso, per il motivo per cui venivano dette in quel modo. Alcune lacrime gli uscirono dagli occhi ma in mezzo a tutta quell'acqua, Artù non se ne accorse.

 

Non rispose.

 

"Oh, ti sei offeso? Con quale dei due Merlino sto parlando adesso? Con il pulcino o con il falco?"

 

Merlino percepì qualcosa di strano nel comportamento di Artù. Non gli sembrava possibile che in un momento grave come quello, in cui lui rischiava la morte, Artù si mettesse a fare congetture superficiali e un po' volgari su di lui. 

Ma capì che ancora non aveva visto niente, quando Artù si avvicinò e lo leccò con la punta della lingua dal mento fino a sotto il naso. 

 

"Artù!" gridò e lo allontanò spingendolo per le spalle con tutte le forze. 

Per tutta risposta, il principe si sedette sui talloni di fianco a lui e cominciò a ridere come un matto. Merlino si aspettava che da un momento all'altro Artù si sarebbe trasformato in un troll o in Morgana. Era davvero sicuro che non poteva trattarsi del suo principe! Forse era quello stupido goblin che leccava tutte le monete?

 

Ma Artù rimase Artù. E in più, rideva ancora.

 

Merlino si sedette un po' lontano da lui. Era offeso, confuso e non aveva più pensieri propri. 

 

"Ah, Merlino, adesso te lo posso proprio dire. Lo sai che con tutti i tuoi sguardi, le parole e gli atteggiamenti verso di me, e sì anche il tuo umorismo vattelapesca, ho pensato, qualche volta, che tu fossi innamorato di me?"

 

"Davvero, Artù? Anch'io ho pensato lo stessa cosa di me, ma poi mi sono detto che non era possibile..."

 

Artù rimase di sale e lo guardò come oltre ad essere un mago, fosse una specie di pazzo furioso.

 

Merlin continuò: "...perché le ragazze mi sono sempre piaciute. Penso che quest' idea sia dovuta al nostro legame, all'affetto reciproco, alla mia missione con voi, alla complicità e all'amicizia e per finire alla vostra bellezza. Oppure era il contrario: forse era il fatto di essermi invaghito di voi ad aggiungere importanza a tutto il resto."

 

"Tu sei invaghito di me?" chiese sbattendo gli occhi, Artù.

 

"Non temete. É quasi esclusivamente una questione mentale. E comunque non é troppo chiaro neanche a me!"

 

"Mentale, sì! Ma la mia bellezza cosa centra con la questione mentale?"

 

"Voglio solo dire che se voi non foste stato così bello, forse non avrei mai pensato a voi come a una specie di innamorato."

 

"Ah, no? Vuoi dire che il mio aspetto esteriore é molto più importante di ciò che sono dentro" disse ferito il principe.

 

"Forse voglio dire che esternamente siete ineccepibile, ma dentro avete i vostri pregi e i vostri difetti come tutti!"

 

Merlino, non sapeva più che pesci pigliare e rivoltò la domanda come tentativo di difesa.

 

"E voi siete mai stato innamorato di me?"

 

"Ma cosa dici? Il corpo degli uomini è orribile."

 

"Il mio no. E poi non é vero. Ritenete di avere un corpo orribile?"

 

"No, ma solo perché é il mio. Che discorsi fai?"

 

"Cerco di seguire il vostro ragionamento, Artù. Ma... toglietemi un dubbio... se gli uomini vi fanno tanto orrore, come mai mi avete baciato?"

 

"E secondo te quello era un bacio?"

 

"Non saprei come altro definirlo. Una ...leccata?"

 

"Non devi aver ricevuto molti baci, in vita tua!"

 

"Molti no, ma qualcuno sì!"

 

Artù era scandalizzato dall'ignoranza e ingenuità del servo: "Era... era... un gesto di disprezzo nei tuoi confronti!"

 

"Se quello era un gesto di disprezzo, non so cosa avreste potuto farmi se vi fossi piaciuto."

