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Autore: memi    09/09/2009    5 recensioni
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“Sakura è...cosa?” Alzò un sopracciglio alla sua destra Kiba Inuzuka, che con gli inciuci ci andava a nozze.
“Incinta?” Ripeté piuttosto Naruto Uzumaki, quello che si professava il suo migliore amico – senza che lui avesse mai fatto nulla per accreditare una simile tesi, tra l’altro –, meglio conosciuto come il numero uno dei ficcanasi più impiccioni della storia. “Sei sicuro?”
“Di nuovo?!” Fu invece il commento poco carino di Shikamaru Nara, visibilmente scocciato, accompagnato dalla solita ventata di fumo dell’ennesima sigaretta penzoloni sulle labbra.
“Un whisky forte, grazie.” Si voltò, infine, verso il bancone del bar Neji Hyuga, con una dose tale d’indifferenza che parecchi avrebbero potuto scambiarla per mera strafottenza.
“Sakura è incinta.” Ribadì il concetto l’Uchiha, tanto per essere chiaro. “Diventerò padre, di nuovo, e questo è quanto. Fine della storia. Allora Kiba, che hai in mano?”
Genere: Generale, Commedia, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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L’acchiappasogni

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Alla mia dolce Sae.

Che non chiede mai nulla, ma dà sempre tantissimo.

Che rimane in linea per ore a sentirti piangere come una stupida e non si lamenta mai.

Che, in qualche bizzarro modo, riesce tutte le volte a strapparti un sorriso, anche quando pensi di non averne più.

Che c’è sempre quando ne hai bisogno e anche quando no. In effetti c’è sempre a prescindere.

Che è la migliore tra le migliori ed io ho avuto la fortuna di conoscere.

Che è la mia best, sempre e comunque, sì.

≈♦≈♦ I ♦≈♦≈

-Quelli del venerdì sera-

 

“Vedo.”

“Vedo.”

“Passo.”

“Sakura è incinta.”

“Ve- Come?”

Sasuke Uchiha sbuffò contrariato quando quattro paia di occhi dalle sfumature più disparate gli si paralizzarono addosso in un modo fin troppo invadente per i suoi gusti. Non che potesse dirsi molto paziente per quel genere di cose, essendo per natura refrattario e riservato quando si trattava dei fatti suoi, ma comunque abbastanza da non spaccare ogni due secondi la faccia a tutta quella gentaglia con cui continuava a mischiarsi ogni maledetto venerdì sera, pur ripetendosi di smetterla e di non ricascarci più. In più di un’occasione, d’altro canto, si era ritrovato a fare i conti con l’eccessiva curiosità di quei quattro pettegoli, per non sapere in che razza di strada si era appena avventurato con quella sua uscita improvvisa.

Ma nessuno più di lui poteva sapere quanto vendicativi e sadici sapessero essere quelle facce da poker, perciò, onde evitare spiacevoli inconvenienti come la volta precedente, aveva optato per una rapida rivelazione iniziale.

“Sakura è...cosa?” Alzò un sopracciglio alla sua destra Kiba Inuzuka, che con gli inciuci ci andava a nozze.

“Incinta?” Ripeté piuttosto Naruto Uzumaki, quello che si professava il suo migliore amico – senza che lui avesse mai fatto nulla per accreditare una simile tesi, tra l’altro –, meglio conosciuto come il numero uno dei ficcanasi più impiccioni della storia. “Sei sicuro?”

“Di nuovo?!” Fu invece il commento poco carino di Shikamaru Nara, visibilmente scocciato, accompagnato dalla solita ventata di fumo dell’ennesima sigaretta penzoloni sulle labbra.

“Un whisky forte, grazie.” Si voltò, infine, verso il bancone del bar Neji Hyuga, con una dose tale d’indifferenza che parecchi avrebbero potuto scambiarla per mera strafottenza.

A quell’ondata di interrogativi, Sasuke rispose con una stoica alzata di spalle, quasi che la cosa non lo toccasse più di tanto. Grazie al cielo che quelle serate erano vietate alle donne, altrimenti Sakura avrebbe avuto da ridire circa quel suo atteggiamento. Sapeva essere comprensiva il più delle volte, ma guai a toccargli la progenie che si tramutava nella classica neo madre isterica.

“Sakura è incinta.” Ribadì il concetto l’Uchiha, tanto per essere chiaro. “Diventerò padre, di nuovo, e questo è quanto. Fine della storia. Allora Kiba, che hai in mano?”

