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Autore: Lella73    20/09/2022    9 recensioni
Ho sempre sognato di poter offrire un'opportunità di vivere la propria felicità ai personaggi che ho sempre portato nel cuore. Vi propongo quindi la mia storia, che intrecciandosi alla trama nota che tutti amiamo, lascia tuttavia la porta aperta ad altri sviluppi...
Genere: Azione, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alain de Soisson, André Grandier, Oscar François de Jarjayes, Victor Clemente Girodelle
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
Capitoli:
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Buongiorno! Torno a proporvi la mia storia sperando di continuare ad appassionarvi. Essendo il quinto capitolo molto corposo, ho deciso di dividerlo in 4 parti. Ecco a voi la prima!


Capitolo 5 - Accusa di tradimento - Parte 1

Oscar guardava i suoi uomini aprire ogni porta e portone per far entrare nella sala dell'assemblea i deputati del popolo e sentiva un senso di esaltazione che le arrossava le guance e le infiammava l'anima e il corpo, rendendo la febbre che la tormentava da giorni niente più che un fastidio. Liberarsi del colonnello Labonne le era costato uno sforzo immane per il respiro affannoso che la lasciava senza aria e senza forze, ma vedere quell'uomo rovinare sui gradini dopo averlo affrontato a mani nude, le aveva regalato una sensazione  di trionfo che ora la faceva sentire invincibile ed ebbra di eccitazione. Le sopracciglia aggrottate in un cipiglio serio ma soddisfatto e la mano ben salda a impugnare la spada sguainata, Oscar osservava i suoi uomini intenti a obbedire agli  ordini che aveva appena impartito. Quando aveva gridato loro a gran voce di far entrare i deputati del popolo, un'espressione di stupore e orgoglio insieme si era dipinta sui volti dei suoi soldati. Erano corsi con entusiasmo a spalancare ogni porta e le avevano risposto con fierezza "Signorsì signor comandante!". Oscar aveva visto Alain prendere rapidamente il comando delle operazioni e dirigere i compagni; non si era sbagliata su di lui: stava dimostrando veramente una notevole attitudine per il comando. Le si era avvicinato e l'aveva guardata negli occhi senza dire una parola, con un'espressione di orgogliosa soddisfazione stampata sul volto. Era rimasto alcuni istanti fermo dinnanzi a lei, occhi negli occhi. Nelle iridi color nocciola Oscar aveva visto brillare qualcosa che andava oltre l'impeto del momento. L'aveva osservato: i  capelli corvini che arrivavano a coprire la base del collo, la stazza imponente, una delle assi divelte dal portone di ingresso stretta in una mano, la fossetta pronunciata sul mento, la carnagione abbronzata, il sorriso appena accennato … e poi la divisa perennemente aperta, il fazzoletto rosso annodato al collo… Oscar aveva pensato che somigliasse, più che a un soldato, al pirata dell'illustrazione di un libro su cui aveva studiato da bambina e gli aveva sorriso.  Alain le aveva appoggiato la mano su una spalla solo un istante prima di correre dai compagni. 

Presa da pensieri tumultuosi e da emozioni violente, Oscar volse lo sguardo: André la guardava da lontano. Ritto accanto al portone principale, scuro in volto, la fissava serio. Se le fosse stato più vicino, pensò, l'avrebbe di certo fermata… le avrebbe ricordato con fermezza che la sua era insubordinazione e avrebbe fatto di tutto per trattenerla. André l'aveva sempre difesa prima di tutto da se stessa… Si tenne alla larga da lui. Sapeva che l'avrebbe rimproverata e non aveva nessuna voglia di ascoltarlo. Sapeva anche che avrebbe dovuto affrontare delle conseguenze per le sue scelte, ma, si disse, l'avrebbe fatto a testa alta.

 

André faceva entrare i deputati nella sala, indicando loro gli ingressi finalmente aperti e invitandoli a incedere con calma, ma in realtà ogni sua azione era meccanica e  distratta: la sua attenzione era concentrata su Oscar. La guardava da lontano. Era preoccupato. Si era trovato troppo distante da lei per riuscire a fermarla e ora temeva che ci sarebbero state conseguenze gravi per le sue azioni. Insubordinazione e tradimento. La sua Oscar avrebbe probabilmente dovuto affrontare il tribunale militare. André pensava febbrilmente. Non avrebbe permesso che l'arrestassero; l'avrebbe portata via.  Sarebbero fuggiti. Inghilterra, Italia, Spagna… non aveva importanza. Lontano. 

André vide Alain avvicinarsi a lei e guardarla con ammirazione e fierezza. Ci mancava anche qualcuno che sostenesse le sue azioni irresponsabili, pensò. Vide l'amico appoggiarle una mano sulla spalla solo un momento. Gli tornarono alla mente le parole che questi gli aveva detto la notte in cui avevano vegliato assieme  per il principe di Spagna: "È una donna da ammirare. Non da amare.". Da qualche tempo aveva la certezza che Alain si fosse ricreduto. 

