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Autore: Zobeyde    15/10/2022    3 recensioni
New Orleans, 1933.
In un mondo sempre più arido di magia, il Fenomenale Spettacolo Errante di Maurice O’Malley si sposta attraverso l’America colpita dalla Grande Depressione con il suo baraccone di prodigi e mostri. Tra loro c’è Jim Doherty, l’unico a possedere capacità straordinarie: è giovane, irrequieto e vorrebbe spingere i propri numeri oltre i limiti imposti dal burbero direttore.
La sua vita cambia quando incontra Solomon Blake, che gli propone di diventare suo apprendista: egli è l’Arcistregone dell’Ovest e proviene da un mondo in cui la magia non ha mai smesso di esistere, ma viene custodita gelosamente tra pochi a scapito di molti.
Ma chi è davvero Mr. Blake? Cosa nasconde dietro i modi raffinati, l’immensa cultura e la spropositata ricchezza? E soprattutto, cosa ha visto realmente in Jim?
Nell’epoca del Proibizionismo, dei gangster e del jazz, il giovane allievo dovrà imparare a sopravvivere in una nuova realtà dove tutto sembra possibile ma niente è come appare, per salvare ciò che ama da un nemico che lo osserva da anni dietro agli specchi...
Genere: Azione, Fantasy, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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LUOGHI TRANSITORI
 
 
 
 
Una luce verde e oro la aggredì non appena provò ad aprire gli occhi.
Sono morta.
Sbatté le palpebre, si sforzò di aspirare aria nei polmoni, di liberare la mente dalle ragnatele che la avviluppavano. Un istante dopo, realizzò che quel bagliore era la luce del sole: un sole così sgargiante come non lo vedeva da settimane, che le pioveva addosso attraverso un soffitto di foglie.
O forse no.
Non aveva idea di cosa fosse successo. L’unica cosa che sapeva era di trovarsi sdraiata tra foglie e rametti, circondata da alberi e di avere le braccia libere. Provò a tirarsi a sedere, ma un dolore lancinante le trafisse la nuca e un’esplosione di pagliuzze dorate le offuscò la vista.
«Ohi, ohi!» sbottò una voce ringhiosa. «Vacci piano, ragazza!»
Alycia inspirò forte, cercando di scacciare le stelle che ancora le danzavano davanti e di calmare i battiti del suo cuore.
«Hai preso una bella botta» borbottò di nuovo quella voce aspra. «Meglio se resti giù un altro po’.»
Lei tornò cautamente a sdraiarsi, ma riuscì a girare di poco la testa per capire chi fosse il suo interlocutore; aveva ancora gli occhi un po’ annebbiati, ma distinse un ometto vestito di verde seduto accanto a un fuoco da campo, intento a rimestare dentro un pentolino in cui bolliva qualcosa dall’odore non proprio invitante. Scompigliati ciuffi di capelli rossi spuntavano come fiammelle da sotto un cilindro sfondato.
«Io ti conosco» disse, con voce impastata. «Sei il direttore del circo..?»
«Ex direttore» puntualizzò il Folletto, mescolando con rabbia nel pentolino con un cucchiaio di legno. Era evidente che non se la passasse granché bene ultimamente, a giudicare dallo stato miserabile della sua redingote verde e dalla barba incolta. «La mia adorabile mogliettina ha ordito un ammutinamento, quindi ora sono disoccupato. Spero ti piaccia la zuppa di pane raffermo, perché non c’è altro per pranzo.»
Stordita e dolorante come se l’avessero presa a pugni, Alycia si girò su un fianco e osservò il bosco; il cielo era completamente terso, gli uccelli cinguettavano e non vi era più traccia né dell’inverno, né della Torre. «Dove siamo? Che cosa è successo? Ricordo…»
«Di aver fatto un tuffo nel vuoto?» completò O’Malley. «Be’ ricordi bene. Per rispondere alla prima domanda, siamo a dieci miglia da Orlando, in Florida…»
«Florida?» esclamò lei, costernata. Non aveva ancora molta dimestichezza con le distanze in America, ma era certa che fosse lontana, molto lontana dal posto dove avrebbe dovuto essere. «Ma come…come siamo arrivati qui? Dov’è Jim? Lui…lo hanno catturato! Dobbiamo tornare alla Torre, dobbiamo…!»
Costrinse il suo corpo ad alzarsi mantenendosi al tronco di un albero, mentre veniva di nuovo assalita dalle vertigini e la disperazione piombava su di lei come una coperta pesantissima. Era tutto sbagliato. Doveva assolutamente trovare il modo di tornare indietro, prima che fosse troppo tardi…
Il Folletto mollò il cucchiaio nel pentolino e sospirò. «Ci siamo lasciati alle spalle quell’orrore, dovresti ringraziarmi. E poi, la Florida non è così male come dicono, sai? Sole tutto l’anno, l’Oceano, pollastre in costume da bagno…»
«Mi devi riportare là!» gli ordinò Alycia. «Qualunque cosa tu abbia combinato…»
O’Malley iniziò a spazientirsi. «Senti, carina, io non intendo rimettere piede laggiù. Ma se muori dalla voglia di tentare un’altra volta il suicidio, accomodati pure.» Fece un gesto secco con la mano, come a chiudere la questione. «Ho smesso di fare da bambinaia a voi maghi da strapazzo!»
