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Autore: LatazzadiTea    27/09/2022    6 recensioni
La pace regna incontrastata ormai da anni nel piccolo ma prosperoso regno di Patnar, quando la notizia di un'imminente catastrofe ne sconvolge gli abitanti. E in particolar modo Madya - giovane guaritrice dotata di enormi ed oscuri poteri - che per scongiurare la completa distruzione del suo mondo sarà costretta a indagare al fianco di un eccentrico generale e un invincibile assassino.
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti
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Ora che sapeva di avere ragione riguardo l'esistenza della magia e poteva contare sull'amicizia e il supporto della "Moltitudine", Madya tornò alla gilda dei guaritori alla ricerca di Altay. Ovviamente non era certa di trovarlo lì a quell'ora, ma ci provò lo stesso, rimanendo però - come d'altronde si aspettava - inevitabilmente delusa. In compenso, fu proprio il suo peggior incubo a prendere forma quando, involontariamente, si trovò a incrociare lo sguardo con un uomo vestito di nero alto quanto lo stipite del portone d'ingresso. Dalla sobrietà degli abiti e dalla compostezza - mentre teneva ben salda tra le mani una spada che doveva pesare quanto due uomini robusti messi insieme - Madya capì che si trattava della guardia del corpo di un importante emissario proveniente dall'ovest. La guaritrice era sempre stata incuriosita dagli strani personaggi appartenenti alla razza degli Olona - le cui dimensioni e i tratti vagamente animaleschi stupivano per imponenza e bellezza chiunque li incontrasse - e di fatti, non avendone mai visto uno da così vicino la giovane s'incantò a guardarlo, scappando via solo quando l'espressione ferina del gigante si fece più cupa e intensa del dovuto.

Così, seppur di malavoglia Madya sbuffò. Lasciandosi alle spalle l'affascinante Olona per introdursi di nascosto nel palazzo, intuendo che qualcosa di veramente strano stava accadendo dentro la gilda. Essendo sempre stata molto magra e piccola di statura, la ragazza non aveva mai avuto problemi a sgattaiolare via quando le cose si mettevano male, soprattutto quando Antarik si arrabbiava con lei diventanto più feroce e spaventoso di qualsiasi altro mostro avesse mai incontrato nell'Oltre. Questa volta però, la giovane era abbastanza sicura di non rischiare d'incontrarlo visto che doveva già essere a colloquio col misterioso ospite che gli aveva fatto visita.

Si diceva che le Valli del Vento vantassero paesaggi spettacolari, con picchi altissimi e vasti laghi colmi d'acqua. Tra le tante meraviglie naturali da sempre ammirate dall'uomo c'erano le numerose cascate che si formavano fra le montagne; giganteschi salti compiuti dai fiumi che scomparivano nella roccia per poi riversarsi a valle grazie ai profondi dislivelli nel terreno. In più c'erano città come Ziro e Trivandrum - importanti capitali dei vasti territori dell'Ovest - abbastanza ricche da far impallidire persino la splendida e radiosa Murwara, sebbene Madya non ci fosse mai stata a causa dei Pirati. Quei furfanti - spietati a detta di molti, ma pur sempre coraggiosi - sfruttavano i loro imponenti alianti per catturare le correnti ascenzionali che da terra si alzavano in quota, cavalcandoli con destrezza quando si trattava di inseguire e catturare le favolose carovane fluttuanti che solcavano i cieli sfruttandone i venti. I pirati delle Valli erano famosi anche a Patnar e spesso, i ricchi mercanti di sete e spezie di contrabbando li combattevano arginandone le razzie proprio grazie alle straordinarie imprese degli Olona. Se era per questo, come per gli Olona non aveva mai visto neanche un pirata in vita sua, anche se un giovane dalla capigliatura fiammeggiante catturò immediatamente la sua attenzione quando fu trascinato fuori da una stanza in catene dallo stesso Antarik. Chi era, e che ci faceva legato come un salame alla gilda dei guaritori, si domandò la ragazza, incrociando per caso il suo sguardo implorante. Per come guardava disperatamente nella sua direzione, sembrava proprio che il giovane malcapitato ne avesse percepito la presenza esattamente come aveva fatto Valkya la sera precedente, quando ne aveva sentito l'odore tra la folla.