André era pronto a scommettere che Oscar si stesse tenendo volontariamente alla larga da lui. Arrabbiato, spaventato per tutto quello che da ora sarebbe potuto succederle, era persuaso che stesse evitando accuratamente di avvicinarglisi per non doverlo ascoltare, per non sentirsi dire che era stata incosciente e avventata.

L'aveva guardata bene mentre si muoveva fra i suoi uomini e si disfaceva del colonnello Labonne: altera, seria, eppure anche esaltata, mentre agiva. Un biondo Ares pieno di grazia e bellezza. La voce vibrante di emozione e gli occhi brillanti mentre impartiva ordini… André pensò alle mille volte in cui aveva desiderato e le aveva persino talvolta chiesto di cambiare vita e di essere una donna.... non si era mai reso conto di quanto si era sbagliato! La guardava ora: fiera, soddisfatta, sicura di ogni passo… questa era la vita per lei; la divisa calzava a pennello alla sua anima: ne aveva bisogno. La battaglia faceva parte di lei. Eppure davvero una donna lo era, la sua Oscar… e sapeva dimostrarlo in mille modi diversi se soltanto la si guardava. Le persone si fermavano sempre alla sua freddezza marziale; intimorite, non erano in grado di vedere oltre per trovare tutta la dolcezza, la sensibilità e la bellezza che invece lui vedeva da sempre.

Alain gli si avvicinò. "Non ha paura di niente la tua donna, eh?!?" gli disse, sorridendo con ammirazione, indicando Oscar con il pollice della mano chiusa a pugno. André non ricambiò il suo sorriso. Strinse le labbra e abbassò lo sguardo. Che sciocchezza. Non aveva paura di niente? Che poteva saperne lui di quello che invece faceva paura alla sua Oscar? Di quello che la faceva tremare? Si rese conto improvvisamente che c'era qualcosa che Oscar aveva sempre concesso solo ed esclusivamente a lui: la sua fragilità. Molto prima di amarlo, molto prima forse persino di saperlo, lei gli aveva regalato la propria fragilità, senza mai nascondersi, senza mai sentire il bisogno di difendersi. La sola volta in cui aveva provato ad aprirsi a qualcun altro, presentandosi a corte con un abito che lasciava pericolosamente esposte la sua pelle e il suo cuore, era fuggita appena quel qualcuno l'aveva scoperta. Non era fuggita perché Fersen l'aveva riconosciuta. Era fuggita perché l'aveva scoperta e lei non aveva potuto sopportare il rischio... o la paura... di lasciare che lui provasse a tenere fra le mani la sua fragilità.  André si portò una mano al volto coprendosi gli occhi; ricordò Oscar che gli dava le spalle e gli diceva di volersela cavare da sola, di non volere più il suo aiuto… che stupido era stato! Lei gli stava regalando tutta la sua confidenza, gli apriva il suo cuore spezzato, si mostrava a lui in tutta la sua fragilità... e anziché offrirle un braccio forte cui aggrapparsi, lui l'aveva aggredita. Sospirò. Non se lo sarebbe mai perdonato. Alzò il viso e la cercò con lo sguardo. Gli costò un certo sforzo mettere a fuoco, ma si accorse che Oscar non c'era più. La folla accalcata nel piazzale antistante l'assemblea continuava a rumoreggiare. Aveva un aspetto minaccioso benché i deputati fossero ormai quasi tutti entrati. Impossibile per lui non ricordare l'aggressione di Saint Antoine. Dov'era Oscar? André prese Alain per un braccio. "Hai visto Oscar?" gli chiese "Sai dov'è andata?". Alain si guardò intorno. "No..." gli rispose "... e dai amico… sarà da qualche parte qui intorno a godersi la vittoria… godiamocela anche noi!". André pensò che se fosse potuto servire a qualcosa gli avrebbe volentieri allentato un pugno in faccia. "Sei un idiota Alain." disse duro "Ci saranno delle conseguenze gravi per quello che ha fatto. Avrei dovuto fermarla. Ero troppo lontano.". Alain non rispose, ma il sorriso gli si gelò sulle labbra… André aveva ragione; lui non ci aveva pensato, ma le conseguenze sarebbero state pesanti: il suo comandante poteva finire davanti al tribunale militare… non l'avrebbe permesso. Piuttosto l'avrebbe fatta fuggire... Si divisero, cercando Oscar.

