-
prompt: Niente
-
Neville si
sentiva vibrare come se mille coltelli
bollenti lo stessero trafiggendo. Il suo corpo era inerme e scosso
dalla
bacchetta di Goyle, lui non riusciva neanche a muoversi o a ribellarsi.
La
risata del Serpeverde gli arrivò ovattata come se avesse
dovuto attraversare un
lago ghiacciato e l'interno di un vulcano, gli riempì la
mente e lo stordì
tanto quanto la maledizione che gli aveva scagliato.
Fu solo quando il ragazzo abbassò la bacchetta che
Neville ebbe un po' di pace, ma era stremato e cadde per terra,
appoggiandosi
sulle mani.
"Paciock, sei una schiappa!" lo prese in
giro Tyger, seduto su uno dei banchi nell'aula di Difesa contro le arti
oscure,
mentre mangiava qualcosa da un sacchetto.
Hannah Abbott
corse subito accanto a lui e gli chiese
come stesse sottovoce, allungando le dita verso il suo viso e
accarezzandogli
la guancia in un gesto delicato e confortevole. "Lasciami stare"
mormorò, spostandole la mano con un gesto stizzito.
Neville si alzò e guardò Carrow, in una muta
richiesta. Il professore annuì distrattamente e gli fece
cenno di riprendersi
la bacchetta, lì sul banco dove l'aveva posata quando gliela
aveva ritirata.
"Mi sembra scontato che i punti vadano ai
Serpeverde, comunque. Non hai resistito neanche dieci
minuti…"
Lo sguardo che
gli lanciò Neville avrebbe potuto uccidere
tanto quanto l'Anatema che uccide, ma prese la bacchetta e si diresse
verso
l'uscita senza dire niente.
*
"Non ci riesco,
è impossibile!" esclamò
Neville, mentre dava un calcio allo sgabello vicino alla vasca dove
riposavano
le mandragole, facendolo cadere.
"Devi vuotare la mente, Neville, è l'unica. Non
devi pensare a niente."
La voce di Ginny era bassa, ma forte, mentre gli
medicava un taglio sulla fronte.
"Non si può non pensare a niente. È impossibile:
si pensa sempre a qualcosa" ribatté lui, borbottando.
Odiava la Maledizione Cruciatus, odiava quando Carrow
ordinava di colpirlo, odiava quando sentiva il dolore premergli la
pelle, i
polmoni, le ossa. Odiava quando iniziava a tremare così
tanto da aver paura di
non smettere più. Odiava pensare che la sua mente avrebbe
potuto fondersi e lui
sarebbe finito come i suoi genitori. E loro non avrebbero
più avuto nessuno che
li avrebbe vendicati. E lui sarebbe stato un inetto, inutile
più di quanto si
sentiva in quel momento. E odiava il fatto di pensare che non voleva
finire
come loro.
Ci provava, a non pensare a niente, ma non ci
riusciva. L'immagine dei suoi genitori, l'ultima volta che li aveva
visti, si
presentava sempre nella sua mente: sua madre si dondolava su una sedia
a
dondolo, cantando una ninnananna e cullando una palla di stracci fra le
mani,
mentre suo padre, dietro di lei, le teneva una mano sulla spalla. Nonna
Augusta
aveva detto che intonava la stessa canzone che gli cantava per farlo
addormentare quando era piccolo e lui si era sentito stringere il petto
a
vedere la madre in quello stato.
Non voleva che succedesse anche a lui. E più lo
pensava, più si sentiva in colpa. Come se non accettarli per
quello che erano
fosse un peccato criminale. Come se desiderare che fossero diversi, che
potessero essere persone normali, lo rendesse una persona spregevole.
E più lo pensava più si sentiva vulnerabile.
Sospirò pesantemente mentre Ginny gli applicava un
cerotto.
"Sai, Neville,
forse vedi le cose nel modo
sbagliato…" Luna, con i suoi occhiali, la sua collana di
tappi e la sua
aria stralunata, stava parlando a lui, ma guardava una delle piante
adagiate
per terra, in fondo alla serra. "Non è che non devi pensare
a niente. Devi
pensare al Niente".
Cosa stava
dicendo
Luna? Neville era
stanco, fisicamente e mentalmente, e non aveva nessuna voglia di stare
ad
ascoltarla, ma aveva ancora un animo gentile e non disse niente, così
guardò
Ginny.
La Grifondoro alzò le spalle, nella muta risposta alla
sua domanda, facendogli capire che forse valeva la pena ascoltarla.
"Che intendi?" chiese allora.
Luna sorrise
mentre tornava verso di loro.
"Niente non vuol dire 'vuoto', anche se lo pensano tutti. In
verità, 'Niente', vuol
dire pieno di altro".
Come? "Ma che sta
dicendo?"
sussurrò il ragazzo verso la rossa.
"Sai, potresti provare a vederla a modo suo"
gli rispose lei, sempre sottovoce. Poi alzò la voce e
domandò, direttamente
alla Corvonero. "Luna, intendi che dovrebbe pensare a qualcosa di
specifico?"
