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Autore: effe_95    14/10/2022    2 recensioni
[Questa raccolta partecipa al Writober2022 indetto da Fanwriter.it ]
***
31 racconti diversi, ambientati in 31 universi alternativi.
Universi in cui Tooru e Wakatoshi si incontreranno - anche in forme e generi diversi - dimostrando che l'amore, se predestinato, sceglie sempre le stesse persone, non importa quanto diverse esse appaiono.
[ Ushijima x Oikawa ]
***
28. Band
-
«Ehi Tooru, aspetta!». La voce di Tobio lo inseguì, ma lui stava correndo via.
Correva davvero, con i polmoni in fiamme. Sentiva dentro una strana tempesta.
Aveva quasi raggiunto l'altro lato della strada, quando sentì il foulard che aveva messo attorno al collo scivolare sulla pelle. Lo toccò automaticamente, sentendolo sfuggire dalle dita. A quel punto si voltò di scatto e Wakatoshi era dietro di lui, con l'affanno a sua volta, e il suo foulard stretto nel pugno della mano piena di anelli.
«Tooru» lo chiamò per la prima volta con una voce profonda e monocorde, facendo muovere quella tempesta dentro di lui come un mare agitato «ti prego, diventa il cantante della mia band!».
Genere: Angst, Drammatico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Tooru Oikawa, Wakatoshi Ushijima
Note: AU, OOC, Raccolta | Avvertimenti: Gender Bender, Mpreg, Tematiche delicate
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“Questa storia partecipa al Writober di Fanwriter.it” 

Prompt: Spy 

N° parole: 3651

Note: in questa one-shot ci sono evidenti riferimenti alla storia della Germania.
Ovviamente sono leggermente camuffati e modificati, perché sempre di AU su Haikyuu stiamo parlando. L’organizzazione di protezione e spionaggio interno nella DDR era conosciuta come Stasi o Ministero per la Sicurezza di Stato, io ho scelto di usare questa seconda dicitura per non essere troppo diretta. 
Ora, sull’argomento avrei scritto mille capitoli ( ho una laurea in lingua tedesca, e qualcosa a riguardo ho studiato ), se possibile, ma l’ho fatto in un giorno solo e temevo anche di non riuscire in tempo ( la giornata è stata anche molto pesante per me, causa real life).
La storia non è perfetta come avrei voluto, tutta la parte centrale io avrei voluto scriverla, non solo raccontarla, ma pazienza. 
La sfida è anche questa. 
TW: no happy ending qui, il finale è suuuuuper aperto. Fem!Oikawa.
Il titolo l’ho preso il presto dall’opera di una grande scrittrice tedesca, Christa Wolf – Die geteilte Himmel, ovvero Il cielo diviso. Super consigliato. 
 
 
 
