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Autore: Zobeyde    07/10/2022    3 recensioni
New Orleans, 1933.
In un mondo sempre più arido di magia, il Fenomenale Spettacolo Errante di Maurice O’Malley si sposta attraverso l’America colpita dalla Grande Depressione con il suo baraccone di prodigi e mostri. Tra loro c’è Jim Doherty, l’unico a possedere capacità straordinarie: è giovane, irrequieto e vorrebbe spingere i propri numeri oltre i limiti imposti dal burbero direttore.
La sua vita cambia quando incontra Solomon Blake, che gli propone di diventare suo apprendista: egli è l’Arcistregone dell’Ovest e proviene da un mondo in cui la magia non ha mai smesso di esistere, ma viene custodita gelosamente tra pochi a scapito di molti.
Ma chi è davvero Mr. Blake? Cosa nasconde dietro i modi raffinati, l’immensa cultura e la spropositata ricchezza? E soprattutto, cosa ha visto realmente in Jim?
Nell’epoca del Proibizionismo, dei gangster e del jazz, il giovane allievo dovrà imparare a sopravvivere in una nuova realtà dove tutto sembra possibile ma niente è come appare, per salvare ciò che ama da un nemico che lo osserva da anni dietro agli specchi...
Genere: Azione, Fantasy, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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CONTRAPPASSO
 

 
 
Jim sedeva al centro della stanza, circondato da un’infinità di occhi che lo scrutavano.
La prigione che Lucindra aveva fatto predisporre appositamente per lui consisteva in un cubo rivestito interamente di specchi. Il soffitto era uno specchio. Il pavimento era uno specchio. Ogni superficie moltiplicava la sua immagine e quella dei pochi oggetti che occupavano l’ambiente, creando un gioco ottico per cui si aveva l’impressione di trovarsi in un ambiente infinito. Aperto. Libero.
C’erano solo le comodità basiche – gabinetto, lavandino e il materasso su cui Jim era seduto, scalzo e a gambe incrociate – ma gli era praticamente impossibile utilizzare qualunque cosa senza un aiuto esterno, nelle condizioni in cui si trovava. Per prima cosa, gli uomini di Sinclair gli avevano fatto indossare una camicia di forza, in modo che avesse braccia e mani completamente immobilizzate; nei loro sguardi era dipinto un sadico compiacimento nel vederlo così impotente, mentre, spezzato dal dolore, non riusciva a fare altro che fissare come in trance il punto nel cielo da cui Alycia era precipitata.
Poi gli avevano calato un sacco sulla testa, facendolo piombare nel buio, e quando glielo avevano rimosso si era ritrovato solo in quella cella priva di porte, finestre, orologi e punti di riferimento.
Aveva intuito immediatamente che sarebbe stato inutile tentare la fuga, ma si era rifiutato di darsi per vinto senza provare: così, era partito alla carica contro la parete di fronte, pensando con tutta la sua Volontà a uno specchio qualsiasi fuori di lì, ma appena oltrepassata la superficie riflettente, era stato nuovamente catapultato nel cubo, passando attraverso il muro opposto. E così per il pavimento: sprofondandoci era finito col piovere dal soffitto.
A ogni fallimento, gli sembrava quasi di sentire la voce di Lucindra commentare: “Sono certa che ti divertirai qui, Attraversaspecchi.”
Aveva ritentato. Ancora. E ancora, fino a ricadere sul materasso, esausto, in un bagno di sudore e quasi senza più neanche più il fiato per urlare la sua frustrazione.
Ma di nuovo aveva proibito a se stesso di arrendersi a quella condizione.
Lucindra gli aveva portato via tutto ciò per cui valeva la pena continuare a vivere… le avrebbe restituito il favore. Fosse l’ultima cosa che avrebbe fatto.
Oh sì, avrebbe tolto di mezzo il suo Plasmavuoto una volta per tutte.
Anche senza mani, c’erano un’infinità di modi in cui avrebbe potuto uccidersi. Sbattere la testa contro il lavello fino a spaccarsela, annegarsi, rompere uno specchio per tagliarsi la gola…
Ma la sua avversaria doveva aver messo in conto anche quello, perché, a parte il materasso, qualsiasi altro oggetto smetteva all’istante di essere solido non appena Jim provava a usarlo per farsi del male.
