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Autore: crazyfred    21/10/2022    3 recensioni
Ritroviamo Alex e Maya dove li avevamo lasciati, all'inizio della loro avventura come coppia, impegnati a rispettare il loro piano di scoprirsi e lavorare giorno dopo giorno a far funzionare la loro storia. Ma una storia d'amore deve fare spesso i conti con la realtà e con le persone che ci ruotano attorno.
Genere: Commedia, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Sotto il cielo di Roma'
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 Capitolo 19




 
“Allora, come sto? Troppo glamour e poco business, vero?”
Maya aveva impiegato giorni di fronte allo specchio e Olivia in video chiamata per scegliere il look adatto e la scelta era caduta su un abito blazer color avorio che non era proprio dell’ultimissima collezione ma faceva ancora la sua porca figura. I capelli, che ormai superavano la linea delle spalle, ricadevano in morbide onde, creando un contrasto forte e netto tra il loro color cioccolato e il candore della stoffa. Ai piedi, dei semplici sandali nude dal tacco quadrato, per sopravvivere ad una lunga serata in piedi.
“Assolutamente no, sei perfetta. Però potevi anche farmi salire e farmi vedere casa, siamo più che in anticipo sorellina” le disse Lorenzo, facendola salire in auto. Suo fratello era tornato da Londra e Maya lo aveva precettato per farsi accompagnare alla mostra: con tutti quegli sciacalli pronti a metterle i bastoni tra le ruote appena avrebbe messo piede in galleria, era meglio portarsi un bodyguard. Grazie alla conoscenza con l’organizzatore della serata, era riuscita a farlo inserire nella lista, anche se lei aveva solo un accredito stampa.
“Magari un’altra volta, non posso rischiare di fare tardi. È troppo importante … stasera deve andare tutto liscio come l’olio” disse, apprensiva, mentre si immettevano sul Lungotevere, direzione nord. Si era fatta trovare fuori dal cancello del palazzo, pronta dalle 6 del pomeriggio ed impaziente.
Forse era la pelle dei sedili, forse il profumatore, ma c’era qualcosa in quell’auto che suo fratello aveva noleggiato che le stava dando la nausea. O forse era solo tesa per la serata; abbassò il finestrino e provò a distrarsi un po’.
“E poi mi risulta che resterai per un po’ a questo giro” aggiunse, sorniona “abbiamo tutto il tempo”
“Certo che alla Principessa Torlonia non puoi dire niente che già mette i manifesti …”
“Ti dico solo una cosa: mancava la fumata bianca e sarebbe sembrata l’elezione del nuovo papa” scherzò “ma non te la prendere con lei, Lollo, è solo felice di riaverti a casa”
“Lo so, lo so…è solo che non c’è niente di definitivo. Non vorrei si facesse delle illusioni. Sto solo facendo una consulenza nella sede di Roma per qualche mese e hanno mandato me per pura comodità, visto che sono italiano.”
“Ma mi ha detto mamma che c’è anche possibilità di una promozione e restare”
“Sì, ma è solo una possibilità…te piuttosto…è un bel cambiamento questa cosa che stai facendo stasera. Un lampo nel buio del panorama lavorativo italiano, queste cose me le aspetto all’estero, non qui”
Lorenzo era il classico expat, di quelli che vedeva sempre col bicchiere mezzo vuoto – se non del tutto vuoto – ciò che riguarda l’Italia. Tutto era più bello, più pulito, più giusto e più facile in quel di Londra, omettendo però che tra affitto, bollette e costo della vita in generale, il suo stipendio lo teneva a galla da single e neanche aveva l’auto per sportarsi autonomamente. Lui diceva che era perché abitava in un quartiere chic e non ci avrebbe rinunciato e che quei comfort si pagano e Maya sospirava quando lo diceva, perché le sembrava di rivedere sé stessa qualche mese prima.
“Ho un buon capo” tagliò corto, sperando che sua madre, nel tentativo di trovarle raccomandazioni, non avesse spettegolato sulla sua decisione di lasciare il lavoro; tanto col cavolo che lei avrebbe lasciato Roma. Quando Matilde aveva saputo delle dimissioni aveva dato di matto, ma Maya non la biasimava: se avesse deciso di lasciare Roma Glam solo per avere nuovi stimoli, come le aveva detto, si sarebbe presa a schiaffi da sola., ma sua madre non poteva e non doveva sapere la vera ragione.