A quel punto, non appena ne ebbe l'occasione - facendogli segno di tacere mentre lo faceva - Madya lasciò il suo nascondiglio per infilarsi di soppiatto in uno dei ripostigli in cui si tenevano i preziosi bendaggi che si usavano alla gilda. C'era un profumo confortante in quelle stanze piene di tessuti, tanto piccole e fresche da non permettere alle fragranze dei medicamenti di disperdersi o attenuarsi. E di fatti, nell'attesa, il dolce effluvio degli unguenti e degli olii essenzili le annebbiò la mente quasi a farla addormentare, almeno fino a quando non sembrò che Antarik avesse accettato una sorta di compromesso con quel tizio sconosciuto. Lasciare il prigioniero alle cossidette "cure" del suo carnefice ne avrebbe certamente segnato la fine, si disse Madya, decidendo di intervenire. Se non altro perché l'uomo che Antarik aveva incontrato di nascosto sembrava proprio essere un principe. E se come l'oscuro signore dell'ombra che serviva era anche lui uno Zamindaro, al povero giovane non restava più molto tempo da vivere.

I sontuosi abiti di seta fruscianti e i tintinnanti gioielli che indossava non lasciavano dubbi sul suo retaggio, come i pantaloni neri a gamba larga che i nobili erano soliti portare sotto le vesti aperte, stretti in vita da una lunga fascia di tessuto ricamata da fili d'oro bianco, rosso, verde, viola o blu, a seconda della casta, della casata o del clan d'appartenenza. Se non fosse stato per i lughi Sereveija che portava appesi al fianco in bella mostra - pungnali rituali recanti i fregi dei rispettivi Daahar (capo clan) o dello stesso Kaleedar (signore delle terre) - riconoscerlo sarebbe stato impossibile visto che i popoli liberi degli Zamindari contavano svariate etnie e molteplici tribù, di cui alcune molto più potenti e numerose di altre, come quella dei Sibir che erano stanziali o i dei Karadagh, che invece erano nomadi. Madya sapeva molto bene quanto i clan potessero entrare in conflitto fra loro quando si trattava di ottenere favori dai propri capi, anche se a un'occhiata più attenta non le parve quello il caso. Dai toni accesi e gli strani modi, non sembrava affatto che l'uomo stesse complottando alle spalle di qualcuno, piuttosto, l'argomento principale sembrava vertere sempre nella stessa direzione: cosa ci facesse un pirata delle Valli alla gilda, e soprattutto, come ci fosse arrivato.

Nel frattempo - gettato in un'altra stanza a soffrire il supplizio di un bavaglio e dei legacci troppo stretti - Madya sentì il giovane iniziare a rantolare. Lo aveva visto cambiare colore in fretta entrando, passando dalla bronzea doratura della sua carnagione naturale al rosso paonazzo di chi stava soffocando. "Shh! Non agitarti per favore, o ci scopriranno!" l'aveva ammonito Madya, cercando disperatamente di allentargli il bavaglio e le corde per dargli un po di sollievo. Quando non bastò, però, Madya capì che doveva agire subito, decidendo di infillargli repentinamente tre dita fino in gola. Un gesto estremo, ma necessario per liberargli le vie respiratorie da ciò che le ostruiva. Madya tirò un sospiro di sollievo solo quando riuscì a sfilargli dalle fauci l'ingombrante pezzo di stoffa che gli avevano infilato in bocca per zittirlo, mettendogli le mani al collo fino quasi a strozzarlo per infondergli abbastanza energia vitale da farlo guarire più in fretta. Ovviamente tutto sotto lo sgaurdo sgranato e atterrito di lui, che non aveva mai smesso di guardarla come normalmente si guardava un mostro o giù di li, pensò la giovane.