Fu probabilmente quella la cosa che più di ogni altra gli fece perdere la testa.
Non aveva neanche il diritto di decidere se mettere fine alla propria vita, perché ormai neanche quella gli apparteneva più. Era a tutti gli effetti proprietà di qualcun altro.
Quando ebbe finalmente preso coscienza di ciò, aveva smesso di lottare.
Si era seduto su quel materasso al centro della stanza, sconfitto, annichilito. Senza più la forza di reagire, senza più niente che gli impedisse di sprofondare nell'abisso che aveva dentro.
Non aveva idea di quanto tempo fosse trascorso prima che al centro di uno specchio si aprisse una porta, malgrado Jim fosse assolutamente certo che in quel punto non ci fosse altro che vetro trasparente come acqua.
Non fu sorpreso, però, nel rivedere Margot. Era sola stavolta, con in mano un vassoio d’argento sopra il quale vi erano alcune pietanze coperte, una brocca e una scatolina di porcellana bianca e azzurra che Jim era sicuro contenesse lokum, i suoi dolcetti preferiti.
«La cena» disse lei. «Perdona l’attesa, sarai affamato.»
Jim non disse niente e non sollevò lo sguardo dal pavimento a specchio. Vedeva la sua immagine riflessa a testa all’ingiù.
Margot entrò e la porta svanì alle sue spalle. La osservò posare a terra il vassoio e indugiare un attimo, tenendosi a distanza.
«Come stai?» domandò con voce gentile, ma si capiva che non fosse del tutto a proprio agio. «Hai sete? Devi andare in bagno..?»
«Lei dov’è?» chiese lui seccamente. Sollevò piano la testa, la fissò dritto negli occhi. «Lucindra. Voglio parlare con lei, non con te.»
Margot si irrigidì. «Vi incontrerete presto, in questo momento è impegnata…»
«A torturare qualcuno che conosco?»
Lei sgranò gli occhi. «No! Certo che no! I tuoi amici stanno bene. Nessuno ha alzato un dito su di loro, me ne sono assicurata…»
«Non ti credo.»
«Non ti mentirei mai su questo.»
«Finora ti è risultato piuttosto facile» commentò Jim, gelido. «Fammi indovinare: “Margot” non è neanche il tuo vero nome.»
«Ne ho cambiati molti nel corso della mia vita» ammise lei, con una nota di rimpianto. «Mi dispiace per tutto questo, tesoro: so che stai soffrendo, che sei arrabbiato. Ma quando vedrai con i tuoi occhi la bellezza del Nuovo Mondo che stiamo costruendo allora capirai…»
«Cosa? Che ne è valsa la pena avere sulle mani il sangue di milioni di innocenti?»
La linea delle sue labbra divenne più dura. «Innocenti? I Mancanti non sono innocenti. Sin da piccoli coltivano dentro di loro l’odio per chi è diverso.»
«E i maghi sarebbero migliori?»
«Sei giovane» disse Margot. «Non hai ancora sperimentato quanto crudele possano essere gli uomini. Non hai visto quello che ho visto io.»
La sua mano si afferrò l’avambraccio destro, come per un riflesso incondizionato. «Sono cresciuta in estrema povertà, in una famiglia di girovaghi. In Bosnia avevamo a stento di che mangiare, ovunque andassimo venivamo additati come ladri e assassini. In punto di morte, mia madre mi rivelò la verità, che discendevamo da un’antica stirpe di streghe. Eravamo potenti, eravamo temute, ma i mercenari di Arcanta hanno depredato ogni carovana della sua magia. E lasciato ben pochi segreti da tramandare.»
«Ma qualcosa a te è stato tramandato» disse Jim. «La preveggenza.»
Inaspettatamente, lei proruppe in una risata vuota. «Il mio vero talento sono le pozioni: veleni, ma anche filtri allucinogeni, o che alterino i ricordi. Te ne ho somministrato uno per anni, senza che te ne accorgessi.» Il suo sguardo indugiò un momento sulla scatolina di dolcetti. «Per rimuovere il Vuoto dalla tua memoria, fino all'incontro con Blake.»
Quell’affermazione gettò Jim nella confusione. «Ma allora, la Profezia…?»
