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Autore: Lella73    18/10/2022    8 recensioni
Ho sempre sognato di poter offrire un'opportunità di vivere la propria felicità ai personaggi che ho sempre portato nel cuore. Vi propongo quindi la mia storia, che intrecciandosi alla trama nota che tutti amiamo, lascia tuttavia la porta aperta ad altri sviluppi...
Genere: Azione, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alain de Soisson, André Grandier, Oscar François de Jarjayes, Victor Clemente Girodelle
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
Capitoli:
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Ciao a tutti voi che avete avuto la gentilezza di seguire fino ad ora il mio racconto; siamo arrivati all'ultimo capitolo, che poiché piuttosto lungo e intenso ho deciso di dividere in sei parti, di cui questa sera vi propongo la prima. Grazie per l'attenzione e buona lettura!!

Ancora un'ultima battaglia - Prima parte

Era strano come la vita fosse tornata normale in caserma. Il mondo stava impazzendo: le strade di Parigi sembravano ribollire fra le orde di militari che le avevano riempite e il malcontento del popolo che cresceva come una furia cieca, eppure per i soldati della guardia metropolitana le giornate erano tornate normali e regolari dopo i giorni concitati dell'insubordinazione e dell'arresto. I turni per il pattugliamento in città si susseguivano regolarmente e anzi gli uomini erano particolarmente pronti ad obbedire agli ordini del comandante.

Ordinatamente schierati sulla piazza d'armi, ora ascoltavano Oscar dare istruzioni per la giornata: il primo gruppo sarebbe uscito subito con il colonnello d'Agoult, mentre il secondo avrebbe lavorato prima in armeria e poi sarebbe uscito con lei.

Oscar non aveva più scelto Alain per uscire in pattuglia con il suo gruppo, perciò egli rimase sorpreso nel sentir chiamare il proprio  nome. Gérard, in piedi sull'attenti accanto a lui, gli gettò uno sguardo furtivo; sapeva che l'amico era dispiaciuto per la bravata con il comandante fuori dalla prigione dell'Abbazia. Sapeva che gli mancava la confidenza che ormai aveva guadagnato con lei e che non gli piaceva il distacco che si era creato con André. Non di meno, sapeva che doveva essere veramente innamorato: non era più così pronto alla battuta e allo scherzo, rideva poco e per lo più con amarezza ed era diventato piuttosto taciturno.

Oscar rientrò.

 

Seduta alla scrivania del suo ufficio stava scrivendo al signor Sugane annunciando il proprio arrivo entro breve. Gli chiedeva il favore di trovarle una sistemazione diversa dalla villa di famiglia… una sistemazione… sicura. Non aveva intenzione di fermarsi a lungo, ma aveva bisogno di un posto dove organizzare spostamenti e una nuova vita forse  lontano dalla Francia per lei e André. Alzò un attimo lo sguardo: aveva un altro favore da chiedere. Apposta aveva fatto restare Alain quella mattina, scegliendolo per il suo gruppo. Tempi difficili avrebbero atteso Parigi e i suoi cittadini e Oscar sapeva che molti non avrebbero avuto la possibilità di mettersi in salvo in caso la rivolta fosse divampata. Voleva procurare alla signora Soisson e alla piccola Diane l'opportunità di andarsene. Terminò di scrivere e chiamò un cadetto affinché facesse venire subito Alain da lei. Nell'attesa si alzò e andò alla finestra. La nausea non le aveva lasciato tregua durante la mattina, ma almeno non era stata tormentata dalla tosse. Nel tentativo di tenere a bada lo stomaco chiuse gli occhi e fece respiri profondi. Scorse con gli occhi della mente tutti gli eventi degli ultimi giorni. Non avrebbe mai più rivisto casa sua, né Fersen, né sua maestà la regina. Era voluta andare personalmente  a esprimere la propria gratitudine per la grazia e l'aiuto ricevuti; Maria Antonietta l'aveva accolta con sincero affetto. Oscar l'aveva trovata più bella che mai, nonostante il viso velato da un'espressione di malinconia che le aveva fatto male al cuore: una malinconia densa e tangibile, una tristezza che andava oltre al dolore per la perdita del figlio. Oscar si era resa conto che l'affetto che sempre aveva provato per la sua regina non l'avrebbe mai abbandonata. Indipendentemente dal suo pensiero, dalle vie che avevano preso le loro vite e dagli eventi drammatici che le avrebbero allontanate per sempre, aveva saputo con chiarezza che tutti quegli anni di devozione sincera, di servizio incondizionato e di vera lealtà non sarebbero stati vani. Sarebbero sopravvissuti persino a loro stesse. Lei e Maria Antonietta avevano condiviso la gioventù, gli anni più belli e ora quelli più difficili. Questo sarebbe rimasto sempre. Oscar si sentì commossa. Sospirò. I pensieri continuavano ad affollarsi nella sua mente.