 

Artù non credeva che sarebbe mai vissuto tanto a lungo da sentire una bestialità simile uscire dalle labbra di Merlino.

 

Poi si incupì, si mise una mano sulla fronte, e lo guardò fisso:

 

"Scappa Merlino!"

"Che cosa?" il ragazzo non riusciva a realizzare.

"Io voglio che tu ti salvi. Ma devi scappare adesso, altrimenti sarà troppo tardi."

"Se è per il bacio, sono disposto a fare finta di niente" disse Merlino dispiaciuto.

"Non è per quello. E comunque me la sono cercata!... Io vorrei tanto che tu potessi rimanere con me, ma preferisco saperti vivo e lontano che morto qui a Camelot"

 

"Quindi voi mi credete?" sorrise commosso il mago.

"Sì, adesso ti credo. Penso di averti sempre creduto, ma la verità è che ho avuto paura."

 

Merlino non riusciva a parlare. Iniziò a singhiozzare sottovoce. Non voleva andare lontano da Artù. Lui era tutto ciò che aveva di importante al mondo.

 

"Io non voglio lasciarvi, Artù!"

"Quando mio padre non ci sarà più, sappi che dovrai tornare subito da me. Mi mancherai tanto!" anche ad Artù scesero alcune lacrime di sconforto. "Trova il modo di farmi sapere che stai bene!"

 

I due uomini si abbracciarono forte in mezzo all'acqua bassa del canale. Merlino strinse a sé la nuca di Artù con le due mani e il principe avvolse le braccia attorno alla schiena del servo, pensando a quanto era piacevole da abbracciare un corpo sottile come quello dell'altro: ognuno sentiva di stare per perdere una parte importante di sé.

Artù allontanò il viso d unalle spalle di Merlino e abbassò lo sguardo sulle sue labbra. Merlino sospirò profondamente e a sua volta fissò la bocca di Artù. Merlino chiuse gli occhi e Artù schiuse appena le labbra. Un bacio d'addio. Un bacio triste, ma ognuno di loro intimamente in quel momento non desiderava altro.

Entrambi si avvicinarono lentamente e sentivano già il respiro dell'altro sulla bocca, quando furono investiti da una terribile folata di vento che li scaraventò nell'acqua.

Merlino vide su di sé una grande ombra che nel buio era volata troppo vicina a loro. 

La sagoma si era avvicinata ad Artù e quando Merlino la riconobbe urlò:

"Kilgharrah! No!" Ma il drago aveva già colpito Artù con la sua coda, facendolo volare parecchi metri più in là. Il principe aveva perso conoscenza.

"No! Artù! Perché l'hai colpito?" urlò rivolto al drago.

"Stava per ucciderti, signore!"

"No, stava per salvarmi" Merlino si accorse che Artù era solo svenuto.

"Mi dispiace!" disse Kilgharrah, volandosene via e Merlino neanche se ne accorse.

 

"Merlino! Allontanati da Artù, per favore!"

"Leon!"

"Ho l'ordine di riportarti in prigione!"

"Artù ha bisogno di aiuto: é ferito!"

 

"Ci pensiamo noi. Non preoccuparti"

"Gwaine!"

 

"Sali davanti a me sul mio cavallo, vuoi?"

"Percival!"

"Sappi che non é stato Artù a darci quest'ordine, ma Uther"

 

"Merlino mi dispiace tanto, ma sai che anche questa nuova ferita di Artù, sarà addebitata a te, qualsiasi cosa noi diremo" disse Lancelot, con voce tremante.

"Capisco... andiamo!"


Il mattino seguente, di buon'ora Merlino fu trasportato dalle guardie fino al patibolo. Era vestito di bianco e aveva una camicia con un profondo scollo, davanti e dietro, per non interferire con la traiettoria della lama dell'ascia. Avrebbe voluto sapere qualcosa di Artù, ma non gli fu concesso l'ultimo desiderio.

Era svuotato. Nel cristallo, poco prima, aveva visto Artù che ancora dormiva e aveva visto che portavano via il suo amato Gaius su una barella, coperto da un lenzuolo.

