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Autore: 18Ginny18    26/09/2022    1 recensioni
[Sequel di 'Secrets']
La vita di Ginevra Andromeda Black era stata sconvolta da quella strana Creatura Oscura di cui ignorava il nome. Viveva dentro di lei, come un parassita, e pian piano cercava di prendere il controllo al suo posto.
Genere: Drammatico, Guerra, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Fred Weasley, George Weasley, Nuovo personaggio, Regulus Black, Sirius Black | Coppie: Draco/Hermione, Harry/Ginny, Remus/Ninfadora
Note: What if? | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie '~The Black Chronicles~'
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Capitolo 28 – Niente più segreti

La testa di Ginevra era in completo silenzio da quasi due giorni. Nonostante avesse provato più volte a mettersi in contatto con l’entità Oscura, ogni tentativo era vano.
Era completamente sparita.
Cominciava a preoccuparsi.
“Ironico”, pensò a quel punto, “prima non tolleravo la sua presenza e adesso mi preoccupo per la sua incolumità”.
Aveva anche tentato di contattare Regulus fino a notte fonda, ma neanche lui dava segnali.
Sospirò e si lasciò cadere sul letto. Il suo sguardo era fisso nel buio; la stanza era immersa dal silenzio, fatta eccezione per il russare di una delle sue compagne di stanza che, di tanto in tanto, la faceva sobbalzare.
La sua mente era invasa dagli stessi pensieri da quando aveva lasciato la camera del professore di pozioni. Continuavano a tormentarla. Aveva bisogno di tranquillizzarsi dopo quello che era successo, ma non riusciva a dimenticare l’immagine di Silente in preda al dolore, disteso ai suoi piedi.
Stava per ucciderlo? Voleva farlo?
Non ne era sicura.
Perché lo aveva attaccato?
Non ne aveva idea.
Forse aveva davvero bisogno d’aiuto... Ma poteva fidarsi di Piton? Era dalla parte di Silente?
Troppe domande. Troppi dubbi.
Mi stai facendo venire il mal di testa”, mormorò una voce.
Ginevra scattò subito a sedere e si guardò intorno. Le sue compagne dormivano ancora, quindi la voce che aveva sentito era nella sua testa.
“Ma dov’eri finita?”, esclamò Ginevra in preda all’ansia. “Ero preoccupata...”.
Tu? Preoccupata per me?”, domandò l’entità con un filo di voce. Poi Ginevra immaginò di vederla sorridere. “Allora è vero che ti stai affezionando”.
Il viso di Ginevra era corrucciato. “Ti senti bene?”.
Mi sento tutta ammaccata in effetti. Sarà dovuto al fatto che hai prosciugato le mie forze”.
“Ti ho... prosciugato?” Ginevra era confusa. “Cosa? Come?”.
E io che ne so? L’ultima cosa che ricordo è che ti sei arrabbiata e mi hai tolto tutte le forze. Non è stato molto carino da parte tua. Potevi anche chiedere, eh!”.
All’improvviso, Ginevra sentì la sua stessa debolezza. Si sdraiò nuovamente sul letto e cominciò a massaggiarsi le tempie. "Non capisco”, mormorò. “Com’è possibile? Pensavo che fossi tu a prenderti le mie forze”.
Lo stai davvero chiedendo a me?”, domandò l’entità Oscura con voce flebile. “Comunque, ho bisogno di riposare quindi, ti prego, cerca di non pensare troppo”, disse, dopodiché ci fu silenzio.
Ginevra sentiva le palpebre farsi sempre più pesanti. Si lasciò andare ad un lungo sospiro e l’oscurità la inghiottì. Per sua fortuna fu un sonno senza sogni.
Si svegliò dopo qualche ora con il cuore che le batteva all’impazzata, con l’incessante trillare della sveglia nelle orecchie. Attorno a lei era ancora buio, ma a giudicare dai suoni infastiditi che provenivano dagli altri letti, intuì che anche le altre ragazze si stavano per svegliare.
- Maledetta sveglia – brontolò Katie. - Stavo facendo un sogno bellissimo.
- Buongiorno, ragazze! - esclamò Angelina, gioiosa. Le altre ragazze borbottarono un buongiorno piuttosto spento prima di rituffarsi tra le coperte.
Angelina sembrava di ottimo umore.