 
“Tutto sto casino per una mostra d’arte contemporanea?” domandò Lorenzo perplesso, notando la fila all’ingresso della galleria che aspettava il controllo della lista e loro che, sfoderato l’accredito stampa di Maya, tentavano di farsi largo tra la folla “da quando a Roma ci sono tutti questi intenditori?”
“Non è mica per la mostra…mi pare ovvio. È il primo evento della stagione estiva”
“Che cosa provinciale…” commentò il ragazzo, con sufficienza.
“Come se a Londra non ci fossero eventi simili dove i socialite fanno a cazzotti per essere in lista... Ti devo ricordare del Summer Party della Serpentine Gallery per cui avevamo venduto l’anima al diavolo quando sono venuta a trovarti l’ultima volta?”
“E io ti devo ricordare chi abbiamo incrociato a quella festa? Kate Moss, Naomi Campbell, Tommy Hilfiger, le nipoti della regina … qua se va bene ci sarà qualche partecipante del Grande Fratello” “
A parte che Naomi Campbell l’hai vista solo tu quella sera, ma comunque tutto questo trash io non lo vedo …” lei stessa era stata una socialite a suo modo, fino a poco tempo prima, ma nessuno del suo giro, per quanto cafoni, si era mai abbassato a certe frequentazioni “e comunque in quanto a principi qui a Roma siamo ben forniti”
“Maya!”
I due fratelli si voltarono alla voce che richiamava l’attenzione della piccola di casa Alberici. Parli del diavolo…
“Gian Giacomo Maria detto Gianmaria dei principi Ludovisi!” esclamò Maya, spalancando le braccia per ricevere l’abbraccio e due baci sulle guance da parte dell’uomo.
“Cosa vedono i miei occhi?! I fratelli Alberici! In nome del Papa Re, questa non è di certo un’immagine che si vede spesso ultimamente nei posti di Roma che contano!!!”
Gianmaria 
– Giangi solo per i più intimi– era uno spilungone di 33 anni, capelli così curati al punto da sembrare scolpiti, i baffi con un leggero accenno di barba che non aveva nulla di lasciato al caso e l’abbigliamento ricercato ma eccentrico: giacca di taglio vagamente regency, cravatta dalla fantasia floreale, mocassino con le nappine indossato senza calzette e la catenina di un orologio da taschino che faceva bella mostra di sé attaccata ad uno dei bottoni del gilet doppiopetto; camminava impettito e spavaldo, come si conviene ad un dandy che vive qui e ora e non ha altra aspirazione se non l’ostentazione di sé e della propria libertà.
“Ci piace farci desiderare” rispose Maya, facendo l’occhiolino “la nostra presenza qui dà l’idea della portata dell’evento”
“Beh, di certo questa sera la mia mostra avrà un’opera d’arte in più”
“Sei sempre un gentiluomo, Giangi, Roma Nord non ti merita” lo ringraziò Maya, deferente e arrossendo un po’.
“Ma guarda che mi riferivo a tuo fratello, mica a te …” la punzecchiò l’uomo, sorridendo sornione verso l’amica e rivolgendo uno sguardo languido ma scherzoso verso Lorenzo, il quale non si scompose: conosceva bene i suoi modi sfrontati e senza peli sulla lingua. Da piccolo Gianmaria  frequentava casa Alberici assieme alla nonna, compagna di burraco di Matilde; pur essendo coetaneo di Lorenzo, si era trovato a condividere i banchi del liceo con Maya: non aveva mai avuto problemi ad accettare la sua sessualità ma questa non andava propriamente d’accordo con la cattolicissima scuola in cui era iscritto ed essere semplicemente sé stesso gli era costato un paio di bocciature per cattiva condotta prima che i genitori capissero che era una battaglia contro i mulini a vento ed era il caso di fargli cambiare aria.
L'amico si premurò di far saltare loro la fila, facendoli entrare assieme a lui. All’ingresso, un’hostess consegnò loro una brochure informativa, ma soprattutto i pass per l’open bar. I saloni dell’edificio in pieno centro storico avevano i soffitti alti e le pareti immacolate, e le opere dell’artista americano a cui era dedicata la serata riuscivano a brillare di luce propria, senza bisogno di illuminazioni particolari. Ma dei quadri, agli avventori che erano già entrati, importava poco o nulla: impegnati in amabile conversazione in piccoli gruppetti sparsi per le sale, avevano trasformato la brochure in un’ottima alternativa ai ventagli, sempre che le loro mani non fossero già indaffarate con bollicine e finger food gourmet. Sul soppalco in fondo alla sala, infatti, Maya aveva scorto dei camerieri in piena attività al buffet. Da qualche parte, forse in una delle salette più defilate, un dj set dalle atmosfere tropicali, che si abbinava perfettamente ai colori sgargianti delle opere esposte. Più che ad una mostra di arte contemporanea, sembrava di essere all’Eden a Ponte Milvio ad orario aperitivo.
