La
ragazza lo guardò, un po’ sorpresa dalla domanda.
Cercò di restare calma.
Suo padre non aveva ucciso L, quello era evidente. Non sarebbe mai
riuscito ad avere quella scrittura, nemmeno volendolo. Se anche lui
avesse conosciuto suo padre, non avrebbe mai potuto pensare che fosse
implicato nella sua morte, no?
- Allora? – le disse L.
Sayuri non si era resa conto di essere rimasta per circa un minuto a
guardare il ragazzo, indecisa se rispondere con la verità o
meno.
In fondo, non sarebbe mai riuscita a tener su una bugia così
grande. Mentire spudoratamente non era nella sua natura.
- Oh, si, scusa… mio padre si chiama Light Yagami. Come ti
ho già detto, lavora nella polizia. Mia madre, invece, si
chiama Misa Amane. Se non la conosci, è solo
perché non hai ancora guardato abbastanza televisione.
È un’attrice piuttosto famosa.
Comunque… come mai me l’hai chiesto?
Tombola,
pensò L. Aveva trovato chi stava cercando. Quando si era
reso conto di essere tornato in vita, non aveva certamente pensato di
avere la soluzione così, a portata di mano….
Aveva ancora bisogno di tempo, comunque, e di mezzi. Non poteva
certamente svelare a Sayuri tutto ciò che suo padre aveva
fatto, lei certamente non gli avrebbe creduto. Perdipiù,
l’avrebbe sicuramente spaventata, e si sarebbe rifiutata di
aiutarlo ancora. Avrebbe, magari, pensato che fosse impazzito, e lui
sarebbe di nuovo rimasto solo.
Raccontarle una parte di verità, in ogni caso, non sarebbe
stato troppo imprudente. Del resto, è difficile da trovare
una persona che rimanga ad aiutare un’altra senza sapere
esattamente perché.
- Prima ti ho parlato di Kira, e del fatto che io pensi che mi abbia
ucciso. Mentre ero in vita, mi sono occupato di cercare di scoprirne
l’identità. Purtroppo, lui mi ha ucciso prima che
riuscissi ad incastrarlo. Data la tua vicinanza col quaderno in
questione, ho pensato che uno dei tuoi genitori potesse essere Kira,
ma….
- Ma?
- … purtroppo per me, nessuno dei due è la
persona che sto cercando. Mi dispiace di essere stato così
irruento. Se ti ho spaventata, perdonami.
- No, figurati – disse Sayuri, tornando a sorridere.
– Quindi… sei una sorta di investigatore?
- Qualcosa del genere – rispose il ragazzo.
- Beh, allora meno male che i miei genitori non sono tra i sospettati.
Sayuri sorrideva nervosamente. Quella sua domanda così
improvvisa l’aveva un po’ spiazzata. Nonostante lui
le avesse detto che non erano stati i suoi genitori ad ucciderlo,
c’era qualcosa nella sua espressione che ancora non la
convinceva.
Tuo padre ha ucciso
delle persone, con quel quaderno, disse la vocina nella
sua mente.
Avrà avuto un
motivo valido per farlo, ribatté Sayuri.
Esiste un
“motivo valido” per uccidere delle persone, per
caso?
Sayuri non lo sapeva. Aveva visto tanti film concludersi con la morte
del cattivo di turno, ma non era sicura che potesse essere un paragone
fattibile. Il mondo reale, e lei lo sapeva benissimo, non avrebbe mai
potuto essere paragonato ad un film.
Ma, anche pensando che suo padre avesse usato quel quaderno per essere
facilitato nella sua professione… cosa avrebbe potuto avere
a che fare con L? Tutto sembrava, quel ragazzo, fuorché un
criminale.
No, suo padre non avrebbe mai potuto ucciderlo, assolutamente. Meglio
levarsi dalla testa queste teorie assurde.
- Insomma, io ora ti ho fatto tornare in vita, e tu vuoi…
cercare vendetta, a quello che ho capito. Giusto? –
domandò la ragazza.
- No, Sayuri, non vendetta. Giustizia.
La ragazza lo guardò, con sguardo interrogativo.
C’erano delle occasioni in cui quei due termini avevano lo
stesso significato, ma evidentemente questo non era il caso.
