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Autore: Joy    08/10/2022    1 recensioni
Steve è a bordo campo, finalmente.
Anche se non vuole dare importanza a cose di quel genere, Billy finisce sempre col gettare lo sguardo oltre la linea dell'area gioco.

[Harringrove, Ambientata tra la seconda e la terza stagione]
Genere: Hurt/Comfort, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Billy Hargrove, Steve Harrington
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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3.

 

 

 

Sul divano degli Harrington nemmeno ricorda come ci è arrivato. Forse si è addormentato, pensa, o più probabilmente è svenuto, perché non rammenta niente dopo che Steve l'ha guidato sul sedile della sua auto, ma sa che ad un certo punto il mondo ha smesso di vibrare, il rombo del motore si è acquietato e da allora le mani di Steve non l'hanno più lasciato.

Anche adesso le sente muovere piano sul viso e tra i capelli: “Dove ti fa male?” mormora con voce fioca. “Riesci a dirmelo?”

Scuote la testa. Pensa che potrebbe parlare in realtà, nonostante l'arsura che gli impasta le labbra, ciò che non riesce a fare è trovare un unico punto critico su di un corpo che percepisce come una intera massa dolorante, e prenderne atto gli fa pungere qualcosa dietro le palpebre.

“Va bene. E' tutto ok, ci penso io” sussurra Steve piano, così piano che Billy quasi non si accorge che ha la voce rotta e umida.

Anche il suo zigomo lo è –a quanto pare ha perso la sua battaglia contro quelle lacrime che premevano per uscire-, ma se ne accorge solo quando le dita di Steve ci scorrono sopra.

Cristo, è talmente patetico che a volte pensa che suo padre abbia ragione a sputare tutto il suo disprezzo chiamandolo femminuccia.

E gli costa ammetterlo -e se non fosse così sofferente nemmeno lo farebbe-, ma c'è una parte di lui che pensa di meritarli, i pugni di suo padre e il suo disgusto.

Forse è per questo che lo lascia fare, che si lascia pestare senza opporre resistenza, perché spera davvero che quei colpi lo facciamo diventare come suo padre lo vorrebbe; di potersi risvegliarsi il mattino seguente rispettabile come gli altri figli, o non risvegliarsi affatto.

Il momento in cui Steve tenta di sollevargli la felpa sul petto lo coglie alla provvista: solleva la mano di scatto e gli blocca il polso.

A Steve sfugge un gemito di sorpresa.

“Lasciami fare Billy, ok?” si riprende subito,“Ti tolgo questi vestiti umidi, così starai al caldo.”

Si fida di Steve: è l'unica persona a cui sente di poter dare accesso al proprio corpo, ma ha comunque bisogno delle carezze che il suo pollice gli disegna sul dorso della mano per riuscire a lasciare la presa.

“Faccio piano” promette.

E Billy lo sente, quel respiro trattenuto che gli rimbomba nella cassa toracica, rifiutandosi di portare aria ai polmoni, quando scorge i segni che suo padre gli ha lasciato sulla pelle; non ha controllato -non ne aveva le forze-, ma è sicuro che l'impronta dello stivale si distingua abbastanza bene.

Le dita di Steve esitano un istante, prima di seguire leggere le linee delle sue costole, una alla volta.

Per Billy è comunque troppo: sente il lamento che gli sfugge dalle labbra, prima che abbia il tempo di trattenerlo.

Steve si ritrae all'istante: “Ho fatto, ho fatto” assicura, “non mi sembra che ci sia qualcosa di rotto...”

A Billy non importa; gli importa solo del calore che sente quando Steve gli infila entrambe le mani sotto la schiena e lo solleva dal divano, quando gli sfila la felpa e lui oscilla fino a trovare un punto fermo nella sua spalla, quando si concede di respirare a pieni polmoni, anche se fa male, perché ha il viso contro il collo di Steve e Steve ha un odore familiare che lo fa sentire al sicuro, a casa; gli importa della maglia soffice in cui si ritrova avvolto, perché è di Steve e gli permette di cancellare il cognome che condivide con suo padre ed essere un'altra persona, gli importa delle braccia che sente attorno sé, perché a differenza di altre non sembrano intenzionate a lasciarlo.

