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Autore: Ghost Writer TNCS    01/10/2022    2 recensioni
Da sempre le persone hanno vissuto sotto il controllo degli dei. La teocrazia del Clero è sempre stata l’unica forma di governo possibile, l’unica concepibile, eppure qualcosa sta cambiando. Nel continente meridionale, alcuni eretici hanno cominciato a ribellarsi agli dei e a cercare la verità nascosta tra le incongruenze della dottrina.
Nel frattempo, nel continente settentrionale qualcun altro sta pianificando la sua mossa. Qualcuno mosso dalla vendetta, ma anche dalla volontà di costruire un mondo migliore. Un mondo dove le persone sono libere di costruire il proprio destino, senza bisogno di affidarsi ai capricci degli dei.
E chi meglio di lui per guidare i popoli verso un futuro di prosperità e progresso? Chi meglio di Havard, figlio di Hel, e nuovo dio della morte?
Questo racconto è il seguito di AoE - 1 - Eresia e riprende alcuni eventi principali di HoJ - 1 - La frontiera perduta.
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie '1° arco narrativo'
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23. La via della guerra

L’annuncio dell’attacco a Ganshada arrivò mentre Havard era ancora in riunione con i suoi capitani.

«I guerrieri del Clero hanno circa seicento guerrieri e due inquisitori, ma grazie alle bacchette i nostri sono riusciti a respingere il primo attacco» riferì il messaggero.

Il pallido ascoltò senza lasciar trapelare particolari emozioni.

Con quell’attacco simultaneo a lui e alla città di Ganshada, il Clero aveva messo in chiaro che non intendeva più sottovalutarlo, ma che era pronto a una guerra su vasta scala per soffocare il nuovo regno che stava emergendo.

«Sommo Havard, dobbiamo andare a Ganshada?» chiese uno dei suoi capitani.

«No. Abbiamo già un nemico da affrontare, e non possiamo lasciare che ci insegua fino a Ganshada. Ma soprattutto una sola armata, per quanto forte, non può proteggere un intero regno: gli uomini che ho lasciato a Ganshada devono farcela da soli, e grazie alla rete di rifornimenti che ho costruito ci riusciranno.»

«Sommo Havard, quali ordini devo riportare?» domandò il messaggero.

«Nessun nuovo ordine, restano valide le disposizioni che ho dato al governatore: devono barricarsi in città e impedire al nemico di entrare. I guerrieri del Clero non riusciranno a mantenere l’assedio a lungo, e intanto arriveranno i nuovi riferimenti per gli uomini di Ganshada. E assicurati di fargli avere questo messaggio: non importa quanto il nemico sia forte e numeroso, finché seguono il mio piano, riusciranno a sconfiggerlo. È questo che li rende invincibili.»

Il messaggero, colpito dalla sua autorevolezza, annuì. «Sì, sommo Havard! Parto immediatamente per riferire il messaggio!»

Senza perdere altro tempo si voltò e corse via.

«Prendete le altre mappe, dobbiamo prepararci a una guerra su più fronti» proseguì il pallido rivolto ai capitani. «Il Clero ha il vantaggio dei numeri, per ora, ma questo renderà solo più imbarazzante la loro disfatta.»

Come richiesto, i suoi subordinati stesero sul tavolo varie mappe, così da avere una panoramica di tutti i territori sotto il controllo del figlio di Hel.

Il primo dettaglio che saltava all’occhio era una netta distinzione tra un gruppo disegnato con mano precisa e ricco di dettagli, e un altro gruppo più rozzo e disomogeneo. Probabilmente l’unica che apprezzava quella discontinuità era Tenko, dato che era stata lei a disegnare le mappe migliori.

«Il Clero ci sta attaccando su più fronti per trarre vantaggio dalla sua superiorità numerica, e quindi anche noi dovremo dividerci» iniziò il pallido. «La differenza è che noi lo faremo in maniera molto più strategica.»

Puntò il dito sulla loro posizione.

«La mia unità sarà la più numerosa e avrà il compito di espandere il regno, ma all’occorrenza dovremo anche misurarci con le armate del Clero per cercare di ridurre le loro forze.»

Mosse la mano sulle città e sui villaggi ai margini del suo dominio.