 

Emozionata, Oscar era rimasta a lungo a guardare i suoi soldati far entrare i deputati nella sala, poi l'affanno era cresciuto e aveva sentito sopraggiungere una sensazione forte di malessere. La tosse aveva iniziato a sconquassarle il petto e così aveva cercato di nascondersi dietro le massicce colonne. Non voleva che André la vedesse. Non le aveva ancora chiesto niente e non voleva offrirgli un pretesto per farlo. Aveva già deciso che non sarebbe morta! Dopo il breve soggiorno nel nord si era sentita meglio, poi da qualche giorno tutto era diventato più difficile, più pesante, più faticoso. Perché diavolo doveva stare male proprio ora?!? Batté forte un pugno contro la colonna. La tosse la piegó; con i lunghi capelli a nasconderle il viso, si ritrovò a vomitare sangue e bile. Per non sporcarsi, cercò di spostare indietro la folta capigliatura e la trovò appesantita e crespa, per l'umidità persistente di quell'estate in cui momenti di caldo opprimente si alternavano a piogge interminabili. Cercò di prendere fiato, ma dopo un attimo tornò a vomitare senza tregua. Da almeno due giorni non mangiava quasi niente. Mormorando imprecazioni, si chiese cosa mai avesse ancora da poter vomitare. Con la bocca impastata e un sapore acido che le bruciava la gola, fece qualche passo per andarsi a sedere sui gradini a pochi metri di distanza, sul fianco del palazzo, nascosta agli occhi della gente, dei suoi uomini… e di André. Ansimò. Alzò la testa per respirare meglio, in cerca di aria fresca. 

Non era tardi. Se fosse corsa dal dottor Laçonne sarebbe potuta tornare entro meno di due ore. I deputati stavano finendo di entrare. Gli uomini erano tutti impegnati, con un po' di fortuna nella confusione André non si sarebbe accorto della sua assenza… Montò a cavallo e lo spronò, partendo velocemente. Una pioggia sottile e tagliente cadeva incessantemente fin dal mattino molto presto, rendendo la calura ancor più insopportabile. Oscar sentiva l'uniforme sempre più pesante che le gravava addosso mentre galoppava. I capelli le si attaccavano al volto. Giurò a se stessa che avrebbe avuto più cura della sua persona. Boccheggiando, continuò a cavalcare, tenendo la testa bassa e le mani così strette alle redini, che, senza guanti, sentì le unghie conficcarsi  nei palmi. 

Arrivò rapidamente a  casa  Laçonne, ma quando le fu aperto si accorse di essere terribilmente in disordine: le punte dei capelli erano bagnate e sporche per aver toccato a terra mentre era seduta sui gradini, fra le colonne del palazzo dell'assemblea, e il polsino di una manica della divisa era macchiato di vomito e sangue. Nascose istintivamente la mano dietro la schiena. Fece per tornare indietro e andarsene immediatamente, ma il dottore le si stava già facendo incontro con un'espressione preoccupata in volto e non poté più tornare sui propri passi. L'uomo la cinse premurosamente con un braccio attorno alle spalle e chiamò una delle figlie affinché aiutasse madamigella Oscar a rassettarsi.

 

Il dottor Laçonne era sempre stato particolarmente caro con Oscar e l'aveva sempre avuta a cuore; aveva perso la moglie molto presto, ma non si era più risposato; aveva tre figlie femmine che, al contrario delle sue sorelle, si erano sempre comportate con grande gentilezza nei confronti di Oscar. 

Madame Anne, accorsa prontamente, le prese una mano, offrendole un sorriso sincero. Poco più giovane di lei, era rimasta vedova dopo pochi anni di matrimonio ed era tornata a vivere nella casa paterna con il suo unico figlio, un giovanotto smilzo e timido dai folti capelli biondo scuro come il padre, che ora guardava questa strana donna in divisa dal fondo dell'atrio della grande casa, incapace di nascondere la sua curiosità riguardo all'ospite appena arrivato.

"Madamigella Oscar! Che piacere trovarvi!" le disse Madame Anne, prendendole una mano. "Venite," continuò "questa pioggia non è il tempo ideale per cavalcare! Lasciate che mi prenda un poco cura di voi!". La condusse in una piccola stanza accogliente, dotata di un'elegante toletta. Chiamò una cameriera per farsi aiutare a togliere la divisa, la camicia e la biancheria di Oscar. La cameriera era silenziosa e precisa nei movimenti. Le fu affidata l'uniforme, con l'ordine di ripulirla e sistemarla subito e le fu consegnato il resto con la raccomandazione di asciugare tutto velocemente con il ferro caldo.

Oscar rimase senza parlare, incapace di dimostrare la propria gratitudine per le mani gentili che la accudivano con premura. Madame Anne le offrì una vestaglia da camera e la invitò a sedersi accanto alla toletta. Le passò dell'acqua di rose sul viso, poi si occupò dei suoi capelli, accompagnando i gesti con una conversazione piacevole e leggera, alla quale Oscar partecipava rispondendo a monosillabi. Fu servita una tisana che profumava di fiori. Oscar sentiva le mani di Anne muoversi con delicatezza e sapienza fra i suoi capelli e le tornò alla mente l'immagine di se stessa seduta con lei dopo un pranzo a palazzo Jarjayes. Erano bambine. Le sorelle le dicevano qualcosa di spiacevole riguardo al suo abbigliamento, mentre lei le aveva fatto dei complimenti per il colore dei suoi capelli e l'aveva invitata a imparare un gioco di carte. Chiuse gli occhi. La voce del dottor Laçonne le giunse da un'altra stanza. Diceva a una domestica che quando madamigella fosse stata pronta, lui l'avrebbe attesa nel suo studio. 

