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Autore: Lella73    11/10/2022    8 recensioni
Ho sempre sognato di poter offrire un'opportunità di vivere la propria felicità ai personaggi che ho sempre portato nel cuore. Vi propongo quindi la mia storia, che intrecciandosi alla trama nota che tutti amiamo, lascia tuttavia la porta aperta ad altri sviluppi...
Genere: Azione, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alain de Soisson, André Grandier, Oscar François de Jarjayes, Victor Clemente Girodelle
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
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Oscar aveva preteso che tutti i soldati fossero già pronti e schierati a cavallo sulla piazza d'armi all'alba. Spiegò che per quel giorno non ci sarebbero stati turni e che tutti avrebbero pattugliato le strade di Parigi. Tornò a raccomandarsi che nessuno raccogliesse alcuna provocazione per nessun motivo e partì al galoppo, incitando i suoi uomini.

Bernard era stato di parola e fin dal mattino lui e altri stavano parlando alla gente nelle principali piazze della città. Oscar divise le strade fra i suoi soldati, poi seguì André, che la condusse dove Bernard in persona teneva il suo discorso. Ascoltarono per qualche minuto, poi André non potè fare a meno di sorridere: i dodici soldati della guardia erano detenuti per aver voluto difendere i deputati del popolo… i dodici soldati della guardia erano parigini come tutti loro… i dodici soldati della guardia erano stati privati dei loro diritti fondamentali… i dodici soldati della guardia erano figli di povera gente… … erano esattamente le parole che aveva usato lui per convincere Bernard ad occuparsi della loro causa: sarebbe potuto essere anche lui un ottimo sobillatore di folle... 

Presto dalle varie piazze la gente iniziò a confluire alla prigione dell'Abbazia. Nella tarda mattinata un discreto numero di persone stava già gridando fuori dalle mura. Oscar non voleva rischiare di perdere il momento giusto e giocò d'anticipo, inviando già prima di mezzogiorno un soldato con il dispaccio che aveva preparato con la richiesta di scarcerazione per i suoi uomini al fine di mantenere l'ordine pubblico.

 

Luigi XVI ascoltava i generali scagliarsi contro madamigella Oscar per la seconda volta in meno di una settimana. Seduto a capo di un lungo tavolo si sentiva più solo e confuso di quanto volesse ammettere. In realtà, quando la sua regina pochi giorni prima gli aveva chiesto il permesso di concedere immediatamente la grazia a madamigella Oscar, aveva accettato volentieri, quasi con una sensazione di sollievo per poter compiere la scelta che avrebbe voluto prendere fin da subito, ma per la quale non aveva avuto il coraggio di imporsi ai suoi alti ufficiali e consiglieri. Nuovamente ora si sentiva frustrato: se madamigella Oscar aveva ritenuto di chiedere la scarcerazione dei propri uomini, pensava il re, sarà stato di certo per una buona ragione e lui sarebbe stato propenso ad accondiscendere semplicemente per la fiducia che sempre aveva riposto in lei. Dodici uomini. Gli sarebbe bastato un cenno per mettere fine alla discussione, ma il generale Bouillé era talmente furioso da metterlo in soggezione. Continuava a insistere sul fatto che la corona non poteva permettersi di perdonare atti di insubordinazione e diceva che concedere la grazia a quei soldati sarebbe stato come ammettere che un comandante delle guardie metropolitane poteva avere più autorità di un generale in capo. Il generale Jarjayes non si era più presentato a corte dopo le vicende che avevano riguardato la figlia e Luigi si sentiva quasi sollevato per la sua assenza; era infatti certo che se fosse stato presente avrebbe sostenuto le argomentazioni di Bouillé, facendolo sentire ancor più in difficoltà.

Il re chinò il capo, toccandosi la fronte con le dita della mano destra. Non sapeva come comportarsi… più di cinquemila persone stavano urlando contro di lui a Parigi e per acquietarle gli sarebbe bastato liberare dodici uomini. Dodici soltanto. Ma Bouillé era così insistente… e se avesse avuto ragione? Se davvero usare il pugno di ferro avesse potuto rendere finalmente evidente la sua autorità? Guardò il generale e con sommo disgusto notò che mentre gridava sputava… No… si disse… era probabilmente più sensata la richiesta di scarcerazione inoltrata da madamigella Oscar… lei non si sarebbe mai permessa di alzare la voce con lui. Gli avrebbe proposto la propria opinione con educazione e gentilezza… come aveva sempre fatto… e come del resto aveva fatto nel dispaccio.

