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Autore: _harrypotter_    12/10/2022    0 recensioni
Maeve Callaghan, diciassette anni, Grifondoro, col cuore che pompa sangue irlandese e quell'accento strano che la fa riconoscere ovunque lei vada. Durante il suo ultimo anno di scuola dovrà destreggiarsi tra doveri da Caposcuola, lezioni, partite di Quidditch e quel poco di vita sociale che le è rimasta, cercando di capire che cosa voglia dire crescere.
Proverà ad aprirsi all'amore, sbagliando di certo, ma ridendo anche di gusto.
Proverà anche, per la prima volta in sette anni, ad andare contro delle regole per seguire i propri principi, e la Umbridge capirà che una delle streghe più promettenti di quell'anno le potrebbe dare un gran bel filo da torcere, se aiutata dai re degli scherzi quali sono i gemelli Weasley.
Risate, passione, amicizia e forza di volontà, nella buona e nella cattiva sorte.
𝑭𝒂𝒕𝒕𝒐 𝒊𝒍 𝒎𝒊𝒔𝒇𝒂𝒕𝒕𝒐.
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio, Angelina Johnson, Fred Weasley, George Weasley, Lee Jordan | Coppie: Angelina/George
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7, Dopo la II guerra magica/Pace
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Dopo una noiosa lezione di Erbologia, arrivammo al clou delle lezioni per quel giorno: Difesa Contro le Arti Oscure.

Quando entrammo nella classe di Difesa contro le Arti Oscure, trovammo la professoressa Umbridge già seduta alla cattedra, con addosso il vaporoso cardigan rosa della sera prima e il fiocco di velluto nero in cima alla testa. Fred dovette trattenersi davvero tanto per non ridere. 

Entrammo in silenzio; ancora non conoscevamo la Umbridge, e nessuno sapeva quanto potesse essere rigorosa in fatto di disciplina.

«Ehy, May» mi salutò Theo con un sussurro. Gli risposi con un sorriso. Ero contenta che ci fossero anche i Corvonero, perché Theo era un ragazzo estremamente abile in quella materia, dal quale avevo imparato moltissimo nel corso degli anni. «Vieni a sederti vicino a me».

Ci mettemmo nella nella fila centrale, non troppo davanti ma neanche troppo indietro. Dietro di noi c’erano i gemelli Weasley, che borbottavano tra di loro sbuffando.

«Be’, buongiorno!» disse la professoressa Umbridge quando finalmente tutti si furono seduti.

Alcuni borbottarono «Buongiorno» senza troppa convinzione.

«Mmm, mmm» disse. «Così non va, no? Vorrei per favore che rispondeste “Buongiorno, professoressa Umbridge”. Un’altra volta, prego. Buongiorno, ragazzi!».

Io e Theo ci scambiammo uno sguardo che stava a significare: “questa è pazza”, ma rispondemmo comunque insieme a tutto il resto della classe: «Buongiorno, professoressa Umbridge».

«Bene, non era troppo difficile, vero? Via le bacchette e fuori le piume, prego».

Mi girai un secondo verso Fred, e ci scambiammo uno sguardo cupo. L’ordine “via le bacchette” non era mai stato seguito da una lezione interessante. Riposi la sua bacchetta in crine di unicorno nella borsa, ed estrassi piuma, inchiostro e pergamena. Di fianco a me, Theo stava diventando nervoso, perché era sempre stato più bravo sul pratico rispetto al teorico. Io in realtà me la cavavo in entrambe, ma se avessi dovuto scegliere, anche io probabilmente avrei preferito tenere la bacchetta in mano e fare incantesimi. 

La professoressa Umbridge aprì la borsa, sfilò la bacchetta, che era insolitamente corta, e battè forte la lavagna: subito apparvero le parole:

Difesa contro Le Arti Oscure

Ritorno ai principi di base

«Allora, l’insegnamento di questa materia è stato piuttosto discontinuo e frammentario, non è così?» esordì, voltandosi verso la classe.

Io la guardavo curiosa, chiedendomi dove volesse andare a parare con il suo discorso. Certo, non era una sorpresa dire che la cattedra di Difesa contro Le Arti Oscure fosse stata alquanto sfortunata negli ultimi anni, ma avevamo avuto anche dei professori tremendamente bravi, Remus Lupin per primo. 

«Il continuo cambio d’insegnanti, molti dei quali pare non abbiano seguito alcun programma approvato dal Ministero, ha purtroppo sortito l’effetto di porvi assai sotto la media d'istruzione che ci aspetteremmo di vedere nell’anno dei M.A.G.O».

Io e Theo ci scambiammo di nuovo un’occhiata. Di sicuro noi non ci sentivamo “sotto la media d’istruzione”, dopo tutto quello che avevamo studiato. 