Con le mani giunte dietro la schiena pensava alla fuga di Alain con lei su César dopo la scarcerazione. Dopo il ritorno in caserma aveva cercato di tenersi il più lontana possibile da lui. Voleva evitare qualsiasi confronto diretto. Si chiese se Alain potesse essersi sentito mai in qualche modo incoraggiato, mentre le ritornavano in mente le occasioni in cui si era sentita a disagio per la sua presenza, che spesso le aveva dato l'impressione di invadere il suo spazio personale. Aveva sempre pensato fosse solo il suo modo di fare o l'espressione del suo carattere irruente, mentre ora si rendeva conto, ripensando al suo respiro dietro l'orecchio mentre correvano a cavallo, che erano stati sempre silenziosi tentativi di guadagnare un istante di vicinanza, di carpire un sospiro o di avvertire un solo umore della pelle… Oscar ripensò al dolore nel non sentirsi corrisposta da Fersen e alla disperazione di André di fronte alla sua incapacità di riconoscere in sè lo stesso sentimento che lui provava da sempre per lei. Portò la mano destra al viso premendosi gli occhi con l'indice e il pollice, finché non sentì il passo pesante di Alain dietro la porta. 

 

Indaffarati a controllare fucili e moschetti, gli uomini lavoravano in silenzio. Ciascuno era preoccupato e assorto nei propri pensieri: tutti erano consapevoli che la situazione in città era ormai diventata insostenibile e dopo le dimissioni del ministro Necker il malcontento aveva portato ai primi tafferugli. Ognuno temeva che anche per il loro reggimento sarebbe arrivato presto l'ordine di fronteggiare il popolo in rivolta e a nessuno piaceva l'idea di dover sparare su civili, su persone di cui condividevano ideali e ragioni e fra le quali potevano esserci addirittura amici o cari. André compiva azioni meccaniche a cui in realtà non prestava attenzione, preso da mille pensieri che lo preoccupavano e lo tormentavano. Sperava di poter partire con Oscar al più presto; si chiedeva come sarebbe stato vivere lontano da Parigi… dalla Francia… Pensava alle condizioni del proprio occhio e si chiedeva come si sarebbe potuto procurare un lavoro se fosse diventato cieco. Si chiedeva se sarebbe stato in grado di provvedere a Oscar e si domandava cosa lei potesse aspettarsi da lui. L'unica cosa di cui era certo era che qualsiasi cosa avrebbero dovuto affrontare, l'avrebbero affrontata insieme. In un angolo della sua mente si fece strada silenziosamente l'immagine di se stesso assieme a Oscar in una chiesa. Ricordò lo sguardo infervorato di Oscar mentre annunciava al generale dalla balaustra di palazzo Jarjayes che avrebbe fatto bene a dare loro la sua benedizione, o il suo agognato erede sarebbe stato un bastardo. Sentì qualcosa pungere in fondo al cuore: suo figlio non sarebbe stato erede di niente, ma certamente non sarebbe stato un bastardo. Si chiese se Oscar avesse già scritto a Sugane. Se fossero riusciti anche solo a passare dalla villa di famiglia nell'Alta Francia, avrebbero almeno potuto recuperare qualche effetto personale oltre alle poche cose che avevano in caserma. Si chiese se fosse il caso di chiedere aiuto a Jean Luc: magari tramite lui sua nonna avrebbe potuto far avere loro abiti o altro. Scartò subito l'idea: aveva già procurato abbastanza dolore a sua nonna. Non avrebbe più fatto in modo di metterla in difficoltà.  Pensò alla sua Oscar nel piccolo alloggio da comandante: aveva rinunciato a tanto per lui. Si chiese se se ne sarebbe mai potuta pentire. Per un attimo gli mancò il respiro. L'avrebbe amata sempre, l'aveva amata sempre. Chiuse una cassa dopo averne inventariato il contenuto, si girò e richiamò l'attenzione di Alain, dicendogli di riporla.

