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Autore: Lella73    27/09/2022    10 recensioni
Ho sempre sognato di poter offrire un'opportunità di vivere la propria felicità ai personaggi che ho sempre portato nel cuore. Vi propongo quindi la mia storia, che intrecciandosi alla trama nota che tutti amiamo, lascia tuttavia la porta aperta ad altri sviluppi...
Genere: Azione, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alain de Soisson, André Grandier, Oscar François de Jarjayes, Victor Clemente Girodelle
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
Capitoli:
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Capitolo 5 - Accusa di tradimento - Parte 2


Arrivati a casa Oscar e André raggiunsero immediatamente le scuderie. Cavalcando,  Oscar aveva ripensato a Girodelle e a come era stato veloce ad approfittare della situazione per salvare onore e apparenze a sue spese: ora rientrando a corte avrebbe potuto dire che lei gli aveva impedito di portare a termine il compito che gli era stato assegnato. Lei sola contro un intero reggimento... Come aveva detto? Non era fiero del compito che gli era stato assegnato? … non di meno aveva accettato evidentemente senza opporre nessuna resistenza… Oscar infastidita si chiese che razza di compagno avesse pensato di poter mai essere per lei, vista l'insistenza con cui l'aveva corteggiata.

André era preoccupato. Per l'intero tragitto non aveva fatto che pensare che rientrare a palazzo Jarjayes non fosse una buona idea. Trincerato dietro un ostinato silenzio, una volta arrivati aveva evitato di guardare Oscar,  concentrandosi sui cavalli. Doveva portarla via. Aveva bisogno di tempo per riflettere.

Oscar rimase qualche istante a guardarlo mentre sistemava Alexandre e César, aspettandolo senza parlare, poi l'odore del cuoio, dello stallatico e del fieno la investì come un pugno nello stomaco e sentì montare una nausea che non riuscì ad arginare. Si voltò. Non voleva che André la vedesse in faccia. "Ti precedo a casa" gli disse sbrigativa. Non aspettò la sua risposta e uscì velocemente. Dopo pochi passi fu costretta a fermarsi da un conato di vomito. "Accidenti a te André!" disse a denti stretti, pulendosi la bocca con il dorso della mano.

 

Sua maestà Luigi XVI ascoltava cupo alti ufficiali dell'esercito, ministri e consiglieri scagliarsi contro il generale Jarjayes, ma non riusciva ad ascoltare nessuno di loro. Gli avevano riferito che il comandante dei soldati della guardia si era macchiato di gravissima insubordinazione e di tradimento, chiedendo ai danni suoi e della sua famiglia i più infamanti provvedimenti punitivi, ma più gli riferivano di  come il comandante Oscar François de Jarjayes fosse indegno del ruolo che aveva avuto l'onore di ricoprire, più il suo pensiero andava al viso gentile e amico di madamigella Oscar, con quel suo sorriso confortante e rassicurante. Mentre i generali indignati offendevano Jarjayes, il re ripensava a quando non era che un goffo giovanotto troppo grasso e madamigella Oscar lo accompagnava nelle battute di caccia, fingendo di non notare la sua incapacità e i suoi modi maldestri. Era stata lei a insegnargli a sparare, ad aiutarlo a rialzarsi ogni volta che era stato disarcionato dal suo cavallo, senza mai metterlo in imbarazzo, ma offrendogli sempre una mano con dolcezza e spiegandogli con pazienza come montare e come gestire il cavallo. Era a lei che aveva confidato le sue ansie e le sue preoccupazioni di giovane sposo, ricevendo sempre di rimando una buona parola e un'infinita discrezione. Sempre madamigella Oscar era stata la più devota amica della sua regina. Aveva accudito e difeso sua maestà Maria Antonietta, portando tutta la pazienza possibile con i suoi continui capricci e cercando di sostenerla e consigliarla per il meglio, anche se, lui lo aveva visto coi propri occhi, la sua sposa aveva raramente dato ascolto alle sue sagge parole, seguendo piuttosto le volubili voglie di dame di compagnia interessate esclusivamente a ottenere privilegi personali. Luigi rivide con gli occhi della mente madamigella Oscar presentarsi a corte in alta uniforme per far ballare con lei per un'intera notte la sua regina, quando tutti sapevano che il colonnello Oscar non ballava mai, solo  per tenere Maria Antonietta al riparo dai pettegolezzi su lei e il conte di Fersen… Il conte di Fersen… Luigi si coprì gli occhi con una mano; madamigella Oscar era stata la sola a non sparlare mai del conte e della regina… 

Il generale Jarjayes si era alzato, proclamando che avrebbe provveduto lui a punire la sua figlia ribelle, nell'attesa di conoscere i provvedimenti che la corona avrebbe preso contro la sua intera famiglia. Il re trasalì. Non voleva che fosse preso nessun provvedimento nell'immediato.  Voleva avere del tempo per pensare. Si alzò a sua volta, dicendo che per prendere qualsiasi decisione in merito aveva bisogno di consultare sua maestà la regina. Lasciò la riunione camminando con le mani dietro la schiena, fra l'ossequio degli astanti, con un'espressione di immensa tristezza sul volto. 