L'arrivo improvviso di sua maestà la regina portò il silenzio nella sala. Bellissima come sempre, incedeva velocemente verso il re con portamento elegante; era sola, priva delle solite dame al seguito.  Generali e alti ufficiali ammutolirono e finalmente anche Bouillé tacque. "Mia regina…" la salutò Luigi. "Siete in preda al dubbio mio signore?" gli  chiese lei. "Sì mia signora…" rispose il re guardandola speranzoso. Maria Antonietta rivolse lo sguardo verso tutti gli uomini che la stavano guardando e appoggiando una mano sulla spalla del consorte esclamò: "Cosa aspettate dunque?" il volto serio, il tono perentorio che non ammetteva repliche "Liberate i dodici soldati! È dovere di un grande sovrano dimostrarsi magnanimo col proprio popolo!".

Maria Antonietta non aspettò che qualcuno tentasse di sollevare obiezioni. Uscì dalla stanza col cuore colmo di commozione: da tanto tempo nessuno aveva avuto più bisogno di lei. Dopo la morte del figlio era rimasta più sola che mai. Quando il giorno precedente Fersen le aveva consegnato una lettera da parte di madamigella Oscar, aveva creduto si trattasse di ringraziamenti per la grazia che le aveva concesso, ma il fatto che le fosse stata fatta recapitare proprio personalmente dal conte, l'aveva indotta ad aprirla subito. Madamigella Oscar le chiedeva aiuto: un favore per salvare la vita ai suoi uomini. Maria Antonietta aveva pensato che pur essendo la regina di una monarchia in declino, aveva tuttavia ancora il potere di aiutare un'amica… e l'avrebbe fatto. Prima ancora di raggiungere sua maestà il re, aveva infatti inviato a Parigi un messo reale con la grazia firmata di suo pugno.

 

Oscar era stata la prima ad accorgersi del messo reale: con i colori sgargianti della livrea e il cavallo riccamente adornato, le era sembrato talmente fuori posto fra la folla urlante e i soldati sui loro cavalli, che Oscar si era stupita che nessuno l'avesse fermato o aggredito prima che lei avesse potuto raggiungerlo. Quando, avanzando nella sua direzione, aveva cercato di farsi largo fra la gente, aveva sentito il cuore in gola: salvi! I suoi uomini erano salvi! … e aveva avuto ragione: il generale Bouillé non avrebbe mai permesso che venissero graziati: era stata la regina a farlo… per lei. Solo per lei. Il soldato che aveva mandato con il dispaccio non era ancora tornato. Il generale stava certamente cercando di trattenerlo il più a lungo possibile affinché arrivasse troppo tardi per fermare l'esecuzione, ma grazie alla sua regina, questo non sarebbe accaduto. 

Oscar aveva voluto scortare personalmente il messo nella prigione e assistere alla lettura del documento che portava con sè e ora finalmente, ritta sul suo cavallo, di fronte all'enorme portone di ingresso, aspettava che lasciassero uscire  i suoi uomini. André la guardava, poco distante: il volto infervorato, il portamento fiero… le sarebbe mancato essere un militare, ne era sicuro.

Al tramonto ancora il soldato con la risposta ufficiale al suo dispaccio non si era visto e Oscar era irrequieta. Il sole era già arancione e basso sull'orizzonte, quando le massicce ante della porta iniziarono ad aprirsi. Guardandole, Oscar sentì la bocca inaridirsi e trattenne il fiato. Il primo a uscire fu Alain, immediatamente seguito da Gérard, poi dagli altri. A Oscar bastò l'accenno del blu dell'uniforme per riconoscere immediatamente la testa di capelli mori che si muoveva guardando nella sua direzione, più alta della media di tutte le persone intorno. La risata fragorosa, il passo pesante, le massicce spalle ben in mostra con irriverente aria di sfida, Alain marciava verso di lei.