Nonostante i vari insulti che le lanciarono alcune compagne, aprì le tende facendo entrare la luce del sole e, mentre prendeva la divisa di Grifondoro dal suo armadio, Katie e Ginevra rimasero un po’ sorprese di sentirla canticchiare un motivetto allegro mentre saltellava per tutta la stanza. Un comportamento piuttosto singolare per la Cacciatrice di Grifondoro.
- Oggi sei particolarmente raggiante, Angie – osservò Katie dopo un lungo sbadiglio e, nonostante fosse ancora assonnata, sorrise. La felicità dell’amica era contagiosa.
- Oh, davvero? - domandò Angelina. - Be’, penso sia merito del riposo. Dormire fa così bene... Non trovate?
Nonostante si sentisse ancora un po’ debole Ginevra si trovò a concordare con lei. Quelle poche ore di sonno l’avevano aiutata a recuperare le forze.
L’entità Oscura non emetteva nemmeno un fiato, probabilmente dormiva ancora, quindi Ginevra decise di non disturbarla.
Katie saltò in piedi e si stiracchiò. - Già – disse con uno sbadiglio. - Comunque vado a fare una doccia – annunciò, dopodiché corse ad occupare il bagno prima che una delle ragazze ancora in dormiveglia potesse protestare.
Ginevra scosse la testa e ridacchiò. Katie era sempre la solita.
In attesa che arrivasse il suo turno per il bagno, dopo aver recuperato la divisa dall’armadio, il suo sguardo vagò per tutta la stanza fino a fermarsi nuovamente su Angelina.
Aveva un sorriso sulle labbra e lo sguardo perso nel vuoto. La sua mano era poggiata sulla pancia tonta che ancora non c’era. Poi guardò Ginevra e il suo sorriso si ampliò. - Sai, credo che glielo dirò oggi. È vero che fino a ieri dicevo che non ero ancora pronta ma… sento che è il momento giusto – disse a voce bassa, per paura di farsi sentire dalle altre ragazze. Poi però il suo voltò si rabbuiò all'istante. - Ma temo lo sguardo degli altri. Cosa diranno?
Ginevra non sapeva cosa dire, ma quando parlò cercò di essere il più rassicurante possibile. - Be’, forse parleranno all’inizio, ma poi si abitueranno!
Un piccolo sorriso apparve nuovamente sul volto della Cacciatrice di Grifondoro. - Ti ringrazio – disse. - Io detesto i segreti e so che Fred la pensa allo stesso modo. Ed è per questo motivo che ho deciso di spuntare il rospo – si sfiorò ancora una volta la pancia e poi aggiunse: - Per questo motivo e anche perché ho fatto un sogno bellissimo - sorrise, persa tra i suoi pensieri, e sospirò. - Spero solo che diventi realtà.
La giovane Black non poté fare a meno di risponderle con un sorriso. Poteva solo immaginare la felicità di Angelina. Sembrava sprizzare felicità da tutti i pori.
Poi, i suoi pensieri andarono a George. Anche lui, come il fratello, odiava i segreti. Fin da quando erano bambini si erano sempre detti tutto. Con il passare degli anni, però, Ginevra aveva smesso di confidarsi soprattutto con lui.
Fu in quel momento che si chiese se avrebbe mai trovato lo stesso coraggio di Angelina. Ma aveva così tanti segreti da confessare che temeva di esplodere da un momento all’altro. Ma George? Come avrebbe reagito?
Non sapeva se avrebbe mai trovato il coraggio di rischiare di scoprirlo.

Quella mattina, mentre faceva colazione nella Sala Grande, Ginevra notò il volto corrucciato di Neville Paciock. Era seduto al suo fianco e La Gazzetta del Profeta che aveva tra le mani era in bella vista, ma lei non riusciva a vedere ciò che vi era scritto. Lui lo teneva stretto, in modo che nessuno a parte lui potesse leggerlo. Non lo aveva ancora sfogliato, il suo sguardo era fisso sulla prima pagina. Ma quello che aveva catturato l’attenzione della ragazza furono le mani di Neville che tenevano quel giornale strette ai lati e, man mano che stringeva la carta, i suoi pugni sbiancavano.
Anche Katie sembrò notarlo, infatti non poté fare a meno di preoccuparsi per lui. - Neville, va tutto bene? - domandò.
Quando gli toccò il braccio, lui si alzò di scatto e corse via senza dire una sola parola. Sembrava una furia.
- Ma che gli è preso? - domandò Fred, confuso.
- Avrà dimenticato i libri in camera – bofonchiò Lee ingozzandosi di frittelle. Come al solito era indifferente a ciò che lo circondava, a meno che non si trattasse di cibo. A volte, pensò Ginevra, sembrava il gemello perduto di Ron.