Quando madamigella Oscar aveva chiesto di lasciare la guardia reale, il re aveva appreso la notizia con grande dispiacere. Era stato da subito convinto che ci dovesse essere in qualche modo sua moglie all'origine di tale decisione, ma non era riuscito a comprendere in quale modo. Sarebbe stato disposto a concedere qualsiasi privilegio per convincere madamigella Oscar a non andarsene, ma lei era stata irremovibile. Luigi aveva lasciato che fosse sua maestà la regina a occuparsi della faccenda, ma non aveva potuto che dispiacersi venendo a conoscenza del nuovo incarico che era stato assegnato a madamigella Oscar… comandare i soldati della guardia… Lei, con quella sua innata eleganza, fra i soldati della guardia metropolitana…

Avanzando lungo i sontuosi corridoi della reggia, sua maestà Luigi XVI scuoteva il capo mestamente, recandosi verso gli appartamenti della regina.

 

Appena entrata in casa, Oscar era stata accolta con affetto e premura dalla nonna di André. L'anziana governante  voleva immediatamente farle preparare la cena, ma lei non aveva nessuna voglia di mangiare. Si accomiatò velocemente, andando a raggiungere il suo salottino preferito, dove finalmente si lasciò cadere su una poltrona, chiudendo gli occhi stremata, nell'attesa che André la raggiungesse.  Avrebbe dovuto parlargli veramente questa volta. 

André arrivò poco dopo, con un calice di vino rosso sia per sè che per lei. Serio in volto, con un'espressione tirata e provata si chinò verso di lei. "Dobbiamo andarcene." le disse "Subito. Non è stata una buona idea tornare a casa.". Oscar lo guardò con gli occhi sgranati. "Ascolta," proseguì André "vai a prendere quello che ti serve. Il generale non è ancora rientrato da Versailles. Voglio portarti via prima che torni.". Parlava sottovoce, scandendo bene ogni parola e cercando di non allarmarla, ma il suo tentativo fu inutile: sua nonna li raggiunse. "Oscar, tuo padre è tornato." disse loro "Ti aspetta nel suo studio… subito…". André strinse le labbra ed espirò rumorosamente. Oscar lo guardò e lui le appoggiò un attimo la mano su una spalla prima di lasciare che si alzasse per raggiungere il generale.

La guardò avviarsi lungo l'ampia scalinata e gli sembrò più sola che mai. Fece per seguirla, ma sentì la manina fresca di sua nonna stringere la sua. "È successo qualcosa André?" gli chiese "Il generale sembrava davvero molto serio…". André le sorrise con dolcezza, con il cuore gonfio per la tenerezza e la consapevolezza di non poter risparmiare dei gravi dispiaceri a chi gli aveva sempre voluto bene. "Ma no nonna!" le rispose "Cosa vuoi che sia successo!". La salutò con gentilezza e premura e si avviò lentamente per le scale. Camminò fino allo studio del generale per ritrovarsi per la seconda volta nella stessa giornata davanti a una porta chiusa, di fronte alla quale non gli restava da fare altro che aspettare. Di nuovo si appoggiò al muro. Di nuovo, con le braccia conserte, accavallò le gambe. Di nuovo, impaziente e nervoso, si mise a contare minuti che non passavano mai. Una cameriera curiosa si avventurò lungo il corridoio. André se ne liberò con un gesto rabbioso accompagnato da parole volgari. La guardò sparire in fondo al corridoio e decise di non poter più aspettare. Le voci oltre la porta gli arrivavano sommessamente. Avrebbe preferito sentir urlare il generale… almeno avrebbe potuto capire le sue intenzioni. Era sicuro che volesse punire la figlia per i fatti della giornata… Ripensò con amarezza alle molte volte in cui aveva assistito impotente alle punizioni inferte a Oscar dal padre e seppe di non poterlo più accettare né sopportare.

Quando aveva seguito Oscar in caserma aveva dovuto lasciare spada e fucile, ma nessuno si era accorto della pistola che portava con sè. La toccò per controllare che fosse tutto a posto e aprì la porta.