«Lucindra aveva bisogno di alimentare la fede di chi l'aveva seguita anche dopo la sua scomparsa. Ma nessuno stregone è in grado di leggere davvero il futuro: la magia agisce sui cambiamenti della materia, su rapporti consequenziali e costanti. Il futuro, invece, presenta infinite variabili. Intuito, empatia, un pizzico di teatralità, si tratta sempre e solo di questo.»
Jim storse la bocca. «Perciò sei sempre stata il suo braccio destro.»
«Mi piace pensare che lei riponga in me una particolare fiducia.»
Lui sbuffò con ironia. «Già, dopotutto ti ha “solo” affidato la sua preziosissima arma per dieci anni. Immagino che anche il mio arrivo al circo fosse stato meticolosamente calcolato: eravate ad Avalon la notte in cui Solomon Blake ha cercato di portarmi via a mio padre. Hai corrotto anche O’Malley, come hai fatto con gli operai perché mi facesse rapire…?»
Margot abbassò lo sguardo, accigliandosi un momento. «No, anche quella è stata opera mia. Maurice ne era all'oscuro, per quanto detestabile, non avrebbe mai tollerato il rapimento di un bambino. Ho simulato il tuo ritrovamento sul treno, ma se ha deciso di tenerti è stato perché, sotto sotto, sapevo che aveva sempre desiderato dei figli.»
Jim sentì il cuore torcersi. Questo avrebbe preferito non saperlo. «E tu, invece? Tu mi hai voluto bene almeno un po'?»
Margot arrossì lievemente, ma invece di rispondere intrecciò le mani davanti a sé, ricomponendosi in un atteggiamento formale. «Ti condurrò dalla mia Signora, come hai richiesto. Se le mie parole non bastano a convincerti, sono certa che lei saprà come farti cambiare opinione su di noi.»
«Hai ucciso Alycia» mormorò Jim, la voce bassa e colma di odio. Odio vero, cocente e spietato, che sgorgava dal profondo del suo essere e che non si sarebbe mai spento. «Niente mi farà mai cambiare opinione: siete dei mostri. Tutti voi.»
Per un istante, la compostezza che si era autoimposta parve vacillare. «Lo vedremo.»
 
 
Non appena lasciata la cella, furono affiancati da quattro Zeloti avvolti in mantelli neri cerimoniali, coi cappucci tirati sulla testa; erano cuciti riccamente con fili viola e all’altezza del petto Jim riconobbe un glifo che era sicuro di aver già visto, anche se non ricordava dove o quando.
Il tratto di strada che gli fecero percorrere consisteva in un corridoio stretto tra misteriosi tendaggi di seta nera, rischiarato debolmente da bracieri in cui ardevano lugubri fiamme violacee.
A un certo punto si fermarono e qualcuno aprì un varco nella seta pesante, rivelando l’ingresso di un enorme tendone nero a forma di esagono e con le pareti ricamate per ricreare una foresta di alberi fitti e sottili.
Al centro, c'era un lungo tavolo di legno scuro, attorno al quale erano riuniti altri uomini e altre donne. Molti, notò Jim, presentavano i segni della Guerra Civile: a una di loro mancava un braccio, altri avevano i volti segnati da cicatrici. Nessuno dei maghi di Arcanta, a eccezione di Boris Volkov, aveva lasciato sul proprio corpo tracce della guerra, nemmeno Blake. Loro, invece, le esibivano con onore, come medaglie.
«Dovremmo agire subito!» stava dicendo con foga una strega coi capelli grigio-argento tagliati corti e un occhio di vetro che le donava un aspetto minaccioso. «Dico di attaccare questa notte stessa.»
«Forse prima è il caso di mettere alla prova il ragazzo» intervenne un mago dalla pelle scura e una folta barba blu intrecciata di conchiglie.  «Sarà sufficientemente forte per affrontare il rituale?»
«Non possiamo più aspettare, Basilius! Arcanta possiede solo due Arcistregoni, non sarà mai così vulnerabile come lo è in questo momento.»
Jim individuò subito Lucindra, seduta all’estremità del tavolo, che ascoltava tutti senza prendere le parti di nessuno; aveva l’aspetto di una regina ed era fasciata da un vestito di velluto nero che creava un meraviglioso contrasto coi suoi capelli, una colata di rame fuso a eccezione per l’unica ciocca innaturalmente bianca. Fu la prima ad accorgersi del suo arrivo. 