- Voglio evitare che altre persone facciano la mia stessa fine, anche
se penso che sia già successo. A parte questo –
disse L, posando la carta della barretta di cioccolato sul tavolo e
allungando il braccio per prenderne un’altra –
è una sfida aperta… tra me e Kira. E io odio
perdere.
Sayuri continuava a guardarlo, stupita. La sua era una
sfida…. La ragazza cominciò a domandarsi cosa
realmente fosse successo ventiquattro anni prima… cosa
realmente avesse portato quel ragazzo alla morte.
- E immagino che non riuscirai mai a vincere la tua sfida con i mezzi
che hai a disposizione adesso….
- Hai ragione. Kira ora dispone di mezzi maggiori e sicuramente
più avanzati dei miei in questo momento. Ma è
solo questione di tempo, e in più come vantaggio ho il fatto
che lui non sappia minimamente del mio ritorno.
- Se vuoi, posso fare quello che posso per darti una mano… -
disse la ragazza.
Almeno potrò
capire in che razza di situazione sono invischiata, pensò
Sayuri.
Proprio come speravo,
pensò L.
- Ti ringrazio.
La ragazza sorrise. – So già da dove cominciare,
dandoti una mano – disse la ragazza.
- Sentiamo un po’ – rispose L.
Il sorriso della ragazza si allargò ulteriormente.
– Vestiti!
- Vestiti? – domandò L, sconcertato.
- Beh, certo… non vorrai restare tutto il tempo con quei
vestiti, giusto? E poi… ti serve un paio di scarpe! Per
domani posso prestartene un paio di mio padre, ma prima o poi lui si
accorgerebbe della loro sparizione, ed è meglio comprartene
un altro paio. Domani è sabato, possiamo andare in giro per
negozi!
Oh, no. Come non detto,
pensò L, per niente interessato a comprare vestiti nuovi.
Sayuri osservò l’espressione contrariata di L.
Sapeva benissimo che era evidente la sua allergia alla moda, ma era
anche vero che non poteva tenere sempre gli stessi vestiti. Aveva
almeno bisogno di un cambio… e poi, anche lei avrebbe dato
uno sguardo alle vetrine. Giusto per unire l’utile al
dilettevole.
- Non ho bisogno di vestiti, ci sono necessità molto
più urgen….
Sayuri lo zittì. – Oh, no. Niente storie,
assolutamente. E non preoccuparti… sarà
divertente, te lo prometto.
Oh, lui non aveva alcun dubbio sul fatto che lei sarebbe stata capace
di rendere l’esperienza divertente, ma in quel momento aveva
altre priorità.
- Oh, dai – continuò la ragazza –
l’hai detto pure tu, abbiamo dalla nostra l’effetto
sorpresa… aspettare un altro giorno non
comprometterà tutto, sicuramente!
L sospirò. In fondo, non aveva tutti i torti, le
probabilità che Kira scoprisse di lui erano molto
basse… sempre che lei non fosse andata da suo padre a
raccontarle di lui, cosa piuttosto improbabile. Se così
fosse stato, Light Yagami non avrebbe esitato ad usare nuovamente il
quaderno contro di lui e, probabilmente, anche contro sua figlia, non
tanto perché potessero effettivamente rappresentare un
pericolo, quanto perché avrebbe sicuramente visto il suo
ritorno alla vita come una presa in giro.
- Hai parlato a qualcuno di me? – domandò il
ragazzo.
- Stai cercando di cambiare argomento, vero? Comunque no, o, almeno,
non nel dettaglio. Stai tranquillo, nessuno qui sa il tuo nome, a parte
me e, ovviamente, te.
Almeno dalla madre non
ha ereditato la stupidità, pensò L,
sollevato. Sayuri somigliava parecchio a Misa Amane, sotto certi punti
di vista. Entrambe erano allegre e amichevoli, a prescindere dalla
persona che avevano davanti. E lo erano in un modo perfettamente
naturale.
Neanche Misa Amane gli aveva mai dato l’impressione di star
recitando. Lei era semplicemente una pedina nelle mani di Kira, non
aveva le stesse capacità mentali né, tantomeno,
la stessa malizia. Non sarebbe mai finita in quella situazione, se
Light Yagami non l’avesse trascinata con sé.