Alain aveva passato gli ultimi giorni rimuginando. Non era stato in grado di arginare il sentimento che ormai riempiva il suo cuore e ogni suo pensiero con prepotenza. Non riusciva a capire come potesse essersi veramente innamorato… Aveva avuto tante donne, ma non si era mai interessato a nessuna di loro. Ora invece… Oscar riempiva la sua mente sempre. Costantemente. Sentiva il bisogno di proteggerla, di saperla al sicuro. Sapeva di non aver diritto a questo sentimento, ma non era in grado di liberarsene. Ripensò alla schiena esile di lei contro di sè, a cavallo, pochi giorni prima, al profumo lieve dietro l'orecchio… Amarla non gli spettava. Ripensò con vergogna a tanti mesi prima, quando l'aveva colpita pensando avesse denunciato Lasalle per il fucile venduto… adesso avrebbe ucciso per lei. Un cadetto entrò nell'armeria chiamando il suo nome: il comandante lo aspettava nel suo ufficio subito. Cercò lo sguardo di André, ma questi lo distolse.

Appena Alain fu uscito, André si volse. Fece qualche passo e uscì dalla porta, seguendo l'amico con lo sguardo: le spalle curve, l'incedere lento e pesante… sapeva che si era dispiaciuto per la fuga dopo la scarcerazione, ma sapeva anche che i suoi sentimenti per Oscar non sarebbero potuti cambiare a comando. André non si sentiva geloso, solo… avrebbe preferito avere Alain dalla sua parte anziché doversi guardare da lui…

 

Camminando verso l'ufficio del comandante Alain pensava che ormai i suoi minuti nel proprio reggimento fossero contati: era infatti convinto che Oscar lo stesse convocando per annunciargli una nuova collocazione. Si sentì un idiota: cosa gli era saltato in mente fuori dall'Abbazia? Se almeno non fosse fuggito, se semplicemente fosse salito a cavallo dietro di lei per cavalcare verso la caserma e basta, forse ora non sarebbe stato costretto ad allontanarsi per sempre da lei. In un altro reggimento non avrebbe potuto più fare niente per proteggerla… Si fermò davanti alla porta del suo ufficio. Indugiò un attimo. Bussò.

 

Oscar sentì bussare alla porta: Alain non aveva mai bussato. Aveva sempre fatto irruzione nel suo ufficio senza chiedere alcun permesso. Sorrise sedendosi alla scrivania. "Avanti" scandì con chiarezza, abbassando lo sguardo sulla corrispondenza sparsa sul tavolo. Alain entrò in silenzio. Oscar lasciò passare qualche secondo rileggendo le ultime righe prima di firmare: solo Oscar François. Appoggiò la penna e alzò gli occhi su Alain. Non voleva essere invadente nei suoi confronti, ma pensava realmente che la sua famiglia sarebbe stata in pericolo restando a Parigi. Sospirò, buttando indietro il busto contro lo schienale della sedia e congiungendo le mani. "Ascolta Alain". Lui non rispose. Forse si sarebbe dovuto scusare di nuovo… non lo sapeva.

Oscar proseguì: "Tua madre e tua sorella…". Alain inarcò le sopracciglia, sorpreso: sua madre e sua sorella? Cosa c'entravano sua madre e sua sorella? Guardò il comandante con aria interrogativa. Oscar fissò lo sguardo nei suoi occhi: "Hai un posto dove mandare tua madre e Diane?". "Come?" Alain era sorpreso. Oscar si fece seria: "Alain, tempi duri attendono Parigi. Credo possa non essere prudente restare in città. Credo che dovresti mettere al sicuro la tua famiglia.". Alain si sentì turbato: non ci aveva pensato. Glielo disse, abbassando un attimo lo sguardo per poi tornare a fissarlo negli occhi di Oscar. Lei abbozzò un sorriso gentile: "Ho un posto se me lo permetti. Siediti." gli disse indicando la poltroncina dinnanzi alla sua scrivania. Alain prese posto: la piccola poltrona sembrava sparire, riempita dalla sua stazza imponente. Oscar continuò: "Ho persone fidate in Alta Francia. Potrebbero offrire a tua madre e a tua sorella una sistemazione sicura.". Alain sbattè gli occhi: era entrato nell'ufficio del comandante pensando di essere rimosso e invece lei si stava preoccupando della sicurezza della sua famiglia… Si portò una mano al volto, strofinando la fronte con le dita e stringendo gli occhi; era stato inopportuno e villano con lei. Avrebbe voluto dirglielo. Avrebbe voluto scusarsi con parole adeguate, ma non sapeva come trovarne, così restò in silenzio, ascoltando Oscar che gli spiegava come avrebbe dovuto organizzarsi per le donne della sua vita, annuendo di tanto in tanto. Alla fine si alzò e lei gli offrì un sorriso incoraggiante. Andandosene, già sulla porta, Alain si voltò e disse: "Mi dispiace comandante. Davvero.". Oscar sostenne il suo sguardo. "Lo so." gli rispose.