È quel pensiero che lo culla.

Forse si è addormentato di nuovo, Billy smette di chiederselo, sa solo che quando riprende coscienza di sé ha indosso anche i pantaloni del pigiama di Steve, è di nuovo sdraiato sul divano e nella gola ha un vero inferno.

“S..sete” fiata.

La mano che si posa all'istante sulla sua fronte gli ricorda quella di sua madre.

“Hai la febbre alta” mormora la voce di Steve.

Le due immagini si sovrammettono e si allontanano.

Tornerò a prenderti, Billy, promesso.”

E lui ci prova a trattenerle, ma il braccio non sembra rispondere alla sua volontà: scivola giù, oltre il bordo del divano, senza forza, ed è Steve a riportarlo sui cuscini, stringendo la mano nella sua.

“Sono qui” gli dice. “Bevi questo.”

Il bordo del bicchiere è fresco contro le sue labbra riarse, il liquido che gli scende in gola leggermente frizzante, Steve gli solleva le spalle per aiutarlo a bere e aggiunge un cuscino prima di lasciarlo di nuovo sdraiarsi.

“Spero che sia sufficiente ad abbassarti la febbre, Billy, o dovremo andare in ospedale” borbotta.

“N..neanche per idea, Harrington” riesce a rispondergli, adesso che ha la bocca un po' meno impastata.

Steve sorride, riesce a vederlo anche attraverso il suo campo visivo sfocato.

“Allora vedi di non fare scherzi” commenta.

E c'è qualcosa, nel modo in cui Steve si siede ai piedi del divano, con le braccia incrociate sulla seduta all'altezza del suo fianco e la guancia su di esse, che lo riscalda da capo a piedi.

Lo riscalda più della febbre che alterna brividi a lingue di fuoco, più dello scoppiettio della legna nel camino sul lato destro del suo corpo o della coperta di lana che d'un tratto è comparsa su di lui.

Lo riscalda più del ricordo evanescente di sua madre, delle carezze che finge ancora di sentire e di sicuro, più delle sue promesse ancora da mantenere.

 

***

 

Lo sveglia l'aroma zuccherino dei pancake appena spadellati e il rumore insistente della pioggia contro i vetri delle finestre.

“Come ti senti?”

Billy sente un martello pneumatico che gli scava nel cervello, un formicolio diffuso in tutti gli arti irrigiditi -manco fosse risorto dalla tomba- e un senso di oppressione all'altezza dello sterno.

“Uno schifo, Harrington” gracchia, tentando di reprimere la smorfia che sente premere sulle proprie labbra al semplice tentativo di sollevarsi sui gomiti.

La mano di Steve scende a rafforzare il suo avambraccio tremante e gli facilita il compito.

“Te la senti di mangiare qualcosa?” chiede ancora.

Billy sente la nausea che gli preme sulla gola al solo pensiero, scuote la testa.

La mano di Steve si posa sulla sua fronte e poi scivola di dorso sul suo collo

“Sei ancora caldo” decreta, “ma non come ieri sera.”

Billy si sente uno strato di sudore appiccicato alla pelle che brucia fastidiosamente sulle contusioni ancora fresche e nonostante indossi gli abiti di Steve, sente ancora nelle narici l'odore del sigaro di suo padre.

La nausea peggiora.

“Ho bisogno di una doccia” dichiara, lasciando ciondolare le gambe oltre il bordo del divano e saggiando le sue scarse forse.

“E anche...” sospira, solleva lo sguardo e incrocia brevemente gli occhi di Steve.

Del tuo aiuto rimane non detto in mezzo a loro.

 

 

***

 

“Era per il compito di Max?” gli domanda Steve, mentre lo aiuta ad uscire dalla doccia e ad avvolgersi nel suo accappatoio.

“E per il college.”

Si sente le gambe deboli e Steve che evidentemente l'ha notato lo guida sullo sgabello.

“Non vuole che tu parta?” chiede ancora mentre gli passa un asciugamano tra i capelli.

“Oh no, non vede l'ora” gracchia, tossisce un po': ha la gola in fiamme. “Ma non vuole pagare la retta. Dice che un vero uomo è in grado di pensarci da solo.”