Sarebbero forse stati seppelliti nello stesso giorno. Era quasi consolante.

Guardò Uther. Avrebbe potuto gridargli ciò che voleva in quel momento. Uther lo guardava con uno sguardo freddo, ma a un certo punto il re abbassò gli occhi. Merlino vide del senso di colpa, sul suo viso. 

No, il senso di colpa non era rivolto a lui, ma ad Artù che non sapeva ancora niente e che quando l'avrebbe saputo, avrebbe dato di matto.

Merlino fu fatto inginocchiare e la sua testa fu posizionata su un grosso ceppo, di profilo. Era strano ma l'idea di poggiare il capo su quel ceppo macchiato dal sangue dei precedenti giustiziati, gli fece venire la nausea. Fu legato per impedirgli di scappare. Sorrise quasi: se avesse voluto quei legacci si sarebbero sciolti come niente.

Non gli fu nemmeno consentito l'ultimo gesto di pietà, che era il cappuccio bianco, per celare agli altri il suo volto durante la morte.

Chiuse gli occhi per non vedere tutte quelle facce curiose ed estranee. 

Sentì avvicinarsi il boia e staccare l'ascia dal suo sostegno.

Decise di pensare a quel momento meraviglioso che era stato il bacio mancato con Artù. Decise che la morte sarebbe avvenuta nell'esatto momento in cui Artù, nella sua fantasia, avrebbe raggiunto le sue labbra con la sua bocca.

 

"Merlino! No! Merlino!" era Artù, che arrivava di corsa, disperato.

 

Una folata di vento fortissima: Merlino la riconobbe. Il drago provava a salvarlo. Aprì gli occhi e vide una terribile, potente fiammata avvolgere Uther, i cavalieri e ... no, NO!

 

"Artù! No!"

 

Il boia in quel momento abbassò veloce e potente la lama sul collo di Merlino. 

E fu il buio!



 

"Merlino!"

 

"Merlino!"

 

"Svegliati ragazzo mio" 

 

'Ma questo é Gaius! Allora,... sono morto!'

 

"Ti prego, Merlino!"

'Artù? No... allora é morto anche lui!'

 

Merlino aprì gli occhi. Riconobbe la sua stanzetta 'Bizzarro questo Olimpo!'

 

E vide Gaius, con un sorriso dolce, le lacrime agli occhi e in mano una bambolina di paglia sporca di succo denso e nero di mandragola.

 

Merlino capì molte cose da quella visione inquietante, ma quando spostò lo sguardo e lo vide, il suo cuore spiccò un balzo così alto che temette gli uscisse dalla gola.

Artù disse solo: "Merlino!" e sorridendo, gli prese il volto tra le mani, dandogli un lungo e appassionato bacio.

Quando si staccò da lui, il principe si portò le mani alla bocca, sconvolto da ciò che aveva appena fatto.

 

"Scusa, é che... pensavo... fossi morto!" 

 

Merlino sorrise: "Io sto bene... più che bene!" disse con aria sognante.

 

Poi intercettò il volto di Gaius, il cui sopracciglio destro, già molto alto di per sé, toccava vette inesplorate sulla fronte del vecchio.

Gaius comunque sorrise: "Ho del lavoro da sbrigare. Ma ti lascio comunque in ottime mani, Merlino!"

 

"Vi prego, Artù! Raccontatemi quel che é successo. Io ho passato di tutto: sono morto e anche voi, Gaius, i cavalieri...!"

 

"Mi dispiace! Sai anche tu che la mandragola dà delle allucinazioni terribili, le peggiori in assoluto!"

 

"Sapete chi é stato? Per favore se lo sapete, ditemelo!"

 

"E chi lo vuole sapere? Il pulcino o il falco?"







 











Ciao, chiedo venia per come ho descritto il povero Kilgharrah, che normalmente adoro. Qui non solo prende iniziative pessime, ma é assolutamente 'invornito'. Non ne becca una! Un abbraccio!

   
 
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