 
The Divided Sky
 
 
1959 - Repubblica Democratica di Shiratorizawa 
 

La vita di Wakatoshi era costruita su una bugia. 
Sette anni della sua vita erano stati una menzogna. Una bellissima menzogna. 
Seduto sul bordo del letto matrimoniale, con ancora indosso il lungo cappotto beige, cercava di venire a patti con quella scoperta.
La ventiquattro ore giaceva ai piedi del letto, intoccata, piena di documenti top-secret. 
Quante volte l'aveva lasciata incustodita, senza pensare che non sarebbe stata al sicuro tra le pareti della sua casa, perché si fidava di chi ci viveva dentro. 
Non sentì la porta di casa aprirsi e chiudersi, non sentì la sua voce melodiosa chiamarlo. 
Si rese conto che era tornata a casa solo quando si accese la luce nella camera - si era fatto buio e non se n'era reso conto - che lo accecò, e se la ritrovò davanti, sull'uscio della porta. La sua bellissima e anonima moglie. 
« Sei a casa ... » Gli disse. 
Indossava il cappotto blu di lana grezza, delle calze color carne e le solite scarpe consumate. Lavorava in una fabbrica di scatolame, almeno ufficialmente. 
Wakatoshi ormai non ne era più sicuro. 
« Pensavo rientrassi più tardi stasera »
La guardò, senza rispondere.
Il sorriso sul volto di Tooru, sulle belle labbra rosse, si spense lentamente di fronte l'espressione - qualunque fosse - sul suo viso. 
Rimase sulla soglia a guardarlo, la soglia della loro camera da letto, e lo sguardo di Wakatoshi ricadde sulla fede che portava al dito anulare calloso e rovinato. 
« Amore, non ti senti bene? È successo qualcosa di grave a lavoro? Perché - »
« Sei una spia della RFS »
Wakatoshi buttò fuori la cosa prima che lei potesse toccarlo. 
Tooru era entrata nella stanza e si era avvicinata per sfiorargli il viso, ma si fermò non appena sentì quelle parole. I suoi occhi grandi e bellissimi erano sgranati, il colore del volto improvvisamente cinereo. 
« Wakatoshi, ma cosa - » Balbettò. 
« L'orecchino di perle che hai perso »
La interruppe lui, rivolgendo un'occhiata alla sua ventiquattro ore ancora chiusa. 
Tooru non seguì il suo sguardo. Rimase inginocchiata davanti a lui, appoggiata alle sue ginocchia con gli occhi sgranati e il volto pallido e sudato. 
« Lo hai trovato? È un tuo regalo, sai che ci tengo molto e ci sono rimasta male quando ... » 
La voce di Tooru era un sussurro appena incrinato, un sorriso teso sulle labbra. 
« Era nella mia ventiquattro ore » Scese un breve silenzio tra di loro, nella stanza. 
Tutto taceva, anche la strada fuori dalla finestra. Rimasero a fissarsi. 
Wakatoshi la guardava e si chiedeva chi fosse quella donna con cui aveva condiviso sette anni di vita, due di fidanzamento e cinque da sposati. Non sapeva ancora bene che cosa avrebbe dovuto provare di fronte ad una reazione tanto evidente. 
Forse sperava ancora di essersi sbagliato. 
« Non so come ci sia finito, forse - »
« Ci hai guardato dentro. Di notte, magari, mentre dormivo. Hai aperto la valigetta, perché conosci il codice, e hai selezionato i documenti che ti interessavano, ma non tutti, altrimenti sarebbe stato sospetto, e hai portato le informazioni a chissà chi e chissà dove. Ma purtroppo hai perso un orecchino »
Wakatoshi ci aveva riflettuto a lungo seduto sul letto, le cose dovevano essere andate in quel modo, forse condite con un po' di fantasia da parte sua, ma più o meno uguali.
Tooru rimase paralizzata a fissarlo. Nel momento decisivo non era nemmeno in grado di mentire o nascondere la verità, come aveva invece fatto per sette anni. 
Non riusciva ad essere spigliata e intelligente come al solito, veloce a pensare.
« Sei una spia della RFS. Le informazioni che trapelavano dal nostro dipartimento sono opera tua » Wakatoshi si sentiva ... strano. Era sicuro che avrebbe dovuto provare qualcosa ma ... era come se una parte di lui volesse rinnegare la realtà per rifugiarsi nella vita di menzogne che aveva condotto fino a quel momento. 
« Se non fosse stato per quell'orecchino trovato nel posto più improbabile, Tooru, non lo avrei mai scoperto » Disse, come se dare la colpa ad un orecchino potesse alleviare la situazione. Come se immaginare di non dover mai scoprire la verità fosse meglio. 
Vivere nella menzogna lo fosse. A quel punto, gli occhi di Tooru si riempirono di lacrime. Furono peggio di una conferma. 
« Non è così » Le parole famose. 
Wakatoshi aveva un mucchio di domande da farle, per esempio: Sei nata nella Repubblica Federale di Seijoh per cui lavori come spia? Oppure sei nata qui, come mi hai raccontato, ma fai solamente il doppio gioco? 
La risposta per lui avrebbe fatto una differenza enorme, almeno, avrebbe significato che una parte di quelle menzogne avesse un fondamento di verità. 
