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Autore: Parmandil    09/10/2022    1 recensioni
Il pianeta Thalassa è un’isola di pace per gli avventurieri della Destiny, sperduti nel Multiverso senza le coordinate quantiche di ritorno. Ed è ancora più importante ora che l’esaurimento dei cristalli di dilitio minaccia di far restare la Destiny senza energia, il che equivale a morte certa. Ogni quarant’anni il pianeta appare nel Vuoto, rimanendovi un mese, per poi tornare nel nostro Universo. I suoi coloni appaiono pacifici e bendisposti. Per i nostri eroi è l’occasione perfetta per tornare a casa, o almeno per procurarsi il prezioso dilitio; ma gli abitanti si fideranno di loro? Non sarebbero più ospitali se li credessero veri ufficiali della Flotta Stellare? Intrappolati nella loro stessa rete di bugie e mezze verità, gli avventurieri dovranno decidere fin dove sono disposti a spingersi pur di ottenere ciò che vogliono.
Genere: Avventura, Azione, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo Personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
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-Epilogo:
Data Stellare 2611.241
Luogo: Quartier Generale della Flotta Stellare, Terra
 
   Era una giornata tersa ad Atlantide, l’isola artificiale su cui sorgevano le infrastrutture chiave della Federazione e della Flotta. La brezza marina faceva garrire le bandiere della Flotta Stellare sui pinnacoli dell’imponente palazzo. Lontano da lì, un nuovo Quartier Generale prendeva forma. Si trattava di una struttura avveniristica, dalle forme sinuose, che si librava direttamente nello spazio. Dopo anni di lavori, la costruzione si avviava al termine: l’inaugurazione sarebbe stata un grande evento. Ma per il momento la sede della Flotta era ancora lì sulla Terra, con le fondamenta ben piantate al suolo. Lì risiedevano gli ammiragli, con i loro staff. E quindi fu lì che la dottoressa Corinna entrò a passo svelto. Dopo sei mesi dallo scontro con Rivera, la Kriosana non recava più i segni della violenta colluttazione. Anche il braccio slogato era tornato a posto, con l’adeguata fisioterapia. Entrata nella grande e luminosa hall, piena di alieni d’ogni specie che sbrigavano un’infinità di faccende, Corinna si diresse senza esitazione a uno degli sportelli.
   «Buongiorno, signora...?» chiese l’impiegato, un allampanato Kelpiano.
   «Direttrice Corinna, della colonia Thalassa» rispose la Kriosana, porgendogli un documento d’identità. «Sono mesi che cerco di avere un colloquio con qualche Ammiraglio, per una questione riservata della massima importanza. Ieri mi hanno avvertita che l’Ammiraglio Hod era disponibile a un incontro».
   «Vediamo...» fece il Kelpiano, verificando gli appuntamenti su un oloschermo. «Sì, ha un colloquio con l’Ammiraglio prenotato per oggi alle 16. È arrivata con grande anticipo» notò.
   «Come le ho detto, è una faccenda importante. Mi può indicare la strada?» chiese Corinna, cercando di nascondere la tensione.
   «Segua il drone» disse l’impiegato, premendo un comando sull’interfaccia della scrivania. Da un apposito foro nella parete alle sue spalle uscì un piccolo drone volante, di forma sferica, non più grande di una pallina da tennis. Il drone prese a levitare a un metro e mezzo da terra, dirigendosi a passo d’uomo verso la giusta direzione. Intanto il Kelpiano restituì a Corinna il documento d’identità, dopo averlo convalidato. «Raggiungerà una sala d’aspetto, dove le diranno quando potrà entrare» spiegò.
   «Grazie» fece Corinna, seguendo il drone verso le scale mobili più vicine.
   «Non ha alcun bagaglio con sé? Valigette, documenti?» si stupì il Kelpiano, seguendola con lo sguardo.
   «È tutto qui dentro» rispose la Kriosana, picchettandosi la tempia.
 
   Seguendo il drone, Corinna si fece strada nel Quartier Generale, da un piano all’altro e da un settore all’altro. Più saliva, più le misure di sicurezza si facevano stringenti. La sua identità fu verificata più volte, anche con lettori di DNA e scanner molecolari. Gli agenti della Sicurezza la scansionarono da capo a piedi, per accertarsi che non avesse armi nascoste. Corinna comprendeva il motivo di quelle precauzioni: gli Ammiragli avevano molti nemici. Perciò sopportò tutto senza protestare.
   Giunse infine alla sala d’attesa, dove una segretaria Boslic dalla chioma violetta la invitò a sedersi: «Si accomodi, l’avviserò quando l’Ammiraglio potrà riceverla. Sa, è una persona molto impegnata».
   «Sì, certo» fece Corinna, sprofondando in una delle comode poltroncine. Il drone che l’aveva guidata fin lì tornò indietro, certo per fare da guida a qualche altro visitatore. Durante l’attesa – lunga per via dell’anticipo – la Kriosana osservò il paesaggio fuori dalla finestra di trasparacciaio. Alla fine aveva raggiunto la Terra, come aveva sempre sognato. Anche se non era lì in visita turistica, era una bella soddisfazione. Atlantide le piaceva: a parte la maggior monumentalità dei palazzi, non era poi così diversa da Thalassa. Certo, sulla Terra c’erano molti altri ambienti. Peccato che non li avrebbe potuti visitare; non ne aveva il tempo.
   «Può entrare» disse finalmente la segretaria.
   A quelle parole Corinna scattò in piedi come una molla. Il cuore le batteva forte. Che ironia: aveva lottato mesi per arrivare a quel punto, sacrificando ogni altro interesse, eppure adesso era assalita dai dubbi. Aveva viaggiato per centinaia d’anni luce, eppure temeva di fare gli ultimi passi.
   «Tutto ciò che ho fatto finora è reversibile. Ma se entro in quella stanza, niente sarà più come prima» si disse. C’era persino la possibilità che suo zio le negasse il ritorno in patria, trasformandola in un’esule senza fissa dimora.
   «L’Ammiraglio la attende» ribadì la segretaria, notando la sua esitazione.
   «Oh, al diavolo!» si disse la Kriosana. Fece un respiro profondo e varcò l’ingresso.
 