«Attraversaspecchi.» Gli dedicò un sorriso dolce, un sorriso da Lucia che in altre circostanze avrebbe potuto essere rassicurante. Peccato non fosse decisamente quella la circostanza. «Grazie per averci raggiunti. Sono tutti molto ansiosi di conoscerti.»
I presenti si volsero verso l’ingresso e molte paia di occhi scrutarono Jim da cima a fondo con un misto di sorpresa e diffidenza. Pur consapevole di quanto dovesse apparire miserabile, ancora avviluppato in quella ridicola camicia di forza come un malato di mente, Jim sostenne lo sguardo di ognuno di loro.
«Non è necessario che sia legato» disse Lucindra, alzandosi in piedi. «Non è un prigioniero.»
Le due donne che lo accompagnavano si avvicinarono a Jim, una di loro estrasse da sotto il mantello un coltellino e strappò la camicia di forza con due rapidi tagli, lasciandola cadere come una carcassa sul pavimento.
Nonostante avesse più libertà di movimento, lui si sentiva un animale in trappola. I membri della setta continuavano a fissarlo, ma adesso oltre al sospetto si erano aggiunte altre emozioni impercettibili nei loro sguardi: erano incuriositi, forse addirittura emozionati, ma allo stesso tempo il fatto di trovarsi assieme a due Plasmavuoto liberi di sprigionare appieno i propri poteri devastanti li rendeva nervosi.
«Alcuni di noi si domandano se sarai un degno alleato nella battaglia che ci aspetta» disse Lucindra senza abbandonare il tono amabile, di una padrona di casa che si rivolge ai propri ospiti. «Li ho rassicurati, ovviamente, che hai avuto i migliori insegnati.»
Jim si tese all’istante. «Che ne hai fatto di Blake?»
«É vivo, ti basti sapere questo.»
«Immagino non me lo lascerai constatare coi miei occhi.»
Lucindra tornò a sorridergli. «Gli occhi ingannano, in questo luogo più che in altri, dovresti averlo imparato. Te lo lascerò incontrare, se è ciò che desideri. Voglio che tu ti senta a casa, qui tra noi.»
«Ce l’avevo già una casa. Tu me l’hai portata via.»
«Vedi, mia Signora» disse lo Zelota con la barba blu.  «È di questo che parlavo: non è vicino alla Causa come dovrebbe essere.»
«Jim ne ha passate tante» replicò Lucindra con calma. «È normale che abbia dei dubbi.»
«Io non ho dubbi» ringhiò Jim. «Su nessuno di voi. Siete dei fanatici del cazzo, degli assassini. Perciò piantiamola con questa pagliacciata: vuoi i miei poteri, no? Allora, prenditeli!»
Lucindra lo fissò per un momento, immobile, dopodiché si rivolse ai convenuti: «Vi dispiace lasciarci qualche minuto?»
Streghe e stregoni le offrirono un inchino rispettoso e uscirono dal tendone in silenzio. Anche Margot si diresse a testa china verso l’apertura, ma Lucindra disse: «Non tu, Zora. Tu puoi restare.»
La donna tornò lentamente a voltarsi; il suo volto non lasciava trasparire nulla, ma Jim era sicuro che avrebbe preferito defilarsi.
Quando furono rimasti in tre nel tendone, Lucindra fece il giro del tavolo ed entrò nel cerchio di luce di uno dei bracieri; forse era merito di quell’ingrata sfumatura violacea, ma il suo aspetto non era poi così fulgido come gli era parso all’inizio. Aveva cerchi scuri sotto gli occhi, le guance incavate, la pelle tesa e opaca. Jim ignorava come avesse fatto a liberarsi dalla prigionia, ma era chiaro che quello, unito alla creazione della Torre, le fosse costato uno sforzo non indifferente.
Lucindra si avvicinò a un leggio riccamente intarsiato, su cui era poggiato un grosso tomo nero rilegato in pelle sfilacciata. «Sai cos’è questo?»
Lui scosse la testa.
«Ha avuto molti nomi e altrettanti padroni» disse la strega. «Oggi è conosciuto come Codice Oscuro, si pensava fosse andato distrutto durante la Guerra Civile. I miei amici però lo hanno salvato, protetto e infine restituito a me. Il suo primo possessore è stato uno dei Tre Fondatori, Farabi al-Laqant: fu l’architetto che creò Arcanta, ma in pochi sanno che la sua più grande opera fu possibile solo grazie al Vuoto. Ti sei mai chiesto cosa ci fosse prima di Arcanta, in quella valle? C'era un umile villaggio di pastori, di Senza Poteri, sacrificato per dare una casa alla nostra gente. Conoscevi questa storia?»
