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Autore: drisinil    17/09/2022    3 recensioni
[kurotsuki] [nospoiler] [canonverse] [long: 2 capitoli/settimana]
«Signor è-solo-un-club sei senza parole?» lo provoca Kuroo. «Vuoi che brindi io per te? Però poi bevi tu!»
«Okay, ma solo se il brindisi mi piace» risponde Kei con arroganza, spingendosi gli occhiali sul naso.
Kuroo storce le labbra e si riprende la bottiglia, strappandola a Kei. «E' una sfida?»
«Se vuoi...»
Kuroo distende lentamente il braccio verso Kei, con la bottiglia in mano. Si schiarisce la voce e tenta di scostarsi dalla fronte il ciuffo di capelli, che però ricade subito al suo posto. «Al muro perfetto, che ferma la palla, la devia, la smorza o la costringe. Obbliga le traiettorie, crea pressione e controlla il gioco.»
Kei sorride, gli strappa la bottiglia e beve d'impeto.
E' il vino più buono che abbia mai bevuto, forse il più buono che berrà mai.
Genere: Introspettivo, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Kei Tsukishima, Tetsurou Kuroo
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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14 - Fuori controllo


27 ottobre 2012

Yamaguchi se n'è appena andato dal bagno. Kei è ancora sbalordito: il suo devoto, mansueto, adorante migliore amico gli ha appena dato dell'idiota. Sta davvero cambiando, Yama, o piuttosto sta crescendo: prende coraggio più facilmente, esercita un senso critico inedito anche sulle persone a cui vuole bene e, visto che è onesto e intelligente, non lo fa a vuoto. L'insulto, questa volta, Kei se lo meritava tutto.

Quando alza gli occhi, lo specchio riflette i suoi tratti, vaghi e opachi per la miopia. Un mondo ovattato, senza contorni, in cui niente è reale, neppure il proprio viso.

Anche Kuroo vestito di nero, fermo sulla soglia del bagno, è solo un grumo di oscurità indefinito nell'angolo del riflesso. Eppure, non ha nemmeno un dubbio sul fatto che sia lui.

Kei rilascia la tensione del collo e la sua testa crolla in avanti. Il getto dell'acqua che si infrange contro la porcellana bianca gli spruzza la faccia di stille ghiacciate.

«Vattene!» ordina Kei, senza neanche accertarsi che Kuroo sia a portata d'orecchio.

Finché sente la sua presenza alle spalle. E' inspiegabile, ma persino l'aria che sposta occupando gli spazi brucia.

«Come va la mano?»

Kei chiude il rubinetto, senza alzare la testa. «Bene. Ora vattene» ripete, aggrappato al bordo del lavandino.

«Sei stato fantastico, in campo» prosegue Kuroo, imperturbabile. Manca, nelle sue parole, la solita abilità nel piegare il tono alle emozioni che vuole comunicare. Si sente soltanto l'amarezza, vicina a diventare collera.

Kei prende un respiro e solleva lo sguardo. Il riflesso degli occhi di Kuroo che incontra nello specchio è sfocato, ma non abbastanza. «Grazie. Sono lusingato. Grazie anche per prima. Però adesso fammi il favore di andartene.»

«No» risponde Kuroo. «Non finché non mi spieghi che cazzo succede.»

Kei solleva la testa, distende la schiena, scioglie le spalle. Dal ritiro sono passati tre mesi e ora è più alto di Kuroo. Solo di qualche millimetro, ma l'imparzialità dello specchio lo rivela chiaramente. Ha l'istinto di indossare subito gli occhiali, ma gli viene il dubbio se una visione debole costituisca davvero uno svantaggio. Decide di no, non in questo caso.

«Non lo so. Che succede?»

«Almeno guardami in faccia, mentre spari stronzate. Mi stai ignorando da quando sono venuto a Osaki e non sono riuscito a capire che fottutissimo problema hai.»

Kei si volta e lo fissa, anzi, lo trapassa con il suo migliore sguardo insofferente, senza in realtà vederlo davvero. «Senti, ho giocato cinque set e mi sono anche infortunato: sono molto stanco. Possiamo rimandare questa conversazione? Vorrei lavarmi e cambiarmi, mi stanno aspettando.»

Lo sguardo ferito di Kuroo, Kei lo intuisce soltanto. 

«Vuoi rimandare la conversazione? Benissimo. Quando? A cena?»

Kei scrolla le spalle, scocciato. «Vado a cena con la squadra, ovviamente

«Ovviamente. Prima di cena: ti accompagno a fare la lastra.»

«Mi accompagna mio fratello.»

«Okay. Allora quando? Stanotte? Domattina?»

«Ascoltati, quando parli. Sembri uno stalker. Forse dovrei denunciarti» ribatte Kei. Le sillabe sono così acide che gli corrodono il palato.