«Le unità difensive, formate soprattutto da fanti, si occuperanno di dare man forte alle città di confine, che saranno i principali obiettivi del Clero. Al contrario delle truppe stanziate nei singoli centri abitati, la loro posizione cambierà in base alle conquiste portate a termine dalla mia unità, così da trovarsi sempre sulla prima linea di difesa.»

Lanciò un rapido sguardo ai capi delle tribù nomadi.

«Poi voglio delle unità di guerriglia formate da cavalieri in grado di muoversi rapidamente e capaci di sferrare brevi attacchi volti soprattutto a rallentare il nemico e a danneggiare i rifornimenti. In caso di necessità, avranno anche il compito di scortare i trasporti o di dare man forte alle unità difensive.»

Fece una breve pausa.

«E poi l’unità più importante di tutte: le sentinelle. Il loro compito è molto semplice: dovranno osservare il nemico e riferire tutto di esso, come la sua posizione, dov’è diretto, quali nemici ci sono e i loro equipaggiamenti.»

Diversi orchi non nascosero il proprio malcontento al sentire parlare di sentinelle, ma Havard era convinto delle sue idee.

«Pensare di vincere qualsiasi scontro solo con la forza bruta non è onorevole, è da idioti» ribadì il pallido. «Le sentinelle ci permetteranno di pianificare al meglio le nostre mosse, e in questo modo avremo molte più probabilità di vittoria. Non perché agiremo come dei codardi, ma perché sapremo sfruttare al meglio la nostra forza.» Li guardò tutti con decisione. «Ve l’ho già detto: non state più combattendo per gli dei. State combattendo per me. E io non vi chiedo di morire con onore, vi chiedo di vincere. Con ogni mezzo necessario. E, da vincitori, potrete decidere chi merita più rispetto: se voi o il cadavere del vostro nemico. Sono stato chiaro?»

Tutti quanti annuirono.

«Sono stato chiaro?!»

Gli orchi urlarono in coro la loro risposta, un ruggito feroce che non aveva nulla da invidiare a un grido di guerra.

La riunione andò avanti per quasi un’ora, dopodiché Havard congedò i suoi capitani e rimase da solo a riflettere: ora che aveva spiegato ai suoi uomini come agire per difendere il suo regno, doveva escogitare un modo per sconfiggere l’inquisitore guaritore.

Il pallido era ancora seduto con il suo teschietto di corvo in mano quando qualcuno entrò nell’ex tempio.

«Possiamo parlare?» gli chiese Tenko. Insieme a lei c’era Zabar.

Dal suo sguardo, Havard capì che non sarebbe stata una conversazione leggera. «Di cosa volete parlare?»

«Di quello che stiamo facendo. Di questa guerra.»

Il figlio di Hel lasciò andare il teschietto e le fece segno di proseguire. «Vi ascolto.»

«Ricordi quello che ti ho detto quando ci siamo incontrati?» iniziò la demone. «Che voglio uccidere gli dei perché sono dei bugiardi egoisti che uccidono chiunque non si pieghi al loro volere.» Lo fissò con decisione. «E quello che ho visto è che tu sei esattamente come loro.»

Havard rimase in silenzio, ma i suoi occhi verdi si erano fatti taglienti.

«Emh, se posso…» intervenne Zabar, sperando di riuscire ad allentare la tensione. «Io non penso tu sia egoista, anzi, capisco che quello che fai, lo fai perché vuoi creare un mondo migliore per tutti. Però anche Tenko ha ragione: a volte i tuoi metodi sono fin troppo… decisi. Se agisci in questo modo, anche i nostri nemici diventeranno più spietati, e questo renderà impossibile avere un dialogo e trovare un compromesso.»

«Un compromesso? Con gli dei?» Havard lo fissò come un giudice severo. «Credi che gli dei accetteranno un compromesso?»

Anche Tenko sembrava un po’ stupita dall’affermazione del suo compagno, infatti gli lanciò un’occhiata di sbieco.

Il demone scosse il capo. «No, non con gli dei. Con le persone, siano guerrieri, contadini o membri del Clero. Se le alternative sono piegarsi o morire, molti potrebbero decidere di combattere fino alla morte. E alcuni lo stanno già facendo.»