L sapeva di essere un personaggio che, spesso e volentieri, metteva in
soggezione le persone attorno a lui. Questo non era successo con Misa
Amane, e non stava succedendo con sua figlia Sayuri. Tanto per dire,
nella sua vita precedente nessuno si sarebbe mai sognato di tirare in
ballo l’argomento “vestiti” davanti a
lui… né tantomeno lo avrebbe zittito in quel
modo. Ma la cosa non lo turbava più di tanto.
- Allora… per domani hai deciso?
La ragazza stava cominciando a diventare impaziente.
- Ci penserò. Domani mattina ti farò sapere.
Un classico. “Ci penserò” era la tipica
frase di una persona che non aveva la minima intenzione di fare
qualcosa. Sayuri avrebbe anche potuto pregarlo in ginocchio, lui non
avrebbe mai ceduto.
*
L
non aveva ancora capito come mai si trovasse lì, in una
delle vie principali di Tokyo, indossando un paio di scarpe che non gli
appartenevano e con una ragazzina che trotterellava al suo fianco
sorridendo con aria vittoriosa.
- Sono stata brava a convincerti, vero?
- Sì – rispose lui, senza troppo entusiasmo.
Diciamo che, di fronte alla sua riluttanza, la ragazza aveva deciso di
usare le maniere forti: gli aveva praticamente infilato le scarpe ai
piedi e l’aveva trascinato per un braccio fuori dalla stanza.
- Oh, dai… sorridi! Senti il movimento, la vita della
città… e non fa nemmeno freddo!
Su quello forse poteva anche avere ragione, non faceva molto
freddo… ma L non faceva testo, non soffriva il freddo
particolarmente.
- Non ti preoccupare, non ho intenzione di portarti solo per negozi di
abbigliamento… qui in zona c’è una
delle pasticcerie migliori di tutta Tokyo, ho assolutamente intenzione
di farci un salto – continuò la ragazza.
Almeno il fatto che pensasse di portarlo in pasticceria, e non di farlo
girare tutto il giorno alla ricerca di vestiti, era ammirevole.
L’espressione di L si illuminò leggermente, ma
evidentemente per Sayuri non era abbastanza.
- Non importa. Sarai anche riluttante adesso, ma sono sicura che non
appena entreremo nel vivo dello shopping, anche tu ti divertirai!
“Vivo dello shopping”? Forse Sayuri non aveva
capito bene….
La ragazza poi cominciò un lungo discorso su cosa avrebbe
visto bene addosso ad L e, soprattutto, addosso a sé stessa.
L non la stava seguendo, per sua scelta. Vedere sé stesso
con addosso qualcosa di diverso da un paio di jeans e una maglia
bianca, come era vestito in quel momento, sarebbe stato qualcosa di
assurdo.
- Allora… cosa ne pensi? – disse ad un tratto
Sayuri.
- Wow – rispose L, senza nemmeno tentare di fingere
entusiasmo.
- Dì la verità – disse la ragazza,
diventando improvvisamente seria – non mi stavi seguendo.
- No – rispose lui, tranquillamente.
Sayuri scosse la testa. – Potrei anche essermi
offesa… ma per oggi eviterò. Voglio che questa
sia una giornata divertente anche per te, farò del mio
meglio!
Le labbra di L si incurvarono in un sorriso. La ragazza sembrava
sincera.
Camminarono per qualche minuto. C’erano vari negozi ad
entrambi i lati della strada, ma evidentemente non erano ciò
che Sayuri stava cercando, e sicuramente L non si sarebbe scomodato nel
farglieli notare.
Ad un tratto, però, il sorriso di Sayuri si
allargò ulteriormente, segno che doveva aver notato un
negozio interessante, secondo il suo personale metodo di giudizio.
- Eccoci arrivati! – esclamò la ragazza e, senza
farsi troppi problemi, prese L per un braccio e lo trascinò,
correndo, verso il negozio. Non sembrava, ma era decisamente
forte… o magari era solo la determinazione di far entrare L
in un negozio di quel genere a spingerla.
L non riconobbe l’insegna del negozio, probabilmente doveva
essere una marca uscita da poco… non che lui si fosse mai
interessato di marche e moda.