Oscar sospirò. Rivide se stessa undicenne. Si stava misurando al fioretto con André quando lui si era accorto che era sporca di sangue. Si erano spaventati ed erano corsi da sua nonna. Lui aveva pensato fosse ferita. Lei non capiva né come né dove. Il pomeriggio era finito con lei seduta nel proprio letto, la schiena appoggiata ai cuscini, che ascoltava il dottore parlare con fermezza a suo padre nel corridoio. Il generale, arrabbiato, aveva fatto irruzione nella sua stanza come una furia e le aveva detto poche parole con durezza: "Oscar. Tu sei una ragazza!". Oscar aveva pensato che suo padre fosse impazzito… o se non altro poco acuto: non si era mai accorto che  la governante aveva sempre imposto che tutto il personale di servizio la chiamasse  madamigella Oscar? Si era guardata bene dal rispondergli, ma gli avrebbe voluto chiedere come credeva che fosse potuta stare tutto quel tempo sempre e solo con André senza accorgersi che loro due erano diversi… Il dottore aveva stretto una mano sulla spalla del generale e con fare autorevole l'aveva pregato di uscire. Si era seduto accanto a lei e le aveva preso una mano con dolcezza. "Lo so che non sono un maschio." aveva mormorato Oscar, guardandolo negli occhi. Era seguita la mezz'ora più imbarazzante della sua vita. 

Oscar si passò una mano sul viso, sospirando al ricordo della nonna di André che lo picchiava col battipanni sui gradini dell'ingresso delle stanze del guardaroba e lo metteva in punizione, come se avesse potuto avere qualche colpa dell'accaduto,  mentre lei vedeva tutta la scena dalla finestra della sua camera. Non poté trattenere l'ombra di un sorriso rassegnato. 

Le venne in mente la prima notte passata con lui, sull'erba, quando si era vergognata dei molti segni che deturpavano la propria pelle e André le aveva detto di conoscere ognuna di quelle cicatrici perché lui c'era sempre stato. Era vero. Ogni cicatrice. Del corpo e dell'anima...

 

Anne aveva terminato con i suoi capelli e la stava accompagnando dal padre nello studio.

La visita fu lunga e accurata, ricca di domande inaspettate a cui Oscar aveva dato risposta non senza provare un certo pudore. Al termine si potè rivestire dietro a un separé dove aveva trovato tutti i suoi indumenti, perfettamente asciutti e rassettati.

Aspettò in piedi, pronta a incassare pessime notizie e sicura che la sua decisione di non morire sarebbe risultata ridicola, ma il dottore la invitò a sedersi con un fare molto persuasivo. Oscar ebbe paura. Le notizie dovevano essere anche peggiori di quanto era disposta ad ascoltare se il dottore insisteva tanto affinché si sedesse. Laçonne lasciò la propria poltrona dietro la scrivania e prese posto accanto a lei. Le appoggiò una mano su un braccio con fare protettivo e paterno; guardandola negli occhi le disse: "Madamigella, dovete veramente lasciare l'uniforme.". Oscar ricambiò il suo sguardo. "Va così male…" mormorò. "Madamigella…"  il dottore le parlava con voce pacata, sembrava scegliere le parole accuratamente per cercare di risultare il più delicato possibile "... voi… voi siete in stato interessante…". "Cosa?!?" ruggì Oscar, gli occhi sgranati, la bocca dischiusa per lo stupore. "Beh, ecco… voi aspettate… intendo dire… state aspettando…". Ma Oscar non gli diede modo di terminare la frase. Le sopracciglia aggrottate, il cuore in tumulto, il pugno alzato, era balzata in piedi e ora sovrastava il dottore, ammutolito dalla sua reazione. "Ho capito benissimo quello che intendete dire!" disse con un tono di voce troppo alto. Si piegò appena in avanti e battè forte il pugno sulla scrivania. "Accidenti!" gridò "Accidenti a te André Grandier!". Laçonne si alzò a sua volta. "André!" esclamò  "André?! Il vostro servo?!". Oscar strinse le labbra e sporse il mento in avanti. "Non è un servo. È un soldato!" dichiarò con veemenza, con un cipiglio severo e orgoglioso, come se stesse sgridando qualcuno, poi si sentì immediatamente molto sciocca per aver sentito il bisogno di giustificare André per quello che era. Ricordò in un lampo le sue parole, mentre cavalcavano insieme sulla spiaggia, nel nord, non più di due settimane prima: "Non ho nulla da offrirti, a parte me stesso.". "Tanto mi basta" gli aveva risposto. Non le importava di chi o di cosa fosse. Era André e basta. 