Katie aggrottò la fronte e agguantò il giornale che Neville aveva abbandonato sul tavolo. I suoi occhi andavano avanti e indietro velocissimi lungo l’articolo che stava leggendo. Ginevra notò la sua espressione mutare man mano che leggeva e poi si portò una mano alla bocca, trattenendo un’esclamazione. - Oh, no! Povero Neville.
- Che cosa c’è? - chiesero all’unisono Angelina e Ginevra.
Katie prese il posto che poco prima occupava Neville, avvicinandosi a Ginevra, e distese il giornale sul tavolo davanti ai suoi amici, in modo che tutti loro potessero leggere. Indicò il titolo che spiccava in alto alla pagina:

 
EVASIONE DI MASSA DA AZKABAN
IL MINISTERO TEME CHE BLACK SIA
IL ‘PUNTO DI RIFERIMENTO’
PER GLI EX MANGIAMORTE

Ginevra cercò di trattenere la rabbia. - Che branco di idioti – sibilò tra i denti. Odiava il Ministro della Magia per aver incolpato suo padre e odiava tutti quelli che credevano alle sue parole.
Sentì le dita di George sfiorarle la mano fino a intrecciarla con la sua; quel contatto riuscì a ristabilire un po’ di calma dentro di lei. Fin da quando erano bambini, George riusciva sempre a capirla e si era sempre schierato dalla sua parte quando qualcuno iniziava a insultare lei o Sirius. Era sempre stato il suo cavaliere, pronto a tutto pur di proteggerla persino da sé stessa.
Ancora una volta, gliene fu grata.
Non lo guardò, ma strinse la sua mano e se la portò alle labbra, sfiorandolo appena con un piccolo bacio. Un gesto spontaneo che lui imitò baciandole la testa e stringendosi forte a lei, seguendo il suo sguardo sulle pagine del giornale.
Poi, gli occhi di lei andarono verso le dieci fotografie sotto il titolo. Erano in bianco e nero e occupavano tutta la prima pagina: erano nove maghi e una strega. Alcuni si limitavano a esibire un’espressione beffarda; altri tamburellavano con le dita sulle cornici delle loro foto, con aria insolente. Sotto ciascuna immagine erano scritti il nome della persona e il crimine per cui era stata rinchiusa ad Azkaban.
I nomi erano tanti, ma lo sguardo di Ginevra fu però attratto dalla strega; l’aveva riconosciuta subito. Aveva lunghi capelli scuri arruffati e incolti, un sorriso di arrogante disprezzo e uno sguardo folle.
- Non può essere – sussurrò appena.
Bellatrix Lestrange.
La ragione dei suoi incubi era evasa da Azkaban la sera precedente.
- Povero Paciock – disse Angelina, cercando di trattenere le lacrime. - Per questo era sconvolto. I suoi genitori…
In quel momento Ginevra poteva quasi vedere il momento in cui Frank e Alice Paciock venivano torturati da Bellatrix Lestrange. Se si sforzava abbastanza poteva anche immaginare il suono stridulo della sua risata divertita. Dopotutto l’aveva sentita così tante volte nei suoi incubi…
- Ho ucciso Sirius Black!
Ginevra si voltò di scatto, spaventata. Si guardava intorno nella Sala Grande cercando il volto sorridente di Bellatrix, ma senza trovarlo. Quello stupido incubo era talmente impresso nella sua mente da presentarsi anche quando era lucida? Sperava proprio di no.
L’eco orribile di quella risata le sfiorò le orecchie, facendola voltare una seconda volta e per poco non le venne un colpo: Bellatrix era lì. Aveva un sorrisetto inquietante, sembrava prendersi gioco di lei.
- Non può essere – sussurrò ancora una volta.
Premette le mano sugli occhi, poi guardò lo stesso punto dove prima vi era Bellatrix, ma lei non c’era.
Era tutto nella sua mente.
- Ehi, tutto bene? – le domandò George, cercando il suo sguardo. Le accarezzò i capelli, con tenerezza, poi le sistemò una ciocca dietro l’orecchio.
Ginevra aveva iniziato a tremare. - No, non va bene. Non va bene per niente – disse. Poi si portò una mano al petto, respirando a fatica. - Ho bisogno d’aria. Ti prego, portami via.