«No.»
«Il tuo maestro non deve averti parlato di molte cose.» Le labbra di lei si sollevarono in un sorriso languido e le sue dita nere sfiorarono la copertina usurata del volume con premura. «Con me, invece, lui parlava: del suo passato, dei suoi progetti. Come quello di impossessarsi del Codice: scoprì che per secoli i Decani l’avevano custodito in una sezione segreta della Biblioteca, per nascondere il vero progetto dei Fondatori di restituire il mondo ai maghi. Naturalmente, nessun Decano avrebbe mai rinunciato alla sua posizione di potere, non dopo mille anni di oligarchia. Ma all'epoca, il Bibliotecario era Xavier Ascanor, fratello di Isabel Ascanor: per uno come Blake fu un gioco da ragazzi fingersi amico del cognato, ingannarlo e sottrargli il libro.»
«Non serve che mi spieghi che genere di uomo fosse» disse Jim. «So benissimo cosa ha fatto.»
«E malgrado ciò ti preoccupi per la sua vita.»
«Credo che abbia pagato per i suoi sbagli» replicò Jim, freddamente. «E tu rientri tra questi.»
Lucindra osservò il suo volto con interesse, il capo leggermente inclinato. «E i Mancanti? Secondo te hanno pagato per i loro crimini? Non credi che questo mondo sarebbe migliore se smettesse di essere di loro proprietà?»
«Non spetta a te decidere. Non sei Dio.»
Lei rise. «No, infatti. Ma a questo mondo non servono dei: ne ha avuti tanti e in loro nome sono state condotte crociate e genocidi. Ciò di cui ha bisogno è la possibilità di purificarsi. Di morire e poi rinascere.»
«Ho visto il genere di mondo che vuoi creare» disse Jim. «Somiglia più all'inferno.»
«Potremo plasmarlo a nostro piacimento, tu e io: lo renderemo perfetto, esattamente come lo vogliamo. Un paradiso.»
«Ma io saprei che non è reale.»
«Te lo farei dimenticare.»
Jim scosse la testa. «Sei convinta che con la magia si possa risolvere ogni cosa, ma non è così.»
«La penseresti allo stesso modo se ti mostrassi cosa accadrà tra pochi anni?»
Non ebbe neanche bisogno di usare le mani.
Jim percepì le ombre sollevarsi dalle pareti di stoffa, danzare come fossero vive. Il buio lo avvolse, ma a un tratto si accese di immagini folgoranti: vide uno stuolo di soldati in marcia, raggruppati in ranghi serrati e geometrici, il braccio destro sollevato in segno di saluto…subito dopo, vide quegli stessi soldati irrompere nella notte in un ghetto e tirare fuori casa per casa persone di ogni sesso ed età, strappandole ai propri letti…assistette impotente mentre venivano stipate a centinaia in sudici vagoni per il bestiame, spogliati di ogni avere, madri in lacrime separate dai propri figli, uomini e anziani percossi a sangue e senza pietà…sentì il rombo degli aerei che sfrecciavano nel cielo notturno e il fragore delle bombe che radevano al suolo intere città…e poi, quando ormai sentiva che il suo cuore non avrebbe retto altri orrori, vide un colossale fungo di fumo nero sollevarsi lì dove prima c’erano città e villaggi, incendiare il cielo, lasciandosi dietro solo cenere e ombre impresse sui muri…
«Basta!»
Jim barcollò, gli occhi pieni di lacrime.
Era piombato di nuovo nel tendone. Al suo fianco, Margot stava tremando e sembrava scossa anche più di lui.
«Zora sa bene di cosa parlo» disse piano Lucindra. «Ha vissuto sulla sua pelle la crudeltà dei Mancanti. Faglielo vedere.»
Margot trattenne un singhiozzo e scosse mestamente il capo.
«Fallo» insistette la strega. «Sii orgogliosa delle tue cicatrici.»
Margot esitò ancora, ma poi cedette alla richiesta. Sollevò lentamente la manica del cappotto e scoprì l’avambraccio, nella cui parte interna erano marchiati a fuoco dei numeri.