Laçonne la guardava preoccupato. "Non avrà osato…?" chiese piano con gli occhi spalancati. "No! No!" rispose brusca Oscar. Ma cosa gli saltava in mente?!? André?!? Con il suo amore incondizionato, le sue carezze e i baci a cui non poteva più rinunciare… "No!" ripeté forte, quasi indignata.

Il respiro spezzato, un'improvvisa sensazione di soffocamento che la costrinse ad allentare la divisa all'altezza del collo, Oscar tornò a sedersi. Laçonne le posò una mano su una spalla. "Mi dispiace. Mi dispiace madamigella. Se credete posso raccomandarvi qualcuno per risolvere rapidamente il problema… è una brava donna. Sarà discreta. Ci sarò io ad assisterla.". "Come?!?" Oscar alzò gli occhi, non certa di aver seguito il discorso. "Cosa mi state dicendo?!?". Il dottore era costernato. "Pensavo aveste urgenza di risolvere la situazione... Una donna come voi… nella vostra posizione…". Oscar lo fissò: una donna come lei… si accigliò: "Non esistono donne come me. Ci sono solo io, dottor Laçonne." disse piano.

Affondata in una poltrona troppo grande per la sua figura esile, abbassò la testa cercando di respirare regolarmente. L'aveva visto accadere altre volte in azione a soldati inesperti o a uomini molto giovani e lo riconobbe immediatamente: stava per cedere al panico. Divaricò le gambe e piegò il busto fino a trovarsi con la testa fra le ginocchia. Il dottore cercò di aiutarla e le chiese se poteva far chiamare la figlia con i sali ma lei rifiutò, scuotendo energicamente la testa. I sali… una stupidaggine per donne con il corsetto troppo stretto. Lei non ne aveva bisogno. Contò i respiri, come tante altre volte aveva imposto di fare ai suoi uomini, tenendo loro una mano premuta sulla schiena affinché non si alzassero prima del tempo e non svenissero.

Quando si riprese si impose fermezza. Disse al dottore che avrebbe risolto da sola i suoi problemi e che contava sulla sua assoluta discrezione, poi chiese informazioni dettagliate riguardo la propria salute e quella di André, ascoltando senza batter ciglio ogni parola.

Il dottore la congedò guardandola con apprensione. La pregò di lasciarsi accompagnare con la loro carrozza dovunque dovesse andare, ma lei rifiutò. Madame Anne la accompagnò fino alla porta. Pioveva ancora a dirotto. La abbracciò con dolcezza e Oscar rimase rigida e impacciata in quell'inaspettata dimostrazione di solidarietà femminile… Pensò che l'unica amica che forse avesse mai avuto era stata Sua Maestà la Regina, ma era stata sempre e solo lei ad accogliere le confidenze di Maria Antonietta e a offrirle conforto. Mai il contrario. Si domandò cosa Madame Anne poteva sapere di lei e a che cosa poteva dovere quella benevolenza sempre dimostrata nei suoi confronti. 

Partì al galoppo, senza girarsi indietro. Nella mente un turbine di pensieri, paure ed emozioni che non sapeva come gestire.

 

Lasalle fu il primo a vederla. "Comandante!" la chiamò forte "André e Alain vi stanno cercando da tanto…", sul volto un'espressione preoccupata, come se tutti fossero stati allertati per lei. "Eccola!" sentì Alain gridare forte. Oscar alzò gli occhi e vide Alain correre verso di lei, saltando sui gradini due alla volta. "Dove siete stata comandante?!? André stava impazzendo…". "Io stavo impazzendo…" avrebbe voluto dirle…  Ma che le era venuto in mente di sparire per più di due ore?!? Le si avvicinò in maniera quasi importuna e arrivò a sovrastarla, guardandola dall'alto. Oscar sentì distintamente il suo respiro addosso, avvertendo forte il suo caratteristico odore di tabacco e  indietreggiò di due passi. Alain sapeva sempre come metterla a disagio, ma non gli disse niente. Guardò davanti a sè tra la folla ancora radunata davanti al palazzo che ospitava l'assemblea e finalmente lo vide: André camminava verso di lei facendosi largo fra le persone accalcate, un'espressione scura sul volto. Gli si fece incontro. Si rese conto di averlo fatto preoccupare. Avrebbe ascoltato i suoi rimproveri; se li meritava. 

André camminava verso Oscar, il cuore in subbuglio e una rabbia malcelata che lo faceva sbuffare a ogni passo, ma più le si avvicinava, più il sollievo per il fatto di averla ritrovata e di vedere che stava bene prendeva il sopravvento su tutte le altre emozioni. Avrebbe dovuto dirle che era stata un'incosciente. Avrebbe voluto dirle che aveva pensato di morire di angoscia quando non l'aveva più trovata. Invece quando le fu davanti, in mezzo alla gente, le passò una mano dietro la nuca e l'altra sulla schiena, stringendola a sè, affondando le labbra fra i suoi capelli bagnati prima e sulla sua bocca poi, chiudendo gli occhi. Un attimo… solo un attimo per un abbraccio liberatorio e accorato. Sotto una pioggia sempre più intensa, Oscar pensò ai suoi soldati che in quel momento la stavano guardando e alla folla che rumoreggiava intorno a loro, additandoli, mentre un abbraccio appassionato fra due soldati non stava passando inosservato… Ma non si ribellò, né lo respinse. 

