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Autore: Alsha    29/09/2022    1 recensioni
| KiyoYachi, con qualche altra coppia nel mezzo | Soulmate!AU | Bakery!AU |
Era la prima volta che veniva non accompagnata da Hinata o Yamaguchi, e di solito parlavano loro in modo che lei potesse osservare sognante Kiyoko Shimizu che impacchettava la loro ordinazione.
Ma oggi doveva farsi coraggio.

Perchè Yachi non avrebbe mai avuto la forza di parlare con Shimizu, se non fosse stato per i dolci.
O, "Cinque incontri in panetteria e uno giusto al di fuori"
-Storia partecipante alla “Perché SanRemus è SanRemus! Challenge”-
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Shoujo-ai | Personaggi: Kei Tsukishima, Kiyoko Shimizu, Shouyou Hinata, Tadashi Yamaguchi, Yachi Hitoka
Note: AU, Soulmate!AU | Avvertimenti: nessuno
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EDIT 24-03-23: ho sostituito il nome di Hitoka quando nella storia parla di sé stessa. Ero di corsa quando ho scritto questa storia, e non avevo notato di averla chiamata Yachi anche quando si menziona da sola nei suoi pensieri ^^'

ORA, ANCHE IN INGLESE SUL MIO PROFILO AO3


 


Storia partecipante alla "Perché SanRemus è SanRemus! Challenge" indetta da Gaia Bessie e Ciuscream sul forum Ferisce più la penna

 

All these words are sweet and meaningless

 

i.

 

- Posso aiutarti?

Hitoka sollevò lo sguardo dall’espositore, incontrando gli occhi della ragazza più bella del mondo. Avvampò istantaneamente, e cercò qualche altro cliente dietro cui nascondersi.

Sfortunatamente, nella panetteria non c’era nessuno, e Hitoka cercò di coprire le sue guance in fiamme.

Era la prima volta che veniva non accompagnata da Hinata o Yamaguchi, e di solito parlavano loro in modo che lei potesse osservare sognante Kiyoko Shimizu che impacchettava la loro ordinazione.

Ma oggi doveva farsi coraggio.

Si schiaffeggiò forte le guance e alzò la testa per trovare Shimizu che la fissava lievemente perplessa, con le labbra dolcemente socchiuse. No! Non poteva farsi distrarre dalle sue bellissime e dolci labbra. Doveva concentrarsi!

- Dolci! - strillò, e poi rendendosi conto di aver gridato continuò borbottando - Ecco io… Mi servono dolci. Ho bisogno di dolci per consolare un mio amico. Per favore. Grazie.

Azzardò uno sguardo a Shimizu, che adesso le stava sorridendo dolcemente e, oh, no no no, non poteva farcela. Meglio guardare la punta delle sue scarpe.

- Per caso si tratta di uno dei due ragazzi che vengono sempre al negozio con te?

- Sì, per quello con le lentiggini. - sgranò gli occhi e si coprì la bocca - Tu… tu sai chi sono io?

No, non poteva essere. Se conosceva il suo volto, significava che l’aveva vista mentre aspettava dietro ai ragazzi, significava che aveva visto anche come la guardava. Sicuramente stava per chiamare i suoi due colleghi per farla buttare fuori, o peggio, la polizia! Stava per essere arrestata per stalking e per aver osato respirare la stessa aria di una ragazza così bella!

- Oh, sì. Venite qui spesso, ricordo sempre i clienti affezionati. E poi, avete lo stesso segno qui. - tamburellò con le dita contro il polso.

Hitoka abbassò lo sguardo contro il suo polso, perplessa, prima di ricordare che era lì che aveva il marchio dell’anima gemella, una spessa banda di colore rosso.

- Siamo anime gemelle platoniche! - provò l’improvviso desiderio di sotterrarsi, ma d’altra parte non poteva permettere che Shimizu pensasse che avesse una relazione con i suoi amici. Non che sarebbe stato terribile! Voleva loro un mondo di bene! Solo non in quel modo.

E Shimizu invece le piaceva davvero in quel modo.

- Allora, come posso aiutare te e Yamaguchi?

Giusto, Hitoka aveva una missione. Non poteva permettersi distrazioni.