«Vi farà piacere sapere, tuttavia, che questi problemi saranno finalmente risolti. Quest'anno seguiremo un corso di magia difensiva strutturato con cura, fondato sulla teoria, approvato dal Ministero. Copiate le frasi seguenti, prego».

Colpì di nuovo la lavagna; il primo messaggio sparì e fu sostituito dagli “Obiettivi del Corso”.

1. Comprendere i principi base della magia difensiva.

2. Imparare a riconoscere le situazioni nelle quali la magia difensiva può essere usata legalmente.

3. Porre la magia difensiva in un contesto per l'uso pratico.

Per qualche minuto si sentì solamente il fruscio delle piume sulle pergamene. Io, invece delle Creature Oscure, stavo combattendo contro la voglia di chiudere gli occhi e appoggiare la testa sul banco. Non vedevo l’ora di poter fare qualche magia.

«Aspetta un attimo» sussurrai tra me e me. Lessi un paio di volte quello che avevo scritto, convinta che ci fosse qualcosa di sbagliato. Poi alzai lo sguardo verso la lavagna per assicurarmi che avessi copiato correttamente. Controllai anche se sul foglio di Theo ci fosse scritta la stessa cosa. No, non c’erano dubbi. 

Alzai la mano. 

Di solito gli insegnanti tendevano a chiamarmi, quando alzavo la mano, perché i miei interventi erano per la maggiorparte delle volte azzeccati. Quindi, non ero abituata ad essere ignorata. Di solito, non venivo ignorata neanche dai miei amici. Per questo mi sembrò particolarmente strano quando la professoressa Umbridge vide che tenevo la mano alzata, e decise deliberatamente di ignorarmi. Talmente strano che tutti smisero di scrivere per guardarmi. 

«Volevi chiedere qualcosa, cara?»

«» risposi, «in effetti sì. Mi era sorto un dubbio…»

«Be’, adesso stiamo scrivendo» disse la professoressa Umbridge, interrompendomi malamente. «Se hai dei dubbi, possiamo affrontarli a fine lezione».

Dovetti utilizzare ogni fibra delle mie doti diplomatiche per non risponderle a modo. 

«Ho una domanda sugli obiettivi del suo corso» ribattei.

La professoressa Umbridge alzò le sopracciglia. 

«Credo che gli obiettivi del corso siano perfettamente chiari se li legge attentamente» disse con deliberata dolcezza. Fu il mio turno di alzare un sopracciglio. Davvero aveva detto a me di leggere più attentamente? Dietro di me, Fred e George dovettero mettersi una mano davanti alla bocca per non ridere. Sapevano bene quanto fossi sensibile sull’argomento lettura. 

«Be’, a me non sembra» obiettai brusca. «Non c’è scritto niente sul fatto di usare incantesimi di Difesa». Theo si girò verso la lavagna, per poi imprecare sottovoce e sussurrare: «Ha ragione». Conoscendolo, avrebbe voluto uscirne lui con questa trovata, visto che tra i due era quello che più spesso discuteva con gli insegnanti. 

«Usare degli incantesimi di Difesa?» ripetè la professoressa Umbridge con una risatina. «Non riesco a immaginare una situazione nella mia classe che richieda di ricorrere a un incantesimo di Difesa»

«Non useremo la magia?» domandò Fred ad alta voce. 

«Gli studenti alzano la mano quando desiderano parlare durante le mie lezioni, signor…?»

«Weasley» biascicò Fred dietro di me, alzando svogliatamente la mano. 

Ma ormai più persone avevano alzato la mano, tutte insieme. Non eravamo più dei bambini. Eravamo degli adulti, e desideravamo essere trattati come tali, senza prese in giro. 

«Ma lo scopo di questa materia non è proprio esercitarsi negli incantesimi di difesa?» tentai di nuovo.

«Temo che non sia qualificata per decidere qual è lo “scopo” di un corso. Maghi molto più anziani e capaci di lei hanno ideato il nostro nuovo programma di studi. Apprenderete gli incantesimi di Difesa in un modo sicuro, privo di rischi…»

«A che cosa serve?» chiese Theo ad alta voce. «Se verremmo attaccati, non sarà in un…»

«La mano, signor Mundford».

I borbottii all’interno della classe aumentarono.  