 

Oscar cercava  di controllare il turbine di emozioni che l'aveva investita: rabbia, paura, sgomento, delusione: suo padre voleva ucciderla! Voleva ucciderla per lavare il disonore col sangue. Lei gliel'aveva detto: non poteva morire adesso. Mille volte se l'era ripetuto nelle ultime settimane… non poteva morire adesso… e ora più che mai. Per la prima volta da quando il dottor Laçonne le aveva parlato ore prima, si rese conto di non essere più responsabile solo per se stessa.

Aveva guardato il padre con fermezza e gli aveva detto di non aver intenzione di morire, ma il generale non l'aveva ascoltata. Oscar decise che non avrebbe accettato la morte né alcuna punizione; si sarebbe difesa! Mentre avvertiva i movimenti del generale che si avvicinava brandendo la spada contro di lei alle sue spalle, sentiva dentro sè un angolo di cuore morire lentamente: suo padre la voleva veramente uccidere. Il dolore per quello che stava vivendo le incrinò irrimediabilmente l'anima. Non si sarebbe lasciata ammazzare e si rendeva conto con chiarezza che  l'amore e la devozione per suo padre che stava perdendo in quel momento non sarebbero tornati mai più.

Quando André fece irruzione nella stanza Oscar stava per alzarsi dalla sedia, la mano destra già sull'elsa della spada… Il generale non fece in tempo nemmeno a girarsi; André gli fu addosso in un attimo, trattenendo il braccio con cui reggeva la spada. Più giovane e più forte, riuscì a spingerlo oltre Oscar, fino alla finestra. Fuori era ripreso a piovere e un violento temporale portò una folata di vento all'interno della stanza, spegnendo le luci. Il generale era fuori di sè. "Andrè!! Ma che cosa vuoi fare?? Vattene! Vattene!!". André non mollò la presa e lo affrontò: "No... non me ne vado signor Generale! Non me ne vado! Non vi permetterò di uccidere Oscar!". Il generale era furioso e costernato:  "Andrè! Vattene via! Vattene!". Finalmente André riuscì a disarmarlo. In un attimo aveva già la pistola in mano e gliela puntava addosso con determinazione: "Badate,  sono pronto a sparare. Non vi muovete,  perché io adesso andrò via insieme a Oscar.". Il generale tremava di collera:: "Cosa? Tu vorresti scappare con Oscar?". André si sentì finalmente come liberato di un peso. Tutta la vita aveva soffocato i propri sentimenti dentro di sè e ora non riusciva più a trattenerli. "Sì" gli rispose semplicemente. Il generale lo guardò con odio e disprezzo: "E magari vorresti anche sposarla. Non è vero?". Certo, pensò André. Certo che voleva sposarla. "Sì" gli rispose con orgoglio. Il generale si sentì oltraggiato. "No!" gridò "Sarebbe una grossa sciocchezza, perchè la differenza di rango che esiste tra voi non si cancellerebbe mai!". André pensò a quanta pochezza d'animo c'era in quelle parole. "Permettetemi una domanda," gli disse "che cosa significa rango? Non siamo tutti uguali, forse?". Il generale non poteva credere a tanta impudenza. Si sentiva oltraggiato. "Un nobile prima di sposare deve chiedere il permesso a Sua Maestà il re!" gridò a gran voce. André sorrise con amarezza: "Sì, lo so… ma se sua maestà il re si innamora di una donna, deve forse chiedere a qualcuno il permesso di sposarla?" mormorò. 

Oscar era rimasta impietrita: quanto amore poteva esserci in un uomo disposto a sfidare il mondo per lei? Poi fu un attimo. Lei se ne accorse prima ancora che accadesse. Il generale afferrò la statuetta di Marte in alabastro dal tavolo accanto a lui e colpì André forte in pieno volto. Oscar sapeva che André non aveva neppure visto arrivare il colpo: suo padre l'aveva colpito sul lato sinistro. "Basta André! Mi dispiace non posso perdonarvi!" tuonò il generale. Oscar guardava André: a terra, in ginocchio, aveva lasciato andare la pistola, dicendo:  "Allora se ci dovete uccidere, uccidete prima me,  perchè se mi uccidete dopo, sarò costretto ad assistere alla morte della donna che io amo.". Non aveva abbassato lo sguardo un solo istante. Oscar non potè sopportare oltre. Fu veloce. Recuperò la pistola e in un attimo fu fra suo padre e il suo uomo. Il braccio alzato, il respiro contratto, la mano ferma e la mente lucida nonostante il cuore in subbuglio, Oscar puntò l'arma contro il generale. "Lasciateci andare" disse piano. Non avrebbe mai sparato, puntare la pistola contro suo padre le costava come doversi strappare il cuore dal petto, ma aveva bisogno di assicurare una via di fuga per André e per se stessa. Nel silenzio sentì i singhiozzi sommessi della governante che piangeva dietro la porta. "Lasciateci andare" ripeté.