«E allora moriranno. Non posso permettermi di avere dei traditori nel mio regno, non in questo momento. Se non elimino subito qualsiasi minaccia, poi potrebbe essere troppo tardi.» Puntò l’indice verso di loro. «E questo vale anche per voi due.»

La giovane digrignò i denti. «Lo dicevo che-»

«Tenko, aspetta» la interruppe Zabar. «Havard, noi non ti tradiremo. È vero che non condivido i tuoi metodi, ma ti ho visto parlare con la gente, e quindi sono disposto a seguirti comunque. E sono sicuro che molti altri che ora ti temono farebbero altrettanto se dessi loro più tempo per capirti.»

Il figlio di Hel si mise ad accarezzare con le dita il suo teschio di corvo, e per alcuni lunghi secondi regnò una quiete assoluta.

«È tutto?» chiese infine il pallido.

Zabar annuì.

Havard rimase ancora un attimo in silenzio. «Prima di andare, ti anticipo che avrò bisogno del tuo aiuto: ci servono altri draghidi. Quanto ci vorrà per domarne altri?»

«Non molto. Una volta catturati, il processo è piuttosto veloce.»

«Bene. Potete andare.»

«Grazie per averci ricevuto» annuì il demone.

Tenko non disse nulla e lasciò la stanza insieme al suo amico.

Rimasto solo, il pallido dimenticò per un momento la minaccia dell’inquisitore guaritore e continuò a riflettere sulle parole dell’ex chierico.

Dopo alcuni giorni di calma insperata, i corni d’allarme echeggiarono nel villaggio di Varn: il nemico era arrivato.

Gli allevatori si affrettarono a far rientrare il loro bestiame, nel frattempo Havard e i suoi guerrieri presero le armi e si schierarono per la battaglia.

Il pallido contò subito i draghi a disposizione del nemico, e con un misto di sollievo e soddisfazione ne individuò appena due: l’enorme drago corazzato del guaritore e quello dell’inquisitore che era fuggito.

«Combattete senza paura, perché oggi non fuggiremo!» Le parole del figlio di Hel echeggiarono sia dalla sua gola che nelle menti dei suoi uomini. «Il nemico è forte, ma questa volta siamo pronti ad affrontarlo. Nessun esercito è in grado di batterci due volte! Oggi loro fuggiranno!»

Un grido di battaglia si sollevò dalla sua schiera di guerrieri, nettamente meno numerosa di quella del Clero, ma compatta e pronta a resistere a qualsiasi attacco.

«Unità d’assalto, con me!»

Il pallido diede l’ordine al suo drago corazzato e il possente rettile partì alla carica, seguito da un’unità di cavalleria. In risposta i guerrieri del Clero si lanciarono alla carica insieme all’inquisitore sul drago di taglia media, ma non era con loro che il pallido voleva combattere. Fece girare il corazzato e con un movimento fluido aggirò lo schieramento nemico mentre i cavalieri dietro di lui scagliavano incantesimi contro l’inquisitore in cielo.

Il suo obiettivo era uno solo: il guaritore.

Il Pilastro capì subito che i suoi guerrieri non sarebbero riusciti a fermare l’avanzata dei nemici, così lanciò le sue truppe contro il villaggio e si preparò ad affrontare il figlio di Hel.

Havard evocò una pioggia di ghiaccio, ma di nuovo il corazzato del nemico sollevò un’ala e bloccò l’attacco. Proprio come il pallido si aspettava. Fece avanzare il suo drago e, appena fu abbastanza vicino, il figlio di Hel aprì una mano verso il rettile nemico. L’animale ebbe un sussulto e per un attimo perse l’equilibrio. Provò a resistere, ma al contrario del suo padrone, non aveva modo di impedire ad Havard di strappargli l’anima.

Incredulo, l’inquisitore in sella vide la sua cavalcatura annaspare, arrancare e infine accasciarsi a terra. Provò a usare un incantesimo di guarigione, ma non c’era nessuna ferita da curare. Semplicemente, il suo drago corazzato era morto.

Sospirò con rassegnazione, dopodiché scese a terra con la sua mazza di ferro in pugno.

Con sua grande sorpresa, anche Havard smontò.