“Ragazzi vi va da bere?” domandò Lorenzo, slacciando il colletto della sua camicia coreana “Io già sento caldo…”
“Per me champagne” rispose Maya, senza pensarci due volte, ricordando il consiglio di Alex: aveva intravisto tra la folla un paio di suoi conoscenti ed era stato abbastanza per sentire l’istinto di anestetizzarsi con un po’ alcool.
“Comunque prima scherzavo” riprese Gianmaria, quando Lorenzo era ormai già sulle scale, direzione bar “sei talmente figa stasera che potresti mettere in dubbio la mia omosessualità”
“Adesso non esageriamo…io e te siamo usciti insieme pochissimo perché se non c’è una serata al Muccassassina neanche esci di casa”
“No tesoro, quella era una scusa…te continuavi a portarti dietro quel fascistello di Andrea! Non sapevo più come fartelo capire!”
“Bastava dirmelo”
Non si era mai interessata di politica, destra e sinistra sono praticamente la stessa cosa quando frequenti circoli esclusivi e al ristorante il conto non scende mai sotto i 2 zeri.
“Mi avresti ascoltato?”
Maya sospirò. No, forse la Maya di allora non avrebbe accettato consigli nemmeno da sé stessa, figurarsi ascoltare le opinioni degli altri.
“Ad ogni modo sei un sogno” continuò l’uomo, dandole una leggera spallata complice “se non sapessi con assoluta certezza che il diretto interessato non è in lista questa sera, direi che quello che hai addosso è proprio un revenge dress
“Di cosa stai parlando?”
“Tesoro, non mi togliere l’unico stereotipo gay di cui amo fregiarmi … lo sanno pure le controsoffittature di questo palazzo che sei stata con l’editore più bono di Roma, ma che hai rispedito al mittente pure le mutande via DHL è una mia esclusiva”
Lo guardò sconvolta e quasi terrorizzata da quella risposta: che sapesse ci poteva stare, del resto La Stronza di sicuro aveva divulgato la notizia tra le sue conoscenze e le chiacchiere avevano fatto il resto, così come poteva essere bastata una cena elegante o una passeggiata in centro per essere visti, ma che sapesse del pacco che aveva mandato ad Alex con tutte le sue cose era francamente al limite dello stalking.
“Mi fai paura” esclamò, costernata, con una mano sul petto.
“Tranquilla, non userei mai queste informazioni contro di te … a patto che mi prometti che non ci perdiamo più di vista”
“Molto volentieri!”
Suo fratello arrivò con la flûte di champagne e Gianmaria si congedò per salutare alcuni ospiti
“Vai vai” disse Maya, ridendo maliziosa “ma prima o poi dovrai dirmelo come fai a sapere del corriere!”
“Quale corriere?” domandò Lorenzo.
“No comment. Dai, diamo un’occhiata alla mostra…”
A metà tra la fotografia e il quadro, le opere sembravano voler trasportare il Rinascimento nella contemporaneità attraverso uno stile pop e artificioso, portando a galla – recitava la brochure - le paure, le ossessioni e i desideri della società.
“La teologia visiva della Sistina di Michelangelo lascia il posto ad una dissacrante Las Vegas che affonda” leggeva Maya ad alta voce mentre suo fratello contemplava i ritratti “e il Venere e Marte di Botticelli, con la sua serafica perfezione, è ribaltato completamente per raccontare il caos e la violenza subìti dal continente africano”.
“Sarà … ma per me è così kitsch!” commentò Lorenzo, di fronte all’ennesimo ritratto surreale, con Cristo inserito in una periferia americana, dai colori forti e artificiali.