Entrarono nel negozio, e subito Sayuri cominciò ad aggirarsi
nei vari reparti con aria esperta.
- Troverò qualcosa di carino anche per te… giuro!
– gli disse, prima di lanciarsi nella ricerca.
Anche L decise di farsi un giro del negozio… restare fermo
ad aspettare Sayuri avrebbe contribuito ancora di più a
farlo passare per un idiota.
Guardava i vestiti esposti con noncuranza, spesso chiedendosi come
facessero ragazzi della sua età ad indossare indumenti del
genere. E dire che, il più delle volte, era lui ad essere
considerato strano.
- Posso aiutarla?
Una ragazza, vestita con una divisa da commessa, si era materializzata
davanti a lui. Sembrava giovane, ed inesperta.
- No, grazie. Sto solo dando un’occhiata.
A dire il vero, stava soltanto ammazzando il tempo in qualche modo,
aspettando il ritorno di Sayuri. Sicuramente l’avrebbe
costretto ad indossare qualcosa di improponibile… sempre che
si fosse data una mossa. In caso contrario, sarebbe stato lui a
prenderla per un braccio e a portarla da qualche altra parte. Anche
lui, nonostante il fisico non proprio imponente, aveva una certa forza.
Tuttavia, non ci fu bisogno di passare alle maniere forti.
Ritrovò Sayuri poco dopo, accanto ai camerini, carica di
roba da provare.
- Tieni questa – disse, indicando col mento la scatola da
scarpe che teneva tra le mani.
Solo dopo essersi liberata dalle scarpe Sayuri poté mostrare
ad L il risultato della sua ricerca: adagiato sul braccio sinistro
teneva un abito rosso a maniche lunghe, che fino a prova contraria
doveva essere destinato a lei, mentre sull’altro braccio
teneva… uno “splendido” paio di jeans
neri, assieme ad una “fantastica” felpa verde con
decori gialli e ad una “magnifica” maglia
coordinata.
L rimase qualche secondo a fissare gli indumenti, chiedendosi dove
fosse finito il cervello di Sayuri nel momento in cui aveva effettuato
la sua scelta, poi si decise ad aprire la scatola delle scarpe.
Grazie al cielo, niente colori fluo o altra roba del genere. Erano un
paio di normalissime scarpe da ginnastica, gli sarebbero anche potute
andar bene.
- Allora, che aspetti? – disse Sayuri, porgendogli il braccio
destro – Non vai a provarli?
L fu tentato di risponderle con un no secco, ma l’espressione
implorante della ragazza avrebbe intenerito perfino Attila.
Sospirando, prese i vestiti ed entrò in uno dei camerini per
provarli, mentre Sayuri faceva lo stesso col vestito rosso.
Mentre si spogliava, L si chiese per quale ragione lo stesse facendo.
Lui certamente non era tipo da intenerirsi di fronte alle richieste di
una ragazza. A dire il vero, aveva avuto così pochi rapporti
con l’altro sesso da non sapere bene nemmeno lui come tutto
questo andasse interpretato.
Probabilmente, la giovane Yagami aveva ereditato dal padre la
capacità di indurre le persone a fare ciò che lei
volesse: ma mentre il padre aveva sempre utilizzato questa sua
capacità per tessere le sue losche trame, lei la usava quasi
inconsapevolmente.
Sicuramente doveva essere quello il motivo per cui lui si trovava in
quel luogo, in quel momento.
Indossò controvoglia i vestiti che Sayuri gli aveva dato. A
parte per le scarpe, si sentiva incredibilmente goffo e appariscente.
Ma chi me lo fa fare,
pensò, mentre usciva dal camerino. Sperò soltanto
che non ci fossero troppe persone nei paraggi ad ammirarlo nella sua
nuova ed esclusiva veste.
Fortunatamente, c’era solo Sayuri, anche lei appena uscita
dal camerino.
La ragazza lo squadrò da capo a piedi, poi, dopo essersi
soffermata con lo sguardo sul suo volto, cominciò a ridere.
- Che c’è? – le domandò L,
anche se sapeva benissimo quale fosse la risposta. Era normale, no? Lui
non era fatto per indossare quei vestiti, e in effetti il suo primo
impulso era quello di rientrare nel camerino e toglierseli di dosso.