D'altronde, le migliori bugie avevano sempre un fondo di verità per funzionare. 
« Ti sei avvicinata a me perché sono un impiegato della MSS » Realizzò a quel punto. 
Il Ministero della Sicurezza di Stato, l'organizzazione che si occupava della sicurezza e dello spionaggio interno della RDS - La Repubblica Democratica di Shiratorizawa. 
« Ti sei avvicinata a me perché sono un idiota, come diceva mia madre »
Tooru scosse la testa, le lacrime le bagnavano le guance spigolose. 
« No, non sei un idiota. Non lo sei affatto! Sei un uomo buono, e giusto! Io avevo il compito di dimostrarlo! »
Proruppe lei, e quelle parole smossero qualcosa dentro di lui. Una brutta emozione.
E poi finalmente arrivò la realizzazione, la rabbia. Esplosero tutte insieme. 
« Mi hai mai amato? » Chiese, lo sguardo fisso ipnotizzato contro il pavimento, ma non su di lei. Non attese una risposta « Esiste anche solo qualcosa di vero tra le cose che mi hai detto? Nella nostra vita? O sei solo un personaggio costruito ad arte su di me? Tu sei vera Tooru, o solo una menzogna? Ti chiami davvero così, almeno? O anche il tuo nome è tutta una bugia? »
Tooru si portò una mano sulla bocca per soffocare i singhiozzi e scosse il capo. 
« Non è come pensi, non - »
« È per questo che non hai voluto figli? » La interruppe bruscamente. 
Wakatoshi ne avrebbe voluto almeno uno. 
Ma aveva rispettato la decisione di Tooru quando gli aveva detto di non essere sicura di volerne, il corpo era suo dopotutto. Lui non aveva voce in capitolo a riguardo.  
Quella negazione ora aveva tutto un altro significato, un altro sapore
« Wakatoshi, ascoltami - ah! »
Prima che potesse rendersene conto, in uno scatto violento di collera, la afferrò per la gola con una mano e la sbatté con violenza sul materasso del letto, di schiena. 
La bloccò sotto il suo corpo con rabbia. 
Tooru aveva gli occhi sgranati e i capelli sparsi sulle lenzuola. 
Wakatoshi non era una persona che si scomponeva facilmente, e lei stessa doveva provare timore di fronte a quella reazione. Lui provava timore di se stesso. 
Tremando, le tolse la mano dalla gola. 
Aveva stretto abbastanza forte da lasciarle il segno, forse ne sarebbe uscito un livido. 
La lasciò stesa sul letto e si rimise seduto sul bordo, schiena curva, sguardo basso, le dava le spalle, ancora fasciate dal cappotto. 
« Te ne devi andare » Fu la sua sentenza. 
« Wakatoshi aspetta, non - »
« Inventeremo qualcosa ma non ti voglio qui. Devo pensare a cosa farne di te »
Tooru si tirò a sedere sul materasso, tentando di prendergli un braccio e lui fu subito in piedi. Raggiunse il loro armadio, lo aprì e cominciò a tirare fuori tutti i suoi vestiti, gettandoli alla rinfusa sul letto. 
« Lasciami almeno spiegare! » Sbottò lei. 
Wakatoshi passò ai cassetti del comodino, biancheria intima, foulard, calze. 
« Sono sempre tua moglie, sai?! »
Afferrò il portagioie dal comò e lo gettò sul letto con violenza, quello si aprì riversando il  contenuto sui vestiti: bracciali, collane, spille, gemelli, anelli e orecchini. 
Quello di perla rotolò fino a cadere a terra, tra di loro. Lo fissarono. 
« Non sei nessuno» Fu la sua replica ferma, mentre si aggrappava con le mani al mobilio « Non so nemmeno chi tu sia davvero »
« Sono la donna che conosci! Non ho recitato una parte, Wakatoshi, fammi spiegare ti prego! »Tooru si alzò e lui si mosse, raggiunse il letto e vi tirò da sotto una vecchia valigia impolverata. La buttò sul letto insieme al resto. 
« Se ti trovo a casa quando rientro ... »
Lasciò la minaccia incompleta, nel vuoto. 
Tooru si morse il labbro inferiore, aveva il rossetto tutto sbavato sul mento. 
Sembrava un pagliaccio. 
« Se è un figlio che vuoi, allora facciamolo. Facciamolo adesso. Lo desideravo anche io, ma -  Siamo ancora in tempo, abbiamo tutto il tempo del mondo. Se questo potrà - »
Wakatoshi lasciò la stanza senza ascoltare il resto e si diresse giù per le scale, sentì Tooru chiamarlo a gran voce, seguirlo. 
Lo raggiunse mentre apriva la porta di casa sulla notte  fredda di metà Ottobre. 
« Ma dove vai? Dobbiamo parlare! »
Gli prese un braccio, Wakatoshi si liberò facilmente della sua stretta. 
Uscì per strada, era ancora trafficata. Tooru lo seguì anche lì. 
« Wakatoshi! »
E quella fu l'ultima cosa che sentì prima dello schianto, il suo nome gridato in quel modo disperato. Aveva attraversato la strada e lei lo aveva seguito di istinto, senza controllare di poter passare o meno. Una Trabant l'aveva investita in pieno. 
Wakatoshi si voltò in tempo per vedere il suo corpo disteso per metà sotto la macchina, del sangue da qualche parte sulla strada. Gli occhi chiusi, i suoi bei capelli sparsi. 
Rimase fermo e immobile, senza reagire. 
 