«I Mancanti non sono stati meritevoli di regnare su questo mondo» sentenziò Lucindra. «E non lo saranno mai: una nuova guerra sta per iniziare e il prezzo da pagare sarà ancora più alto. Ma noi, insieme, abbiamo il potere di fermare tutto questo.»
Jim respirò forte, cercando di recuperare il controllo. «Non è questo il modo…»
«E quale altro modo c’è?»
«Per ogni persona malvagia ce ne sono altrettante che cercano di rendere il mondo un posto migliore» disse Jim. «Tu non puoi saperlo: hai subito un torto in passato, hai sofferto, ma poi hai scelto di segregarti in un palazzo e da allora hai perso ogni contatto con la realtà. I Mancanti non sono perduti. C’è ancora del buono in loro.»
Lucindra scosse la testa, guardandolo con compassione. «Sei un illuso.»
«E tu sei disperata. E sei sola.»
L'espressione di lei divenne livida. «Bene. Allora dovrò ricorrere ad altri sistemi per farti comprendere le mie ragioni. Zora, falli entrare.»
Margot impallidì. «Avevi detto che non sarebbe stato necessario…»
«A quanto pare, invece lo è.»
L’indovina rivolse a Jim uno sguardo angosciato e lui avvertì un brivido gelido corrergli lungo la schiena. Che intendeva dire? Che cosa non era necessario?
Ma prima che potesse chiederglielo, Margot era già sparita oltre i lembi di seta della tenda. Un momento dopo tornò, e dietro di lei comparvero Sinclair e Big Joe. Insieme a Vanja e Wilhelm Svanmör.
Margot non aveva mentito, sembrava che stessero bene, anche se erano visibilmente terrorizzati. I gemelli furono trascinati di peso nel tendone, i polsi e le caviglie strette da pesanti catene. Vanja sollevò la testa e quando lo vide i suoi occhi grigio-azzurri si riempirono di stupore e sollievo: «Jim! Oh, mio Dio, sei vivo!»
Il ragazzo corse immediatamente da loro, ma Sinclair tirò a sé la trapezista per la catena, puntandole un coltello alla gola. «Vedi di mantenere la calma, Superstar.»
Una rabbia feroce si impadronì di lui. «Lasciateli stare, loro non c’entrano niente in tutto questo!»
Lucindra si avvicinò ai prigionieri, con movimenti lenti e misurati. «Prima ho bisogno che tu mi dia una risposta: ti unirai alla mia Causa? Mi aiuterai a compiere il rituale e liberare il Vuoto?»
«Perché stai facendo tutto questo?» domandò Jim, furente. «A che ti serve? Sono qui, hai ottenuto quello che volevi: perché continui a tormentare i miei amici?»
«Non traggo alcun piacere nel far soffrire le persone a cui tieni, ma a questo punto dovresti sapere come funziona la magia: è nella Volontà che risiede il vero potere di un mago.»
Si accostò a Wilhelm. «Quindi te lo chiedo un’altra volta, Attraversaspecchi: mi aiuterai?»
Jim serrò i pugni. «Fottiti.»
Lucindra gli rivolse un sorriso triste. «Peccato.»
Un istante dopo, Wilhelm lanciò un urlo terribile e si accasciò a terra. Vanja strillò e si divincolò dalla stretta di Sinclair per lanciarsi verso il fratello, che si contorceva a terra in preda alle convulsioni.
«No!» urlò Jim con disperazione. «Smettila! Lascialo stare!»
Il volto di Wilhelm divenne cianotico, gli occhi si rivoltarono nelle orbite. La sua pelle color latte si ricoprì di venature nere e la schiena si incurvò in maniera innaturale, mentre qualcosa di liquido e nero iniziava a colargli dalle narici…
«Will!» singhiozzò Vanja.
Margot era pietrificata, pallida come uno spettro. «Aspetta, non erano questi i patti! Avevi giurato…!»
«Ho giurato di restituirti la tua eredità, Zora.» Gli occhi di Lucindra si spostarono freddi su di lei. «E tu mi hai promesso in cambio obbedienza.»
La sua voce aveva perduto ogni traccia di cordialità, mostrandola finalmente per quello che era: un capo autoritario, che considerava i suoi Zeloti più come soldati ubbidienti che come amici.
Gli occhi di Margot si velarono di lacrime. «Per favore…»
«Lo farò!»