Quando George incrociò il suo sguardo, e vide i suoi occhi velati di lacrime, scattò immediatamente in piedi. L’attirò a sé con dolcezza e la portò via dalla Sala Grande.
Ginevra si lasciò guidare, in silenzio. Le lacrime iniziarono a scendere, silenziose.
George sapeva dove portarla; avevano bisogno di un posto tranquillo, lontano da occhi indiscreti, dove lei potesse tranquillizzarsi. Secondo lui la Torre di Astronomia era il luogo perfetto in quel momento. Di mattina era sempre deserta, quindi potevano stare lì tutto il tempo che volevano e non gli importava di perdere le lezioni. Ginevra aveva bisogno di lui, importava solo questo.
Una volta raggiunta la meta Ginevra si allontanò da George e andò dritta verso la balaustra, respirando a pieni polmoni. Le lacrime continuavano a scendere, ormai copiose, ma non riusciva a fermarle. Nascose il volto tra le mani e cominciò a singhiozzare.
- Gin- sussurrò George con voce delicata. Era preoccupato e l’unica cosa che gli venne in mente era stringerla tra le sue braccia.
Lei gli dava le spalle. La circondò in un abbraccio colmo d’affetto e lei si voltò appena, così da poter affondare il viso nel suo petto.
- Non ce la faccio più – singhiozzò contro la sua spalla.
Restarono abbracciati senza parlare mentre lei piangeva. George lasciò che si sfogasse. Poi le sollevò il viso e le disse: - Che ti succede? - le domandò con voce calma.
La paura si impossessò di lei ancora una volta. Sapeva che era arrivato il momento di confessare a George tutta la verità e tutti i suoi segreti, ma temeva la sua reazione.
- Se te lo dicessi, mi odieresti.
- Non potrei mai odiarti – affermò lui, in tono risoluto. - Puoi dirmi tutto.
Le accarezzò il viso, asciugando le sue lacrime, e restò in attesa.
Dopo un lungo sospiro, Ginevra decise di raccontargli tutto. Una volta per tutte. Il problema era che non sapeva da dove cominciare.
- Ricordi l’incubo di cui ti ho parlato? In cui mio padre veniva…
George annuì, impedendole di terminare la frase. Sapeva quanto fosse doloroso per lei solo il pensiero che suo padre potesse morire. E sapeva che, nel suo incubo, era proprio Bellatrix Lestrange ad ucciderlo.
Continuò ad accarezzarle il viso, con tenerezza, e lei gliene fu grata.
- Be’ – continuò, - quello non era affatto un sogno. Posso vedere la morte di alcune persone prima che accada.
George era confuso e il suo viso parlava da sé. Voleva farle delle domande, ma non oso esprimersi. Lasciò che Ginevra continuasse a parlare e l’ascoltò con attenzione.
- Lo so, sembra una cosa impossibile da credere, ma è tutto vero. Era già successo in passato, - spiegò lei, - più e più volte, e non ho potuto fare nulla per impedirlo. Non sapevo che questi sogni fossero in realtà degli avvertimenti, delle premonizioni.
Tutto venne fuori da sé. Era stanca di dover dire sempre bugie. Aveva bisogno di liberarsi di quel peso. Gli parlò di ogni cosa: del graffio che aveva sul braccio sinistro, della sua capacità di trasformarsi in un lupo quando voleva, dei piani contorti di Silente, dell’entità Oscura e della Profezia. Quando arrivò il momento di confessare ciò che era successo qualche giorno prima nell’ufficio del Preside esitò, tremando ancora al pensiero, ma alla fine non tralasciò nulla.
Una volta finito di parlare, nonostante provasse una sensazione di liberazione, non ebbe il coraggio di guardarlo negli occhi.
Come sempre, George era stato molto dolce e comprensivo e aveva ascoltato senza interrompere. Poi, però iniziò a farle domande. La sua voce, notò Ginevra, tremava. Era forse spaventato? Disgustato?
Sì, la disgustava. Ne era certa. La odiava e, sicuramente, l’avrebbe lasciata. Al solo pensiero il suo cuore sembrò perdere un battito.
“È ovvio che sia spaventato. Chi non lo sarebbe?”, pensò lei, terrorizzata. “Ora mi lascerà. Non vorrà più avere a che fare con una bugiarda come me! Mi odierà per sempre”.
Il fiato iniziava ad accelerare e gli occhi a pizzicare. No, non poteva assolutamente sostenere il suo sguardo sapendo ciò che sarebbe successo.
Perciò, dopo aver risposto alle sue domande, lei concluse con un semplice: - Mi dispiace.