«Come sei riuscito a portarci qui?» Alycia lo fissò insistentemente. «Faceva tutto parte del piano di Margot? Parla, o giuro che…»
Mosse un paio di passi malfermi, le mani appena sollevate. La faccia di O’Malley divenne subito bianca e tesa, ma poi ci fu uno schiocco e un attimo dopo non c’era più.
Alycia sussultò dallo stupore. «Ma..?» Compì un mezzo giro su se stessa, senza riuscire a credere ai propri occhi. Era letteralmente svanito nel nulla. «Non può essere…»
Un altro schiocco alle sue spalle, seguito da un clic. Alycia si girò di scatto e trovò il Folletto in piedi, che le puntava contro una pistola. «Guai a te se ci provi. Non mi faccio fregare un’altra volta!»
Alycia era senza parole. «Tu sai saltare? Come ci riesci? Dove lo hai imparato?»
«Non l’ho proprio imparato» ammise lui. «Mi concentro e puff, sparisco da un luogo e appaio in un altro.»
«É impossibile» ribatté Alycia, in preda alla confusione. Aveva letto che nel Vecchio Mondo gli appartenenti al Popolo Fatato erano in grado di smaterializzarsi ben più lontano di qualsiasi stregone, di aprire portali nel Tutto tra i vari angoli del pianeta dove nascondevano i propri tesori: i Mancanti li chiamavano sentieri delle fate. «Tu non dovresti saper fare magie!»
«Immagino sia come la storia del calabrone, che è troppo grasso per volare ma non lo sa e…»
«Ce ne sono altri?» domandò Alycia, inquieta. «Altri membri della compagnia hanno capacità simili alle tue?»
«Per quel che ne so, solo i King» rispose O’Malley, imbronciato. «Ma visto come gli è andata, non mi stupirei se altri abbiano deciso di tenerselo per sé. Io non l’ho detto a nessuno.»
«Nemmeno a Jim?» si stupì Alycia.
«Con quegli avanzi di galera sempre a ficcanasare e gli Accalappiatori e tutto il resto, solo un idiota sarebbe andato in giro pavoneggiandosi di essere…fuori dall’ordinario, ecco. Ci ho provato a spiegarlo a quel bamboccio, ma figuriamoci se mi stava a sentire! L’unica a saperlo era Margot, e quanto vorrei aver tenuto la bocca chiusa con quell’arpia...!»
«Da quanto tempo hai questi poteri?»
«Cos’è, il terzo grado?!»
«Devo saperlo, è importante!»
«Sette anni. Più o meno dalla…»
«Notte del Disastro» finì la frase Alycia. Ricordò quello che aveva detto l’indovina poco prima di farla precipitare e tutte le componenti andarono al proprio posto. «Quando Joel King è diventato un Mannaro anche tu hai riavuto parte dei tuoi poteri da folletto. Lucindra aveva ragione: Jim può davvero riportare la magia nel mondo!»
«Per mille sardine, l’hai battuta forte la testa!»
«Jim è un Plasmavuoto» spiegò Alycia. «Lui può attingere a un potere immenso, scardinare le leggi della magia. Quella notte ha liberato il Vuoto senza accorgersene, era solo un bambino e non sapeva controllarsi: così ha reso il vostro sangue magico come lo era nel Vecchio Mondo.»
«Sì, be' chi se ne frega» ribatté O’Malley. «So solo che per colpa delle vostre diavolerie io non ho più un circo. Quindi, sai che ti dico? Ho fatto la mia buona azione, ti ho impedito di sfracellarti a terra e ora me ne vado dritto per la mia strada. Sayonara, bella.»
Dopodiché, intascò la pistola e si diresse verso il suo piccolo accampamento di fortuna. Alycia lo osservò scoraggiata, mentre raccoglieva le sue poche cose in un fagotto rattoppato. «Che cosa stai facendo?»
«I bagagli, non si vede? Ho ancora un paio di assi nella manica, troverò un altro freak show e ricomincerò da capo. Ormai ci sono abituato.»
Alycia sentì crepitare di nuovo in lei la collera. «Hai intenzione di svignartela? Di abbandonare la tua compagnia?»
«Non è più la mia compagnia.»
«No, hai ragione» replicò lei, in tono severo. «É molto di più: è la tua famiglia.»
«Bah!» fu il cinico commento del Folletto.
Ma Alycia non si arrese e lo marcò stretto. «E sono convinta che, anche se ti rifiuti di ammetterlo, senti di essere ancora responsabile per tutti loro.»