Dalla gradinata, Lasalle guardava stupito il suo comandante e André. "Alain guarda! Tu lo sapevi?". "Fatti i cazzi tuoi Gérard." gli rispose Alain cupo.

André tornò ad occupare il proprio posto di guardia e Oscar avanzò fino al portone di ingresso, giusto in tempo per essere raggiunta da un messo con un dispaccio: un ordine di rientrare immediatamente in caserma, per lei e per tutto il suo reggimento. Alzò gli occhi per cercare lo sguardo di André. Deglutì. André la guardava con apprensione. Alain fu rapidamente accanto a lei. "Dobbiamo rientrare immediatamente. Tutti." gli disse Oscar. "Non mi piace. Non mi piace per niente." le rispose Alain.

 

Bagnati e stanchi, con i mantelli talmente appesantiti dalla pioggia da risultare fastidiosi sulle spalle, i soldati erano ordinatamente schierati sulla piazza d'armi della loro caserma. Alain guardò il suo comandante attraversare il piazzale ostentando un passo falsamente  sicuro. I lunghi capelli fradici attaccati alla schiena, il profilo troppo sottile, nessun mantello a proteggere la sua persona dalla pioggia battente. La vide salire i pochi gradini dell'ingresso e fermarsi un attimo sulla porta per girarsi solo un istante, alla ricerca del volto di André,  incapace di ricambiare lo sguardo ansioso della sua donna, a causa della difficoltà a mettere rapidamente a fuoco. Alain espirò rumorosamente. Non poteva andare sola! Se l'avesse seguita l'avrebbero bloccato prima ancora di arrivare all'ingresso: troppo grosso, sempre pronto a contestare qualsiasi imposizione, sapeva di non piacere ai superiori… allentò un calcio ad André, sul cavallo accanto a lui. Con i modi da damerino che sapeva mostrare l'avrebbero fatto passare. "Vai con lei!" gli intimò, brusco.

André si sentì stupido per non averci pensato subito lui per primo. Smontò da cavallo e corse per attraversare velocemente la piazza; raggiunse Oscar all'inizio del corridoio. Lei si girò e lo guardò. Il fiato corto, gli chiese sommessamente:  "Cosa vuoi André?". "Venire con te." le rispose, fermo. Oscar sentì il cuore rinfrancarsi, pieno di gratitudine: non era sola. 

Un soldato li precedeva; non era della guardia metropolitana e André non riconobbe il corpo di appartenenza dall'uniforme. Superarono l'ufficio di Oscar e si fermarono dinnanzi a una porta aperta. Il colonnello Labonne, più tracotante che mai, li attendeva sull'uscio. Prepotente, spinse indietro André piazzandogli una mano aperta in pieno petto. Prima che Oscar entrasse, sola, André riuscì a vedere all'interno della stanza il generale Bouillé, un paio di altri alti ufficiali che non conosceva e due soldati. Oscar gli gettò uno sguardo di intesa prima di entrare, poi fu chiusa la porta. André rimase a contemplare un uscio chiuso. Determinato come non mai, si disse che non se ne sarebbe andato di lì senza Oscar.

Agitato come un leone in gabbia, sentì prima parlare sommessamente, poi Oscar ribellarsi a voce alta alla consegna che stava ricevendo. Maledisse se stesso per essere stato lui a iniziarla alla causa popolare. Non gliene importava niente del popolo in quel momento. Maledisse anche il popolo. Non gli importava proprio di nulla. Voleva solo che Oscar uscisse da quella stanza e venisse via con lui. Ripensò ai loro giorni nell'Alta Francia: non sarebbero dovuti tornare! Non c'era niente per loro a Parigi… o almeno non c'era niente di buono… Per due volte Oscar gli aveva detto chiaramente che voleva essere sua moglie. Perché non l'aveva sposata subito? Perché non l'aveva tenuta al sicuro? Se fossero rimasti nel nord avrebbe potuto chiedere aiuto al signor Sugane e magari si sarebbero potuti imbarcare per l'Inghilterra.... Perché diavolo l'aveva riportata a Parigi?

Si appoggiò alla parete, le braccia conserte e le gambe accavallate. L'attesa era snervante. Buttò la testa indietro una, due, tre volte. I capelli bagnati dalla pioggia gli stavano gocciolando lungo il collo. Un brivido lo percorse. La porta si aprì per far uscire il generale Bouillé con i due soldati. Non riuscì a vedere Oscar prima che richiudessero. Seguì un silenzio pesante, che gli mise addosso più ansia della discussione concitata di un attimo prima.