- Il suo migliore amico è partito e adesso ha un’ansia terribile per una cosa che non ci ha ancora spiegato. Volevo consolarlo con qualcosa di dolce.

Shimizu annuì, comprensiva. Come faceva a essere così incredibile?

- E magari convincerlo a confidarsi? Ho quello che fa per te. Croissant al cioccolato e lampone, sono i suoi preferiti. Anche quando non li ordina, li guarda sempre in modo adorante. - le fece un occhiolino, e Hitoka si sentì cedere le ginocchia.

- Sì, giusto! Grazie mille! - si inchinò, e stava quasi per uscire fuori per il sollievo quando si rese conto che non solo non aveva pagato, ma non aveva nemmeno preso i croissant.

Si affrettò a farlo, dato che era già in ritardo per incontrare i ragazzi al suo appartamento, e poi scappò fuori.

Solo una volta arrivata a casa (Yamaguchi era già arrivato, puntuale come al solito, ma di Hinata non si vedeva ancora l’ombra), notò la scritta sulla busta di carta, nella calligrafia più elegante che avesse mai visto.

Era Shimizu che le chiedeva di farle sapere se i dolci erano stati apprezzati, con un cuoricino vicino alla firma.

Un messaggio scritto apposta per lei, una misera “paesana B”!

Anche se era sicuramente un sintomo del suo altruismo e della sua generosità che la portavano a preoccuparsi di Yachi e dei suoi amici, non poté fare a meno di sentire il suo cuore che accelerava per l’emozione.

E, anche se l’avrebbe notato solo dopo, una linea sottile color lampone aveva iniziato ad avvolgersi attorno alla sua caviglia.

 

 

ii.

 

- Grazie per le brioche. - Yamaguchi sorrise, o Hitoka suppose che stesse sorridendo, dato che non riusciva a vederlo nascosta da dietro la spalla di Hinata.

Riuscì a vedere benissimo Shimizu che sorrideva.

- Hanno aiutato con il vostro problema?

Yamaguchi emise un gorgoglìo, e si coprì il volto.

- È un problema di anime gemelle! - annunciò allegramente Hinata, e Hitoka gli saltò sulla schiena per arrivare a tappargli la bocca.

- Hinata! - strillò Yamaguchi.

- Sono cose private! - strillò Hitoka.

Per parte sua, Shimizu sorrise.

- Beh, se volete parlarne, di là ho un po’ di dolci che sono venuti un po’ storti, ed è praticamente orario di chiusura. Altrimenti, vi batto il conto se volete.

Hitoka, ancora aggrappata alle spalle muscolose di Hinata, si voltò verso Yamaguchi, che annuì un po’ tremante.

- Mi serve tutto l’aiuto possibile.

E fu così che, con le loro borse messe da parte e il cartello sulla porta girato dalla parte del “chiuso”, si ritrovarono dietro nella cucina.

- Scusate il disordine, stamattina Daichi è andato a sbrigare delle commissioni, e senza la sua supervisione Suga si è dato agli esperimenti. - spostò una pila di ciotole dal bancone, e recuperò una cipolla che era rotolata vicino al lavandino. Dall’enorme frigorifero recuperò un vassoio di crostatine alla frutta un po’ storte e ammaccate - Allora, raccontatemi.

Si girarono tutti verso Yamaguchi, mentre Hinata a tentoni recuperava una crostatina e se la cacciava in bocca tutta intera.

Yamaguchi avvampò. E poi inizio a raccontare, con precisione quasi giornalistica.

La settimana passata, un giorno prima dell’acquisto dei croissant, Yamaguchi aveva accompagnato Tsukishima a prendere il treno per Tokyo, dove si sarebbe trattenuto per il resto dell’estate per seguire un progetto con il professore di cui era assistente.

Giusto un attimo prima di salire sul treno Tsukishima gli aveva detto che al suo ritorno avrebbero trovato un appartamento da condividere.

- Ti ha chiesto di andare a vivere assieme? - aveva interrotto incuriosita Shimizu, e Hitoka aveva scosso la testa. L’idea era ridicola, Tsukishima non chiedeva, Tsukishima comunicava.

Era una delle cose che l’aveva spaventata di più quando l’aveva conosciuto: il solo pensiero di dirgli di no era in grado di ridurla ad una gelatina tremolante.