«Non ho intenzione di criticare il modo in cui le cose sono state condotte in questa scuola» disse la professoressa Umbridge, zittendo per un momento tutti, «ma in questo corso siete stati esposti all’influenza di maghi assai irresponsabili, davvero assai irresponsabili… per non parlare…di ibridi estremamente pericolosi»

«Se intende il professor Lupin» sbottò George dietro di me, «è stato il migliore che abbiamo mai…»

«La mano, signor Weasley! Come stavo dicendo, siete stati introdotti a incantesimi complessi, inadatti alla vostra età e potenzialmente letali. Siete stati indotti con la paura a credere che e sia probabile imbattersi in Attacchi Oscuri un giorno sì e uno no…»

«Ma è così!» esclamai, «lo sappiamo tutti cos’è…»

«La sua mano non è alzata, signorina Callaghan!». Sobbalzai, nessun professore, mai, mi aveva gridato contro in quel modo. Theo mi appoggiò una mano sul braccio, per sostenermi. 

La professoressa Umbridge prese un respiro profondo. 

«Ora, è opinione del Ministero che una conoscenza teorica sarà più che sufficiente a farvi superare gli esami, e dopotutto è questo lo scopo della scuola».

No, quello non lo potevo sopportare. Lo scopo della scuola era superare degli esami? Quella era l’antitesi di tutto ciò che ci avevano insegnato fino a quel momento, ed era un ragionamento talmente antico e schifoso da farmi venire la nausea. E da farmi trovare la forza per portare avanti le mie convinzioni.  

«Al M.A.G.O non c’è anche una prova pratica di Difesa contro le Arti Oscure?» chiesi, perplessa.

«Se avrete studiato abbastanza a fondo la teoria, non c’è ragione per cui non dovreste essere in grado di eseguire gli incantesimi durante gli esami, in circostanze di massima sicurezza» rispose la professoressa Umbridge categorica. 

«Senza mai averli provati prima?» chiese Theo, incredulo. «Ci sta dicendo che la prima volta che potremo fare gli incantesimi sarà agli esami?»

«Ripeto, se avrete studiato a fondo la teoria…»

«E a che cosa servirà la teoria nel mondo reale?» intervenne Fred ad alta voce, la mano di nuovo levata. Mi girai a guardarlo, perché quasi non lo avevo riconosciuto, tanto il tono che aveva usato era cupo, sicuro di sè, senza la sua solita vena scherzosa ad accompagnarlo. Tutto d’un colpo, mi sembrò più grande. 

«Qui siamo a scuola» disse la professoressa Umbridge, «non nel mondo reale».

«Allora non dobbiamo prepararci a ciò che ci aspetta là fuori?»

«Non c’è niente che ci aspetta là fuori, signor Weasley. Chi immagina possa desiderare di aggredire ragazzini come voi?» indagò la professoressa Umbridge con voce tremendamente mielosa. Io strinsi la mano in un pugno. Odiavo quando qualcuno mi dava della ragazzina. 

«Non so, mi lasci pensare» rispose Fred, falsamente meditabondo. «Credo che Harry e Silente possano avere un’idea piuttosto chiara di chi ci aspetta là fuori».

La classe si immerse nel silenzio. Nessuno aveva mai sentito parlare così Fred Weasley. Il ragazzo solare, giocoso e sempre pronto a fare scherzi e dire una battuta era svanito. Al suo posto c’era un uomo, un fratello maggiore preoccupato per la sua famiglia e per i suoi amici. 

«Dieci punti in meno per Grifondoro, signor Weasley. E una punizione per questa sera. Alle otto nel mio ufficio. E ora incominciate a leggere il capitolo uno. Non ammetto nessuna replica».

E fu così che, ognuno di noi, nessuno escluso, aprì il proprio libro e iniziò a leggere il capitolo uno. 

«Sei un idiota, Weasley» affermai non appena fummo usciti dalla classe. Lui mi guardò male, arrabbiato sia per la punizione, sia perché tutto quel gran vociare non era praticamente servito a niente. 

«Che strano, e pensare che mi sembrava fossi stata tu quella ad iniziare, prefetta perfetta. Ma forse non vuoi metterti in cattiva luce neanche davanti alla Umbridge, vero?»

«Io, per lo meno, so quando è arrivato il momento di fermarmi- ribadii, prendendolo per un braccio e facendolo girare verso di me. I nostri amici ci aspettavano alla fine del corridoio, guardandoci senza interromperci. «Quando le parole non servono più. Con la Umbridge le parole sono inutili, le scivolano sopra come acqua».

«Per lo meno io ci ho provato» affermò lui, staccandosi da me con uno strattone. Non si era mai allontanato da me in quel modo, come se non volesse avere più niente a che fare con me. Anzi, il più delle volte dovevo staccarmi io perché lui era diventato troppo appiccicoso.


«Sei un testone!» gli urlai contro irritata, per poi scappare dalla parte opposta. Dove? Non lo sapevo, perché avevo la vista annebbiata dalle lacrime.
   
 
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