La mano di Steve scende tra le sue scapole.

È un argomento che aleggia i tutti i loro silenzi da quando quegli incontri clandestini sono diventati qualcosa: lui che ha bisogno di andarsene, ma non può permetterselo e Steve che può permetterselo, ma non vuole farlo.

A volte Billy vorrebbe dirglielo apertamente, gridarlo se necessario, che non vede altra soluzione per loro se non quella di lasciarsi alle spalle gli incubi e andarsene da Hawkins, ma per quanto senta la necessità di credere in quella speranza, è anche consapevole che se esistesse davvero un luogo in cui loro due possano vivere senza ipocrisie, Steve sarebbe il primo a partire dopo il diploma.

“Sai cosa penso?” esordisce Steve dopo qualche istante. “Penso che quello stronzo di tuo padre non sarebbe in grado neanche di lavarsi le mutande da solo, e questo la dice lunga su che tipo di vero uomo sia!”

E Billy non vorrebbe -perché la guancia gli fa un male del diavolo-, ma non riesce a trattenere la risata che gli esplode in petto; ed è un po' strano perché gli manca l'aria e non può respirare, ma continua a ridere. Continua a ridere anche quando Steve gli avvolge le braccia attorno e lo stringe contro di sé, e quando sente il nodo in gola e il bruciore dietro le palpebre; continua a ridere quando le lacrime gli sfuggono e Steve gli bacia i capelli, continua a farlo persino in mezzo ai singhiozzi, anche se è chiaro a entrambi che ormai sta piangendo.

“Giuro che ce ne andremo, Billy” mormora Steve. “Si sistemerà tutto e noi ce ne andremo. Te lo prometto.”

La differenza tra loro è che per lui si sistemerà tutto solo se se ne andrà.

 

***

 

“Cristo santo, Hop, che diavolo ci fai qui!”

Il sobbalzo di Steve, al loro rientro in cucina dopo la doccia, gli fa perdere l'equilibrio più della sorpresa di trovarsi di fronte la figura imponente dello sceriffo di Hawkins.

“Mi hai dato le chiavi ragazzo, ricordi?”

“S..sì” balbetta Steve, le unghie piantate nel suo avambraccio, “sì, certo che ricordo, ma -dico-, perché ora? Che succede?”

Lo sguardo serio dello sceriffo Hopper si sposta da Steve a lui un paio di volte, ma non c'è niente che Billy riesca a leggere nella sua espressione granitica o nella sua postura statica e questo lo mette in ansia più della rabbia o del disgusto che non avrebbe faticato a scorgere sul volto di suo padre.

Sottrae il braccio dalla presa di Steve e si siede al tavolo senza abbassare gli occhi.

Hopper, di contro, avanza di un passo e si porta le mani ai fianchi.

“Succede che quelle maledette ricetrasmittenti stamani sembravano impazzite e questo molto prima della mia sveglia, che ti assicuro è impostata su di un orario così mattiniero che potremmo definirlo notturno” chiarisce. “Quando ho chiesto ad El il motivo di tutte quelle comunicazione, la sua risposta è stata che il patrigno di Max Mayfield ha ucciso suo figlio e ne ha fatto sparire il corpo, ma lei è sicura stia ancora respirando, anche se non garantisce che stia bene visto che Steve Harrington lo sta facendo piangere.

E cazzo, Billy non sa se sia peggio che sua sorella abbia intuito fin dove può spingersi suo padre, che la figlia svitata di Hopper l'abbia visto con Steve, o che tutti sappiano adesso che Billy Hargrove frigna come una ragazzina.

Certo, a dare uno stacco sostanzioso a tutte queste opzioni nella classifica di un disastro annunciato, c'è l'improvviso balbettio sconclusionato che esce dalle labbra di Steve e le sue gote rosso fuoco.

“Non è come sembra!” stride con un tono che in qualsiasi altro contesto Billy non gli avrebbe concesso di dimenticare per i successivi dieci anni.

Hop lo ascolta come se volesse davvero dare una chance a quella valanga di parole senza senso che Harringon gli sta propinando, ma è quando lo vede sollevare un sopracciglio e incrociare le braccia al petto dopo un accorato guazzabuglio di auto guasta, equilibrio perso in prossimità di un fosso, doccia calda e passaggio a scuola, che Billy si sente in dovere di metterlo a tacere posando una mano sul suo avambraccio.