 

La giornata era trascorsa pesante e lenta, senza parole e senza speranze. Nessuno aveva portato cibo o acqua. Nessuno era venuto a dire ai soldati detenuti l'ora esatta in cui sarebbero stati giustiziati. Non era stata offerta loro nemmeno la possibilità di parlare con un prete: nessun conforto. Nessuna considerazione. Erano già morti: carne senza valore.

Alcuni avevano pianto, altri pregato. Alain e Lasalle erano rimasti sempre seduti con le spalle appoggiate al muro. Quando la luce aveva iniziato a cambiare colore, facendosi più calda e dorata, avevano saputo che ormai il loro tempo era finito.

La guardia arrivò battendo forte un pugno sulla porta; quando aprì, gli uomini si fecero trovare ordinatamente schierati come se fossero stati in servizio: sarebbero andati incontro alla morte a testa alta. L'ufficiale aveva sul volto un'espressione infastidita, con un ghigno sprezzante. "Siete i figli di puttana più fortunati che io conosca! Uscite! Forza!". I soldati della guardia si guardarono fra di loro con aria interrogativa: nessuno di loro si sentiva fortunato in quel momento. L'ufficiale batté forte il moschetto sul pavimento provocando un suono sordo. "Muovetevi sacchi di merda! Siete liberi!". 

Liberi? Erano LIBERI? Gli occhi spalancati, le lacrime di commozione, le bocche aperte da principio incapaci di emettere suono… i dodici detenuti esplosero improvvisamente all'unisono in un grido di gioia, si abbracciarono, si buttarono a terra in ginocchio. Gérard abbracciò Alain, lasciandosi andare a grandi pacche sulle spalle. "È stata lei! È stata lei Alain! Ne sono sicuro! Il comandante! Non ci ha abbandonato!". Certo che era stata lei, pensò Alain. Certo che era stata lei… Rise forte. "Forza amici! Usciamo di qui! Rientriamo in caserma da eroi stasera!".

Alain fu il primo a uscire e la vide subito: i bei capelli biondi, l'espressione seria, il portamento fiero ed elegante… il cuore perse un colpo… La piazza gremita, la gente festante, le grida dei compagni… era tutto meraviglioso in quel tramonto parigino che stava diventando rosso fuoco… ma la verità era che non gli importava di nulla, perché era vivo e innamorato. Avanzando verso di lei avrebbe solo voluto prenderla fra le sue braccia e dirle che l'amava… o forse non dirle niente e baciarla fino a imprimersi per sempre il suo sapore nella memoria. Camminò a pesanti falcate facendosi largo fra la folla finché non la raggiunse, ma arrivato trattenne il fiato un attimo e guardandola le porse solo la mano, che lei prese, trattenendola nella propria mentre lo guardava negli occhi con un sorriso pieno di dolcezza.

 

Oscar teneva stretta la mano di Alain e vedeva i suoi uomini finalmente uscire tutti dalla prigione. André le si fece accanto: "Ben trovato amico." disse ad Alain. Tutti i compagni li avevano ormai raggiunti e prendevano le mani di Oscar. "Comandante!" gridavano. Lasalle aveva preso una mano di Oscar fra entrambe le proprie e continuava a ringraziare piangendo: "Siete stata voi! Lo so che siete stata voi! Mi avete salvato la vita un'altra volta!". Poi girò attorno al cavallo per raggiungere André: "André! Amico mio! Sono vivo! Sono vivo!". André gli porse la mano e lo aiutò a salire con sè sul proprio cavallo. Gérard alzò un braccio salutando tutti fra le lacrime. Altri soldati a cavallo li avevano raggiunti e facevano altrettanto, aiutando i compagni appena liberati a montare sulle loro cavalcature. Alain rimase a terra, le mani affondate nelle tasche, guardando Oscar in silenzio: la dolcezza dello sguardo, il modo in cui i capelli riflettevano la luce del tramonto mentre lei piegava la testa, la forma aggraziata delle spalle… Improvvisamente Oscar si girò verso di lui e i loro occhi si incontrarono. "Devo ringraziarvi, comandante…" le disse, preso alla provvista. "Voglio che tu sappia che il merito non è né mio né di questa gente. Il merito è della regina Maria Antonietta. Sua maestà la regina vi ha graziato. Vi ha graziato tutti." gli rispose Oscar, seria e solenne, notando in lontananza nella piazza sopraggiungere infine il soldato che lei aveva inviato tante ore prima, chiedendo la scarcerazione. "Sua maestà la regina?!?" gridò Alain scoppiando in una risata fragorosa, piegandosi e appoggiando le mani sulle ginocchia. Si erse improvvisamente, buttando la testa indietro: sua maestà la regina non sapeva neppure che lui e gli altri esistessero… se davvero aveva concesso una simile grazia, era solo perché qualcuno aveva avuto il coraggio di chiedergliela. Guardò il suo comandante: "Vi ringrazio lo stesso." le disse serio. "... e per Dio tornerò in caserma da eroe!" esclamò a voce alta, allungando le mani verso le redini e la sella di César e issandosi agilmente alle spalle di Oscar. Lei si voltò sorpresa, cercando di ritrarsi, ma Alain era già in sella e la stringeva con un braccio. André si avvicinò col proprio cavallo cercando di trattenerlo, afferrandogli un braccio per la manica, ma ad Alain non importò. Gli mise a sua volta pesantemente una mano sulla spalla, strattonandolo scompostamente. "Sono vivo amico! Sono vivo!" gli disse, per poi spronare il cavallo di Oscar e muoversi velocemente. "Sono vivo e per adesso sono con lei…" pensò, respirando il suo profumo, lasciando che i suoi capelli gli sfiorassero il volto mossi dal vento e sentendo la schiena esile contro di sè. 