- Mi ha informato che avremmo iniziato a cercare. - confermò Yamaguchi, osservando la sua crostatina con aria distaccata - E ha senso, perché lui vive nel dormitorio universitario e il mio appartamento è una bettola. Agli occhi di Tsukki non c’è ragione per cui non farlo. Lui non sa…

Picchiettò con le dita sul petto all’altezza dello sterno, dove Hitoka sapeva essere un marchio iridescente, una grossa crepa bianco perla che nel corso degli anni si era allargata fino a coprire quasi tutto il torace.

- E non glielo potrà nascondere se vivono assieme! - aggiunse Hinata, annuendo vigorosamente.

Shimizu annuì, lo sguardo serio perso nel vuoto. Era così bella che a Hitoka veniva da piangere.

- Devi dirglielo. Lo so, siamo amici da poco tempo e non conosco Tsukishima, - il cuore di Hitoka sobbalzò: Shimizu li considerava suoi amici! - perciò non posso dirti che di certo andrà tutto bene. Ma mi fido del tuo giudizio: se è la tua anima gemella deve essere una brava persona, non ti giudicherà. Però dovete risolvere la situazione prima di trovarvi legati da un contratto di affitto. Lo dico per tutti e due.

- Tu non conosci Tsukishima. Lui giudica tutti. - bofonchiò Hinata.

Yamaguchi annuì mestamente.

- Lo sento già che mi dice quanto sono patetico per essermi innamorato di lui. Non ce la posso fare Shimizu, se non volesse più parlarmi…

- Però non è detto. - si intromise Hitoka, avvampando sotto lo sguardo incuriosito di Shimizu - Cioè, lo sai come fa no? Fa tutta scena, ma poi... Per esempio, dice sempre che non sopporta Hinata e Kageyama, ma condivide anche lui il nostro marchio, no? - diede un morso alla crostatina, per segnalare che aveva concluso il discorso.

- Kageyama sarebbe…?

- La mia anima gemella! - esclamò Hinata, alzandosi in piedi - E il mio migliore amico, assieme a Yachi e Yamaguchi e Prezioshima, e anche il mio ragazzo! - si tirò su la maglietta, scoprendo le spalle e il marchio nero che disegnava due macchie simili ad ali sulle sue scapole - Visto? - il suo sorriso mentre si sistemava la maglietta rivaleggiava il sole estivo - Mi ha messo le ali.

Shimizu sorrise, e Hitoka si sciolse vedendo quell’espressione dolce. Non solo li stava ascoltando pazientemente, ma non aveva nemmeno reagito male davanti all’esuberanza di Hinata. Shimizu era davvero perfetta.

- Siamo amici tutti e cinque dal liceo. - sospirò Yamaguchi - Ma il fatto che sia amico di due anime gemelle non significa che sarebbe felice di avere un’anima gemella. Men che meno che sia felice di avere me come anima gemella.

A questo Hitoka sbuffò. Chiunque sarebbe stato felice di avere Yamaguchi come anima gemella, era carino, gentile e intelligente. E se Tsukishima lo avesse trattato male, lei lo avrebbe ucciso.

Gli voleva molto bene ed era uno dei suoi migliori amici, nonché anima gemella platonica, ma per Yamaguchi lo avrebbe annientato.

- Yachi sta facendo la sua faccia cattiva. - sottolineò Hinata, scuotendola dal suo torpore.

- Tu dirai a Tsukishima cosa provi. E se ti farà soffrire io lo distruggerò. - annunciò, stringendo i pugni.

- Lo distruggeremo insieme! - esclamò Hinata.

- Ma se dovesse andare bene, - si intromise Shimizu - venite qui a festeggiare, promesso?

 

 

iii.

 

Hitoka stava morendo di fame. Non era riuscita a fare colazione e aveva dimenticato di comprare il pranzo. In quello stato, il bancone della panetteria, praticamente vuoto alla fine della giornata, era un paradiso.

Uno spettacolo quasi migliore di Shimizu con i capelli legati in una coda alta.

- Giornata difficile?

- Ho mangiato solo un pacchetto di crackers che avevo in ufficio e a casa non ho la spesa. - era troppo affamata per sentirsi in imbarazzo, anche se una vocina le ripeteva che solo un disastro come lei poteva dimenticarsi una cosa importante come il cibo.