Entrambe le donne si volsero verso Jim.
«Hai vinto» gemette lui. Gli faceva male il cuore, gli faceva male vivere. «Risparmia la compagnia, tutti loro…e io ti aiuterò a compiere il rituale.»
Lucindra lo fissò per un istante che parve durare un’eternità. Arretrò di un passo da Wilhelm, e il ragazzo smise all’istante di contorcersi. Sinclair mollò la presa e Vanja poté raggiungere il fratello. Si rannicchiò al suo fianco, in preda ai singhiozzi, accarezzandogli il volto e sussurrandogli parole nella loro lingua natia.
Lucindra si mosse verso Jim. «Hai preso la decisione giusta, Attraversaspecchi.»
Jim tirò su col naso, il corpo attraversato da brividi. Era l'unica strada da percorrere, l'unica soluzione per rimettere le cose a posto. Aveva causato soltanto dolore a chiunque si fosse avvicinato a lui, aveva rovinato la vita di suo padre, di Arthur e Joel e di centinaia di persone innocenti...
Era suo dovere mettere fine a tutto. Solo lui aveva il potere di farlo.
Atterrita, Vanja cercò di incrociare il suo sguardo, ma lui girò il capo con vergogna. «Ho un’ultima richiesta.»
Lucindra lo guardò. «Quale?»
«Cancellami la memoria» disse Jim, implorante. «Non voglio…non voglio ricordare niente di tutto questo, le persone che ho perso…solo così potrò concedermi al Vuoto completamente. Lo puoi fare?»
Lucindra soppesò la cosa. Infine, si rivolse a Margot. «Puoi occupartene tu: dopotutto sei una delle migliori pozioniste che il Mondo Esterno abbia mai avuto.»
La testa china e le spalle ricurve, Margot annuì.
«Un momento, bellezza» intervenne rudemente Sinclair. «Quand’è che darai anche a noi quello che hai promesso, eh?»
Lo sguardo di Lucindra lo sfiorò con sufficienza.
«La magia» specificò Sinclair, in tono scocciato. «Puoi farlo sul serio o erano tutte stronzate?»
Lucindra sbatté le palpebre. «Certo che no. Vi siete rivelati utili e meritate un'adeguata ricompensa. Giusto, Zora?»
Margot tacque. Sinclair e Big Joe si scambiarono un’occhiata trionfante ed eccitata. «Ok, allora vediamo di darci una mossa.»
Jim guardò Lucindra, stupefatto. A che gioco stava giocando?
La strega andò più vicina a Sinclair, che sogghignava ancora come un babbeo. Dopodiché aprì la bocca come se stesse per baciarlo, ma invece si limitò ad alitargli sulla faccia. Sinclair strabuzzò gli occhi e risucchiò il respiro dalla sorpresa, attirando dentro di sé quello di Lucindra. «Ma che..?»
Tossì, sussultò. Poi, le sue mani si sollevarono al petto di scatto e strapparono la camicia lercia; sotto la pelle si stava muovendo qualcosa, un’ombra che si propagava a macchia d'olio su tutto il torace.
«Che mi succede?» Indietreggiò, malfermo sulle gambe. «Che mi hai fatto, puttana?!»
Gli si spezzarono gli stinchi e cadde a terra urlando.
Jim era raggelato dall’orrore mentre assisteva impotente a quello spettacolo. Sinclair gettò all’indietro la testa, gli occhi fuori dalle orbite, la bocca piena di bava e le vene del collo che si gonfiavano come sul punto di esplodere. In cerca di aiuto, provò ad afferrare il braccio di Big Joe, con le dita che si squarciavano fino diventare artigli, ma l’altro si ritrasse disgustato. Una serie di protuberanze si sollevarono sotto la pelle, deformandogli la schiena e lacerando ciò che restava dei vestiti, mentre subiva la più dolorosa delle metamorfosi. Lanciò un grido agghiacciante, da belva e due schegge nere gli perforarono la fronte, torcendosi all'indietro come corna caprine. Una peluria nera e irsuta gli ricoprì ogni centimetro del corpo e Sinclair si ritrovò carponi, a ragliare sul pavimento. 
Sul volto di Lucindra si allargò un sorriso appagato.
«Dare e avere» mormorò con dolcezza. «In fondo, si tratta sempre e solo di questo.»
 
  
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