Alain si incamminò lungo il corridoio. Dopo pochi passi si imbattè in Girodelle. Lo riconobbe immediatamente e ricordò con quanta fretta Oscar avesse accettato l'invito ad andare a bere alla Petite Alsacienne pur di liberarsi velocemente di lui, non più di qualche mese  prima. Lo guardò contrariato e lo vide raggiungere l'ufficio del comandante. Tornò sui suoi passi. Oscar scorse Alain dietro la porta semiaperta mentre il colonnello era già entrato. Alain la guardò con aria interrogativa. "Desiderate che resti?" le chiese. "Non occorre." rispose Oscar, sbrigativa. Girodelle chiuse la porta e Alain si trovò davanti a un uscio chiuso. Indugiò, poi si incamminò nuovamente lungo il corridoio, ma arrivato in fondo si fermò ad aspettare.

 

Girodelle aveva passato gli ultimi giorni ascoltando e raccogliendo scrupolosamente ogni pettegolezzo su madamigella Oscar. A corte si erano mormorate cose scabrose su di lei e mentre in un primo momento era stato incline a non credere a quel che girava di bocca in bocca, quando il suo valletto era venuto da lui riportandogli racconti di prima mano, ottenuti direttamente dal valletto del generale Jarjayes, aveva ascoltato avidamente, inorridendo all'idea di un'unione tanto sconveniente pubblicamente ostentata. Poi aveva pensato che gli eventi si sarebbero tuttavia  finalmente potuti volgere in suo favore: solo accettando la sua proposta di matrimonio, infatti, madamigella Oscar avrebbe potuto sperare di redimersi agli occhi della più alta nobiltà francese! Si era quindi preparato con particolare cura, indossando la sua divisa da colonnello, con la quale aveva pensato di poter esprimere autorità e incutere rispetto, e si era avviato verso la caserma dei soldati della guardia metropolitana. Arrivato, sulla piazza d'armi aveva affidato il suo cavallo a un cadetto di passaggio e si era incamminato verso l'ufficio di madamigella Oscar, pensando a come sarebbe potuto essere piegarla finalmente alla sua volontà e obbligarla ad obbedire ai suoi ordini (... e alle sue voglie), una volta divenuta sua moglie.

Lungo il corridoio era stato molto contrariato di incontrare lo stesso grosso e rozzo soldato che settimane prima lo aveva schernito, quando si era presentato in caserma per accompagnare madamigella alla cena di gala a palazzo Jarjayes, ma l'aveva volutamente ignorato e quando si era finalmente trovato al cospetto di Oscar, l'aveva infastidito la sua intrusione sull'ingresso dell'ufficio.

 

Oscar non fu contenta di trovarsi Girodelle alla porta. Quando aveva sentito bussare, dopo aver congedato Alain, aveva pensato fosse André che veniva a portarle l'inventario dell'armeria. Il saluto del conte, sempre affettato e pronunciato con un timbro di voce troppo melenso per un uomo, la urtò. Gli concesse uno sguardo rapido, dopodiché tornò a occuparsi della corrispondenza che stava preparando per il signor Sugane. "Perdonatemi," gli disse freddamente  "sono molto impegnata in questo momento.". Girodelle non si mosse. In piedi, impettito, appena oltre la scrivania, continuava a fissarla con insistenza. A Oscar non piacque sentirsi i suoi occhi addosso. Alzò la testa dalle sue carte, "Posso aiutarvi, Victor Clément?" gli chiese con distacco. Pur non invitato, Girodelle si accomodò nella piccola poltrona poco prima occupata da Alain: le gambe accavallate, le mani curate, il volto sottile rasato con cura e incipriato, un neo di bellezza disegnato sullo zigomo destro,  i lunghi capelli impeccabilmente pettinati con larghe onde lungo le spalle... Oscar pensò che quella cura eccessiva per i dettagli esteriori riusciva a suscitare in lei un certo senso di repulsione nei suoi confronti. Sentì forte e invadente il profumo dolce del belletto riempirle le narici e si ritrasse, cercando di non disturbare troppo il suo stomaco ancora debole. "Insomma, cosa posso fare per voi colonnello?" lo incalzò con un certo cipiglio, non avendo ottenuto risposta. Aveva volutamente scelto di non chiamarlo più per nome, cercando così di mettere una distanza fra lei e il suo interlocutore. Girodelle rispose con un sorrisino tirato, abbassando gli occhi come una dama pudica. "A corte si parla molto di voi, Oscar…". Oscar rimase impassibile. Immaginava ci fosse molto sconcerto riguardo alla sua azione all'Assemblea: la famiglia Jarjayes era da secoli fedele alla corona…  ma non le importava di cosa si dicesse a corte di lei: non ci sarebbe comunque mai più tornata. "Siete venuto fino a qui solo per dirmi che sono oggetto di pettegolezzi?" gli rispose irritata.