- Allora ti servirà qualcosa di sostanzioso. - appoggiò sul bancone un grosso muffin ai mirtilli - Inizia da questo, ti metto insieme qualcosa per cena.

Il muffin era buonissimo, così buono che si sorprese che fosse arrivato a fine giornata. Come aveva potuto constatare, i dolci migliori tendevano a finire presto.

- Pochi clienti? - domandò con la bocca piena.

- Uh? Cosa te lo fa pensare?

Hitoka avvampò.

- È che di solito i dolci più buoni sono già spariti per quest’ora. Non che gli altri dolci che fate non siano buoni, sono tutti buonissimi! Io me ne intendo di dolci, adoro i dolci, e i vostri sono tutti fantastici! Ma i muffin finiscono sempre subito, ecco, volevo dire questo!

Shimizu sorrise e Hitoka si sentì le ginocchia di gelatina, anche se forse era il calo di zuccheri. O forse no, ammise, guardando la coda di cavallo di Shimizu che ondeggiava dolcemente mentre imbustava qualche panino per lei.

- Lo so. Te l’ho tenuto da parte perché sapevo che saresti passata, anche se non mi aspettavo che fossi così affamata.

- Lo hai tenuto da parte? Per me?

- Sì. Volevo addolcirti perché ti devo chiedere un favore.

Un favore? A lei? Impossibile.

- U-un favore?

- Già. - si aggiustò gli occhiali, quasi imbarazzata - So che non ti occupi di illustrazione, ma…

- Tutto! Tutto quello che posso fare lo farò!

Shimizu annuì.

- Volevamo commissionarti un logo, se fosse possibile. Gli affari stanno andando bene, e con Suga e Daichi riflettevamo che adesso abbiamo i mezzi per cambiare l’insegna, fare le buste con il logo, magari qualche pagina social. E ci sei venuta in mente tu.

- Io? - quasi le cadde il muffin - Ma ci sono tantissimi artisti molto più bravi di me in giro!

- Sì ma tu… Ho fatto qualche ricerca sul tuo lavoro, e sei bravissima in quello che fai. Ci fidiamo di te. Io mi fido di te. - arrossì, improvvisamente - Ovviamente ti pagheremo per il tuo lavoro! Non lo sto chiedendo a te per un trattamento di favore!

Ma Hitoka non la stava nemmeno più ascoltando. Divorò quello che rimaneva del suo muffin, e sentì il sangue ribollirle nelle vene. Avrebbe finalmente avuto l’occasione di essere d’aiuto a Shimizu!

Era la sua occasione. Se avesse fatto un buon lavoro, Shimizu avrebbe avuto sempre sotto gli occhi il suo lavoro, e magari avrebbe anche pensato a lei di tanto in tanto.

Non poteva tradire la sua fiducia!

Con forza, sbatté il suo biglietto da visita sul bancone.

- Ci sto!

 

 

iv.

 

- Tsukki ti dice brava. - Yamaguchi, infilò in tasca il telefono, e le sorrise. Aveva passato tutta la serata a fare foto alla nuovissima insegna della panetteria, alla torta che Suga aveva preparato per festeggiare, e a lei.

- Grazie! Quando torna, lo porteremo qui a mangiare la torta alle fragole. È la sua preferita, no?

- Sempre se vorrà ancora parlarmi.

- Ovviamente, altrimenti non si merita di assaggiarne nemmeno un boccone!

- Chi è che non si merita di assaggiare i miei dolci? - si intromise Suga, il viso arrossato dallo spumante che avevano stappato, trascinando Shimizu con sé.

Hitoka sollevò il polso, picchiettando con il dito sulla banda rossa.

- Il quinto del nostro gruppo. Al momento è a Tokyo per un progetto universitario, tornerà tra un paio di settimane.

Suga sorrise.

- Spero di conoscerlo allora. Ma se somiglia a quei due, non so se il negozio sopravviverà. - con la testa, accennò a Hinata e Kageyama, che stavano bisticciando come al solito su qualche assoluta stupidaggine. Yachi aveva perso il filo del discorso più o meno quando avevano iniziato a litigare su quale fosse il miglior tipo di cereali.