Il suo evidente tentativo di sviare l’attenzione sul gioco, giunto tra l’altro ad un punto decisivo della puntata, fu malamente smascherato e ignorato da Naruto che, affilate le orecchie, aveva già annusato l’aria di uno scoop.

“Porca vacca, Sasuke! Sakura è incinta!” Reiterò per la quarta volta di fila, sgranando gli occhi in un modo così grottesco da risultare persino comico.

“Ma va?” Si massaggiò le tempie il moro, spossato, abbandonando con una certa riluttanza la sua scala reale per concedersi alla conversazione.

Ecco perché la prima volta non aveva voluto dire niente. Tanto lo sapeva che alla fine sarebbe andata a finire con loro che lo tartassavano di domande, lui ad un passo da una crisi di nervi e le carte accantonate nell’angolo. Ma vista e considerata la reazione che avevano avuto quando, scoperto il pancione pronunciato di Sakura che era ormai al suo quinto mese di gravidanza, avevano capito che Sasuke non aveva detto loro niente di proposito, beh preferiva non rischiare un’altra scenata pubblica o la scazzottata che ne era seguita poi.

Scelta sbagliata a suo avviso, a giudicare dalla reazione che stavano avendo adesso.

“E come è successo?” Chiese ancora Naruto, curioso, sporto sul tavolo fino al basso ventre.

All’istante, tre paia di sguardi dall’aria disarmata gli gettarono occhiate allibite.

“Che razza di domanda sarebbe questa?” Alzò un sopracciglio Kiba, mentre ponderava la possibilità di essere stato preso per i fondelli dal biondo o meno. “Non ti hanno raccontato la storia del cavolo? O quella dell’ape e il fiore?”

“Sì, sì.” Roteò gli occhi azzurrissimi Naruto, mettendo su il broncio per quella che, non a tutti i torti, riteneva un’offesa bella e buona. “Ma...perché?” Insistette piuttosto, lanciando occhiate interrogative all’indirizzo del suo migliore amico, che si lasciò andare all’ennesimo sospiro sconsolato.

“Dovresti saperlo.” Fece una smorfia ironica Neji, giocando con il suo bicchiere ormai vuoto. “Sasuke vuole ricostruire il clan Uchiha.”

“Crepa, Hyuga.” Ringhiò all’istante il di nuovo futuro papà, inacidito dal commento poco consono.

D’accordo, non faceva certo un segreto del suo desiderio di riportare il numero delle persone che potevano vantare il suo cognome ad oltre la dozzina, però da qui a farselo sbattere in faccia con quella faccia ironica, come se la sua fosse la cazzata del secolo, ce ne correva di acqua sotto i ponti!

Quel monoespressione parlava tanto solo perché aveva dalla sua una delle famiglie più consistenti, a livello di quantità, del quartiere. Per diavolo, se solo il suo albero genealogico non fosse stato costellato di matti instabili e di così tante donne, gliel’avrebbe fatta vedere lui a quello Hyuga da strapazzo chi erano gli Uchiha! E, soprattutto, quanti erano. Mentre invece gli era capitata la sventura di avere più cugine che cugini, con la conseguenza che i loro figli avevano tutti preso il cognome di famiglia dei rispettivi padri, andando così a dar numero ad un clan che di certo non era il suo. Ma c’era stato un tempo in cui gli Uchiha avevano spopolato in quello schifo di posto, altro che quella stirpe di palliducci dagli occhi ridicolmente glicine!

“Sai che seccatura.” Entrò nel discorso Shikamaru, spegnendo la sigaretta nel posacenere con calma estrema, quasi avvilente. “Pannolini sporchi, pianti, notti insonni. No grazie, meglio dire addio ai Nara che questa seccatura.”

Chiunque avesse potuto cogliere le affermazioni disarmanti del giovane genio con un quoziente intellettivo tale da far invidia persino ad Einstein, sarebbe rimasto alquanto sconcertato dalla massiccia presenza della parola ‘seccatura’. Naruto, Sasuke, Kiba e Neji, invece, a forza di sentirla infilata in ogni tre frasi su quattro, avevano finito per farci l’abitudine. Shikamaru era così, d’altronde: stanco per natura, già di prima mattina nonostante una bella dormita alle spalle.