La collera incisa nella mascella indurita di Kuroo, nel pugno chiuso, nelle labbra tese, a Kei sfugge quasi del tutto. Senza occhiali, coglie con molto ritardo anche il movimento delle mani che tentano di afferrargli le braccia. Prova a scostarsi bruscamente, ma sbatte le dita bendate contro il lavabo. Una nuova scarica di dolore gli strappa un gemito.

«Cazzo! Cazzo, Tsukki, come stai? Ti sei fatto male?» adesso, Kuroo è soltanto preoccupato. «Maledizione, scusami.» Tenta di avvicinarsi, per controllare la mano, ma Kei glielo impedisce.

«Cosa vuoi, Kuroo?» La voce di Kei è ancora spezzata. «Cosa diavolo vuoi da me?»

«Che mi parli» risponde Kuroo, di getto. E' solo la prima delle cose che vuole. Perché la verità è che ne vuole parecchie. La natura di Kuroo Tetsurou è ingorda e avida e lui non abituato a frenarla.

«Okay. Ecco: ti sto parlando. Contento? Ora però vattene.»

Gli occhi ambrati di Kei, che brillano di sfida e fiammeggiano insolenti in quel corpo nevrile, fragile e stremato, sono una sollecitazione troppo potente per Kuroo. 

«No.»

«Che altro c'è? Che altro vuoi?»

«Io voglio tutto» proclama Tetsurou con forza. E intende tutto. Tutto quello che ha davanti, dietro e di lato. Il passato, il futuro, l'attimo fuggente di adesso. Un'orgia di sensi e sentimenti, una bufera, un ciclone, nel cui occhio immobile c'è il centro di gravità del mondo, ridisegnato sul corpo magro di Tsukishima Kei. «Voglio tutto, Kei» ripete, a voce più bassa e più dura, afferrando la spalla di Kei, con una presa d'acciaio.

E' troppo. Essere toccato è troppo. Non vedere con chiarezza può allontanare molti demoni, ma la voce, il tocco, la pressione, il calore sono un'altra cosa. Quelli, Kei li sente. Fino in fondo. Fino alle ombre più scure. Fino a dove le catene tirano e stringono.

L'estremo controllo è un'arma a doppio taglio: rende freddi, calcolatori, attenti, pronti a reagire. Ma sopprimere le valvole di sfogo richiede di gestire una pressione interna enorme. E' qualcosa che si sente nello stomaco, si accumula, si addensa, spinge contro le viscere. Kei conosce bene la sensazione. E sa per esperienza che esiste comunque un limite. Una volta sola nella sua vita l'ha superato e adesso sente di essere di nuovo sospeso su quella soglia.

La mano di Kuroo che stringe la sua spalla tenta di esercitare una trazione, per avvicinarlo.

«Kei...»

Kei oppone resistenza e solleva gli occhi. Anche da così vicino, i contorni del viso di Kuroo non sono nitidi. Gli arriva però il suo odore: piena estate, aria aperta, colonia fuori moda. E gli risuona nel cervello, a intermittenza, il suono del respiro di lui. L'eco del proprio nome pronunciato con desiderio che si infrange come un ariete sulle muraglie di insofferenza e di esasperazione.

Kei.

Basta quella parola di una sola sillaba, l'errore di guardare le labbra che la pronunciano e Kei è già un passo oltre il limite. Sente la pressione che sta per esplodere, in circolo col sangue, nel battito furioso alle tempie.

Tsukishima Kei non potrebbe mai prevalere per forza fisica su Kuroo Tetsurou, ma ha dalla sua l'imprevedibilità del gesto, la pressione interna fuori scala, la forza nervosa. Lo spinge con il peso del proprio corpo contro la porta basculante di uno dei vani, che si apre di schianto, catapultandoli all'interno.

L'ha voluto lui. Vuole tutto, no?

Non c'è alcuna premeditazione, alcuna razionalità. E' un gesto del tutto impulsivo, la naturale conseguenza dell'evento distruttivo del superamento del limite.

Quando il tramezzo blocca la schiena di Kuroo, Kei gli afferra il viso con entrambe le mani e lo bacia. Gli schiude la labbra, gli invade la bocca senza permesso, senza riguardo e senza tenerezza. Un bacio di lussuria, profondo, crudele e aggressivo.

Dura un'eternità: come tutti i gesti estremi ha il potere di dilatare il tempo. E lascia entrambi senza fiato.

«Era questo che volevi?» sussurra la voce tagliente di Kei, direttamente nell'orecchio di Kuroo. «Sai una cosa? Tu credi di conoscermi, di sapere tutto, di capire tutto. E invece non sai un cazzo. Ora vatti a scopare qualche femmina e lasciami in pace. Ho una vittoria da festeggiare.»

