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Autore: MarFu    04/10/2022    0 recensioni
NEON è una raccolta di 31 storie brevi, anzi, brevissime, di genere sci-fi scritte in occasione del Writober 2022 seguendo la lista di prompt pumpNeon del sito fanwriter.it.
Genere: Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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— Ti do il benvenuto sulla Aliante, guardiamarina Harper.

— È un onore, capita…

— Oh, lasciamo stare le formalità. Chiamami Casey — tuonò Casey, assestando una poderosa pacca sulla spalla di Harper. — Vieni. Ti faccio fare il grand tour.

Casey si avvicinò alla porta principale dell’hangar dell’Aliante che si aprì dolcemente emanando un impercettibile rumore di binari magnetici. Harper osservò le porte aprirsi sul corridoio con occhi sognanti, sentendo crescere l’ansia e l’eccitazione di trovarsi finalmente sulla nave ammiraglia della Flotta dei Pianeti Uniti. Il sogno di una vita che finalmente si realizzava.

Casey doveva aver scorto sul suo viso l’entusiasmo, perché non appena oltrepassate le porte disse: — È una vera bellezza, eh? Lo stato dell’arte della più avanzata tecnologia di cinque razze diverse, al servizio dell’esplorazione spaziale.

— È meravigliosa — concordò Harper. — Ho letto tutto sull’Aliante, fin da quando era solo il sogno di un pugno di scienziati. Pensare che questa nave possa portarci in posti dove nessuno è mai stato prima… ti toglie il fiato.

Casey esplose in una risata fragorosa.      — Questo è l’entusiasmo di cui abbiamo bisogno sulla Aliante, Harper. Non ho dubbi che farai faville su questa nave.

Mentre Casey apriva la strada lungo i corridoi della nave, Harper non poté fare a meno di stupirsi della quantità di razze diverse che facevano parte dell’equipaggio: c’erano umani, ma anche cafariani, astariani, vegemiti, jak’kiiti e giurò di aver visto adirittura un javelliano nell’affollata mensa.

— Ma è qui che avviene la magia — disse infine Casey, aprendo la porta della sala macchine. Davanti a loro si aprì un’ambiente enorme, una sala circolare altissima che avrebbe potuto tranquillamente ospitare uno Shuttle, uno dei vecchi razzi con cui i primi umani esplorarono lo spazio. Lungo le pareti della sala macchine c’erano decine e decine di schermi e postazioni di lavoro, molte delle quali occupate. Al centro della stanza si stagliava alto e luminoso il condotto di fusione, il vero e proprio motore della nave, che avrebbe permesso alla Aliante di raggiungere velocità mai immaginate prima.

— Mozzafiato, vero? — sorrise Casey. — Se pensi che questo motore è il risultato del lavoro di tre generazioni di scienziati provenienti da cinque pianeti diversi ti senti insignificante davanti alla sua magnificenza.

— Ma noi non siamo insignificanti, vero? — disse Harper. — Noi siamo l’equipaggio che porterà questo motore e questa nave ai confini dell’universo conosciuto. Noi realizzeremo il sogno di quelle tre generazioni di scienziati.

Casey sorrise e Harper sentì tremare le ginocchia. Sorrise a sua volta, incapace di parlare. Quel momento sembrò dilatarsi e durare per sempre, come se quello fosse il loro destino: restare lì, a fissarsi negli occhi per sempre, sorridendo e godendo della reciproca bellezza.

— Vieni con me, Harper — disse infine Casey con un sussurro che fece venire i brividi a Harper. Casey fece strada di nuovo lungo i corridoi della Aliante, verso un’ala della nave che non avevano ancora esplorato.

— Questo è il simulatore olografico — annunciò Casey, aprendo una porta scorrevole che si affacciava su un’enorme spazio completamente vuoto, le cui pareti metalliche erano scandite a intervalli regolari da sottili scanalature bianche che conferivano all’ambiente l’aspetto di un enorme foglio di carta millimetrata. — Tecnologia di ultima generazione, al pari del nostro motore. — continuò Casey. — In grado di materializzare ologrammi di luce solida, stimolazione auditiva neurale, con un pavimento adattivo che ti permette di correre all’infinito pur restando sempre in queste quattro pareti. Può persino disattivare temporaneamente la gravità artificiale, sai?

— Mi piacerebbe provarlo — disse Harper con malizia, chiudendo la porta dietro di loro.

— Oh, finalmente — esplose Casey, correndo verso Harper. Le loro labbra si toccarono, bramose le une delle altre, come se volessero diventare un tutt’uno.

— Non so quanto a lungo ancora avrei resistito senza baciarti — disse Harper. — È stato difficilissimo fare finta di non conoscerti.

— Sarà ancora più difficile interpretare la parte dell’ufficiale superiore davanti agli altri — sorrise Casey.

Nell’arco di qualche secondo le loro tute erano a terra e, con qualche rapido comando inserito da Casey sul computer del simulatore, si ritrovarono tra gli enormi alberi in fiore di Cafar, mentre i soli binari del pianeta tramontavano in lontananza, immergendo i loro corpi aggrovigliati nel tepore e nella luce calda del crepuscolo. Adagiati su un letto di foglie e petali, Casey e Harper si baciarono, si accarezzarono, sfiorandosi e afferrandosi a vicenda, le mani incapaci di stare ferme.

— Computer, disattiva la gravità artificiale.

I loro corpi che erano diventati uno cominciarono a fluttuare. Nessuno dei due riusciva a capire dove finisse il proprio corpo e a nessuno dei due importava scoprirlo. Erano un tutt’uno, sospesi nel fuoco di un tramonto binario, avvolti da un’estasi infinita. Il tempo e lo spazio non esistevano più, il mondo fuori da quella stanza era ininfluente. L’intero universo, perfino quello che non vedevano l’ora di esplorare insieme, non contava più niente. Harper era l’universo per Casey e Casey era l’universo per Harper. Era sempre stato così e così sarebbe stato.

Per sempre.

   
 
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