   L’ufficio dell’Ammiraglio Hod era vasto e accogliente, con numerose piante ad abbellirlo. Su una parete campeggiava l’immagine dell’USS Keter, l’astronave che Hod aveva comandato per dieci anni quand’era Capitano e con cui aveva combattuto la durissima Guerra Civile.
   «Salve, Direttrice Corinna. Si accomodi» la invitò l’Elaysiana, accennando a una sedia davanti alla sua scrivania. I capelli biondi si stavano ingrigendo per l’età, ma Hod aveva ancora la mente attenta e strategica che le aveva permesso di affrontare le peggiori avversità.
   «Grazie, Ammiraglio. Le sono grata di avermi ricevuta» disse Corinna, accomodandosi.
   «Lo avrei fatto anche prima, se la sua situazione non fosse così delicata» precisò l’Elaysiana. «A quanto ho capito, lei è espatriata contro il volere del suo governo. Il Governatore Sirran la sta cercando, reclama la sua estradizione. Però non è in grado di dimostrare che lei abbia commesso alcun reato, in patria o altrove. Allora, può dirmi che cosa succede?».
   «È semplice, Ammiraglio. Noi abitanti di Thalassa siamo in possesso d’informazioni riservate sul conto dell’USS Destiny, la nave scomparsa sei anni fa» rivelò la Kriosana. «Purtroppo mio zio, il Governatore, non vuole che vi raccontiamo nulla, a causa di una meschina vendetta che vuol prendersi contro l’equipaggio di quella nave. Così ci ha proibito tassativamente di parlare».
   «E lei non condivide questa politica?» indagò l’Ammiraglio.
   «All’inizio la condividevo» ammise Corinna, incupendosi. «Ma riesaminando l’accaduto, sono giunta alla conclusione che quanto stiamo facendo è sbagliato. A prescindere da ciò che è accaduto fra noi e la Destiny, è giusto che siate informati su quella nave. Poi sarete voi a fare ciò che riterrete opportuno». In effetti la Kriosana aveva avuto molto tempo per riflettere sull’accaduto, mentre giaceva convalescente in un letto d’ospedale dopo la battaglia. Man mano che la rabbia sbolliva, e anche l’umiliazione si stemperava, aveva cominciato a capire perché gli avventurieri fossero arrivati a tanto.
   «Uhm... Direttrice Corinna, è consapevole che dalla scomparsa dell’USS Destiny si sono rincorse teorie e voci a non finire su ciò che le è capitato?» chiese Hod, rivolgendole uno sguardo penetrante. «Ci sono stati centinaia di falsi avvistamenti in tutta la Federazione e anche fuori. Persone d’ogni tipo che spergiurano di averla vista, d’essere state a bordo, di aver parlato con l’equipaggio. Ma nessuna di queste testimonianze ha retto a una seria indagine. In effetti comincio a stancarmi dei falsi allarmi» avvertì.
   «Io posso dimostrare le mie affermazioni» assicurò la Kriosana. «Conosco dettagli tecnici sulla Destiny che non sono stati divulgati. Ad esempio so che il nucleo quantico possiede un collettore triciclico d’immissione, il primo che la Flotta abbia collaudato nello spazio profondo» rivelò. «Inoltre so che la missione originale della Destiny prevedeva di raggiungere lo Spazio Fluido, per negoziare un trattato di pace con gli Undine».
   L’Elaysiana aggrottò la fronte. «Queste sono informazioni altamente riservate, come le ha avute?» chiese.
   «Ammiraglio, se so queste cose è perché sono stata sulla Destiny e ho parlato faccia a faccia con i suoi ufficiali!» s’infervorò Corinna. «Volevano che vi trasmettessi un rapporto sulle loro vicissitudini e delle lettere personali per le famiglie. È solo per una tragica serie d’incomprensioni col mio governo che tutto ciò non è stato possibile».
   «D’accordo, lei ha la mia piena attenzione» disse Hod, disponendosi all’ascolto. «Mi racconti per filo e per segno che cosa è accaduto. Non tralasci alcun dettaglio, per quanto personale; le prometto fin d’ora la massima riservatezza» garantì.
   «Grazie, Ammiraglio» disse Corinna, esalando un sospiro. «La prima cosa che deve sapere è che la Destiny esiste ancora, seppur smarrita nel Multiverso. Il suo equipaggio sta tentando disperatamente di tornare a casa. Però, vede... loro non sono quelli che pensa. L’equipaggio originale è stato ucciso dagli Undine e un altro ha preso il suo posto. Sono una banda di furfanti pronti a tutto; e forse è quel che ci vuole per sopravvivere in quelle condizioni. Il nuovo Capitano si chiama Armando Rivera ed era uno dei vostri, prima che lo sbatteste fuori».
   «Continui» disse l’Ammiraglio, sempre più interessata.
 
 
FINE

 
   
 
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