Un rumore di zoccoli li sorprese tutti. Dalle finestre aperte una voce richiamò la loro attenzione: "Aprite! Aprite subito! Porto un messaggio da Versailles!". Oscar abbassò la pistola e il generale lasciò velocemente la stanza. André, ancora in ginocchio, la guardò, lei gli si avvicinò passandogli una mano fra i capelli, in un gesto pieno di tenerezza; lasciò che lui appoggiasse il capo al suo ventre, tenendolo a sè con la mano sinistra, mentre teneva l'arma ancora stretta nella mano destra. Quando lui si alzò gliela restituì.

 

Uscirono insieme e si fermarono a guardare l'ingresso dalla balaustra. Il generale stava immobile dinnanzi al messo inviato da Versailles. La nonna di André era stata la prima a scendere ed ora stava da una parte, abbracciata a Madame Jarjayes, in veste da camera. Il salone si stava popolando di cameriere e valletti curiosi. André li guardò a disagio: aveva passato troppo tempo fra cucine, lavanderie e scuderie, o nei letti di cameriere compiacenti,  per non sapere quanto piaceva al personale di servizio poter parlare e sparlare dei padroni. Erano tutti là, nascosti con falso pudore, a guardare, pronti ad ascoltare avidamente… André notò Thomas, il valletto personale del generale, ben in vista, appoggiato a una colonna, in piena luce: non si dava nemmeno la pena di nascondersi… Lo guardò con rabbia: di circa dieci anni più vecchio di loro, sempre impeccabile nella sua livrea, aveva un volto troppo lungo con una larga fronte stempiata e un aspetto untuoso. In più di vent'anni a palazzo Jarjayes, era stato sempre di un'abilità straordinaria nel cogliere ogni occasione per montare il generale contro la figlia. André si era sempre chiesto cos'avesse mai avuto contro di lei. 

Immobile accanto a Oscar, in attesa di conoscere le notizie provenienti da Versailles, André immaginò Thomas correre rapidamente dal suo padrone appena possibile, per chiedergli come avesse potuto essere tanto magnanimo da perdonare quella figlia indegna e ingrata… Mille volte l'aveva visto sorridere soddisfatto mentre Oscar veniva picchiata o punita… mille volte aveva dovuto sopportare i suoi commenti disgustosi. Istintivamente si spostò, coprendo Oscar dalla sua vista: voleva proteggerla.

Il messo reale, in livrea rossa e oro, con la capigliatura appiattita dalla pioggia che continuava a cadere incessantemente, parlava con un tono formale e con voce alta e chiara. Sua Maestà la regina aveva personalmente concesso la sua grazia a Oscar François de Jarjayes. Nessun provvedimento sarebbe stato preso nei suoi confronti né nei confronti della sua famiglia. Oscar strinse le labbra: nel messaggio si parlava solo di lei. Nessuna grazia era stata concessa per i suoi soldati. André aveva aggredito dei superiori per aiutarla a fuggire; non sarebbero potuti tornare in caserma al momento: l'avrebbero potuto ancora arrestare. Non l'avrebbe permesso.

Il messo aveva finito di parlare e il generale l'aveva congedato fra dimostrazioni di ossequio e di gratitudine; ora guardava in alto verso la figlia, ancora ferma con André al piano superiore. "Oscar! La tua vita è salva!" esclamò "Grazie alla generosità della nostra regina, la tua vita è salva!". La voce vibrante d'emozione, il generale se ne stava piazzato in mezzo al salone con le braccia allargate e un aspetto solenne. Thomas ostentava un'espressione di compiaciuto disprezzo. André cercò di prendere per mano Oscar. Voleva portarla via subito, ma lei rimase immobile. Si accorse che stava tremando; la guardò: un'espressione di durezza e dolore le si si era dipinta sul volto. "La mia vita è salva grazie ad André, padre." disse con voce ferma. Respirò profondamente prima di continuare: "La mia regina mi ha concesso una grazia, ma voi mi avreste già ucciso se André non vi avesse fermato… Quindi no, padre, non è grazie alla magnanimità della regina che io sono salva, ma grazie al coraggio di André.". Il generale vibrava di collera. "Come osi?!?" gridò. Oscar non gli diede il tempo di continuare. "Me ne andrò con lui.", la voce ferma, il tono incolore; non stava perorando una causa: stava annunciando una certezza. Il generale era furente: i pugni chiusi, il volto contratto, la bocca piegata in una smorfia di disprezzo. Tutti gli occhi nel grande atrio erano puntati su Oscar. André pensò che sarebbe stato molto più difficile tenerla al sicuro se fossero corse troppe voci su di loro. "Vieni via," le disse "stiamo dando spettacolo.". Lei si girò un attimo solo verso di lui: "Non mi importa." mormorò. André indurì l'espressione: gli occhi seri, le sopracciglia aggrottate… Gliene sarebbe dovuto importare invece: Thomas non era come uno dei soldati della guardia, a cui non importava che il comandante Oscar fosse una nobile; avrebbe trovato il modo di far loro del male. Avrebbe reso impossibile a Oscar riavvicinarsi alla sua famiglia. "Smettila. Andiamo." le ripeté. Il generale gridò: "Non avrete mai la mia benedizione!". Ad André bastò un solo sguardo: la stessa determinazione della mattina, quando aveva scaraventato il colonnello Labonne giù per le scale…seppe che non avrebbe potuto fermarla. "Seguirò quest'uomo dovunque vorrà portarmi, padre." disse Oscar con fermezza "... e farete bene a darci la vostra benedizione o il vostro erede sarà un bastardo!".

