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Autore: Jasmine54    08/10/2022    1 recensioni
Un ritratto che, con lievi pennellate colorate, descrive la vita in una cittadina italiana non bene identificata. Le diverse classi sociali che la abitano e i personaggi pittoreschi che compaiono sullo sfondo costituiscono, con tinte talvolta tragiche e talvolta comiche, l’anima della cittadina.
Nota: rating alzato ad arancione per un solo capitolo.
Genere: Generale, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Raccolta | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Maggio era giunto, con la sua prima carezza calda sulla pelle. Aveva richiamato tutti all’aria aperta, con magliette a mezze maniche, pantaloncini corti o bermuda, gonne piuttosto corte - delle ragazze e non solo - ma soprattutto con le biciclette.

Sulle ciclabili della cittadina, per le vie del centro e nelle periferie era infatti tutto un vociare, un salutarsi ad alta voce con sorrisi felici sulle labbra. Anche le persone più reticenti e poco empatiche si lasciavano tentare da un approccio appena accennato.

In un giorno di maggio, il professor Nardini stava sfrecciando per via Roma verso la scuola: aveva una supplenza inaspettata da coprire.

 

La signora Virginia, intanto, era appena tornata dal negozio del ciclista, da cui si era fatta mettere due bei cestini sulla bicicletta: uno davanti e l’altro dietro la sella. “Ci starà tutta la mia spesa, così non dovrò, almeno nelle belle giornate, farmi accompagnare in macchina da Agnese…” pensò tra sé soddisfatta mentre, pedalando, si dirigeva in centro per gli acquisti e per curiosare un po’ tra le vetrine.

Alle undici del mattino, per le vie cittadine, c’era un bel traffico di biciclette, tra chi andava in una direzione e chi, nel senso contrario, si fermava in mezzo alla strada a chiacchierare con amici e conoscenti.

Alcune donne in carriera si spostavano, come di consueto, da un ufficio all’altro. Spesso indossavano completi eleganti con tacchi alti, borsette firmate in spalla, e avanzavano con l’immancabile valigetta da lavoro in mano. Poi, dopo occhiate distratte alle vetrine dei negozi di abbigliamento e con una semplice alzata di spalle, si ritraevano, rimandando al tardo pomeriggio. Il loro incedere era veloce e altezzoso, la scia di profumo che lasciavano odorava di costoso e raffinato.

Loro sì che sapevano cosa significasse avere delle grandi responsabilità!

Scuotendo la chioma perfetta, dopo essersi rispecchiate in una vetrina, passavano, ticchettando, con una postura quasi marziale.

Alcuni gruppi di ragazzi, quel giorno, giunti nel mezzo di via Roma, attirarono con il loro vociare lo sguardo dei passanti: erano usciti dalla scuola prima del previsto, perché la professoressa di matematica aveva fatto sciopero.

Tra questi c’erano anche Sara e Ilaria, le amiche inseparabili.

La signora Virginia le scorse subito e le chiamò ad alta voce.

Il suono di una musica, intanto, si stava avvicinando: era ancora Radio-Bici.

Le ragazze, al suo arrivo, cantarono in coro la canzone da lui scelta nel suo défilé lungo il corso. L’uomo era compiaciuto e soddisfatto: anche questa volta aveva fatto centro nella scelta del pezzo.

Intanto, in un angolo tra piazza del Duomo e via Roma, si intravide il venditore di fiori, un ometto sempre sorridente e contento. Il grande cesto che portava sulla bicicletta raccoglieva mazzi dei più svariati fiori e profumi: le fresie multicolori, le rose dalle tinte gialle, rosa, bianche e rosse, i tulipani, i grandi anemoni blu, le margherite bianche dai petali larghi. Presto intorno a lui si formò un capannello di donne. Tutte lo conoscevano e sapevano che i suoi fiori erano di lunga durata… non come quelli venduti da Mario, il fioraio del negozio di via Trani!

“Nonna, voglio comperarti un mazzo di fresie multicolore, come piacciono a te,” disse Ilaria, guardando Virginia con affetto.