A volte qualcuno, specie i più nostalgici come Naruto, continuava ancora a chiedersi, a distanza di un sacco di venerdì, come diavolo avessero fatto cinque persone tanto diverse a finire per incontrarsi tutte le dannate sere di quel maledetto giorno della settimana in quella bettola gestita da un vecchio porco. Talmente depravato che aveva chiamato il suo bar The Paradise e, ad un buon intenditore, non era difficile intuire il continuo...

Il paradiso della pomiciata.

Così quell’eremita di Jiraiya si ostinava a definire quella bettola di locale che aveva aperto in una stradina desertica del centro. Non che il posto fosse così male, solo che a furia di toccare il culo alle clienti, queste avevano finito per smettere di andarci, così i loro fidanzati, mariti e amici. Ma lui diceva che andava bene così, che bastavano i loro venerdì sera a rifocillarlo per tutta la settimana. Beh, c’era poco da non crederci, vista la quantità di bicchieri vuoti che già riempivano la parte di tavolo libera tra Neji e Sasuke.

Comunque, almeno fino a quel momento, nessuno di loro aveva saputo dare risposta alla fatidica domanda che tutti si ponevano. Né aiutavano i continui battibecchi ora su questo, ora su quello, senza mai trovare un’argomentazione valida su cui discutere davvero. Perciò, alla fine, il tutto finiva con un’alzata di spalle e il classico poker.

Ecco, il poker.

Il loro unico punto d’incontro. Essendo tutti e cinque amanti di quel gioco d’azzardo, sin dal primo venerdì in cui si erano ritrovati catapultati in quel bar avevano cominciato con lo sfidarsi a vicenda e, alla fine, era divenuta una specie di tradizione la loro. Il venerdì era la giornata del poker e, sotto quel punto di vista, era intoccabile.

In un certo qual senso era stato Naruto il principale artefice. Aveva scoperto il posto quasi per caso, di ritorno dal lavoro, e, trascinando un indignato Sasuke con sé, aveva convinto un recalcitrante Shikamaru ad unirsi a loro ai tempi in cui si erano ritrovati a convivere. Con Kiba e Neji, invece, la cosa era nata diversamente. Per una bizzarra coincidenza si erano ritrovati tutti a casa Hyuga – Naruto c’aveva messo le tende già da diverso tempo, Kiba era andato a trovare Hinata e Neji, beh, ci viveva – e, memore della serata che aveva organizzato proprio per quel giorno, l’Uzumaki non c’aveva messo molto a convincere i due ad unirsi alla comitiva. Era bastato esporre l’idea, una frecciatina di Neji, la provocazione di Kiba e il gioco era fatto. D’altra parte Kiba e Neji erano sempre stati conosciuti per la loro proverbiale animosità.

“Ma Sasuke ha già due bambini a cui badare!” Stava nel frattempo dicendo Naruto, con veemenza, non del tutto capacitatosi all’idea di diventare zio per la terza volta a così stretto giro.

Non che qualcuno gli avesse mai detto di essere davvero lo zio di nessuno, ma a lui piaceva farsi chiamare così e, a furia di sentirglielo ripetere, avevano finito tutti per concederglielo.

-Impiccione.- Lo ammonì tra sé e sé Sasuke, sfibrato.

Quella conversazione stava durando ben più dello stretto necessario e, continuando di quel passo, lo avrebbe mandato presto al manicomio. Aveva i nervi già abbastanza provati per via delle lunghe notti insonni che quell’insopportabile di Sakura continuava a fargli fare. Senza contare le continue domande di Satoshi, che, accumulandosi alle chiacchiere inarrestabili di Naruto, gli avevano fatto venire un’emicrania cronica.

“Non possono farcela con un altro figlio! Satoshi ha solo tre anni e Takumi spiccica sì e no due parole! Non sono pronti!”

Quando è troppo, è troppo.

Sasuke si alzò dalla sedia e, senza preavviso, sbatté con veemenza i pugni sul tavolo, che cigolò lagnoso alla pressione feroce.

“Sakura. È. Incinta.” Ripeté.

Era stanco di continuare a dirlo.

Noi avremo un bambino e il prossimo che avrà qualcosa da obiettare a riguardo, lo pesterò talmente tanto che non riuscirà nemmeno più a riconoscersi.” Dichiarò, a denti stretti, saltellando da un membro all’altro della comitiva con aria trucida. “Sono stato abbastanza chiaro?”