La discussione sembrava essersi spostata sugli animali domestici (stranamente, perché a quanto sapeva Hinata e Kageyama non erano mai riusciti a tenere in vita nemmeno un cactus) e aveva coinvolto anche Noya, uno degli amici di Suga e Daichi, che stava strillando animatamente agitando le braccia.

Hitoka e Yamaguchi si scambiarono un’occhiata.

- Oh no, Tsukki non è proprio il tipo.

- Assolutamente no.

- Mmh. A proposito, volevo chiedervi, ma quei due stanno assieme? - Suga si avvicinò a loro come a voler mantenere il segreto, e Hitoka incrociò lo sguardo con Shimizu, che scrollò le spalle - Perché Shimizu dice di sì ma io e Daichi abbiamo qualche dubbio.

Shimizu alzò gli occhi al cielo, con un’espressione che diceva chiaramente quante volte avesse dovuto subire quella conversazione. Yamaguchi sospirò.

- Sì, stanno assieme dal liceo, si sono odiati per una settimana e poi sono diventati… -  gesticolò verso Kageyama, che ad un certo punto della discussione aveva afferrato Hinata da sotto le braccia e poi si era dimenticato di metterlo giù - …così. Tsukki dice che sono troppo stupidi perché l’universo li affibbiasse a qualcun altro.

- Allora Tsukishima ci crede nelle anime gemelle. - si intromise Shimizu, lanciando un’occhiata colma di significato a Yamaguchi, il quale, dal canto suo, aveva un’aria di mesta rassegnazione.

Suga si fermò un attimo a osservare quello scambio di sguardi, e la sua bocca si stese in un ghigno che non prometteva nulla di buono.

- E tu, Yachi? Cosa ci racconti? Nessuna persona speciale nella tua vita? Un ragazzo, o magari una ragazza?

Hitoka avvampò, cercando di nascondersi dietro a Yamaguchi. Non le piaceva come Suga la stava guardando, come se sapesse qualche cosa. E se avesse intuito la sua cotta per Shimizu? E se volesse farglielo ammettere per prenderla in giro?

Shimizu non avrebbe più voluto vederla, e lei sarebbe stata bandita dalla panetteria a vita!

- N-no, no. Nessuno. Uhm. Non c’è nessuno che mi piaccia. E non piaccio a nessuno, ovviamente. Non che potrei interessare a qualcuno, non sono questo granché, io!

Mentalmente, si fece forza per non lanciare uno sguardo a Shimizu. Voleva sapere che cosa stava pensando, ma sapeva benissimo che se lo avesse fatto le si sarebbe letto in faccia tutto quanto.

- Ma che sciocchezza! - Suga spostò Yamaguchi, e le diede una pacca sulla schiena che avrebbe potuto farla volare via - Una ragazza carina come te! E così talentuosa! Sono sicuro che c’è qualcuno la fuori che sta solo aspettando di farsi coraggio. Vero, Kiyoko?

Intrappolata sotto il braccio di Suga, Hitoka si voltò verso Shimizu cercando di decifrare i suoi pensieri, ma l’altra ragazza era diventata rossa in viso, e stava fissando Suga con aria estremamente contrariata.

Per fortuna, prima che avesse il tempo di sprofondare nell’ansia, il peso sulle sue spalle sparì improvvisamente.

Daichi aveva sollevato Suga senza apparente sforzo (e Hitoka non ne era sorpresa, la prima volta che lo aveva visto si era spaventata da quanto fossero grossi i suoi bicipiti), ricollocandolo a un metro di distanza.

- Lascia stare la nostra ospite, Suga.

- Ma Daichi! Lo faccio per il bene superiore!

Daichi non lo stette a sentire.

- Scusatelo, quando beve diventa incontenibile.

- Non c’è problema. - balbettò Hitoka.

- Lo porto via. Grazie ancora per l’insegna e tutto il resto, Yachi. Mangia un altro po’ di torta.

Hitoka ne aveva già mangiate due fette, ma onestamente non sembrava una proposta, e lei non aveva la forza di protestare. A piccoli passi, si diresse verso il tavolo del cibo per tagliarsi un’altra fetta, ringraziando la Hitoka del passato per non avere cenato.

- Yachi.