Kuroo è allibito. Sconvolto. Si asciuga le labbra, si strofina la fronte. Si ferma a osservare la propria mano che trema e poi alza gli occhi su Kei.

Se Kei avesse addosso le lenti, se lo vedesse distintamente, quello sguardo gli farebbe paura: è un misto di fame atavica, brama di possesso, concupiscenza. Ma non lo vede, e crede che sia finita lì. Crede di aver vinto la battaglia. Di averlo nauseato. Di essersi fatto odiare. E di aver imparato la lezione, dura ma giusta.

E' finita. Passata. Addio Kuroo.

Proprio mentre le spalle di Kei si rilassano e lui inizia a ritrarsi, Kuroo scatta, gli serra i polsi fra le dita e li costringe dietro la schiena, stretti, incrociati, bloccandolo petto contro petto.

«Neanche tu sai un cazzo di niente, Tsukki» mormora sulle labbra di Kei, che tenta inutilmente di divincolarsi. Sta per rispondere qualcosa, ma Tetsurou gli chiude la bocca con la propria e restituisce il bacio. La lussuria è la stessa, l'aggressività anche maggiore, ma cambia del tutto l'intenzione.

Se Kei non fosse così giovane, forse capirebbe molto, da quel bacio. Invece lo subisce, si lascia stordire e infiammare, ma non lo comprende.

Neanche Tetsurou lo comprende a pieno. E' in balia di se stesso, alla deriva. La sua mente è vuota, la ragione e la lucidità spazzate via dall'odore e dal sapore di Kei.

Sottobosco. Miele di Castagno. Sesso. 

Non molla la presa sui polsi, lo spinge e lo schiaccia contro il tramezzo, che scricchiola, minacciando di crollare.

E lo bacia. Lo bacia ancora, lo assaggia, lo esplora, gli ruba dalla gola i respiri per respirarli lui, fino in fondo al cuore. Continua e continua, vorace e spietato, finché non sente cedere il corpo di Kei fra le sue braccia, e allora se lo stringe addosso, per tenerlo in piedi.

Anche Tetsurou è troppo giovane per affrontare questa ordalia dei sensi, per darle una definizione e un significato, per riuscire a trattenersi. Si stacca dalla bocca di Kei solo per lasciarlo respirare, gli libera i polsi, ma vuole di più. Vuole cose a cui non sa dare un nome. Vuole tutto.

Kei è sopraffatto. La sua ragione si dibatte da qualche parte, inascoltata e inutile. Sta solo sentendo, con tutto se stesso. Un abbandono totale per il quale, fra poco, si odierà e si darà delle colpe.

E' il contatto con i denti di Kuroo sul collo, un brivido di piacere e di dolore, che lo riscuote all'improvviso. Apre gli occhi, sbatte le palpebre. Lo squallore della scena lo colpisce allo stomaco: le scritte oscene sulla porta, la vernice scrostata della parete, l'odore soffocante, la sensazione viscida di un residuo di gel nei capelli in cui sta affondando le dita, l'erezione inopportuna che si sente premere sul ventre, e la propria, anche più imbarazzante.

Il cuore fuori controllo, il corpo fuori controllo, tutto il mondo fuori controllo.

Trova le forze per spingersi via di dosso Kuroo, che reagisce aprendo gli occhi a sua volta, completamente disorientato.

«Stammi lontano» gli ordina Kei, mentre indietreggia fino alla porta, con le braccia tese, per difendersi.

Quel gesto spontaneo spacca il cuore di Tetsurou, mostrandogli la realtà in tutta la sua crudezza: ha appena assalito un kohai del primo anno in un bagno pubblico, come un maniaco. E' la cosa più stupida, più vile, più assurda e più orribile che abbia fatto in quasi diciott'anni di vita. Negli occhi di Kei sono scritti tutto il terrore e il disgusto che si merita.

Schiacciato dal senso di colpa, Tetsurou sferra un calcio a piena potenza contro il tramezzo, che vibra senza pietà e si spacca in due punti. Sul suo viso si dipingono in sequenza confusione, vergogna, rimorso, paura. Vorrebbe dire qualcosa, ma ha la mente troppo in subbuglio per mettere insieme una frase di senso compiuto.

Però una cosa la afferra con spaventosa chiarezza: è innamorato perso, fottuto fino al cervello.

Mentre si odia, si compiange e si condanna, non può smettere di pensare alla sensazione della bocca di Kei sulla propria, ai contorni del suo corpo sotto le dita. Vuole ancora tutto. «Aspetta...» balbetta, senza speranza e senza convinzione. «Per favore.»

Kei non risponde e spalanca la porta con impeto, guadagnandosi l'ennesima fitta di dolore. Se non altro, è un buon pretesto per smettere di trattenere le lacrime. Esce dal vano, afferra gli occhiali sul bordo del lavabo e fugge via. Da se stesso.

 

   
 
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