Scesero le scale insieme. André teneva ancora la pistola stretta nella mano. Oscar fissò solo un attimo negli occhi il generale prima di attraversare il salone con passi lunghi e decisi. Ormai all'ingresso, si fermò di fronte a sua madre, ancora abbracciata alla governante. L'anziana, gli occhiali appannati e la cuffietta in disordine, aveva il viso rigato di lacrime. André non si sentì di guardarla. Strinse la mano di Oscar. "Preparo i cavalli" le disse "se non mi raggiungi in cinque minuti ti vengo a prendere.". Oscar annuì. Vide André uscire nell'oscurità e camminare sotto la pioggia verso le scuderie. Restò solo un attimo in silenzio, poi allungò una mano verso sua madre, ma questa rimase immobile e lei la ritrasse. Oscar chiuse gli occhi e ingoiò le lacrime. Quando li riaprì mormorò solo poche parole: "Mi dispiace madre.". Si voltò e uscì.

 

Camminando verso le scuderie ad ampie falcate, André sentiva il cuore il gola e aveva la mente piena di pensieri in cui non riusciva a mettere ordine. Ancora la pioggia. Imprecò. Quando raggiunse le stalle era talmente irrequieto che fece agitare i cavalli. Cercò di calmarsi e di respirare regolarmente. L'uniforme, bagnata da ore, gli pesava addosso terribilmente. Aveva già sellato César e si apprestava ad occuparsi di Alexandre quando sentì un rumore di passi dietro di sè. Non ebbe bisogno di voltarsi per sapere che non era Oscar. Istintivamente portò la mano alla pistola, girandosi. Una risata di scherno lo ferì come una stilettata: era Thomas. "Allora è vero! Ti scopi la figlia maschio del padrone! Sei riuscito a infilarti nel suo letto! È frigida come sembra o c'è qualcosa di caldo fra quelle gambe?". André sentì il sangue pulsargli così forte nelle vene che un fastidioso ronzio gli invase le orecchie; pensò che quella sera e per parecchi giorni a venire il generale si sarebbe dovuto trovare un altro valletto. Fermo in piedi in fondo alla stalla, fece scorrere una mano lungo la parete di legno e afferrò uno dei ferri di cavallo appesi ai chiodi, che lui stesso, tanto tempo prima, aveva sistemato in bell'ordine. Lasciò cadere la pistola fra la paglia e con il ferro ben stretto nella mano destra coprì in un attimo la distanza che lo separava da Thomas. Questi non fece neppure in tempo a 

difendersi. André gli sferrò un colpo in faccia dando sfogo a tutta la rabbia che la risata e le parole sprezzanti avevano fatto nascere in lui. Sentì distintamente il pugno affondare nello zigomo dell'avversario e seppe di averglielo rotto, mentre il sangue gli schizzava sul viso e sulle mani. Thomas urlò, ma lui non si fermò. Tenendolo per il collo gli sferrò un secondo colpo, poi un terzo e un quarto… non si accorse nemmeno di Oscar ferma sulla soglia a guardarlo.

 

Oscar era uscita da palazzo Jarjayes senza voltarsi. Camminando sotto la pioggia verso le scuderie con il cuore gonfio e la mente in subbuglio, aveva visto Thomas entrare nelle stalle. Aveva subito pensato ad André solo e aveva affrettato il passo. Non poteva venire nulla di buono da Thomas… il valletto di suo padre l'aveva sempre trattata con disprezzo e sapeva anche che tante volte aveva montato il generale contro di lei. La "figlia maschio" o il "figlio sbagliato" la chiamava. Arrivò sulla soglia in tempo per vedere André colpirlo ripetutamente, un ferro di cavallo stretto nel pugno chiuso. Oscar si accorse subito che Thomas, la faccia ridotta a una maschera di sangue, non era più in sè. "Fermati!" disse "Fermati André!". In tanti anni vissuti insieme, era la prima volta che toccava a lei trattenerlo. Era sempre stata lei l'attaccabrighe, l'impetuosa, la fumantina… mentre André era sempre stato mite, controllato, misurato… C'era un altro André, oltre a quello che lei aveva sempre conosciuto. 