"Inala! So che è disgustoso, ma tu fallo e non frignare! Ti libererà il naso e amplierà la capacità vitale dei tuoi polmoni: hai bisogno di sfiammare per respirare meglio e portare più ossigeno al cervello..." spiegò la guaritrice.

"Sembra sterco di animale!" si lamentò tossendo il pirata.

"E lo è: l'ho miscelato a un paio d'erbe aromatiche per mitigare l'odore. Beh, mi spiace che non abbia funzionato!" fece spallucce Madya, sapendo benissimo quanto quel rimedio puzzasse.

"Perché rischi così tanto per me? Si può sapere chi sei?" volle sapere dopo lui, che ancora respirava a fatica.

"Già, vorrei saperlo anch'io. Chi sei, e perché rischi tanto?" ribadì improvvisamente qualcunno di cui Madya vide soltanto gli stivali spuntare dalla porta.

Solo alzando lo sguardo la ragazza realizzò, riconoscendo nell'uomo alto e bruno che la fissava incuriosito il principe di prima. Lo stesso che aveva alzato la voce con Antarik, minacciandolo. Lo stesso che, probabilmente, le avrebbe tagliato mani e piedi ora che l'aveva beccata a salvare un ladro, un bandito o un pirata - o chiunque altro fosse - visto che a quel punto non contava.

"Perché è il mio dovere e il mio lavoro! E voi? L'avete legato troppo stretto perché il sangue fluisse. Inoltre, lo straccio che gli avete ficcato con dovizia fino in gola lo stava soffocando! Che avrei dovuto fare, eh? Per questo io... io..." si difese inizalmente Madya, anche se a un certo punto, vacillando, si mise a balbettare.

"Siete una guaritrice della gilda dunque. Non avete motivo di agitarvi, avete fatto bene a salvarlo signorina. Il suo nome è Agastia, ed è un'Ala da battaglia al mio servizio" le rivelò candidamente il principe.

"Per questo discutevate col mio capo, poco fa? Perché lo liberasse?" gli domandò sfacciatamente Madya.

"Esatto! Anche se il vostro capo gilda ci ha messo un po' a credere che questo sconsiderato fosse davvero al mio servizio, non è così ragazzo?" le confermò l'altro, fulminando il giovane pirata con lo sguardo.

 Madya capì solo in quell'istante che era stato Antarik a legare Agastia, guardandolo con orrore quando lo vide spuntare alle spalle del principe per capire cosa stesse succedendo.

"Sapete di averlo quasi ucciso, vero?" reagì lei con rabbia, cercando di evitare il peggio quando l'uomo fece irruzzione nella stanza per afferrare Agastia e farlo alzare.

"Entrare di nascosto in una gilda con l'evidente intenzione di derubarla dei suoi tesori equivale a morte certa qui a Murwara, e tu dovresti saperlo meglio più di chiunque altro ragazza..." le ricordò Antarik, scaraventando con forza e disappunto il giovane ladro fra le braccia del suo principe.

Se il nobile Zamindaro non aveva osato replicare, Antarik non aveva cercato di negare di aver tentato di uccidere Agastia, infliggendogli per di più quell'orrenda punizione. Madya conosceva bene la rigidità dei precetti che regolavano la vita delle gilde, precetti che, se disattesi, prevedevano necessariamente anche la morte.

"Ero alla ricerca di Altay... " si scusò la guaritrice di riflesso, abbassando lo sguardo accesso d'ira pur sapendo di aver eccepito a un divieto imposto dalla gilda.

"Farò regolare esposto al Consiglio degli Anziani se non mi direte perché avete sentito il bisogno di derubarmi invece di chiedere aiuto alla gilda di persona, Vostra Altezza. Sempre che per un nobile Sibir sia lecito rispondere..." concludette Antarik, rivelandone in un modo o nell'altro, l'oscura identità.