- Oh, scusa… - disse lei, tra le risate –
è che credo proprio che questi abiti non facciano per
te….
Lo disse con una sfumatura affettuosa nella voce. Affetto…
parola di cui L conosceva a malapena il significato.
- Piuttosto… io come sto? – continuò
Sayuri, facendo una giravolta davanti a lui come se stesse sfilando.
Carina, quel vestito le
dona, fu il primo pensiero di L.
Ma cosa cavolo sto
pensando, fu il secondo.
- Allora? – domandò la ragazza, impaziente.
- Mah, sì, stai bene – bofonchiò L.
Una risposta del genere non avrebbe mai accontentato una ragazza
normale, e infatti L si aspettava una reazione ancor più
spazientita, invece Sayuri si limitò a sorridergli e a
ringraziarlo.
Entrambi poi ritornarono nei camerini per cambiarsi di nuovo.
L si chiese che cosa gli fosse preso, in quel nanosecondo in cui aveva
definito Sayuri carina. Insomma, non che non lo fosse, ma lui non era
mai stato solito formulare giudizi su una ragazza, a meno che non
fossero rilevanti per la risoluzione di qualche caso, e comunque non si
era mai trattato di giudizi relativi all’aspetto fisico.
Doveva essere l’effetto malefico di quei vestiti, sicuramente.
Incredibile,
pensò Sayuri, mentre si toglieva l’abito rosso che
aveva appena provato. Decisamente, non era da lei comportarsi in quel
modo. Se qualcun altro avesse provato a farle rivolgerle quel
complimento striminzito, lei sicuramente avrebbe cercato in qualsiasi
modo di strappare al malcapitato un giudizio più
sostanzioso. Certamente non avrebbe esibito quel sorriso cretino,
né avrebbe ringraziato in quel modo, quasi con timidezza.
Lei non era timida, con L non lo era mai stata. Perché
allora si era comportata in quel modo?
Arrivò ad una conclusione plausibile solo dopo essersi
rivestita. Semplicemente, L non era tipo da sperticarsi in complimenti,
e magari anche quel piccolo “Stai bene” per lui era
tanto. Era davvero buffo con quegli abiti addosso… non che
stesse male, ma l’espressione sul suo volto lasciava capire
che non si sentiva molto a suo agio. Aveva riso di lui, ma
l’aveva fatto con tenerezza.
Uscì dal camerino, col vestito rosso in mano. L non era nei
dintorni, sicuramente era già uscito. Si avviò
verso la cassa, quando vide L seduto nel suo solito strano modo su uno
dei pouf colorati vicino all’uscita, al suo fianco la scatola
da scarpe.
- Ti ho fatto aspettare molto? – domandò Sayuri.
L scosse la testa, poi si alzò, seguendola fino alla cassa.
Sayuri notò che aveva ancora la scatola da scarpe con
sé.
- Hai… hai deciso di prenderle? –
domandò la ragazza.
- Sì – rispose L. Sayuri si limitò a
sorridere, e a pagare.
Quando uscirono, il sorriso di Sayuri era ancora incredibilmente largo.
Era contenta, contentissima… così felice
che….
- Evvai! – esclamò Sayuri, abbracciando L con
tanta energia da rischiare di far cadere entrambi a terra. Poi lo prese
a braccetto, e ripresero a camminare.
- Non riesco a crederci, son riuscita a farti comprare un paio di
scarpe! È incredibile….
L dovette ammetterlo, la felicità di Sayuri era contagiosa.
Non che lui si sentisse altrettanto euforico, ma dovette ammettere che
si sentiva molto meglio, con in una mano una busta con delle scarpe e
Sayuri attaccata all’altro braccio….
Sayuri attaccata al
braccio? Nella foga con cui aveva reagito la ragazza, L
non aveva affatto registrato quel particolare. Sayuri era praticamente
incollata al suo braccio. Lo stringeva.
- Ehm… - disse lui, indicando con lo sguardo il suo braccio.
- Ops, scusa – fece la ragazza, diventando tutt’a
un tratto seria e staccandosi dal ragazzo.
Ma che mi è
preso? pensò Sayuri tra sé e
sé. Sicuramente
sono diventata tutta rossa.