Girodelle cambiò espressione; lo sguardo tagliente, le labbra tirate, la rimproverò: "Non dovreste prendere alla leggera quello che succede a corte! La vostra immagine è compromessa!". Oscar lo fissò stupita. Non capiva cosa il conte volesse ottenere. Cosa poteva importargli se anche a corte si stesse sparlando di lei? Girodelle continuò: "Ma io sono qui per aiutarvi Oscar cara!". A Oscar non piacque il modo in cui il conte pronunciava il suo nome: lo trovò lascivo. Lui non se ne avvide. Continuò: "Grazie a me potreste riacquistare tutto il vostro prestigio! Vi offro nuovamente l'opportunità di accettare la mia proposta di matrimonio". Oscar aggrottò le sopracciglia e raddrizzò le spalle. "Vi ho già ripetuto molte volte che non sono interessata alla vostra proposta." rispose tagliente "Vi ho detto di dimenticarmi e ho cercato di essere gentile. Ho sopportato la vostra insistenza e vi ho già detto che c'è un uomo nella mia vita…". "Già! E nel vostro letto! Non ho dimenticato le vostre parole così poco delicate! Mi sono scervellato per capire chi fosse!" la interruppe Girodelle. "Thomas," proseguì " il valletto di vostro padre, ha raccontato al mio valletto tutto su voi e il vostro attendente!". Oscar si rese conto improvvisamente che a Girodelle non importava dell'accusa di tradimento; gli rispose con disprezzo: "Avete veramente molto tempo da perdere, se ne dedicate così tanto alle chiacchiere dei servitori…". Girodelle la incalzò: "Thomas ha detto a tutti che razza di individuo sia quel vostro attendente! L'ha aggredito brutalmente! L'ha sfigurato!". Oscar inarcò le sopracciglia. Quel vostro attendente? Girodelle conosceva benissimo André. Sentì la collera iniziare a montare dentro di sè. "Ascoltate Girodelle. Non sono interessata alle chiacchiere dei valletti e non sono interessata neppure a qualsiasi cosa siate venuto a propormi. Adesso andatevene. Non mi seccate più.". Girodelle non si mosse: "Vi conviene valutare con più calma, Oscar". Oscar pensò che se non avesse smesso di pronunciare il suo nome con tanta insistenza si sarebbe alzata e l'avrebbe preso a calci. Girodelle la guardò con l'aria di chi si sente dalla parte della ragione, sporgendosi verso di lei sulla scrivania: "Ho intenzione di parlare nuovamente a vostro padre. Il generale potrebbe costringervi ad accettare la mia proposta!". Oscar gli rise in faccia, buttandosi indietro sulla sedia e congiungendo le mani in grembo, i gomiti appoggiati ai braccioli della sedia. "Credetemi, non penso che mio padre potrà costringermi. Non potrà nessuno. Potete parlare anche a sua maestà il re, se ritenete." la voce seria e misurata, il disprezzo tangibile. L'atteggiamento del conte le era diventato insopportabile. Istintivamente abbassò le mani per controllare le armi alla sua cintura. Girodelle allargò la bocca in un sorriso tirato, sporgendosi ulteriormente verso di lei. Riprese con fare persuasivo: "Se perseverate nel vostro atteggiamento, nessuno a corte vorrà più ricevervi. Le nozze con me sono la soluzione migliore per voi. Pensate… se accettaste e prometteste di comportarvi con discrezione e decenza, potrei addirittura permettervi di mantenere il vostro attendente quale servitore adorante…  e posto che non vi facciate ingravidare da quel villano ripulito potreste anche godere della mia tolleranza". Oscar strinse le labbra e questa volta fu lei a sporgersi in avanti. Gli occhi ridotti a fessure, gli afferrò un polso. Girodelle cercò di ritrarsi, ma lei lo trattenne con forza. Gli parlò con voce vibrante e tagliente come un sibilo: "Potete tenere per voi le vostre disgustose proposte di tolleranza. Mi fate ribrezzo.  Vi assicuro che in André Grandier c'è più signorilità di quanto mai potreste anche solo immaginare di fingerne voi con le vostre giacche lussuose e il vostro belletto. Non sareste degno nemmeno di ripulirgli le scarpe!" Oscar lasciò andare il polso del conte, alzandosi in piedi e spingendolo lontano da sè;  questi cercò di ribattere, ma Oscar lo zittì: "Fareste meglio a sciacquarvi la bocca prima di parlare con una donna. Non siete che una patetica farsa di virilità. Non saprei che farmene della vostra cipria e della vostra tracotanza. Non siete che un mezz'uomo.". Oscar tornò a sedersi, espirò allargando le narici, quindi: "Addio ora. Andatevene. Mi avete seccato a sufficienza". Girodelle finalmente rimase in silenzio. Oscar abbassò la testa tornando alle sue carte; non aveva intenzione neppure di offrire al conte uno sguardo di congedo. "La stanza è piccola." aggiunse con tono indifferente "Non credo avrete bisogno del mio aiuto per trovare la porta.". 

