Storie originali > Introspettivo
Segui la storia  |       
Autore: Jasmine54    06/10/2022    1 recensioni
Un ritratto che, con lievi pennellate colorate, descrive la vita in una cittadina italiana non bene identificata. Le diverse classi sociali che la abitano e i personaggi pittoreschi che compaiono sullo sfondo costituiscono, con tinte talvolta tragiche e talvolta comiche, l’anima della cittadina.
Nota: rating alzato ad arancione per un solo capitolo.
Genere: Generale, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Raccolta | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Ai primi di marzo il vento aveva iniziato a ululare, e ad agitare le chiome degli alberi come non succedeva più da tempo.

Ogni spostamento era accompagnato da un fischio, ogni soffio intenso da uno sbattere secco delle imposte o da un oggetto caduto a terra.

La polvere vorticava nell’aria secondo una danza solo a lei nota.

Il sole aveva acceso le giornate ancora fredde e riscaldato le piccole gemme che si stavano formando sui rami degli alberi, sui cespugli, sulle siepi.

Le margherite e le viole coloravano i campi e i bordi dei fossi. Quando il vento si riposava dal suo turbinare, sembrava di scorgere piccole api sui primi fiori e insetti richiamati dal sole tiepido.

Durante le giornate poco ventose, la signora Virginia usciva nel suo giardino dietro casa, cominciando a zappettare e a seminare. Quell’anno sarebbero cresciute le calle bianche, le petunie, le portulache, le belle di notte e, naturalmente, le rose. Di queste ne aveva acquistate tre piantine al mercato: una rossa, una rosa e una gialla. Il glicine, che si arrampicava sopra la porta di casa per poi ricadere in giardino, era stato potato in febbraio.

La signora Rosalia si recava spesso a casa di Virginia a lavorare a maglia e, intanto, le due donne si raccontavano i bei tempi della loro giovinezza, ma anche delle piccole gioie del momento. Con i suoi alti e bassi di umore, Rosalia cercava di essere positiva, come aveva promesso alla signora Virginia.

Nel loro cortile viveva anche la famiglia della signora Marietta, che lavorava nel palazzo della contessa Soleni Melzi, insieme al marito Giacomo, giardiniere, e al figlio Vito, che aiutava il padre nel suo lavoro. Non erano mai a casa prima delle diciotto.

Marietta era una signora tranquilla e lavoratrice, sempre impegnata nelle pulizie. Il marito e il figlio, una volta giunti a casa, a loro volta pulivano gli attrezzi del mestiere, poi li riponevano e, finalmente, si lasciavano andare.

Padre e figlio avevano un buon rapporto, pur mancando di quella confidenza complice che spinge ad essere sé stessi in ogni momento: nessuno dei due l’aveva però ancora cercata.

A volte, la voce del padre sovrastava, con le sue sfuriate, i silenzi e i musi lunghi della moglie. Cercava di farla reagire alla sua infinita rassegnazione e stanchezza: “Ti ha succhiato anche il cervello, andare a servizio dalla contessa. Lascia perdere lei e le sue pretese da gran dama! Puoi fare a meno di lavorare, ci siamo io e Vito che bastiamo per tutti e tre.”

Questo era quanto aleggiava nell’aria del cortile, nelle giornate ‘no’ di Marietta.

Rosalia confidò a Virginia che Marietta le raccontava spesso del palazzo della contessa, della sua raffinatezza e delle sue ricchezze. Poi, amareggiata, aggiunse: “Povera Marietta… Fa la donna di servizio tutto il giorno dalla gran dama, e non si accorge di essere sfruttata!”

Virginia, sorridendo, non avrebbe voluto iniziare una discussione senza Marietta, l’interessata, e allora aggiunse: “Quando la troveremo a casa da sola la inviteremo a bere un caffè o un tè da me, così ci faremo raccontare. Solo allora decideremo se intervenire e avvisarla,” sottolineò, con voce marcata.