Certo, lei era sempre stata piuttosto espansiva dal punto di vista dei
sentimenti, lei era quella che, se contenta per una sua amica, le
saltava al collo e la abbracciava, ma fare la stessa cosa con un
ragazzo come L sembrava avere un significato diverso.
- Bene – disse lei, cercando di rompere il silenzio che era
improvvisamente caduto tra loro – Abbiamo pensato alle
scarpe, ma per il resto?
Lui la guardò, leggermente allarmato.
- Oh, non ti preoccupare, non ho intenzione di farti provare altri
vestiti come quelli… ho capito fin troppo bene che non ti
piacciono. Dal prossimo negozio in poi, farò scegliere a te!
Che cosa ti piacerebbe indossare?
L rimase qualche secondo in silenzio. Non aveva mai pensato di vestirsi
in modo diverso da come era suo solito, e l’idea non lo
attirava affatto. L’unica cosa su cui dava pienamente ragione
alla ragazza era che aveva sicuramente bisogno di indumenti di
ricambio, dato che in quel momento possedeva solo la maglia e i jeans
che indossava. Doveva trovare qualcosa di simile.
- Credo che qualcosa di simile agli indumenti che ho addosso in questo
momento vada più che bene.
Sayuri cercò di non mostrarsi troppo delusa. Certamente le
avrebbe fatto più piacere se L si fosse mostrato bendisposto
ad indossare qualcosa di completamente diverso, ma in fondo se
l’aspettava, e forzarlo non avrebbe avuto alcun senso.
Sarebbe stato difficile trovare qualcosa del genere in una via come
quella… ma non sarebbe stato impossibile. Squadrò
il ragazzo da capo a piedi.
- Ok… allora… i jeans non penso siano troppo
difficili da trovare… per quanto riguarda la
maglia… oh, beh, qualcosa la troveremo!
L si rilassò. Per fortuna Sayuri aveva capito
l’antifona.
- Va bene – rispose.
- Perfetto! Per i jeans, so già dove andare… non
è molto lontano da qui – disse la ragazza.
Lo portò in una jeanseria di una marca che, apparentemente,
era molto famosa. Pur dedicandosi quasi esclusivamente ad un tipo di
tessuto, il negozio era enorme e dentro c’erano molti clienti.
- Bene… iniziamo la nostra ricerca! –
esclamò la ragazza.
L si limitò a seguirla e ad osservarla mentre era
all’opera. Prima di cominciare, lo squadrò
un’ultima volta, per assicurarsi su che genere di jeans gli
sarebbe sembrato più congeniale.
Poi cominciò ad aggirarsi per gli scaffali, osservando con
occhio esperto i jeans esposti. Ogni volta che trovava un paio che
potessero essere adatti ad L, li prendeva e li passava al ragazzo.
L si ritrovò dopo poco tempo carico di jeans da provare, e
cominciò a domandarsi seriamente di quanti soldi Sayuri
potesse disporre – o di quanto il suo conto stesse andando in
rosso a causa sua.
Andò a provare i jeans che Sayuri gli aveva dato. Dovette
ammettere che in quel caso la ragazza era stata proprio brava:
riuscì a scegliere ben cinque paia di jeans, i
più somiglianti a quelli che aveva addosso in quel momento.
Quando uscì dal camerino, vide la ragazza che, davanti ad
uno specchio, si stava provando un giubbotto. L scosse la testa. Era
incorreggibile.
- Aiutami – disse lei appena lo vide uscire - lo
compro, o no?
L la guardò, stupito. Gli stava chiedendo consiglio
su… qualcosa da indossare?
- Fai come vuoi – disse, senza sapere sinceramente come
comportarsi.
Ma era evidente che quello che Sayuri cercava non era tanto una
conferma su quanto quel giubbotto le stesse bene o meno, ma piuttosto
una sorta di permesso da parte sua, come se si sentisse in colpa.
- Oh, va bene, allora lo prendo – disse, sorridendo.