In fondo non ci sono molte scuse plausibili che possano giustificare la sua presenza a casa degli Harrington -quando gli Harrington stessi non ci sono-, alle sette del mattino e in vestaglia da camera.

“Senta” esordisce, cercando di tenere la voce ferma, “non stavo bene ieri sera, Sceriffo, e Steve mi ha aiutato ospitandomi a casa sua per la notte. Tutto qui.”

Si agita sulla sedia sotto lo sguardo indagatore di Hopper, non riesce a trattenersi: sembra poter estrapolare la verità direttamente dalla testa; evidentemente, a differenza sua, Jim Hopper riesce a leggerlo benissimo.

“E adesso come stai, figliolo?” chiede dopo in istante, rilassando le spalle.

“Una merda” s'intromette Steve.

“Sto a posto, Sceriffo” risponde, cercando di sembrare convincente.

“Sì” risponde Hopper senza specificare a chi. “Lo vedo.”

Accompagna le parole con un ulteriore passo nella sua direzione, ma prima che possa appoggiare la mano contro la sua fronte, Billy si scansa. Non è un movimento calcolato, è più un riflesso spontaneo e la consapevolezza che sia stato forgiato dalla necessità di schermarsi sempre e comunque, è qualcosa di cui Billy, per il momento, non vuole prendere atto.

La ruga che si forma sulla fronte di Hopper, però lo preoccupa.

“Ha ancora la febbre” interviene Steve a conferma di ciò che i suoi occhi lucidi e arrossati hanno già lasciato presagire.

“Va bene” sospira Hopper. “Restate qui per oggi, avvertirò io la scuola.”

Si allontana per poi tornare sui propri passi con aria pensosa : “Devo avvertire i tuoi genitori?”chiede con tono appena più basso.

Billy grugnisce.

Il silenzio che segue è talmente carico di tensione che non riuscirebbe ad articolare le parole nemmeno se fosse sua intenzione farlo.

Steve apre la bocca un paio di volte e la richiude senza proferire verbo.

“Non dirò niente” si risolve a prendere posizione Hopper. “E l'unica spiegazione che vorrei ricevere da te, Billy, è quella che riguarda quei lividi, perché per quanto fantasiose entrambe, sono più propenso a credere alla versione di Max piuttosto che a quella di Steve.”

A volte Billy pensa che dovrebbe parlare, seppellire l'orgoglio e la vergogna e salvarsi la pelle, ma non è sicuro di meritarlo, e comunque, non è pronto a farlo.

“Fate attenzione” è l'unica raccomandazione di Hopper, prima di varcare il portone d'ingresso e chiudersi la porta alle spalle.

Steve sfiata e si lascia cadere come un palloncino sgonfio sulla sedia accanto a lui.

“Penso che lo sappiano, Billy” sussurra.

Non specifica chi, né cosa e Billy di segreti ne ha più d'uno, ma è abbastanza sicuro che le sue carte siano state scoperte tutte.

“Non parleranno” asserisce Steve deciso, afferrandogli la mano. “Non parleranno” ripete posando la testa sulla sua spalla. “Billy, non parleranno” insiste e questa volta gli avvolge le braccia attorno e gli deposita un bacio umido sull'angolo della bocca.

E se non fosse per lui, Billy scuoterebbe la testa e gli direbbe che suo padre ha ragione e che quelli come lui, gli invertiti come lui, non ce l'hanno il diritto di vivere felici, ma Steve è buono ed è agli occhi di tutti il ragazzo perfetto, destinato a diventare l'uomo perfetto e quell'amore non può essere così sbagliato se lo prova Steve.

“Va bene, Campione” mormora. “Ho capito.”

Vorrebbe poterlo rassicurare meglio, ma la verità è che non lo sa fare, non sa camminare a testa alta se a proteggerlo non ha più nessuna delle sue numerose maschere.

Sa solo barcollare e procedere a tentoni.

Sperando di fare poco rumore.

 

 

Fine.

 

 

 

 

 

  
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