Ansante e accaldato, André si alzò e la guardò. "Mi dispiace" disse. "Non importa" gli rispose lei. André vide il sangue sulle proprie mani e si vergognò. Uscì dalla stalla. La pioggia si era fatta meno intensa; Oscar lo guardò aprire la pompa dell'acqua e lavarsi alla meglio. Rientrò muovendosi come una furia. Recuperò la pistola e portò fuori i cavalli. Legò il proprio a quello di Oscar e con un movimento agile montò su César. Tenendo entrambe le redini con una mano, allungò l'altra verso Oscar: "Ti prego," le disse "vieni con me adesso". Oscar lo guardò: il volto stanco, la divisa slacciata, i capelli scarmigliati… "Certo che vengo con te" pensò "... ho lasciato tutto per venire con te…". Porse la mano verso la sua e lasciò che l'aiutasse a montare César assieme a lui. André fece partire il cavallo al galoppo, Oscar si appoggiò a lui e sentì il sollievo di non dover decidere più nulla. Ripensò alle proprie parole di poco prima: "Seguirò quest'uomo dovunque vorrà portarmi". Chiuse gli occhi e non pensò più a niente.

 

André, tormentato da pensieri sul futuro che lo preoccupavano e lo spaventavano,  spingeva i cavalli al galoppo; non aveva idea di cosa li aspettasse ora né di cosa dovesse fare, ma almeno sapeva dove portare la sua Oscar per il momento.

La tenuta della famiglia Jarjayes era immensa e raramente qualcuno si spingeva oltre il parco attorno al palazzo. Nessuno a casa Jarjayes cacciava: a Oscar non era mai piaciuto e le sole volte in cui l'aveva fatto era stato per accompagnare sua maestà il re a Versailles, mentre il generale considerava la caccia inutile, come ogni attività ludica e quindi non se ne occupava. Benché nessuno cacciasse, la tenuta era tuttavia provvista di un lussuoso rifugio in mezzo a una zona boschiva. In passato era stato utilizzato per intrattenere ospiti, per lo più i mariti delle figlie del generale in visita, ma con la situazione turbolenta di Parigi, da tanto a casa Jarjayes non si ricevevano visite ed era improbabile che ora potesse servire a tale scopo.

Benché non frequentato, André sapeva che il rifugio era sempre tenuto in ottime condizioni; se ne occupava infatti Jean Luc. Jean Luc era stato per tutta la vita il valletto personale del generale. Poco più di vent'anni prima a causa di un incidente a cavallo che gli aveva procurato una leggera zoppia, era stato sollevato dal suo incarico. Il generale infatti non aveva saputo che farsene di un valletto sciancato e l'aveva sostituito con Thomas, ma non sentendosi di liberarsi definitivamente di lui, gli aveva affidato la cura del rifugio, così da allontanarlo dalla casa senza tuttavia lasciarlo privo di un impiego che garantisse il suo sostentamento. Fedele alla famiglia, Jean Luc aveva sempre svolto il suo incarico con precisione, ma André sapeva che aveva coltivato dell'animosità nei confronti del padrone, che senza offrirgli alcuna possibilità di dimostrare il valore della sua professionalità, era stato così pronto a sostituirlo con un servitore più giovane. Per questo André pensava di potergli chiedere aiuto, sicuro che lui e Oscar non sarebbero stati traditi. 

 

Cavalcando sotto la pioggia, appoggiata al petto di André, Oscar sentì tutto il peso della stanchezza di quella giornata interminabile e perse la nozione del tempo. Quando arrivarono e lui scese da cavallo, aiutandola a scendere a sua volta, fu sorpresa dalla sua scaltrezza: lei non ci aveva pensato… il rifugio di caccia… non li avrebbero mai cercati là. Sarebbero potuti restare anche qualche giorno. Gli sorrise, gli occhi lucenti appena socchiusi in uno sguardo di ammirazione. "Bravo André." mormorò. 