- Ti dispiace di cosa?
- Non volevo spaventarti.
Lui si passò una mano sul viso. - Sì, sono spaventato, ma non nel modo che pensi tu. Sono preoccupato per te. - La sua voce tremava e non riusciva a calmarsi. In quel momento sembrava persino arrabbiato, ma non con lei. L’unica cosa lui desiderava in quel momento era abbracciarla, stringerla e dirle che non l’avrebbe mai lasciata sola. Lei, però, non lo stava nemmeno guardando in faccia. Gli dava di nuovo le spalle. - Non posso pensare che hai dovuto affrontare tutto questo da sola. Perché non me ne hai mai parlato? Non ti fidavi di me?
Ginevra si voltò di scatto. - No! - esclamò, con sgomento. - Certo che mi fido di te.
- E allora perché mi nascondi le cose?
Prima di rispondere lei sospirò e abbassò lo sguardo. - Ho avuto paura. Non sapevo come o quando dirtelo. Volevo trovare il momento giusto. Temevo che mi avresti allontanata una volta saputo tutto… soprattutto dopo aver saputo quello che ho appena fatto. - Un altro sospiro, poi decise di guardarlo negli occhi e sprofondare nelle sue iridi verde foglia. Se doveva affrontare gli scheletri nel suo armadio voleva farlo con coraggio, ignorando le gambe che le tremavano e gli occhi che erano pronti a scoppiare di lacrime ancora una volta. - Ho… Ho quasi ucciso un uomo, George. Non è una cosa tanto facile da digerire. Ho perso il controllo e potrebbe succedermi ancora. Sono un pericolo.
Fu allora che George decise di avvicinarsi e circondarle i fianchi, stringendola in un forte abbraccio. Dopo averle baciato la guancia sospirò e disse: - Non succederà. Ci sono io qui con te. Non pensare nemmeno per un momento che io possa allontanarmi da te. Lo so che hai avuto paura, ma adesso non sei sola. Affronteremo tutto questo insieme. Te lo prometto.
Ginevra tremava per l’emozione. - Dici sul serio?
- Non potrei mai mentirti.
Un sorriso le curvò le labbra e iniziò a piangere, ma cercò di contenersi. Non voleva trasformarsi in una fontana.
Lui la baciò e fu come la prima volta... un bacio lento, dolce. Le prese il volto tra le mani, tenendola vicina a sé.
Forse all’inizio era rimasto un po’ sconvolto nel scoprire tanti segreti in una volta, ma non riusciva ad essere arrabbiato con Ginevra. In un certo senso era felice che si fosse confidata con lui. In quel momento sentiva che il loro legame era diventato più forte e profondo, sfidando tutto ciò che Ginevra aveva temuto fino a quel momento.
Niente più segreti.

- Angie, che ti prende? - le domandò Fred. - Dove mi stai portando?
Sembrava che neanche lei sapesse dove andare. Era agitata. Si guardava intorno con circospezione, come se si aspettasse che qualcuno spuntasse da dietro l’angolo per sorprenderli.
“- Devo dirti una cosa – gli aveva detto, - ma ho bisogno di un posto tranquillo. Nessuno deve ascoltare”.
All’inizio Fred trovò la cosa divertente pensando che, con molta probabilità, tutto quel mistero si sarebbe trasformato in una notte di folle passione… ma durante il tragitto, dopo aver osservato le varie espressioni sul viso di Angelina, iniziò a preoccuparsi.
Si tennero per mano per tutto il tempo; Angelina gli stringeva la mano come per darsi forza, ma non si era voltata a guardarlo nemmeno una volta.
Per un breve istante Fred pensò che Angelina fosse fuori di testa. Lo aveva trascinato per tutto il castello senza dargli delle spiegazioni fino a portarlo davanti alla Stanza delle Necessità.
Non poteva dirgli prima dove lo stava portando? Perché tanti segreti?
Angelina aveva chiesto alla Stanza di trasformarsi nella sua camera da letto a Notting Hill. Quando varcarono la soglia lo sguardo di Fred cadde sulla copia esatta del letto di Angelina, non riuscendo a reprimere un piccolo brivido di piacere quando ripensò alla notte in cui ci avevano dato dentro. Che nottata!
Poi, il desiderio si trasformò in confusione. Angelina stava guardando sotto il suo letto e esaminava la stanza.
- Tesoro, cosa succede? Di cosa volevi parlarmi? Va tutto bene?