Non era una domanda e, se qualcuno avesse avuto qualcosa da obiettare nonostante tutto, venne anticipato dal pugno di Sasuke che si abbatteva per la seconda volta sul tavolo, giusto per sottolineare ancora una volta la sua posizione.

Alla fine anche Naruto, quello che aveva preso la questione più a cuore, parve capitolare sotto lo sguardo fiammante dell’amico e, con una scrollata di spalle, lasciò cadere clamorosamente la questione.

“Fatti vostri.” Borbottò solo, corrucciato.

“Infatti.” Grugnì subito l’Uchiha, concedendosi un ulteriore minuto per scrutarlo con attenzione, prima di scivolare sulla sedia e afferrare, con la solita eleganza innata, il bicchiere semivuoto di birra.

“Ecco il tuo whisky, rockettaro.” Si fece a quel punto largo una voce scocciata che tutti, con disappunto, ricollegarono ad Anko Mitarashi, la peggiore barista del pianeta.

Grazie.” Le lanciò un’occhiata di fuoco Neji che, seppur avesse perso da tempo la speranza di farla smettere di utilizzare quell’appellativo su di lui, non aveva certo deciso di accettarlo con i salti di gioia.

Anko ricambiò l’occhiata con un misto d’insofferenza e cinismo, prima di oltrepassare l’ammucchiamento di bicchieri vuoti per saltare direttamente a Sasuke.

“E tu vedi di smetterla con le tue manie di protagonismo, Uchiha. Se mi spacchi il tavolo, io ti spacco la faccia.” Decretò, minacciosa e anche un tantino inquietante, prima di sferzare il vento con la punta del naso e raggiungere il suo odiato bancone, quello che tentava con ogni mezzo di sottoporre al proprio dominio.

Invano, tra l’altro. Anni e anni di sano disinteresse verso le sorti di qualsiasi mobilio avevano infine avuto l’effetto che adesso era l’arredo a non volersi più prestare a qualsiasi tipo di pulizia. Anko si spezzava la schiena ogni santo giorno nell’inutile quanto ammirevole tentativo di riportare la superficie di marmo almeno vagamente della lucentezza dei suoi tempi d’oro. Il che era reso difficile, se non addirittura impossibile, dall’onta appiccicaticcia che, indelebile, si era plasmata all’intero bancone, col rischio di vedere un giorno incollati persino i clienti su quel dannato pezzo di antiquariato.

L’inutile battaglia, comunque, trovava sempre la stessa conclusione. Anko che ripeteva a memoria tutti i santi del calendario, Jiraiya che sbadigliava davanti al suo portatile anni venti e il bancone che pareva schernirli dal suo posto, incurante e stoico davanti ai pugni e ai calci che la pseudo barista gli rifilava a volontà. Ormai ci avevano fatto tutti il callo al carattere aggressivo – per non dire buzzurro e scurrile – della donna.

Quando Jiraiya aveva assunto Anko, i ragazzi non avevano fatto troppe obiezioni. Era risaputo che le donne non duravano che cinque minuti lì dentro. La Mitarashi, tuttavia, si era dimostrata ben presto un osso sin troppo duro. Alla prima palpatina, aveva afferrato la bottiglia di gin nell’angolo e, senza preoccuparsi delle conseguenze, l’aveva tirata in testa al suo pervertito datore di lavoro.

Jiraiya era rimasto svenuto una buona mezz’ora, tanto che Naruto aveva iniziato a sbattere i piedi per terra per chiamare l’ambulanza, ma quando alla fine aveva riaperto gli occhi anziché strozzare la neo assunta come avrebbe fatto chiunque dotato di un briciolo di cervello, si era messo a ridere. A quel punto anche Kiba aveva iniziato a sospettare un qualche trauma cranico e, tanto per non avere la coscienza sporca, si era prodigato a raccontare l’accaduto a Jiraiya. Inutile parlare dello stupore che lo aveva colpito come una martellata tra capo e collo quando quello, asserendo con semplicità di ricordare tutto, aveva non solo deciso di non denunciare la pazzoide, ma addirittura di tenerla a lavorare con sé!

Da quel momento in poi, Anko Mitarashi era ufficialmente entrata a far parte dello staff di The Paradise e Jiraiya aveva trovato una donna con la quale lavorare senza avere l’impulso di sfiorarla.