Poche ore dopo, una volta ritornato il sereno - anche se solo apparentemente - Madya si ritrovò a subire la più grande ramanzina del secolo, con tanto di urla incontrollate e sbattimenti di porte e finestre. Al punto che il piano che ospitava la gilda dei guaritori - il più alto del palazzo - sembrava destinato a crollare davanti l'iraconda sfuriata del suo capo. Persino Altay - corso a soccorrere Madya dopo aver saputo - era rimasto impietrito di fronte alle grida disumane di suo padre, tentennando nel correre in aiuto della giovane col timore di peggiorare la situazione, di per se, già abbastanza grave. Tutto sotto lo sguardo impaurito del giovane Agastia e quello divertito del principe, che era rimasto seduto in silenzio tutto il tempo dopo aver spiegato ad Antarik le ragioni che l'avevano spinto a mandare un'Ala da battaglia alla gilda per sottrarre dai suoi archivi alcune antiche mappe. Madya era sobbalzata nell'apprendere che, come lei, anche il nobile era in cerca di un passaggio sicuro verso i confini dell'Oltre. E in particolare verso Taxila, un'antica città in rovina aggredita dal tempo e dalla vegetazione di cui restavano ben poche pietre a ricordarla. Madya aveva avuto modo di vederla nei suoi viaggi verso Heligan, covo di Trisciabole - uccelli mostruosi dal becco aguzzo e tagliente che si divideva in tre parti - e Serpopardi - enormi felini dalla coda spinata e il collo lunghissimo - per citare solo alcune delle strane creature che l'abitavano.

"Non capisco, se come dite siete un Dahaar del vostro popolo, avreste potuto chiedere udienza al Kaleedar di Exylo in ogni momento. Perché arrivare a tanto?" lo interrogò alla fine Madya che, nonostante tutto, se l'era cavata con poco.

"Ho le mie ragioni" aveva tagliato corto il principe, che malgrado la sua iniziale reticenza, aveva insistito per parlarle.

Un giorno in gatta buia, era stata quasta la sua punizione, oltre che pagare una multa e fare i doppi turni alla gilda a ripulire sangue, escrementi e vomito per il resto della sua vita. Eppure, non era certo quello ad angustiarla ora che si trovava dietro la sbarre di una cella. In realtà, era stata la reazione esagerata di Antarik a spaventarla, chiedendosi perché un uomo votato alla guarigione e alla salvezza altrui - seppur per denaro - avesse cercato di spezzare una vita in nome di una regola. Per fortuna, grazie al suo intervento il giovane non era morto. Sebbene alla fine, la questione non cambiasse.

"Allora, che volete da me? Potete anche andarvene se non avete intenzione di spiegarmi cosa ci facesse un'Ala da battaglia a rubare alla gilda..." aveva replicato Madya, avvampando.

"In realtà, ho costretto io questo poveretto a derubarvi in cambio della vita. Vedi ragazzina, ho catturato Agastia una settimana fa', nelle Valli, mentre tentava di assaltare la mia nave con un'Ala da battaglia danneggiata. Stupido da parte sua, non credi?" le aveva risposto canzonatorio lo Zamindaro, che più la guardava, più la faceva arrossire.

"Non volevo attacarvi... io, ero in fuga..." aveva tentato di replicare il giovane, intromettendosi fra loro.

"Sostieni ancora di essere atterrato sulla mia Elfreeda per sbaglio, marmocchio?" gli aveva domandato il principe.

"No, non per sbaglio! E' quello che dico da giorni, mio Signore. Siete voi che non volete ascoltare!" si scaldò Agastia.

"Sei o non sei un Pirata delle Valli?" continuò alterato lo Zamindaro.

"Cero che lo sono, ma non era quello il mio scopo! Assaltare la vostra nave era l'unico modo che avevo per fuggire da Ziro e raggiungere Murwara, ve l'ho detto tante volte!" insistette disperato Agastia.