“Solo all’apparenza” lo corresse Maya “in fondo sta criticando la nostra società usando i suoi stessi mezzi: la superficialità, lo sperpero, l’esteriorità …”
“Principessa non ti facevo così profonda …”
Andrea, detto Chuck Bass, se ne stava in piedi con una flûte in mano e la sua bella addormentata Aurora – non perché fosse bella come la principessa Disney, ma perché era fondamentalmente una svampita, un cliché sulle bionde ambulante – avvinghiata ad un fianco, tipo bradipo. La ragazza, in un abito da cocktail rosa confetto, stucchevole anche nel guardaroba di Barbie, teneva la mano sinistra appoggiata sul bavero della giacca di Andrea, nel tentativo per niente discreto di sbattere in faccia a Maya il suo anello di fidanzamento nuovo di zecca: dopo anni di tira e molla finalmente era arrivato il trilogy tanto agognato, enorme come il loro ego e pacchiano come i loro modi. Maya però non pensò neanche per un secondo di dare ad Aurora la soddisfazione di aver notato il gioiello, o di farle le congratulazioni.
“Ed io non ti facevo così intellettuale da partecipare a una mostra di Lachapelle” controbatté lei invece, con un’aria di sfida e superiorità.
“Oh sai com’è … open bar, dj set, gente che piace … non si può mancare”
“Certo che no”
Conoscendo un minimo Giangi, di certo non era stato lui ad inserirlo in lista: un invito, pagando lautamente gli sponsor della serata, Andrea non aveva mai avuto problemi ad ottenerlo.
“Come stai Maya?” le domandò Aurora, schioccandole due baci falsissimi sulle guance, poggiando la mano sinistra sulla sua spalla. Maya, dentro, gongolava: era sicura che se avesse finto ancora un po’ di non notare l’anello, la ragazza se lo sarebbe levato dal dito e glielo avrebbe sbattuto in faccia. “Benissimo, grazie!”
“Ed è persino tornato da Londra Lorenzo Alberici!” esclamò Andrea, salutando il fratello di Maya che però dimostrava – per la felicità di sua sorella – di non filarselo di pezza. Lorenzo aveva tanti difetti, era scappato da Roma per vivere la sua vita nella City dove giocava con i soldi degli altri visto che di suoi non ne aveva, ma almeno la sua spocchia era giustificata dal mazzo che si era fatto. Andrea, invece, non aveva mai dovuto lottare per nulla. Il 90% della popolazione mondiale avrebbe venduto l’anima al diavolo per poter avere le sue opportunità e spaccare il mondo, e invece la sua unica preoccupazione erano le cene con gli amici, il tavolo nella discoteca di grido e le vacanze là dove vanno tutti per far vedere che c’è pure lui.
“Stasera è toccato a te fare da lacchè alla principessa?” continuò “Pensavo che tua sorella ed Olivia fossero ormai in simbiosi”
Un'altra persona probabilmente usato parole più discrete, ma un’espressione ingentilita avrebbe ripulito troppo il pensiero che aveva nella testa e non gli interessava sforzarsi più di tanto a nasconderlo: cafona ripulita leccapiedi disperata che ancora si porta appresso quella morta de fame e mo je fa pure l’elemosina. Per quelli come Andrea, non saper distinguere un Dom Perignon del 2006 da uno del 2010 equivaleva a comprare uno spumante economico a caso all’Eurospin; alla povera Olivia, che aveva sempre dimostrato un atteggiamento da sti gran cazzi nei confronti del lusso e dell’ostentazione, pur stando benissimo economicamente, aveva fatto passare una vita d’inferno da quando al quarto ginnasio avevano iniziato a frequentare la stessa comitiva. Uscirne indenne, senza una crisi di nervi e senza trasformarsi in una serial killer, dava l’idea di che tempra avesse in realtà quell’anima santa di Olivia.
“E invece vedi com’è strano il mondo” rispose Maya, piccata “ci sono persone che vanno alle feste di famiglia mettendo al secondo posto i party esclusivi, mica come te … stai troppo avanti per noi”
“Ma…raccontaci un po’…com’è che non ti si vede più dalle nostre parti?” indagò Aurora, sviando dalla frecciatina della ragazza. Maya sapeva benissimo che non era una gran cima e non era cattiveria, la sua: lei veramente viveva in un paradiso tutto suo di selfie e illuminanti della Dior e probabilmente nemmeno si era resa conto che l’avevano messa da parte di proposito in tutti quei mesi, così come era caduta dal pero quando l’avevano esclusa dalla vacanza in comitiva.
“Beh … la rivista per cui lavoro si sta espandendo verso l’estero e sono sempre in giro col mio capo… Parigi, New York … e quando vedi Piccadilly Circus e place Vendôme, piazza Euclide e Ponte Milvio diventano così poco attraenti”
Andrea rispose con un sorriso tirato, di cortesia, indispettito dalla risposta pronta di Maya. Probabilmente non si aspettava di trovarla sulla cresta dell’onda, forse sperava che sarebbe tornata da loro strisciando nella speranza di elemosinare briciole della loro attenzione … mi conoscete così poco.