Piegando la lettera che aveva preparato e cercando una busta fra il materiale sparso sulla scrivania, Oscar controllava Girodelle con la coda dell'occhio. Lo vide alzarsi. Tuttavia non prese la porta. Si mosse anzi verso di lei. Poi tutto accadde in una manciata di secondi concitati: Girodelle, i pantaloni aperti, le fu a un passo, brandendo il proprio sesso in una mano, mentre con l'altra cercava di afferrarla per la nuca. Tentò di prenderla per i capelli, ma Oscar fu più veloce. Abbassò la testa rapidamente sfilandosi con agilità dalla sua presa, alzandosi e facendo cadere indietro la sedia; in un attimo fu in piedi davanti a lui, la pistola ben stretta nella destra e puntata all'inguine del suo aggressore e la sinistra a trattenerlo per il bavero. Furiosa, si sporse fino a trovarsi faccia a faccia a pochi centimetri dal conte. Voleva che sentisse tutto il suo disprezzo; vibrava di rabbia. Voleva che Girodelle  sentisse il suo respiro e che ne avesse paura.

"Ora rinfoderate il vostro piccolo orgoglio o questa sarà stata l'ultima volta in cui l'avrete avuto per le mani!" sibilò Oscar.

Una goccia di sudore percorse la fronte incipriata di Girodelle mentre questi si agitava, sentendo fredda e pesante la canna della pistola premere contro la sua carne, ormai niente affatto tonica. Lasciò vagare lo sguardo, con gli occhi spalancati, mentre le mani si aprivano e si chiudevano sul nulla, afferrando l'aria. Oscar gli sputò in faccia prima di allontanarlo con una spinta che gli fece perdere l'equilibrio e lo fece vacillare malamente, coprendosi di ridicolo, mentre i pantaloni calavano lungo le sue gambe, lasciando esposta la sua nudità. In quel preciso istante la porta dell'ufficio si spalancò e Alain fece irruzione nella stanza, in tempo per sentire Oscar, la pistola ancora stretta nella mano e puntata su Girodelle, minacciarlo con poche parole in un tono basso e rabbioso.