Non appena uscirono dal negozio, Sayuri si tolse il giubbotto che aveva
addosso e lo mise nella busta, indossando il nuovo acquisto. Giubbotto
a parte, era soddisfatta. Erano riusciti a trovare le scarpe e i jeans,
sicuramente anche trovare la maglia non sarebbe stato difficile. E,
dopo una mattinata di compere, sicuramente un salto in pasticceria non
sarebbe dispiaciuto a nessuno dei due.
- Ora ci manca solo la maglia – disse la ragazza.
- Già – rispose il ragazzo. Il suo umore non era
quello che si sarebbe potuto definire allegro, ma sicuramente si
sentiva meglio di prima, forse perché finalmente stava
riuscendo a trovare qualcosa. E poi, con una presenza positiva come
quella di Sayuri, che non faceva altro che sorridere, sarebbe stato
impossibile non sentirsi bene, almeno un po’.
- Bene, lanciamoci nella ricerca, allora! – disse lei,
entrando nel negozio successivo.
*
Un’ora
e una decina di negozi dopo erano riusciti a trovare tutto
ciò che serviva loro, Sayuri, a giudicare dal numero di
buste che si stava portando dietro, forse anche di più.
L si domandò come facesse la ragazza ad avere
così poca considerazione dei soldi che stava spendendo.
Poteva benissimo capire che i suoi genitori fossero estremamente
ricchi, ma non aveva mai visto nessuno avere così poca
considerazione per il denaro. Certo, anche lui spesso aveva affrontato
spese enormi senza troppi pensieri, ma senza dubbio si trattava di
situazioni diverse da quella.
I suoi genitori sicuramente non erano molto assennati. Questo poteva
capirlo per quanto riguardava Misa Amane, che forse avrebbe addirittura
incoraggiato la figlia in quelle sue folli spese, ma non poteva dirsi
la stessa cosa di Light Yagami. Molto probabilmente era così
preso dal suo lavoro e dalla sua presunta missione da non preoccuparsi
nemmeno di sua figlia.
- Eccoci arrivati! – esclamò Sayuri.
Fino a quel momento L non aveva fatto altro che seguire la ragazza,
senza effettivamente curarsi di dove stessero andando. Solo allora si
rese conto del luogo davanti a cui si trovavano. Era un locale grande e
non troppo elegante, a giudicare da quello che si poteva vedere
attraverso le ampie vetrate. Dentro vi erano molti ragazzi, la maggior
parte della stessa età di Sayuri.
Non era un locale che L conosceva, sicuramente doveva essere di
apertura relativamente recente.
Non appena entrarono, sentirono un profumo di dolci e cioccolato
spandersi nell’aria. Sayuri vide gli occhi del ragazzo
accanto a lei illuminarsi. Quello era sicuramente il suo elemento,
molto più di tutti i negozi d’abbigliamento che
gli aveva fatto visitare.
Ordinarono un intero vassoio di pasticcini e due cioccolate calde, poi
presero posto ad uno dei tavolini, sedendosi uno di fronte
all’altro. Il volto di L era illuminato da un leggero
sorriso. Sayuri era stupita da come cercasse di dissimulare le sue
emozioni. In quel momento, per esempio, soltanto i suoi occhi lo
tradivano. E lì, seduto nella sua solita maniera ad un
tavolino di una pasticceria, Sayuri sapeva che era felice.
- Ti piace questo posto? – gli domandò la ragazza.
Lui annuì, ma il suo sorriso non si allargò.
Forse è
ancora dispiaciuto per la mattinata che gli ho fatto passare,
pensò la ragazza.
- Senti, scusami per stamattina. Insomma, sono due giorni che ci
conosciamo, e immagino di non sapere assolutamente nulla di te, ma mi
sembra di aver capito che non ti piace proprio andare in giro per
negozi… forse ho esagerato….
- Non scusarti – disse lui – anzi, forse dovrei
ringraziarti. Se non fosse stato per te, forse non mi sarei nemmeno mai
posto il problema dei vestiti. E poi… non devi preoccuparti.
Alla fine, mi sono anche divertito.
In parte stava mentendo. Certo, la prima parte della mattinata non era
stata sicuramente esaltante, ma una volta che la ragazza aveva capito
esattamente ciò di cui lui aveva bisogno si era sentito
molto meglio. E poi, era molto più semplice pensare positivo
in un luogo come quello, aspettando una cioccolata e dei pasticcini
che, a detta di Sayuri, sarebbero stati deliziosi. Una cosa che aveva
apprezzato parecchio della ragazza nel poco tempo che aveva trascorso
con lei era il suo gusto per il cibo. Anche in quel caso, era sicuro
che ci sarebbe stato da fidarsi.