“Grazie cara, mi piacciono tanto questi fiori. Tuo nonno me li regalava tutte le settimane, anche se quelli che avevo erano ancora belli.”

Con un sospiro pieno di ricordi, Virginia abbracciò la nipote.

“Ma ci sei anche tu Sara, vieni che facciamo un abbraccio a tre!”

Il cerchio affettivo si chiuse.

 

La panettiera Manuela, nel mentre, aveva appena esposto in bella mostra nella sua vetrina delle forme di pane alle uvette, come sempre storcendo il naso. Sara se ne accorse e rise, raccontando alla signora Virginia e a Ilaria quanto aveva visto.

“Ora entrerò a comprare un bel pezzetto di pane con l’uva… piace tanto alla mamma! Poi voglio vedere cosa mi dirà quando glielo chiederò!” La ragazza si diresse dunque verso la panetteria, con passo deciso.

“Buongiorno, signora Manuela, come sta?”

“Uhm, ‘giorno. Cosa vuoi?”

L’accoglienza della donna era ben nota nella cittadina, la sua gentilezza non era da meno, ma il suo pane era ottimo: il resto contava poco.

“Una metà di quel buon filone di pane con l’uva.”

“Bene, a me non piace per niente!” fu la risposta della donna mentre tagliava il filone e lo incartava ben bene, facendolo sparire velocemente dalla propria vista.

Sara dovette trattenersi dal ridere e, con gentilezza, la salutò, augurandole una giornata felice.

Il perché la signora Manuela fosse così scorbutica e scostante, non era saputo da molte persone. Il padre, anche lui panettiere, praticamente da sempre, soleva alzarsi tutte le mattine alle tre e trenta per impastare e far lievitare il suo buon pane, le sue brioches e quant’altro.

La moglie del panettiere, purtroppo, veniva svegliata ogni mattina dal marito durante quella levataccia e, per quella ragione, rimaneva nervosa e scorbutica per tutto il giorno con i figli, con il marito stesso e con i clienti della panetteria.

I figli della coppia, tre maschi e una femmina - Manuela appunto - avevano interiorizzato quell’atteggiamento burbero e un po’ maleducato verso il prossimo, come se fosse un ‘normale e naturale’ modo di fare.

In particolare Manuela, essendo femmina e l’ultima dei figli, stava sempre con la mamma, i cui modi poco piacevoli di relazionarsi erano entrati inevitabilmente nella testa e nell’anima della figlia.

Ora, all’età di quarantacinque anni, Manuela non aveva ancora smesso quell’abitudine e sembrava addirittura vantarsene con le poche persone che la tolleravano, per il modo con cui “metteva in riga” la clientela.

Povera Manuela, quanto era lontana dalla verità, quanta chiusura mentale aveva dovuto tollerare per farsi accettare dalla madre e dai fratelli!

Sara, una volta uscita dal negozio, raccontò l’accaduto, facendo sorridere Ilaria e sua nonna.

“Ora sarà meglio che torni a casa a cucinare. Vuoi unirti a noi, Sara?” chiese, speranzosa, la signora Virginia.

“Grazie mille, prima chiedo alla mamma se sarà a casa per pranzo, e poi le farò sapere.”

Virginia allora salutò le ragazze, salì sulla sua bella bicicletta nuovamente attrezzata e ripartì verso casa.

 

L’aria era profumata: la vita aveva ripreso in maniera naturale il proprio corso. Tutto era un esplodere di novità, di cose da fare, di appuntamenti da non mancare, di programmi da decidere a breve scadenza, di scuole da terminare, di decisioni da prendere…

Sofia e Marco - dopo averci pensato a lungo, ponderando i pro e i contro - avevano deciso di andare a convivere.

Avevano scelto un appartamento situato al piano terra, con un bel giardinetto e vista sul fiume.

“Cosa si vuole di più dalla vita?”

Esclamarono all’unisono i due piccioncini, abbracciandosi, saltellanti.

   
 
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