Anzi si era talmente convinto che facesse al caso suo che, quando i ragazzi avevano provato a dirgli di licenziarla visti i modi molto poco ortodossi della donna, li aveva guardati come se si fossero ammattiti tutti ad un tratto o stessero raccontando una barzelletta particolarmente divertente.

“Ehi, Neji, guarda che torno con te, dopo.” Sentenziò all’improvviso Naruto, che con un sorso di birra aveva riacquistato il vecchio buonumore.

“Sai che novità.” Borbottò appena il diretto interessato, scostante.

“Sai che seccatura.” Lo corresse Shikamaru. “Non prendertela Neji, ma quella casa mette i brividi.”

Il castano scrollò le spalle, il che per lui equivaleva a dire che non gli passava neppure per l’anticamera del cervello di prendersela. Il biondo, invece, scoppiò in una sonora risata.

“Ma se è uno spasso!”

“A proposito Naruto.” Cambiò opportunamente discorso Kiba, entusiasmandosi a qualche balzana visione onirica appena passatagli per la testa. “Hai già pensato al tuo addio al celibato? Se è così cancella tutto, ho io un’idea assolutamente fantastica!”

“Le sappiamo le tue idee fantastiche, Inuzuka.” Non perse occasione per pizzicarlo Neji, che a finire in qualche casino non ci teneva affatto.

Per tutta risposta il moro finse di non averlo neppure sentito, memore di un discorso sull’importanza dell’indifferenza nell’ambito del disprezzo.

“Allora? Vedrai che non te ne pentirai!” Assicurò, facendo caso all’incertezza apparsa sul viso del biondino.

“Immagino.” Osservò con aria melodrammatica Sasuke, che già si aspettava l’ennesima serata all’insegna di volgari spogliarelliste e di alcol a volontà.

“Certo.” Disse Shikamaru, mentre con gesti lenti si accendeva una nuova sigaretta. “Come potremmo mai pentircene?!”

Per tutta risposta Kiba lo fissò per un paio di secondi, indeciso se catalogarlo come oltraggio o meno. Poi, optando per la seconda, si aprì in un esagerato sorriso e si scolò l’intero bicchierone di birra. Adorava quelle serate: niente donne, niente lavoro, niente preoccupazioni... La perfetta serata di soli uomini. Non che non avesse un certo debole per il gentil sesso, eh. Ma era della ferma convinzione che un uomo aveva bisogno di staccare la spina almeno...beh, almeno una volta a settimana, ecco. I suoi amati, idolatrati, venerati venerdì sera.

“E va bene!” Concesse infine Naruto, scrollando le spalle con noncuranza, incapace di tirarsi indietro dinanzi alla prospettiva di una bella serata tra amici. “Ma sì, dai, sarà divertente! No, ragazzi?”

All’interrogativo posto tanto ingenuamente, Sasuke sperò di affogarsi con la birra, Neji si maledisse per essersi fatto incastrare l’ennesimo venerdì di seguito e Shikamaru sbuffò una nuvola di fumo.

“Che seccatura...”

 

 

 

A/N

Non so neppure cosa ci faccio qui a- No, non è vero. Lo so che ci faccio qui, adesso. È per Sae, perché lei mi ha spinto a pubblicare questo inizio di long e perché vorrei tanto che si sentisse un po’ meglio, perché è la mia best e perché devo proprio farmi perdonare per tutti gli scivoloni che sto prendendo con lei. Perciò incolpate lei, se volete! XD Io ero così insicura di mettere questa storia online che, con ogni probabilità, l’avrei lasciata sul mio computer ancora per molto, molto tempo. Ma ciò che vuole Sae, sarà fatto! ^.- E poi la data... 09-09-09! *-* Un’occasione ghiotta, non vi pare?

Dunque, vediamo... L’inizio è volutamente leggero, anche se non mancheranno più avanti momenti un po’ più strong, diciamo. Niente di drammatico, per carità! La linea sarà più o meno sempre la stessa. Ma vabbè, ritornando alla storia, è la prima volta che mi cimento con uno stile simile, perciò mi piacerebbe sapere che ne pensate. Vi piace? Non vi piace? Meglio che mi mettevo a dormire? Beh, ditemi voi. Ah, per l’aggiornamento, credo sia grosso modo settimanale, ma non prometto nulla.

Beh, credo di aver concluso, a questo punto. E a chi sta per dirmi “di già?” rispondo che, sinceramente, non so cos’altro aggiungere. Magari, sì ecco, recensite? XD

Baci.

memi J

 

  
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