¤¤¤
 
Un tempo Shiratorizawa e Seijoh erano un unico paese. Questo prima della guerra. 
Wakatoshi non l'aveva combattuta personalmente, era un bambino all'epoca. 
Ricordava qualcosa però, dei momenti, degli attimi atroci che gli erano rimasti impressi nella memoria a lungo termine di bambino. 
Sapeva dai racconti nostalgici di suo padre che il loro paese era una grande potenza prima della dittatura e della guerra, ma avevano perso e lo avevano fatto nel modo peggiore. Così erano stati invasi da due delle potenze vincitrici e spaccati a metà. 
Qualche nostalgico preferiva dire Ovest ed Est, piuttosto che Seijoh o Shiratorizawa. 
Wakatoshi ricordava poco del suo paese unito. Aveva vissuto soprattutto nella RDS. 
La RFS non la conosceva affatto.
Erano divisi da un muro, ormai, reale
Un muro che divideva famiglie, ideologie e ormai anche cultura e storia. 
Vi erano fughe da una parte all'altra, ovviamente, nonostante i fermi controlli. 
Vi era anche chi diceva che Shiratorizawa fosse la parte peggiore in cui vivere, alla mercé di un governo dittatoriale e spietato. Wakatoshi faceva solo il suo lavoro. 
Lui era un semplice impiegato d'ufficio, niente di più. 
Aveva vissuto bene, nel rispetto delle regole. 
Tooru era entrata nella sua vita monotona inaspettatamente. 
Aveva preso posto presso il MSS da poco. Lui non faceva la spia interna. 
Si occupava solo di documentazioni, affari dello stato di cui non si impicciava. Solo Satori Tendou era l'unico collega che sembrasse davvero intenzionato ad essergli amico. 
Tooru l'aveva incontrata poco fuori dalla fabbrica di scatolame dove lavorava. 
Si trovava non molto distante dal suo luogo di lavoro, e dietro l'edificio fatiscente dove si adunavano le donne anonime e stanche della RDS, vi era una brutta fermata dell'autobus. 
Era su una strada mal curata, con alle spalle un marciapiede inselvatichito e una parete di mattoni rosso ricoperta di poster vecchi di propaganda e pubblicità stracciate. 
Wakatoshi prendeva lì l'autobus per tornare a casa. E una volta ci aveva trovato lei. 
Gli era saltata agli occhi perché sembrava diversa dalle altre donne. 
Non nel modo di vestire, portava un fazzoletto in testa, abiti anonimi, niente trucco e pochi gioielli, come tutte le altre. Le sue belle mani erano rovinate dalla fatica, ruvide e callose. Ma era bella, anche senza ornamenti, spiccava, alta, magra, attraente, occhi grandi, capelli mossi e folti. Il viso vitale e a fuoco. 
Non era solo una macchia anonima su uno sfondo tetro e sbiadito. 
Gli aveva sorriso quel primo giorno. 
Wakatoshi aveva pensato fosse stato solo per educazione. 
Gli dicevano che era un bell'uomo, come suo padre, e aveva avuto le sue donne e le sue esperienze, ma una donna bella come quella non avrebbe avuto motivo di concedergli un sorriso di altra natura. 
Pensava sarebbe finita lì. 
Ma si incontrarono tutti i giorni alla stessa fermata, la stessa ora, solo loro due. 
Un giorno a lei cadde un fazzoletto, Wakatoshi non di accorse della causa, ma era lì che si chinava per raccoglierlo. 
Si erano parlati la prima volta in quell'occasione. 
 
Era cominciata con quattro chiacchiere alla fermata dell'autobus. 
Poi lunghe passeggiate lungo la strada. Addii che diventavano sempre più difficili. 
Poi la prima uscita impacciata in quattro, organizzata ovviamente da Satori. 
E il primo bacio, e poi la prima volta che avevano fatto l'amore nel suo appartamento da scapolo, una vecchia mansarda in Adlerstraße con due stanze e un piccolo balcone che dava sulla strada. I loro vestiti sparsi a terra o sul tavolo della cucina, una radio che commentava qualcosa nel silenzio. Avevano vent'anni. 
Poi Tooru aveva conosciuto sua madre, a cui non era piaciuta, e suo padre, che l'aveva adorata. E sua nonna, che non ci stava più con la testa dopo la guerra. 
E infine si erano sposati, due anni dopo. 
Una cerimonia semplice, senza pretese. 
Ed era arrivata la sua prima promozione a lavoro, così avevano lasciato la mansarda per andare a vivere in una vera e propria casa. 
Se Wakatoshi avesse potuto dare un titolo a quel periodo della sua vita sarebbe stato: Gli anni felici. Quel capitolo si era bruscamente interrotto quel giorno, sul marciapiede di una strada trafficata. 
 