“Eh già … sei talmente impegnata che nemmeno hai tempo di fare shopping. Sbaglio o quello è un Guess di due anni fa?”
Quella domanda non scandalizzò particolarmente Maya; sapeva bene come funzionavano quelle cose, lei per prima per anni aveva passato serate intere a spettegolare e a sparare a zero su chiunque le capitasse a tiro. Semplicemente, ora che era lei l’argomento di conversazione, si rendeva conto di quanto facesse male.
Mah … sì … può essere” cercò di minimizzare “è una serata in piedi e ho preferito non rischiare che nella mischia qualcuno rovinasse un abito nuovo di zecca con vino o salsa rosa, sai come vanno queste cose”
“Si capisce …”
Maya, sorseggiando il suo champagne, si morse idealmente la lingua: non sapeva nemmeno lei perché stava inventando tutte quelle balle, montando su scusa su scusa come ai vecchi tempi. Solo stare di fronte a quei due aveva iniziato a sentire improvvisamente caldo e se ne accorgeva da sola che stava diventando smaniosa, andando sulla difensiva. Anche a suo fratello, che con Maya si sentiva il minimo sindacale, quelle risposte suonarono strane: della vita di sua sorella sapeva quel po’ che c’era da sapere e che Maya voleva che sapesse, ma di viaggi all’estero per lavoro non ne aveva mai sentito parlare. Aveva notato però quell’atteggiamento tipico di quando diceva bugie e voleva risultare credibile, come da bambina: le gambe incrociate, le mani strette attorno alla borsetta e il mento all’insù; gli altri ci cascavano sempre, ma lui no … del resto, era stato lui ad insegnarle. Non gli restava che spalleggiarla, qualunque fosse il motivo: gli Alberici restano uniti, era l’unica fondamentale regola del loro fight club familiare.
“E quindi sei qui per lavoro stasera?” ribatté Andrea, ringalluzzito dalla falla trovata dalla sua fidanzata, accennando al piccolo tesserino che penzolava dalla pochette di Maya con la scritta Press Pass “Certo che per una rivista così internazionale, passare da Place Vendôme a Piazza Borghese mi sembra alquanto un declassamento”
L’uomo, compiaciuto di sé, non riusciva a nascondere un sorriso pungente. Aveva sempre visto in Alessandro Bonelli il suo modello di riferimento e non riusciva a perdonare Maya per non aver mai creato un’occasione d’incontro, lui che tante volte l’aveva inserita nei giri giusti di feste e serate: l’amicizia, del resto, per quelli come lui, era solo una catena infinita di do ut des
In quel momento, per la prima volta, Maya si sentì scoperta, incapace di controbattere, senza più scuse: era davvero lì per lavoro, non le sarebbe mai passato per la mente di andare a quella serata altrimenti. E perché avrebbe dovuto? Non c’era nulla più che la legava a quell’ambiente e a quelle persone, non aveva più bisogno di loro. E se fosse stata incuriosita dalla mostra, avrebbe pagato il biglietto come i comuni mortali e ci sarebbe andata in un giorno normale. Non si vergognava di essere lì per quello, ma perché, al contrario, fino a qualche secondo prima si era rifugiato in quel castello di carte che era stata la sua rovina.
In quel momento, provvidenzialmente, nella sua testa riecheggiarono le parole di Alex: niente metodo Parioli … quando sei te stessa sei molto più forte di quello che credi. Lui credeva in lei, lei un po’ meno, invece: ma doveva valere davvero qualcosa se l’aveva spinta in quella fossa dei leoni, non poteva essere così stronzo da mandarla in quella bolgia solo per il gusto di vederla affossarsi e fallire. Il problema era che, da sola, lei non aveva mai fatto nulla per provare a sé stessa, men che meno agli altri, che valeva qualcosa di più di un bel corpo e un faccino interessante. C’era sempre stato qualcuno, più o meno evidente, a guardarle le spalle: Lavinia, Olivia, Alex, quella sera anche Lorenzo. E nella sua testa, in quei frangenti in cui aveva bisogno di reagire rapidamente, iniziò a fare capolino l’idea che per liberarsi davvero di quella zavorra che era il suo passato, l’unico modo era occuparsene da sola, senza cavalieri senza macchia e senza paura che prendessero le sue difese: toccava a lei essere paladina di sé stessa.