Oscar sentì il torace massiccio di Alain aderire al suo corpo e il suo respiro insinuarsi fra i suoi capelli appena dietro l'orecchio, avvertendo forte il suo caratteristico odore di tabacco, mentre le sue braccia la costringevano in un abbraccio forzato. Si sentì a disagio; si voltò indietro cercando André con lo sguardo, gridando il suo nome, ma era già lontano, tra la folla, mentre Alain spronava César che correva veloce.

"Fermati Alain! Ferma il cavallo! Voglio scendere!" gridò Oscar. Alain si sentì uno stupido. Cosa aveva creduto di fare? … o di poter fare? Fece rallentare il cavallo fino a farlo fermare. Oscar scese immediatamente, rapida. "Mi dispiace comandante." mormorò Alain. "Puoi tenere il mio cavallo se vuoi. Rientra pure in caserma. Io aspetto André." gli rispose lei, impassibile.

 

Lasalle, commosso e stremato, aspettava di rientrare in caserma con amici e compagni, continuando a ringraziare ora Oscar, ora André, ora la folla intorno, quando aveva visto Alain montare inaspettatamente sul cavallo del comandante e partire via con lei dopo una rapida colluttazione con André. "Oddio amico.... è questa la donna del bacio che non ti spetta?" aveva pensato, vedendo Alain allontanarsi rapidamente e aggrappandosi ad André, che partiva al galoppo  "… non ti spetta davvero… André ti ammazzerà…".

 

Quando André li raggiunse Oscar era già scesa e Alain la guardava a testa china in groppa a César. Balzato giù dal proprio cavallo, in un attimo André aveva già messo le mani addosso ad Alain. Oscar gli gridò di fermarsi ma lui non la ascoltò. Tirando Alain per la giubba lo scaraventò a terra e tenendolo per il bavero alzò un pugno per colpirlo. Alain non accennò neppure a difendersi: aveva sbagliato. Sapeva di meritarsi la rabbia dell'amico. André, scuro in volto, abbassò il pugno, lasciandolo andare e facendo un passo indietro. Alain sorrise: "Scusami, amico." gli disse. André gli si avvicinò e gli porse una mano aiutandolo ad alzarsi. Lasalle aveva seguito esterrefatto tutta la scena a occhi sgranati, incapace di muoversi. Oscar guardava seria Alain; era dispiaciuta per lui: si era innamorato della persona sbagliata. Vide André montare su César e offrirle una mano. Accettò l'aiuto e si sistemò davanti a lui, il suo respiro rassicurante a sfiorarle il viso. Alain si issò dietro Lasalle mentre gli altri uomini sopraggiungevano. Tutti assieme, al galoppo, si apprestarono a raggiungere la caserma. Si sentivano veramente degli eroi...

 
   
 
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