- Mmh? - sollevò lo sguardo dal suo piatto, per trovarsi spalla a spalla con Shimizu. Era la prima volta che stavano così vicine, e Hitoka fu distratta per un attimo dal suo profumo, dolce ed elegante come si addiceva a lei.

- Volevo scusarmi per Suga. E anche per Daichi, non devi mangiare ancora se non ti va.

Hitoka guardò Shimizu, poi la torta, e poi di nuovo Shimizu. Batté un paio di volte le palpebre, prima di riuscire finalmente a elaborare l’informazione.

- Ah, no! Tranquilla! Voi state sopportando Kageyama e Hinata, e poi la torta è buonissima. Non c’è problema, davvero.

- Va bene. Non so ancora come ringraziarti per il tuo lavoro. Il logo è perfetto, e anche l’insegna, sei stata bravissima. Uno di questi giorni, potrei offrirti un caffè?

Sembrava quasi… Ma no, non era possibile che Shimizu… No. Non doveva essersi resa conto che suonava come un appuntamento.

Hitoka si era rassegnata all’idea che il suo amore sarebbe stato sempre non corrisposto, e quando si trovava da sola riusciva anche a sentirsi fiduciosa sulla sua prospettiva di una vita con il cuore infranto. Quando però Shimizu aveva questi suoi attimi di gentilezza, le rendeva tutto più difficile.

Doveva rifiutare, prima che il suo cuore traditore la inducesse a fare una stupidaggine come accettare e illudersi, fingendo di essere ad un appuntamento con Kiyoko Shimizu.

- Oh, beh, ma non serve. Mi avete pagato, no? - ecco, tolto il dente tolto il dolore - E poi avete invitato me e i ragazzi a questa festa, e la torta è buonissima. Basta così. - sorrise, un po’ tremolante.

- Giusto, hai ragione. Vado a controllare che Daichi non abbia bisogno di me. - con un cenno della testa, si congedò, e Hitoka riprese finalmente a respirare.

Una paesana B come lei non era fatta per questo genere di cose.

 

 

v.

 

Quel giorno Daichi indossava una maglietta a maniche corte, lasciando in bella vista le braccia muscolose e il marchio lilla che lo legava a Suga.

Vedendolo dietro la cassa, dove di solito la aspettava Shimizu quando passava a ritirare il pane dopo il lavoro, Hitoka non poté fare a meno di notare quanto fosse grosso. Istintivamente, fece un passo indietro verso la porta.

- Ciao Yachi. - le rivolse un sorriso amichevole, che le fece quasi dimenticare l’espressione terrificante che gli aveva visto in viso quando Hinata alla festa aveva fatto cadere per terra un piatto - Shimizu, vieni alla cassa per favore?

Shimizu emerse dal retro, aggiustandosi gli occhiali.

- Non puoi continuare tu? Stavo riordinando le fatture dei fornitori e… - si interruppe improvvisamente, notando la presenza di Hitoka - Oh, ciao. - sorrise, aggiustandosi i capelli - Sei venuta a ritirare il tuo ordine?

- Esattamente! Ci pensi tu a servirla, io devo andare un attimo a… fare una cosa. - diede una pacca sulla spalla a Shimizu, di quelle che dimostravano meglio di ogni marchio perché lui e Suga erano anime gemelle.

Prima che qualcuno potesse controbattere, si infilò nel retro strillando un “ci vediamo, Yachi!” a cui, anche volendo, non avrebbe saputo come rispondere.

- Ma-magari doveva andare in bagno? - offrì come ipotesi, e Shimizu guardò il punto in cui era sparito con sospetto.

- Mmh. Forse. - senza perdere l’espressione perplessa, recuperò la busta di carta con il logo della panetteria e il post-it con il nome di Hitoka scribacchiato sopra - Come è andata al lavoro?

- Bene, ho quasi finito il progetto su cui stavo lavorando. Tu?

- Stavo sistemando un po’ di carte, prima che Daichi mi interrompesse. Ma serviva una pausa, e mi fa sempre piacere vederti. - rispose, battendo il conto.

- Le pause sono importanti. - rispose, ignorando l’ultima parte della frase per tutelare la propria salute mentale.

- Sì, decisamente.