«Ah, sì?» O’Malley si mise in spalla il suo fagotto e la fissò con aria aggressiva. «E che ne può sapere una come te di come mi sento io? Neanche ci conosciamo. Sei uguale a quello spaccone di tuo padre: arrivate quando nessuno vi vuole e vi comportate come se sapeste sempre tutto!»
Alycia su questo non poté dargli torto. Comprese che mettersi a battere i piedi non avrebbe risolto nulla; così si fermò, impose a se stessa di calmarsi e scelse di percorrere una via diversa: «Hai ragione, so davvero molto poco del vostro mondo. E mi scuso se mio padre ha portato trambusto nelle vostre vite.»
«“Trambusto” è un bell’eufemismo!»
«Tu però mi hai salvato la vita» riprese Alycia. «E non ti ho nemmeno ringraziato per questo.»
O’Malley rispose con un altro verso burbero e si allontanò scuotendo la testa.
Disperata, Alycia lo rincorse. «Se ti sei preso la briga di correre in mio soccorso, significa che non è vero che ti importa soltanto di te stesso! Tenevi alla compagnia, così come tenevi a Jim.»
«Erano la mia macchina sforna quattrini, tutto qui. Non rischio la pelle per un moccioso ingrato e un branco di pidocchiosi freaks
«Però sei rimasto» disse Alycia. «Eri riuscito a scappare, saresti potuto andare ovunque. E invece, eri lì quando Margot ci ha aggrediti.»
«Me ne stavo andando, infatti. Non so se lo hai notato ma ho le gambe corte io…»
«Invece credo che non volessi lasciare i tuoi amici» ribatté Alycia. «Che stessi cercando un modo per salvarli.»
«Al diavolo, ragazzina! Si può sapere che cosa vuoi da me?»
«Voglio che torni con me alla Torre» rispose Alycia con decisione. Sentiva il volto in fiamme, le vene ardere di rabbia e determinazione. «Aiutami a salvare Jim, i miei genitori e la compagnia.»
«Nella remota possibilità che voglia tuffarmi di nuovo in quel covo di pazzi, in che modo ti potrei aiutare, eh?» O’Malley si voltò, lasciò cadere a terra il fagotto e allargò le braccia, mostrandosi nel suo scarso metro e cinquanta. «Ti sembro un guerriero? Sono a malapena un uomo! I folletti non sono eroi, neanche nelle leggende! Gli unici talenti dei miei antenati erano reggere l’alcol, contare i soldi e sparire quando le cose si mettevano male.»
Alycia guardò quello strano ometto scontroso, uno degli ultimi discendenti della sua razza, vittima dell’impoverimento del mondo dalla magia causato da Arcanta. Eppure, aveva resistito, all’odio della gente, alle difficoltà del suo tempo, coi pochi mezzi che aveva, tirando fuori le unghie e sì, comportandosi spesso in modo disonesto.
Gli andò più vicino e si piegò sulle ginocchia, in modo da essere alla sua stessa altezza.
«Nemmeno tra i maghi si contano molti eroi» replicò con dolcezza. «Eppure, ne ho conosciuti un paio che mi hanno fatta ricredere.»
Gli occhi azzurro ghiaccio del Folletto la misurarono, pieni di astio e riluttanza.
«Uniamo le forze» propose Alycia. «Il nemico pensa che io sia morta e che tu sia scappato, possiamo sfruttare la cosa a nostro vantaggio, coglierlo di sorpresa. Non è troppo tardi per fare la cosa giusta, Maurice. Per essere degli eroi.»
Lui esitò, titubante e spaventato. Poi, tirò un lungo sospiro.
«E va bene» decise alla fine. Sollevò una mano, puntò due dita verso il bosco e le ruotò come se stesse disegnando un cerchio. Si udì un crepitio, poi un sibilo acuto, come di una miccia accesa, e Alycia vide comparire a mezz’aria un anello dai bordi infuocati, affacciato su uno scenario completamente diverso. Fatto di neve, gelo e nuvole fosche.
«Ma ti avverto» disse O’Malley, scrutandola truce. «Tu prova a tirarmi uno dei vostri giochetti e te la farò pagare cara. Un’altra cosa in cui noi folletti siamo piuttosto bravi è vendicarci.»
Alycia gli restituì in cambio un sorrisetto agguerrito. «Proprio quello che speravo.»
Varcarono insieme il portale.
La Torre vorticava in mezzo a un immenso campo d’orzo inaridito, esattamente dove l’avevano lasciata. Alycia e O’Malley si incamminarono verso di essa, finché non furono dinnanzi a un muro di oscurità fumosa.
«Sei sicura di volerlo fare?» domandò il Folletto, scoccandole un’occhiata.
Alycia non rispose, gli occhi fissi sull’oscurità che ondeggiava irrequieta, ricreandosi in continuazione.
Non si può morire due volte nell’arco di una giornata.
Inspirò profondamente e lasciò che le tenebre la inghiottissero.

 
  
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