 

Sulla piazza d'armi, i soldati erano scesi dalle loro cavalcature e aspettavano nervosi, cercando di ripararsi dalla pioggia restando il più vicini possibile ai muri perimetrali, così da rimanere almeno un poco protetti dai cornicioni. Alain fu il primo a veder uscire il generale Bouillé. Dov'era il comandante? In un attimo lui e tutti i compagni erano in piedi e schierati e il generale aveva già iniziato a parlare. Dava disposizioni in merito a un'imminente azione di sgombero della sala dell'assemblea, ma lui non stava neanche più ascoltando; aveva smesso di prestare attenzione quando il generale aveva annunciato che avrebbe dato lui gli ordini al posto del loro comandante. A quelle parole infatti aveva sentito il cuore perdere un colpo: perché dovevano prendere ordini da qualcuno che non era Oscar? Con gli occhi aveva scorso le finestre della caserma: dove poteva essere Oscar ora? L'avevano arrestata? E André? Perché non l'aveva portata via?

Il generale terminò di dare disposizioni, ma nessuno si mosse. Impaziente ed evidentemente contrariato, Bouillé esortò gli uomini e allora uno a uno iniziarono ad avviarsi verso l'ingresso della caserma. Alain non fece un passo. "Fermi!" gridò "Non ricordate cosa ci ha detto il nostro comandante? Dobbiamo restare qui e aspettare che torni!" poi, rivolto al generale: "Dov'è il nostro comandante?". Truce in volto, Bouillé guardò altri undici soldati raggiungere il compagno ribelle nel mezzo della piazza; il generale proclamava a gran voce il suo diritto a dare loro ordini in quanto comandante supremo dell'esercito, ma Alain non abbassò lo sguardo, per lui poteva essere anche sua maestà il re in persona: non si sarebbe mosso senza un ordine preciso del suo comandante. Attorniato dai compagni, esclamò: "Lo sappiamo che voi siete il comandante supremo dell'esercito, ma noi non prendiamo ordini che da Oscar François de Jarjayes!". Era la prima volta che pronunciava per esteso il nome del suo comandante; gli fece una strana impressione, come se gli fosse stato permesso di accarezzare qualcosa che non gli apparteneva. "Ben detto!" gli fece eco Lasalle, immediatamente dietro di lui. Gérard era un buon ragazzo, leale e generoso; era stato il primo a tornare indietro per raggiungerlo nel mezzo della piazza, poi seguirono altri compagni. Dodici in tutto. Alain espirò e serrò la mascella. Sapeva che avrebbe pagato la sua scelta, ma non sarebbe comunque tornato sui suoi passi. 

La reazione del generale fu rapidissima; a un suo ordine il plotone schierato al suo fianco puntò le armi contro i soldati ribelli e in un attimo tutti e dodici furono arrestati. Alain non oppose resistenza e lasciò immediatamente andare il fucile: sapeva benissimo che Bouillé aspettava solo che accennassero a difendersi per farli ammazzare tutti quanti; opporsi sarebbe stato un suicidio per lui e per gli altri.

Fiero e orgoglioso, rimase inerme e alzò gli occhi verso le finestre mentre due soldati lo costringevano a terra, il volto schiacciato contro il selciato bagnato e il collo serrato fra due moschetti. Fissando i vetri degli uffici del secondo piano, si chiese se il comandante stesse vedendo tutto quello che stava succedendo. "Oscar, questo è per voi." mormorò. 

 

Ancora fermo nel corridoio, André aveva visto Bouillé tornare e andarsene di nuovo. L'uniforme bagnata e i capelli fradici lo facevano sentire pesante e infreddolito. L'esasperazione era arrivata al limite e aveva iniziato a progettare di prendere a calci la porta per aprirla e poter fare irruzione. Era sicuro che avessero messo Oscar agli arresti. Assorto in pensieri cupi, cercava di fare ordine nelle idee per pianificare una fuga. Sbuffò, lasciando cadere le braccia pesantemente. Poi la voce di Oscar gli giunse chiara ed esplose dentro di lui come un colpo di artiglieria: "André! Aiuto!". Con una spallata aprì la porta e la scena che gli si presentò gli fece gelare il sangue: Oscar era a terra, braccata da un ufficiale che le cingeva la vita, trattenendola, mentre un altro militare aveva estratto la spada, brandendola minaccioso contro di lei; il colonnello Labonne,  ancora a terra, cercava di recuperare la sua arma. André fu più veloce. Afferrò il fucile. "Maledetti!" gridò "Lasciatela stare!" e in un attimo col calcio del fucile aveva già atterrato uno dei due ufficiali e messo fuori combattimento Labonne,  con un colpo ben assestato alla testa. Oscar intanto era riuscita a sferrare un calcio fra le gambe del proprio aggressore, lasciandolo a rantolare sul pavimento. Tenendo sotto tiro i tre uomini, André fece uscire velocemente Oscar dalla stanza e la seguì fulmineo. La prese per mano in una corsa disperata verso la libertà o verso l'ignoto.