La campanella sopra la porta le interruppe, e si voltarono entrambe per accogliere Noya, che stava trascinando dietro di sé un uomo enorme con la barba e lunghi capelli castani.

- Kiyoko, guarda chi è tornato da Tokyo! - gesticolò vivacemente - Yachi! Guarda! Il mio stupendo e meraviglioso marito, Asahi! Ti ho parlato di lui, no? Asahi, Asahi! Questa è Yachi, una nostra nuova amica!

Hitoka, che fino a un minuto prima credeva fermamente che Noya avesse una cotta per Shimizu e fosse “uno spirito libero” (sue testuali parole), lo salutò timidamente, indietreggiando verso il bancone.

Non sapeva se le faceva più paura il gigantesco sconosciuto o l’aura potentissima di assoluta adorazione che Noya stava emanando.

- P-piacere. - balbettò l’uomo, Asahi.

- P-piacere. - balbettò di rimando Hitoka.

E rimasero immobili a fissarsi, finché Shimizu non uscì da dietro al bancone per abbracciarlo. Dovette mettersi sulle punte, e Hitoka la trovò adorabile.

- Ho sentito balbettare? - giunse un ruggito dal retro, e Hitoka assistette impotente a Daichi che emergeva come una furia per afferrare Asahi per la collottola e scuoterlo - Tornatene a Tokyo, codardo barbuto che non sei altro!

- Da-Daichi! La giacca, per favore! - pigolò Asahi.

- Forza Asahi! Un po’ di coraggio! - strillò Noya.

Hitoka fece un passo indietro, rabbrividendo. Ecco perché aveva paura di Daichi.

Shimizu, invece, stava sorridendo divertita.

- Non sei l’unica in città ad avere amici strani. - le sussurrò, chinandosi così vicina che i suoi capelli le sfiorarono le guance.

- Non direi strani… - replicò poco convinta - Non sapevo Noya fosse sposato.

- Oh sì. Stanno assieme dal liceo, amore a prima vista, o così dice Noya. Appena è diventato maggiorenne ha trascinato Asahi in municipio, e il resto è storia. Non ha voluto perdere tempo a sposare la sua anima gemella, a differenza di qualcun altro che ha un anello nel cassetto da anni.

Yachi sgranò gli occhi così tanto che avrebbero potuto cascarle fuori dalle orbite.

- Suga o Daichi? - bisbigliò con un filo di voce per non farsi sentire sopra il caos che imperversava nel negozio.

- Entrambi. - replicò, facendo un occhiolino - Ma non dirlo a nessuno. Ho già organizzato tutto per quando si decideranno, come regalo di nozze. Mi manca solo qualcuno da invitare.

- Sono sicura che lo troverai.

Shimizu sorrise, lo sguardo fissato sui suoi amici.

- Ne sono sicura anche io.

 

 

vi.

 

Hitoka avrebbe dovuto prendere la strada più lunga per tornare a casa. Avrebbe dovuto passare per una delle strade secondarie o avrebbe dovuto ritardare il suo ritorno.

Ma il primo tifone della stagione era arrivato, e Hitoka non aveva pensato ad altro che non fosse arrivare a casa il prima possibile e togliersi i vestiti fradici. Quando era uscita dall’ufficio, l’acqua scendeva già a secchiate e non aveva potuto aprire l’ombrello per la forza del vento, con il risultato di essersi ritrovata bagnata da capo a piedi prima di fare metà strada.

Per queste ragioni, per la prima volta in una settimana, non aveva messo in atto tutte le precauzioni che l’avevano tenuta al sicuro dall’incontrare i suoi amici, con il risultato di trovarsi in piedi in mezzo alla strada sferzata dal temporale davanti a Kiyoko Shimizu.

Hitoka sollevò la borsa di plastica in cui aveva infilato lo zaino prima di avventurarsi fuori (lo zaino era impermeabile, certo, ma conteneva anche la sua tavoletta grafica e il suo computer, e non voleva correre rischi), stringendola al petto a mo’ di scudo.

Shimizu doveva essere schizzata fuori dalla panetteria appena l’aveva vista attraverso la vetrina, perché non aveva indosso nemmeno una giacca, solo il grembiule arancione e la maglietta nera che indossava sempre, che si stavano rapidamente bagnando.