¤¤¤
 
Tooru era in coma. 
Il bacino rotto e una commozione cerebrale erano stati i risultati di quell'incidente. 
Almeno non è morta, era stato il pensiero che aveva attraversato la mente di Wakatoshi per tutta la notte, fino al mattino seguente, quando era arrivato Satori. 
Lo aveva raggiunto nella sala d'attesa, deserta ad eccezione sua. 
Aveva in mano un bicchiere di carta coperto con della carta d'alluminio. 
Wakatoshi lo accettò, ma non bevve nemmeno un sorso, restandosene seduto a fissare il pavimento mentre l'amico gli si metteva seduto accanto rilassato. 
Si erano sentiti al telefono poco prima, Wakatoshi aveva parlato dell'incidente e accennato appena a qualcosa. Era una persona ingenua, ma non abbastanza da non sapere che non era sicuro parlare di certi argomenti attraverso linee telefoniche sicuramente controllate. 
« Sono qui per raccontarti una storia, Wakatoshi » Esordì Satori a voce moderata.
Era strano sentirlo parlare in quel modo. 
Era come se anche lui, in qualche modo, rispettasse il silenzio e il dolore di quel luogo. 
« Forse ti sentirai tradito, ma a mia discolpa posso dirti che ti sono stato davvero amico in questi anni. Sei una persona ... interessante »
Wakatoshi sollevò lo sguardo dal pavimento per la prima volta da quando il dottore gli aveva dato il responso delle condizioni di Tooru. Guardò Satori senza capire. 
« Non so bene che cosa sia successo tra te e Tooru per arrivare a ... questo, ma se hai creduto che lei fosse una spia della RFS ti sei sbagliato. Di grosso »
La presa sulle mani che aveva stretto tra di loro a forza si fece violenta. 
La sua espressione non cambiò, ma dentro ...
« Tu che cosa ne sai? » La voce era ferma. 
« Perché conoscevo Tooru prima che tu la incontrassi. A dire il vero, eravamo colleghi »
Silenzio pesante, per qualche secondo. 
Satori dovette leggere la domanda sul suo volto, perché lo anticipò di misura. 
« Si, Tooru era una spia della MSS Wakatoshi. L'hanno mandata a spiare te, perché sospettavano che tu avessi ... tendenze simpatizzanti verso l'Ovest »
Wakatoshi non sapeva che cosa dire, che cosa pensare. È ridicolo, furono le prime parole che gli vennero in mente. Lui non aveva idee simpatizzanti verso ... niente. 
E lo stesso organo di stato per cui lavorava sospettava ... una follia. 
Tornò a guardare il pavimento, le mani sempre più strette tra di loro. 
« Tooru doveva trovare le prove della tua innocenza o colpevolezza »
Wakatoshi sciolse la presa delle mani e se le sfregò sul volto, passandole poi tra i capelli fino a stringerli con forza violenta nel pugno. 
La bevanda calda era finita abbandonata per terra, accanto ai suoi piedi. 
« Ma che bella storia ... »
Mormorò, cominciava a sentire la rabbia montare dentro come un'onda. Ancora. 
« Non doveva avvicinarti, Wakatoshi » Le parole di Satori arrestarono la tempesta. 
Sciolse la presa sui capelli e si voltò a guardarlo con uno sguardo che non avrebbe voluto vedere riflesso in uno specchio. 
« Andò contro le regole. Si finse operaia della fabbrica per avvicinarti. Io gliel'avevo detto di non farlo, ma quella donna è testarda, lo sai meglio di me! E, ovviamente, si è innamorata di te quella stupida »
« Questo non è amore »
« Davvero? Per sette anni quella donna ti ha protetto. C'è una talpa nel tuo dipartimento, Wakatoshi, per questo ti hanno puntato. Siete tutti controllati da anni. Tutte le notti Tooru controlla la tua valigetta per assicurarsi che non ti incastrino con documenti compromettenti! » Wakatoshi ripensò ad una cosa ... 
Ripensò ad una cosa che gli aveva detto Tooru, ma lui non l'aveva fatta parlare. 