Oscar, con il cuore in gola, correndo pensava ad Alain schiacciato a terra dai soldati di Bouillé, umiliato e inerme, mentre i suoi compagni venivano arrestati come lui. Pensava a Lasalle, così piccolo fra gli altri, con i capelli ricci spinti nel fango della piazza d'armi sotto la pioggia, mentre un uomo armato gli puntava un fucile alla schiena tenendogli un piede ben fermo fra le scapole. Pensava ai suoi soldati che non l'avevano tradita a costo di tutto e sentiva le lacrime pungerle dolorosamente dietro agli occhi. Trattenne un attimo il respiro e strinse i denti. Li avrebbe salvati. Li avrebbe salvati tutti!

André aveva già preparato i cavalli. "Svelta! Andiamocene!". Oscar lo fissò attonita. Andarsene? E dove? Ragionò un momento. André aveva assalito dei superiori. Non poteva restare. "Vattene subito André!" gli ordinò perentoria "Non puoi restare dopo avermi fatto fuggire. Devi nasconderti.". "Tutti e due dobbiamo nasconderci. Andiamo. Sbrigati!". Oscar restò immobile. André era esasperato. "Cosa aspetti?!?" le urlò. "Non posso andarmene André!" gli rispose, non riuscendo a trattenere lacrime di rabbia "Se me ne vado ora i miei uomini moriranno per niente! E io avrò disonorato me stessa e la mia famiglia per niente! Non me ne posso andare!". Entrambi i pugni chiusi, il viso contratto in una smorfia di dolore: "La guardia reale sta andando a far sgomberare l'assemblea. Li comanda Girodelle. Li posso fermare!". André sbuffò contrariato e sollevò Oscar di peso, aiutandola a salire a cavallo. "E allora verrò con te dannazione! Ma sbrigati per l'amor di Dio o ci verranno a prendere!" le disse con foga, salendo a cavallo a sua volta. Partirono al galoppo, veloci e angosciati, spronando i cavalli al limite delle loro forze. 

Mentre seguiva Oscar verso l'assemblea, André pensava che fosse una pazzia. Pensava a quanto poco in quel momento gli importasse dell'onore, del popolo e della guardia reale e di qualsiasi cosa stesse per fare Girodelle. Cercava solo di trovare un modo per portare via Oscar il più lontano possibile e per l'ennesima volta maledisse se stesso per non essere riuscito a fermarla già la mattina, quando aveva scaraventato Labonne giù per i gradini della scalinata.

 

Quando arrivarono al palazzo dell'assemblea la guardia reale era già schierata e Girodelle stava intimando ai rappresentanti di sgomberare. Oscar, la spada sguainata, passò velocemente due volte fra gli opposti schieramenti gridando "Fermi! Fermatevi!" e con un senso di esaltazione pensò che ce l'avrebbe fatta, li avrebbe veramente fermati… e senza troppo sforzo: con la coda dell'occhio aveva infatti potuto scorgere  il generale Lafayette pronto a battersi in difesa dei rappresentanti del terzo stato e conosceva Girodelle. Era stata il suo comandante per quasi vent'anni. Lafayette, il grande eroe francese… era sicura che Girodelle non avrebbe mai avuto il coraggio di affrontarlo. Era sicura che fosse sulle spine, alla ricerca di un pretesto per ritirarsi senza tuttavia dare l'impressione di aver disatteso la consegna. Si fermò davanti a lui, André già al suo fianco. Oscar guardò Girodelle con fermezza, osservandolo: era fastidiosamente impeccabile come sempre, con la divisa lucente e i capelli decisamente più in ordine dei suoi. Si chiese come fosse possibile dare tanto valore alla forma in una situazione così drammatica e aprì le braccia esclamando: "Girodelle, avreste il coraggio di incrociare la vostra spada con me? E voi soldati della guardia reale, potreste mai colpire il vostro ex comandante?". Girodelle lasciò teatralmente passare qualche secondo di dignitoso silenzio, prima di capitolare e  rinfoderare la spada, dicendo: "Avete vinto voi madamigella Oscar. Non ero certo fiero del compito che mi era stato assegnato. Ora potrò dire di non averlo potuto portare a termine… in fin dei conti, sono abituato ad obbedire ai vostri ordini…". Il tono di voce falsamente sommesso, ma sufficientemente alto da farsi sentire chiaramente dai sottoposti. Oscar lo guardò fare dietro front e allontanarsi lentamente con tutti i suoi uomini. Si girò per guardare André: aveva un'espressione impassibile sul volto. Si sentì immensamente stanca. La giornata volgeva finalmente al termine. "Vieni, andiamo a casa." gli disse piano e allungò una mano per afferrare le redini del suo cavallo e trascinarlo con sè. Non si girò a guardare i rappresentanti. Non aveva più forza per affrontare altro.

 
   
 
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