Si ricordò di come si era sentita la sera del gala, oppure quando il primo articolo scritto con Alex era stato pubblicato e quanto si era sentita forte ad accorgersi che poteva essere qualcosa in più che una ragazza nell’ombra. Ora più che mai, era arrivato il momento di uscire allo scoperto.
“Andrea non dire così” disse Aurora “lo sai cosa ha passato la povera Maya. Deve fare quel può per rimanere a galla…”
Era difficile dire se ci credesse davvero o se la stesse solo deridendo: conoscendola, probabilmente, nell’insostenibile leggerezza del suo essere ci credeva veramente, ma mai dire mai.
“Fare quel che posso si chiama lavorare, Aurora. E lo facciamo in tanti, sai? Non tutti aspirano a fare la matrona dell’alta società che si tiene le corna in silenzio pur di avere un anello dito e una villa all’Olgiata. Io non più, almeno. E vi dirò un’altra cosa: la facciata di casa mia avrà anche l’intonaco che cade a pezzi, nel vialetto d’ingresso salterà pure una mattonella a settimana e devo stare attenta a non caricare troppo l’ascensore altrimenti si blocca al terzo piano. Ah dimenticavo, mi accontento pure di restare a casa con le amiche per cena e quando andiamo a ballare cerchiamo le serate più economiche. Però in compenso ho una deliziosa vicina di casa che mi prepara i cornetti per colazione e degli amici che non stanno con me per il mio cognome o per il mio conto in banca, ma perché abbiamo qualcosa da dirci che non siano pettegolezzi o cattiverie e non passiamo il tempo sui social ad esibire uscite in cui si fa finta di divertirsi. Passate una buona serata!”
Maya girò i tacchi e improvvisamente si sentì leggera come una piuma, una sensazione che non provava da quando aveva chiuso dietro di sé la porta del piccolo appartamento dei Parioli. Ora sì che finalmente poteva dire di aver chiuso un capitolo.
“Dio Maya non ti sembra di aver esagerato?” le chiese Lorenzo, ancora sconvolto.
“E perché? Loro hanno avuto un po’ di delicatezza nei miei confronti quando ho avuto i miei problemi? Non mi risulta … non ci hanno messo niente a scaricarmi Lollo, niente.”
“Sì ma …”
“Ma?”
“Quella cosa sulle corna … Aurora non se la meritava”
“Se va beh ciao core!” esclamò Giangi, intrufolandosi tra fratello e sorella dal nulla “amo, quella c’ha 'n palco de corna da fare invidia a n’alce. Lo sa benissimo eppure se le tiene … se vuoi te faccio pure la lista”
“Lascia perdere, non sono cose che mi riguardano … e non riguarderebbero neppure voi, vipere!”
“Vipere?” ribatté Giangi, indignato “dire la verità può far male ma non è mai essere vipere. E se lo è, sinceramente, sticazzi …”
I due amici scoppiarono a ridere, complici, dandosi un cinque davanti a Lorenzo che li guardava con disapprovazione mista ad un pizzico di ironia perché i due, oggettivamente, insieme erano due bei personaggi.
“Ora” disse il curatore della mostra tornando serio e aggiustando il gilet “se ti dicessi che posso darti lo scoop che ti svolta la carriera e farà baciare ad Alessandro Bonelli la terra dove cammini per il resto dei tuoi giorni …?!”
“Di più di quanto non faccia già?” domandò sarcastica, strizzando l’occhio all’amico “vai spara!”
Giangi prese Maya per mano, separandola da suo fratello 
e, facendosi largo tra la folla, la portò di fronte al pezzo forte della collezione in mostra dove, ad aspettarli, c’era l’artista in carne ed ossa, pronto ad un’amabile conversazione con l’inviata di Roma Glam.




 

Ciao a tutti!!! Spero di esservi mancata...beh non proprio io personalmente, ma almeno la mia storia e i miei personaggi. Lo so sono stata via parecchio ma come ho detto volevo dedicarmi al finale. Ora, che praticamente manca solo l'epilogo mi sento abbastanza tranquilla da poter tornare qui ogni senttimana a farvi compagnia. Spero tornerete numerosi e mi lascerete un saluto e un'opinione tra le recensioni. Con calma, prometto di rispondere a tutti!
A presto, 
Fred ^_^
   
 
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