 

Alain era rimasto immobile in fondo al lungo corridoio. Non sapeva perché o cosa stesse  aspettando, ma voleva veder andar via il damerino con la puzza sotto al naso prima di tornare dai compagni. Aveva continuato a pensare confusamente a Oscar e ad André. Si era chiesto cosa avrebbero fatto, dove sarebbero andati… L'avrebbe mai più rivista una volta che se ne fossero andati? Oscar si era preoccupata per lui, aveva trovato un posto per la sua famiglia… ma per loro?  Si fece strada furtivamente  nella mente il pensiero di André che lasciava le camerate, la sera, quando ormai era buio. Certamente se ne andava per raggiungere lei. Sentì suo malgrado un brivido corrergli lungo la schiena: chissà come doveva essere poterla tenere fra le braccia, toccare la sua pelle, sentire il suo sapore, poterla prendere… scosse la testa: se gli fosse stato possibile, si sarebbe imposto di non pensare a lei… un rumore forte lo strappò ai suoi pensieri: nell'ufficio del comandante era caduto qualcosa con fragore. Il tipo azzimato era ancora là. Era successo qualcosa. Con poche falcate veloci percorse la distanza che lo separava da lei; spalancò la porta senza chiedere permesso e si trovò davanti l'uomo in uniforme delle guardie reali con le brache calate e i capelli riversati in avanti, a coprire il volto da cui emergevano soltanto il naso e una bocca piegata in una smorfia di terrore, mentre volgeva lo sguardo verso di lui. Il suo comandante, altera e bellissima, puntava con fermezza la pistola contro di lui. "Adesso pensate di andare da mio padre a vantarvi della delicatezza con cui mi avete chiesta in moglie?" disse Oscar, vibrante di rabbia, prima di girarsi a guardare Alain sulla porta. Abbassò la pistola, "Non voglio mai più rivedere la vostra miserabile faccia!" aggiunse in un ruggito.

In un attimo Alain si era già avventato contro Girodelle, afferrandolo e lanciandolo prima contro la parete poi fuori dalla porta. Questi cercò di alzarsi, ma fu raggiunto da un calcio poderoso che lo spostò in avanti. Oscar gridò, poi accorse nel corridoio; Alain stava continuando a sospingere Girodelle un calcio dopo l'altro. Oscar lo richiamò: "Smettila Alain! Smettila! Lo ammazzerai!". "È quello che voglio, comandante!". Oscar lo rincorse e lo trattenne per un braccio con entrambe le mani. "Basta! Basta Alain!". Alain si fermò e si volse per guardarla. "Agli ordini, mio comandante…". Guardò Girodelle, ansante e piegato su se stesso, poi: "Ehi tu! Sacco di merda! Rivestiti e vattene!". Rantolando, Girodelle cercò di alzarsi, aggrappandosi alle pareti. Oscar e Alain lo seguirono mentre camminava piegato in avanti, tenendosi una mano premuta sul torace, mentre con l'altra cercava di raccogliere i pantaloni. I capelli spettinati e il viso sporco, fece con difficoltà i gradini davanti all'ingresso e si arrampicò a fatica sul suo cavallo.

Oscar lo guardò attraversare la piazza d'armi. "Ora Alain non c'è bisogno che tu vada a raccontare i fatti miei ad André." disse con freddezza. Alain la guardò stupito: "Comandante, dovreste dirglielo!". Oscar gli rivolse uno sguardo tagliente. "Non c'è motivo di farlo preoccupare." gli rispose con stizza: perché diavolo finiva sempre col giustificarsi quando parlava con Alain? "Madamigella Oscar…". Oscar lo interruppe: "Da quando sono madamigella Oscar per te?". Alain incassò il colpo: "Comandante, dovreste dirglielo veramente. Quell'uomo è tornato molte volte. È insistente. Un uomo insistente quando viene respinto si può fare strane idee…". "Non ho paura di nessuna delle sue idee. E comunque non ti riguarda.". Alain strinse le labbra ed espirò rumorosamente prima di mandare a segno una stoccata: "Ho capito perché André è stato costretto ad arruolarsi!", il tono sarcastico, la voce alta e ben chiara. Oscar si sentì punta sul vivo. Lo sapeva che André si era arruolato per colpa sua. Sapeva che era stato malmenato dai compagni per colpa sua. Sapeva che faceva il soldato nonostante il suo occhio malandato per colpa sua… Gli occhi ridotti a due fessure, si volse verso Alain guardandolo con durezza: "Lascialo in pace!" gli disse. Le labbra strette, la collera palese sul viso, afferrò la spada e la alzò contro di lui: "Una volta per lui ho sparato alla schiena di un uomo disarmato!" disse minacciosa "Non dimenticarlo! Lascialo in pace!". Girò sui tacchi e se ne andò.

Alain rimase immobile qualche istante. Scosse la testa. Il comandante aveva torto. Quell'uomo si era presentato da lei con le brache calate. In caserma. Aveva sbagliato ad ascoltarla. Avrebbe dovuto ammazzarlo.

 
   
 
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