La bionda annuì, convinta come quando spiegava come un
Gorgosprizzo si infilasse nelle orecchie per raggiungere il cervello.
"Quando si pensa a Niente, in
verità si pensa a qualcosa che riguarda solo noi, che nessun
altro può pensare,
qualcosa di unico e magico. Questo è l'unico modo per
pensarci. E per salvarci.
Devi pensare al tuo Niente. Quello
che ti aiuta in momenti come quello in cui ti lanciano una cruciatus".
Ginny
alzò tutte e due le sopracciglia. "Qualcosa
tipo i pensieri felici del patronus? Sono diversi per tutti, ognuno
pensa a un
ricordo che genera sensazioni uniche e incomparabili".
Neville
sospirò: era stato l'ultimo a generare il
patronus quando si esercitavano nella stanza delle
necessità, il suo cervello
avrebbe fatto una brutta fine prima di riuscire anche solamente a
pensare a qualsiasi
cosa.
"Non ci riuscirò mai…"
"Certo che ci
riuscirai, Neville. Sei un
Grifondoro. Sei coraggioso e sei un amico d'oro."
Ginny si sporse verso di lui e gli baciò una guancia:
non provò niente, niente di più che un leggero
affetto per la ragazza. E sì che
pensava di essere di cotto di lei. Le sorrise e guardò Luna:
sapeva che le sue
amiche stavano solo cercando di proteggerlo, ma era complicato.
*
"Sei pronto
Paciock?" Goyle sghignazzò, facendo
dondolare la bacchetta come fosse un bastone e facendola roteare fra le
dita.
Neville alzò un sopracciglio quando gli cadde per terra e
lui si dovette
chinare per raccoglierla.
Guardò Carrow che gli lanciò un'occhiata
divertita e
lo obbligò a posare la bacchetta. Si avvicinò al
professore, ma prima che
potesse appoggiarla, Goyle gli lanciò un incantesimo e
Neville, istintivamente,
si girò verso di lui, attaccandolo a sua volta.
La sua mossa, così fulminea, fece infuriare Goyle, e
Neville sorrise sotto i baffi perché sapeva che duellare con
qualcuno disarmato
era l'unico modo per il Serpeverde per vincere un duello.
Neville
posò la bacchetta e si preparò a ricevere la
maledizione. "Non pensare a niente!" gli sussurrò Seamus,
cercando di
aiutarlo, ma il ragazzo preferì, quella volta, seguire un
altro consiglio,
quello di Luna. Così, invece di 'non pensare a niente'
provò a pensare a
qualcos'altro, qualcosa che lo facesse sentire bene.
Fu il viso di Hannah che gli comparve nella mente
quando chiuse gli occhi mentre l'incantesimo lo colpiva in pieno, fu la
sua
mano ad accarezzargli il viso che rese sopportabile il dolore sulla
pelle e fu
sempre il calore che aveva sentito la lezione precedente a dargli la
forza
quando sentì il corpo iniziare a cedere.
Neville
aprì gli occhi, alla fine della tortura, e
capì ciò che il suo cuore e la sua mente sapevano
e che lui aveva fatto fatica
a realizzare: Hannah era il suo Niente,
esattamente come lo intendeva Luna.
Sotto
lo sguardo infuriato di Goyle, che puntò la bacchetta
ancora, nonostante Carrow
avesse dichiarato finito l'esercizio, recuperò la bacchetta
e lo disarmò,
lasciandolo impotente.
Sentì ridere e un piccolo applauso alle sue spalle e,
quando si girò, vide il volto dei pochi compagni di classe
mentre gli sorridevano,
come se avesse vinto la prova contro i draghi alla Coppa Tremaghi.
Il suo sguardo
corse a cercare Hannah, che lo guardava
con gli occhi spalancati e pieni di meraviglia.
Si avvicinò a lei.
"Sei stato bravissimo!" esclamò, sincera e
genuina.
"Come hai fatto?" gli chiese Ernie
Macmilliam, che si era avvicinato in quel momento, dandogli una pacca
sulla
spalla. Subito fu circondato anche da Micheal Corner e Terry Steval che
si
complimentarono con lui. Neville si fece distrarre e perse di vista
Hannah.
"Non lo so" rispose, allora, quando si rese
conto che lei si era allontanata e non lo stava più
guardando.
Avrebbe tanto voluto raggiungerla e confidarle: 'Ho pensato a te', ma rimase lì, fra le risate dei compagni e le pacche di incoraggiamento. Peccato che per Neville parlare con una ragazza fosse più difficile che affrontare una Cruciatus disarmato.
-
-
-
-
***Eccomi! Allora la storia spero che sia almeno carina, ma non assicuro niente... Come il prompt di questo capitolo. 'Niente' e non 'mente', come avevo letto la prima volta (qualche forma di dislessia non correttamente diagnosticata? O una distrazione cronica? E chi lo sa...) quindi mi scuso per il capitolo, ma ormai lo avevo pensato così e non sono riuscita a farlo diversamente... Però ho cercato anche tutte le etimologie della parola e qualcosa è venuto fuori, senza infamia e senza lode.