André trovò subito le chiavi, nascoste in una fessura nel legno degli scalini di ingresso ed entrò. "Vieni Oscar. È tutto a posto qui.". Nel buio della notte Oscar indovinò appena la sua sagoma, lo vide togliersi la giacca dell'uniforme e accendere il fuoco nel camino con pochi gesti rapidi. Una luce calda inondò la stanza. André raccolse la propria giubba appendendola accanto al fuoco acceso, poi le si avvicinò e l'aiutò a togliersi la propria, facendo altrettanto. Era estate, ma avevano bisogno di lasciar asciugare le uniformi e i panni che indossavano perché al momento non avevano altro. Avrebbe lasciato acceso il fuoco solo per il tempo necessario. Oscar si lasciò cadere su un'ampia poltrona, fra cuscini di broccato rosso scuri profilati di passamanerie preziose. André le si avvicinò, la maglia aderente al busto, i capelli ancora bagnati. "Ti aiuto" le disse, alzandole le gambe e prendendole uno stivale e poi l'altro. "Dammi la camicia" disse di nuovo, porgendole una coperta morbida presa da una piccola cassapanca bassa, sotto alla finestra protetta da pesanti tendaggi. Con un panno si strofinò la testa bagnata. Oscar lo guardava, pensando che invece lei non sarebbe riuscita più ad alzare nemmeno un braccio almeno fino all'indomani. I capelli bagnati le davano fastidio sul collo e lungo la schiena, ma non gliene importava. Quando lui le si avvicinò, sfilandoglieli dalla coperta e tamponandoglieli con forza, lo lasciò fare, inerme. "Non mi devi dire niente, Oscar?" le chiese con voce ferma. "Non ho voglia di parlare." gli rispose, la voce piatta, il tono indifferente… André sbuffò. "Senti Oscar..." esordì, ma lei lo fermò: "E non ho voglia neanche di ascoltarti André.". André si sentì frustrato: perché doveva essere sempre così ruvida? Sbuffò, spazientito e fece per prendere la porta, ma lei lo fermò: "Non… non andare via! Resta qui! Non voglio restare sola!". La voce bassa e roca, il tono perentorio, lo sguardo duro: André pensò che Oscar sembrava sempre dare ordini. Anche quando chiedeva. Anche quando pregava. Infastidito le rispose con sarcasmo: "Non vado da nessuna parte mio comandante."."... e dove vuoi che vada?" pensò "... senza di te?". Espirò, stringendo le labbra e chiudendo gli occhi solo un attimo, la mano già sulla maniglia della porta d'ingresso. "Voglio solo vedere se riesco a trovare Jean Luc e a procurarmi qualcosa da mangiare." le disse. "Non ho fame." gli rispose lei, torva. "Dio Oscar! E allora ho fame io, va bene?" sbottò "E mi farai comunque compagnia perché per quanto ne so io sei digiuna almeno da stamattina!". "Se non da ieri sera…" pensò preoccupato. Oscar lo guardò uscire sbattendo la porta. Si passò una mano sugli occhi e si strinse nella coperta. Voleva solo riposare.

 

André rientrò poco dopo, portando con sè un fagotto che aprì sul tavolo, disponendovi pane nero, carne essiccata, qualche pesca e una bottiglia di sidro. Si tolse la maglia, lasciando anche quella ad asciugare vicino al fuoco. Cercò posate e stoviglie ma non ne trovò. Trovò solo un coltello da caccia dimenticato su una mensola. Tagliò il pane e iniziò a mangiare guardando Oscar. Sapeva che era stanca, ma era sicuro che non dormisse. "Accidenti Oscar!" pensò. Bevve dalla bottiglia e finì di masticare. Prese il sidro e un paio di pesche e le si avvicinò, sedendosi accanto a lei nella grande poltrona. "Hei!" le disse, tagliando un pezzo di frutto e porgendoglielo: "Tieni, dai!". Oscar aprì gli occhi. Lasciò uscire una mano dalla coperta e accettò la sua offerta. La pesca era dolce e succosa; André gliene porse un altro pezzo e lei lo portò alla bocca fissando il proprio sguardo nel suo. Le porse la bottiglia: "Bevi, è sidro. Ti piace.". Era vero, le era sempre piaciuto il sidro. Ne bevve qualche sorso e gli sorrise. André si sporse verso di lei pulendole con il pollice le labbra umide. Continuò a offrirle pezzi di frutta finché lei non gli disse di aver mangiato a sufficienza e allora lasciò cadere i noccioli e il coltello a terra, accanto alla bottiglia e si piegò verso di lei, abbracciandola. Oscar lo accolse aprendo le braccia e avvolgendolo con sè nella coperta. "Sta ancora piovendo?" gli chiese. "Sì. Vieni adesso," rispose lui alzandosi e andando a togliere i cuscini dallo schienale di un largo sofà "andiamo a letto.". Oscar si alzò di malavoglia dalla poltrona, ma lo seguì comunque: l'avrebbe seguito ovunque… Fece qualche passo e si sedette pesantemente sul bordo del sofà. Guardò André togliersi i pantaloni e mettere ad asciugare pure quelli, prendendo anche per sè una coperta che avvolse attorno ai fianchi prima di tornare da lei e spogliarla. Oscar si lasciò sfilare i pantaloni senza fare obiezioni.