Sei un uomo buono, e giusto! Io avevo il compito di dimostrarlo! 
« Ovviamente, non puoi pensare che i piani alti potessero accettare un vostro avvicinamento. Tooru è stata licenziata »
Satori allungò le gambe davanti a sé e incrociò le caviglie, portandosi le mani dietro la nuca come se stesse prendendo il sole. 
« A quel punto è venuta da me a pregarmi di prendere il suo posto. Ho accettato, ovviamente. Ma lei era paranoica e, sebbene le avessi detto di non farlo, doveva anche controllare personalmente che tu fossi al sicuro. Una spia resta sempre una spia »
Wakatoshi ripensò al modo in cui l'aveva afferrata per la gola, sbattendola contro il materasso. Tooru era terrorizzata da lui. Chiuse gli occhi e ci passò le mani sopra. 
« Sai perché non voleva restare incinta nonostante lo desiderasse? »
Wakatoshi aprì gli occhi di colpo e lo guardò.
Satori lo stava osservando di sottecchi. 
« Me l'ha detto. Con le lacrime agli occhi mi ha detto che non poteva darti un figlio, perché aveva paura che lo usassero contro di te. Di voi » Satori sciolse la posizione delle mani dietro la nuca e le intrecciò davanti allo stomaco, sospirando pesantemente. 
Se è un figlio che vuoi, allora facciamolo. Facciamolo adesso. Lo desideravo anche io, ma ... Lui non le aveva creduto. Ovviamente non le aveva creduto. 
« Questa è la bella storia che sono venuto a raccontarti. Una bella storia di bugie e verità nascoste per amore. Ora ti lascio solo »
Satori gli diede una pacca sulla spalla, poi si alzò in piedi con un sospiro pesante. 
Per la prima volta, Wakatoshi si rese conto che era stanco, tanto stanco quanto lui, perché voleva bene a Tooru. Lo fermò di nuovo sulla soglia. 
« Il suo nome. La sua vita, le sue - »
« Tooru Oikawa, nata il 20 luglio del 1932 in quella che oggi è la Repubblica Federale di Seijoh. Si è trasferita da bambina qui »
Il resto della storia Wakatoshi la conosceva.
« Era tutto vero, se è quello che ti stai chiedendo. Ogni cosa che sapevi di lei, era vera. Almeno le cose che contavano davvero lo erano »
Satori lo stava osservando dalla spalla, ancora girato verso la porta con il corpo. 
Si infilò le mani nelle tasche della giacca e tornò a guardare dritto di fronte a se. 
« Viviamo in uno stato che non ci concede libertà, Wakatoshi. Se non lo avevi capito, ora lo sai. Bisogna fare quello che si può per sopravvivere, e Tooru lo sapeva. Lei era sola, senza famiglia, e tu eri la sua cosa più preziosa. Ha fatto quello che poteva per proteggerti, giusto o sbagliato che fosse » Una pausa « Ma suppongo che non potesse proteggerti dal suo passato » Satori se ne andò. 
Wakatoshi passò qualche minuto a fissare il vuoto. 
Quando se ne rese conto, stava già piangendo silenziosamente. 
 
¤¤¤
 
I fiori freschi che aveva messo nel vaso accanto al suo letto erano dei fiordalisi. 
Il loro fiore nazionale. O almeno lo era stato quando erano un unico paese. 
Forse sarebbe arrivato un giorno in cui quel muro avrebbe perso il suo potere, crollando in macerie. Fino ad allora, Wakatoshi avrebbe vissuto. 
Allungò una mano e strinse quella di Tooru.
« Satori mi ha raccontato una storia »
Le disse, salendo a spostarle una ciocca di capelli dalla fronte ancora tumefatta. 
« Ma vorrei che fossi tu a raccontarmela » Si avvicinò con la sedia al letto, le aveva messo gli orecchini di perle perché erano i suoi preferiti, e anche se non potevano indossare molti gioielli, Tooru ci aveva sempre tenuto ad essere curata. 
« Ho delle scuse da farti. E cose importanti da dirti, perciò aprì gli occhi, Tooru »
 
Io sono qui ad aspettarti dalla stessa parte del muro. 
  
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