I capelli le erano sfuggiti dalla coda, e gli occhiali erano coperti di schizzi.

- Yachi.

- Shi-Shimizu! È successo qualcosa?

- Dovrei chiederlo a te. Sei sparita, negli ultimi giorni. Ci siamo preoccupati tutti.

- Ma no, non è successo niente! - si guardò freneticamente intorno, temendo che qualcun altro saltasse fuori per tenderle un agguato - Perché non torni dentro e ne parliamo un’altra volta? Ti stai bagnando tutta, ti ammalerai.

Shimizu non parve sentirla.

- Ieri è passato Yamaguchi a presentarmi Tsukishima. - disse, avvicinandosi per sovrastare il rumore della pioggia - Sembravano molto felici. Ma Yamaguchi mi ha chiesto se avessi tue notizie perché non gli rispondi al telefono.

- Sono stata molto impegnata. - bofonchiò, abbassando lo sguardo. Gli occhi le caddero sul marchio sul suo polso, rosso brillante come al solito. Non aveva ancora iniziato a sbiadire, ma Yachi era certa che presto sarebbe rimasta solo un’ombra.

D’altra parte, ora che anche Tsukishima e Yamaguchi stavano assieme, Hitoka era l’ultima ruota del carro nel loro gruppo. La stupiva che avessero notato che aveva praticamente smesso di rispondere ai messaggi.

Presto il segno tangibile della loro amicizia sarebbe sparito, e poi sarebbe stato il turno del marchio che la legava a Shimizu.

- Eravamo tutti preoccupati, Hitoka. - ci mise un attimo a rendersi conto che Shimizu l’aveva chiamata per nome, e che se non fosse stato per la pioggia gelida probabilmente sarebbe avvampata - Io ero preoccupata. - Shimizu distolse lo sguardo - So che cosa provi, ci sono passata anche io con Suga e Daichi. So che sembra che tutto stia per finire, ma non è così. E poi…

Hitoka strinse la presa sul suo zaino, facendo scricchiolare la busta di plastica. Shimizu stava arrossendo, notò, incantata dal modo in cui il colore sul viso le faceva brillare gli occhi.

- E poi? - domandò. Shimizu si voltò di colpo, come sorpresa.

- E poi ci sono io. Se dovessi sentirti sola, ecco. - prese un respiro profondo, raddrizzando le spalle con aria determinata - Tu mi piaci molto, Hitoka. Mi piaci moltissimo. Mi piacevi quando ti nascondevi dietro i tuoi amici, e mi piaci adesso che siamo amiche. Se tu volessi…

- Ho un marchio per te! - gridò, prima che potesse trattenersi - Da quando ti ho parlato per la prima volta!

- Bene. - disse Shimizu, e il suo volto si aprì in un sorriso stupendo. La pioggia non aveva accennato a diminuire, ma Yachi si sentì come toccata da un raggio di sole - Perché anche io ho un marchio per te, e mi piacerebbe continuare a vederlo crescere, se tu volessi.

- Lo voglio. - e suonava un po’ troppo come una promessa di matrimonio, quindi si affrettò a continuare prima che Shimizu si pentisse di ogni parola detta nell’ultimo minuto e mezzo - Vuoi uscire con me?

- Sì. - sempre sorridendo, si chinò verso di lei e la baciò sulla guancia, ad un soffio dalle sue labbra - Avevo già provato a chiedertelo alla festa per l’inaugurazione dell’insegna, sai? Ma non credo che tu l’abbia notato. Dai, vieni dentro, trovo qualcosa per asciugarti.

 

 

 

 

NOTE:

>La storia si ispira al pacchetto “Giusy Ferreri – Miele” della challenge, e alle frasi della canzone ‘Piove su questa città/ Dove tu mi hai voluto bene/ Dove io ti ho voluto bene/ Perché questa notte non corri da me

>La torta alle fragole è effettivamente il dolce preferito di Tsukishima

>Titolo da “Metaphor” di The Crane Wives

 

Come sempre, se la storia vi è piaciuta lasciatemi un commentino, oppure venitemi a salutare in quel di tumblr!

(E, se vi va, per questa challenge ho scritto anche una storia su The Witcher e una su The Umbrella Academy. Fateci un salto!)

 

 

 
  
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