"Fuggire da chi?" volle invece sapere Madya.

"Non da chi, ma da cosa..." le rispose il giovane, spogliandosi.

Una volta tolti i cataplasmi curativi che gli avevano applicato alla gilda, la bronzea carnagione di Agastia risplendette alla luce fioca e tremolante dei lumi e delle mezze candele che rischiaravano le segrete di quella vecchia prigione. Madya notò che la pelle del giovane era piena di lesioni, seppur in via di guarigione. La ragazza respirò a fatica nel vederle, cercando di capire cosa fossero toccandole, per poi staccarne con le dita un brandello unticcio e appiccicoso. Il dolore doveva esser stato lancinante per Agastia, ma il responso fu peggiore. Erano piaghe da ustione, provocate quasi certamente da una sostanza che un solo essere al mondo erano in grado di produrre in maniera naturale, anche se, vista la provenienza, non era mai stato considerato un pericolo per l'uomo.

"Non può essere, questi segni sono troppo grandi e distanziati per appartenere al morso di un Verydas. Vivono nell'Oltre è vero, ma sono piccolissimi e del tutto innoqui per un essere umano. Anche se il loro veleno, beh, può avere più di un effetto collaterale" obbiettò Madya.

"Innoqui un corno! E poi, che significa piccolissimi? Quei cosi sono enormi: grossi anche come cani! Anche se il problema in realtà è un altro..." sbottò Agastia, più che disgustato.

"Che intendi dire?" volle sapere Madya.

"Quelle immonde bestiaccie hanno disseminato di filamenti urticanti i dirupi al di là delle montagne. Ragnatele lunghissime in cui resta impigliato di tutto: dagli uomini agli animali. Compresi i nostri Deeker - piccole imbarcazioni fluttuanti - e i Reefer - Ali da battaglia - che prendono lettaralmente fuoco non appena si avvicinano..." aveva cercato di spiegare il più esaurientemente possibile il giovane.

"Quindi sono state le ragantele a ustionarti? E i ragni? Una volta averti immobilizzato, non hanno cercato di attaccarti?" indagò incuriosita la giovane.

"Certo che si, anche se... se... dopo avermi morso hanno lasciato perdere mettendosi a banchettare coi miei bracciali. Comprese le armi, gli arpioni, i chiodi e i bulloni, facendo letteralmente a pezzi il mio Refeer..." aveva aggiunto Agastia, stentando ancora a crederci.

"Panzane! Nessuno dei miei velieri è mai incappato in bestie simili, i mostri dell'Oltre non sono in grado di sopravvivere nel mondo esterno: è impossibile!" aveva replicato il principe, alzandosi dal suo scomodo sgabello quasi in preda all'ira.

"Non sono panzane! Purtroppo ha ragione, mio Signore. Come dicevo, il veleno del Verydas ha parecchi effetti collaterali, tra i quali impedire a chiunque venga morso di mentire" aveva risposto Madya, alzando di colpo lo sguardo limpido e profondo sul corpo forte e longilineo del principe.

"Ho già due mogli, ragazzina..." si era premunito l'uomo, scostandosi stranito dalla cella.

"Ahh, beate loro! Posso essere la terza?" si era proposta Madya, iniziando a strusciarsi sulle sbarre della prigione in maniera piuttosto imbarazzante.

"Ti ha toccato le ferite? Parla, inutile moccioso!" era subito intervenuto Antarik.

"Beh, ecco, ha staccato una crosta da un pustola..." aveva ammesso Agastia.

"Maledizione Madya, sai quanto quella robaccia sia tossica! E tu, piccolo avvoltoio, hai idea di quanto sei fortunato ad essere ancora vivo?" si era scappar detto Antarik, che da quando l'aveva rinchiusa, non aveva restistito nemmeno un'ora senza vedere la sua protetta.


 
   
 
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