Rosalia aveva capito e, finalmente, assentendo con la testa, continuò il suo lavoro a maglia.

Marietta non sapeva, o meglio, non voleva sapere, che la contessa Soleni Melzi spesso la costringeva a orari oltre il loro accordo. Talvolta la contessa non ricordava le ore di lavoro in più che aveva fatto Marietta e non gliele pagava, se non dietro insistenza della donna, spinta dal marito. La pulizia del tappeto d’ingresso del palazzo e di quello del salone le toglievano le forze. Inginocchiata a terra, con la spazzola in mano, era costretta a pulire ogni piccola parte di quei costosi tappeti di seta.

Guai a dire alla contessa che forse era il caso di portarli in lavanderia!

“Ogni oggetto nel mio palazzo deve essere pulito dal personale della casa, per questo viene pagato,” soleva dire con orgoglio e arroganza la contessa alle sue amiche.

Intanto Marietta continuava a subire, perché così aveva deciso, perché cosi voleva vivere la propria vita, in modo dipendente e assoggettata ai capricci di chi aveva più che mai bisogno di lei.

 

Dall’altro capo della città, Pinuccia stava cercando in tutti modi di acquietare i suoi alunni.

“Sicuramente sarà il vento di questi giorni che fa svolazzare senza posa questi piccoli furetti…” pensava, ormai rassegnata.

Dopo vari tentativi, nel cercare di far scrivere loro alcuni pensieri riguardanti il papà, aveva deciso di farli disegnare per un po’.

In quel modo la scolaresca si sarebbe azzittita.

I pensieri degli alunni correvano sui fogli bianchi, riempiendoli con personaggi fantasiosi e liberi. La mano seguiva il ritmo del loro sentire e la voce bassa, quasi sussurrata, ad ogni tratto sul foglio, aveva la forza di dare vita a figure spesso incomprensibili allo sguardo di un adulto.

Il vento, che ormai la faceva da padrone, accompagnava le giornate con la sua mutevole intensità.

 

Aprile, intanto, era giunto, e così anche la Pasqua.

Gli alberi erano ormai in fiore, così come i prati e i giardini.

Le rondini avevano fatto ritorno e si vedevano planare dall’alto con leggerezza, per poi risalire con un rapido scatto.

Le campane delle varie parrocchie avevano un suono più festoso, leggero. Le persone amavano quel suono… vi erano abituate. Quando mancava da un po’ di tempo, lo cercavano e si chiedevano cosa fosse successo.

Si sa, in generale non tutti trovano pace e conforto in una chiesa, non tutti vogliono essere guidati dal noto richiamo, ma tutti lo conoscono e lo apprezzano, da sempre.

Le giornate intanto si erano fatte più lunghe e luminose.

Sofia e Giorgia avevano esposto in vetrina le uova, i pulcini e i coniglietti, tutti di cioccolato finissimo. Le colombe pasquali erano ben confezionate, alcune erano state esposte su dei bei piatti, sui ripiani della vetrina: si notavano a vista le mandorle e gli zuccherini che le abbellivano.

“Mamma, voglio gli ovetti di cioccolato al latte, ti prego…!” si sentiva chiedere dai bambini, passando davanti alla pasticceria.

Durante le vacanze pasquali erano inoltre iniziati i primi brevi viaggi e le prime uscite fuori porta.

I laghi e il mare erano i posti più ambiti, ma anche le città d’arte, soprattutto italiane, visto che il caldo era ancora lontano.

Altri preferivano visitare le principali città europee: Parigi, Madrid, Berlino, Londra, anche solo per raccontare poi agli abitudinari dei bar di cibi e di diverse usanze, spesso non condivise. Ma questo non si poteva dire.

La vacanza doveva apparire a chi era rimasto a casa come un sogno realizzato dai pochi fortunati.

   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Introspettivo / Vai alla pagina dell'autore: Jasmine54