- Siediti... ti prego.
Il tono tremolante di Angelina non gli aveva lasciato scelta. Obbedì, prendendo la sedia della scrivania lì vicino. Lei, invece, si era seduta di fronte a lui, ai piedi del letto, e guardandolo in silenzio per un minuto intero.
Non smetteva di contorcersi le dita e i suoi occhi erano lucidi. - Angie? È successo qualcosa?
Angelina non rispose. Si portò una mano al ventre e iniziò a mormorare tra sé e sé, agitata. - Non c’è un modo facile per dirlo.
- Dire cosa? Mi stai spaventando.
Prese un respiro profondo e lo guardò negli occhi. - Sono incinta – disse tutto d’un fiato.
In quel momento nella stanza calò un silenzio irreale. Per Fred ci volle qualche secondo per recepire bene quelle parole perché quando udì la parola incinta il suo cervello sembrò annebbiarsi. - Cosa? - chiese con un filo di voce.
Angelina aveva le lacrime agli occhi e un piccolo sorriso esitante sulle labbra. - Sono incinta – ripeté.
Fred era rimasto a bocca aperta.
Aveva capito bene? Angelina era incinta? Di suo figlio?
Doveva trovare il tempo di digerire la notizia.
Angelina lo guardava, arrossendo. Poi, quando lui non disse più nulla, iniziò a farsi prendere dal panico e a parlare senza sosta. - Quando l’ho saputo ero morta di paura e allo stesso tempo… Ero così contenta! - disse. - Mi sono fatta un sacco di domande: il Quidditch, gli studi, il resto. Ma adesso non mi importa più nulla. So che non era in programma… che non era decisamente in programma, ma voglio tenerlo, Fred. Te lo dico perché hai il diritto di saperlo. Avevo bisogno di parlartene e mi dispiace se ci ho messo così tanto tempo a trovare il coraggio.
Fred aveva ascoltato le sue parole in silenzio, ma ad un tratto lo sguardo di lei gli fece capire che era arrivato il suo turno di parlare. Ma da dove poteva cominciare?
Sospirò. Gli occhi iniziavano a pizzicare. - Da quanto lo sai?
- Otto settimane.
Fred annuì e si passò una mano sul viso. Non era difficile capire come o quando fosse successo. Si guardò intorno e sorrise, pensando a quanto fosse azzeccata la scelta di Angelina riguardo la stanza dove si trovavano. Era un modo per richiamare quella sera.
- E stai bene?
Lei annuì. Le salirono le lacrime agli occhi e il suo sorriso andava da un orecchio all’altro. - E tu?
Fred ricambiò il sorriso, ma non sapeva come esprimere a parole ciò che provava in quel momento. Aveva paura, ovviamente. Però era anche molto felice. Si sentiva come una bomba pronta ad esplodere, ma non sapeva con certezza se più per il terrore che per la gioia. Stava per diventare padre! Un traguardo non da poco per uno della sua età. Era pronto ad avere un figlio? Sarebbe stato un buon padre? Poi, l’idea di avere tra le braccia un piccolo frugoletto che lo avrebbe chiamato papà cancellò tutti i suoi timori. Aveva già l’istinto di proteggere il piccoletto! Già riusciva a vedersi mentre gli insegnava ad andare sulla scopa e a fare scherzi allo zio Ron. Sì, un piccolo Fred Weasley a piede libero era un’idea che gli andava proprio a genio.
Fu in quel momento che Fred pensò che forse le parole non servivano e così, sopraffatto dall’emozione, afferrò Angelina per stringerla a sé in un abbraccio. - Non vedo l’ora che arrivi. Sono davvero felice, tesoro. Mi preoccupo, ma sono felice.
A quelle parole gli occhi lucidi di Angelina iniziarono a lacrimare. - Cavolo, sono così sollevata di avertelo detto finalmente! - disse. - È da settimane che cerco d’immaginare la tua reazione, pensavo che ce l’avresti avuta con me o che saresti rimasto scioccato, ma non che saresti stato felice come me! Ti amo così tanto.
- Ti amo anch’io – disse dandole un bacio soave sulle labbra. E mentre lo diceva non riuscì trattenere qualche lacrima. - D’ora in avanti – le mormorò all’orecchio, - affronteremo tutto insieme.
A quelle parole, Angelina sorrise e si strinse a lui mentre tutta la felicità le scaldava il cuore.
Era un momento decisivo e stentava ancora a crederci, ma era felice. Lo erano entrambi.
  
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