Il Pilastro spirò con disappunto dalle narici e scagliò un raggio incandescente. Il pallido lo bloccò con una barriera, e lo fece appena in tempo.

«Fermo! La mia guerra non è contro di te, né contro i tuoi uomini!» gli gridò Havard. «Io voglio solo portare progresso e prosperità a tutti!»

«Se sei contro gli dei, allora sei anche contro di noi! E dovrai pagare per tutte le vite che hai spezzato!»

L’inquisitore infuse la benedizione di Huitzilopochtli nella sua mazza e partì alla carica. Sollevò l’arma incandescente e con un colpo roboante frantumò la difesa di Havard. Il pallido indietreggiò e scagliò un incantesimo di ghiaccio per rallentarlo. Con il nemico stordito, evocò la putrefazione, che in un attimo cominciò a consumare il corpo e la pregevole corazza dell’inquisitore.

L’orco grugnì di dolore mentre la sua carne veniva consumata. I pezzi di armatura cominciarono a staccarsi e caddero a terra, ma anche questa volta il Pilastro riuscì a contrastare la magia del figlio di Hel con l’incantesimo di guarigione.

Erano di nuovo al punto di partenza.

«Non so cosa ti hanno detto, ma non sono un assassino, e l’ultima cosa che voglio è un inutile massacro» affermò Havard.

«Le tue parole sono-»

Un verso di dolore spezzò la frase dell’inquisitore. Abbassò lo sguardo e con profondo stupore vide una lama che gli spuntava dal petto. L’assassino ritirò la lama e lo colpì alla gola, annebbiandogli la vista.

L’ecclesiastico guardò verso Havard, e il pallido capì subito quello che stava provando il suo avversario: non riusciva a credere che il figlio di Hel avesse fatto ricorso a un simile trucco pur di ucciderlo.

Il Pilastro cadde carponi. La pozza di sangue sotto di lui si espandeva rapidamente, ma non intendeva morire. Non così. La sua magia di guarigione lo avrebbe…

Una lama di ghiaccio calò sull’inquisitore e gli tagliò di netto la testa.

Nel silenzio improvviso, Havard avvertì distintamente l’anima del suo avversario che usciva dal corpo. Si divise in due: una parte – l’anima dell’orco vera e propria – raggiunse l’inferno di Nergal, l’altra invece volò via, verso una destinazione sconosciuta.

«È morto?»

Il pallido riuscì a malapena a trattenere un sussulto: Tenko era apparsa alle sue spalle senza che se ne accorgesse minimamente.

«È morto.»

Sentirono un ruggito improvviso, di dolore, e poi uno schianto: i cavalieri di Havard, nonostante diverse perdite, erano riusciti ad abbattere l’altro inquisitore.

La demone non nascose un sorriso soddisfatto. «Direi che abbiamo vinto.»

 Il figlio di Hel guardò la battaglia che ancora imperversava intorno al villaggio. Senza gli inquisitori, quei guerrieri non avevano speranza di vincere. Eppure sul suo volto non c’erano né euforia né soddisfazione. «Sì, abbiamo vinto.»


Note dell’autore

Ben ritrovati!

In questo capitolo ho avuto modo di inserire diversi spunti interessanti.

Per prima cosa vediamo il piano di Havard per contrastare gli attacchi su più fronti del Clero. Di certo non può difendere un regno intero da solo, quindi dovrà per forza concentrarsi sull’organizzazione generale e poi avere fiducia nei suoi sottoposti.

Subito dopo Tenko e Zabar hanno finalmente avuto modo di confrontarsi con Havard… e per fortuna c’era anche l’ex chierico, perché se ci fossero stati solo Tenko e Havard la faccenda si sarebbe fatta molto complicata. Alla fine comunque Nambera ha avuto ragione e il pallido non li ha uccisi… per ora ^.^"

Nel finale vediamo il secondo round dello scontro tra Havard e l’inquisitore guaritore, che però viene deciso dall’intervento di Tenko. Certo la demone sa essere davvero spietata e letale quando si tratta di eliminare i servi degli dei, e il figlio di Hel lo sa meglio di tutti: fino a quando riuscirà a fidarsi della demone?

Come sempre grazie per aver letto il capitolo e a presto :D


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