André finì di sistemare tutti i panni e attizzò il fuoco prima di girarsi verso Oscar, guardandola rannicchiarsi nella coperta che le aveva dato: la sua leonessa… in un solo giorno aveva sfidato l'esercito, la corona e la sua famiglia… Eppure sotto quell'aspetto sempre altero, dietro quel coraggio e quella sicurezza sempre ostentati, dietro quei silenzi fatti di orgoglio e dietro la scorza dura con cui aveva rivestito la sua anima, c'era un'altra Oscar, che lasciava vedere solo a lui. Un'Oscar fatta di dolcezza, che non aveva paura dei propri sentimenti, che sapeva amare dandosi completamente e senza riserve. Un'Oscar che non aveva bisogno di dare ordini e che invece sapeva lasciare che lui si prendesse cura di lei. Un'Oscar capace di gesti di tenerezza e che lo faceva sentire amato, voluto e desiderato; che nell'intimità lo sapeva sorprendere con la sua morbidezza e con la fiducia con cui si donava e si affidava a lui, senza pudore, senza difese. André si avvicinò e si stese accanto a lei, carezzandole piano i capelli. La attirò a sè, sentendo la sua schiena leggera contro il proprio petto e la strinse, ascoltando nel silenzio il suo respiro regolare. Sperò potesse almeno riposare, mentre lui, assalito da mille pensieri, nonostante la stanchezza, sapeva che non sarebbe riuscito ad abbandonarsi al sonno.

 

Oscar teneva stretta al seno la mano di André e sentiva il suo respiro dietro la nuca. Era così stanca che ogni pensiero le costava fatica, ma non di meno le dava tanto tormento da non poter dormire. Continuava a rivedere con gli occhi della mente i suoi soldati arrestati sotto la pioggia, André che la teneva per mano mentre correvano col cuore in gola attraverso i corridoi della caserma, la guardia reale schierata… e poi suo padre che brandiva la spada contro di lei, sua madre che si rifiutava di prenderle la mano…   e il dottore che le parlava… Dio… il dottore che le parlava… si girò di scatto e si trovò dinnanzi al viso di André, ancora sveglio, l'espressione sorpresa, le labbra che si aprivano per lei in un sorriso mite, mentre alzava un braccio per accarezzarle piano una guancia con il dorso della mano. Oscar abbassò la testa per trattenere un attimo in più quel gesto sul proprio viso e fissò André, prima di alzarsi a sedere, portando i lunghi capelli su un fianco con un gesto fluido. Lasciò che la coperta le scivolasse dalle spalle, scoprendo la sua nudità, offrendosi allo sguardo del suo uomo. 

Voleva che lui la guardasse. Voleva che lui la prendesse. Voleva potersi abbandonare senza dover più decidere niente. Voleva solo potersi affidare a mani che la accogliessero e la guidassero. Voleva perdersi rinunciando a qualsiasi volontà. 

André lasciò correre lo sguardo lungo la schiena esile: sotto la scapola destra, la pesante cicatrice della spada che l'aveva trafitta tanto tempo prima affermava la propria presenza segnando la pelle bianca come il segno di un morso indelebile, ma scendendo fino in fondo, appena sopra le terga, c'era una piccola fossetta ammiccante a cui non poteva resistere e che aveva turbato i suoi pensieri per quasi vent'anni, da quando, tanti anni prima, i loro corpi avevano iniziato a cambiare e lui l'aveva notata, sotto la veste di lino bagnata, uscendo dal lago dopo aver nuotato assieme in un caldo pomeriggio di agosto. Allungò una mano e la sfiorò appena con la punta delle dita; c'era qualcosa, in quella fossetta, che lo faceva sentire potente oltre  ogni immaginazione: era la consapevolezza di essere l'unico a poterla vedere, a poterla toccare… l'unico a sapere come rifletteva la luce quando lei si muoveva per farsi guardare da lui…  Si sollevò appena, per raggiungerla e cingerla da dietro.  "Vieni qui." le disse. La voce bassa e profonda, una mano già insinuata nella sua intimità, fra le gambe che aveva dischiuso per lui, offrendosi, morbida e umida, alle sue carezze.

La amò con impeto e passione, godendo della sua arrendevolezza, imponendole il proprio ritmo e i propri desideri, a cui lei accondiscese, grata per non dover finalmente  più pensare, né decidere.

Stanca e appagata, quando lo sentì sfilarsi da lei, Oscar potè abbandonarsi a un sonno senza sogni. André ascoltò il suo respiro a lungo, la bocca affondata fra i suoi capelli biondi, mentre la stringeva, addormentata sul suo petto.

 
   
 
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