Pasticcini e cioccolate non tardarono ad arrivare. Sayuri fu la prima
ad allungare una mano su quel ben di Dio, ed anche L non si fece
pregare. Ancora una volta, il gusto della ragazza si rivelò
infallibile: i dolci erano di alta qualità, e la cioccolata
era deliziosa.
- Mi è sempre piaciuto venire qui – disse
all’improvviso Sayuri, girando col cucchiaino la sua
cioccolata.
- Mi ci portavano sempre, quando ero piccola. Non sono mai venuta con i
miei genitori, però, mio padre era sempre troppo impegnato,
e mia madre sempre a dieta – continuò la ragazza.
- Tremendo – rispose L.
- Già. Comunque, sono sempre venuta qui con mia zia, Sayu.
Un giorno mi ha detto che da bambina mangiavo davvero troppi dolci. Un
giorno l’ha detto a mia madre, e lei le ha risposto che le
ricordavo qualcuno….
Mentre parlava, teneva gli occhi fissi su quelli del ragazzo.
L sapeva benissimo a chi si stesse riferendo Misa Amane, con quella
frase. Si trattava senza ombra di dubbio di lui.
- Qualche golosone, sicuramente – rispose il ragazzo.
- Probabilmente. Ma non credo di esagerare, no? Insomma…
qualche volta le mie amiche si chiedono come faccia a non ingrassare
per qualche dolcetto di troppo, ma niente di che… mia madre,
invece, secondo me è gelosa – disse lei,
sorridendo.
Anche L sorrise con lei. Poteva tranquillamente immaginarsi Misa Amane
osservare la figlia mangiare dolci davanti a lei e cercare di
trattenersi dal mangiarne a sua volta.
Sayuri guardò fuori dalla grande vetrata, ed
osservò la gente che camminava davanti al locale. Ad un
tratto, vide una ragazza con gli occhiali da sole che si avvicinava. La
ragazza aveva alcune ciocche dei capelli tinte di biondo, ed era
vestita come se fosse appena uscita da una casa di moda.
Kaori,
pensò Sayuri, riconoscendola.
La ragazza si fermò proprio davanti alla loro vetrata, si
tolse gli occhiali e se li mise in testa come cerchietto. Poi sorrise,
notando Sayuri, e mentre quest’ultima le faceva un cenno per
salutarla, lei le fece un gesto come per dirle di aspettare, per poi
continuare a camminare.
Sayuri scosse la testa. Sicuramente Kaori aveva tutta
l’intenzione di entrare nel locale e unirsi a loro.
- Che succede? – domandò L.
- Oh, niente, è che ho appena visto una mia amica, Kaori, e
sicuramente ora verrà da noi….
Il problema non era Kaori in sé, non le sarebbe certo
dispiaciuto far conoscere L a qualche sua amica. Ciò che la
preoccupava era la ormai nota capacità di Kaori di vedere
del pettegolezzo praticamente ovunque, anche dove, come in quel
momento, non ce n’era neanche l’ombra.
Aveva sicuramente preso fischi per fiaschi, e con ogni
probabilità si sarebbe unita a loro e avrebbe cercato di
carpire quante più informazioni possibile su una relazione
tra lei e L che, di fatto, non esisteva.
- Come non detto – disse Sayuri a voce bassa, vedendo Kaori
entrare ed avvicinarsi al loro tavolo.
- Ciao! – esclamò la nuova arrivata non appena li
vide.
- Ciao – rispose Sayuri, mentre L si limitò a fare
un cenno con la testa.
Kaori prese una sedia dal tavolino vicino, che era libero, si sedette
accanto a Sayuri e L, e prese un pasticcino dal vassoio. Poi si
voltò a guardare L.
- Ooooh, Sayuri, e così lui è il tuo amico,
giusto? – disse la ragazza.
- Sì, è lui – rispose Sayuri.
- Beh, non me lo presenti? – domandò Kaori, un
po’ contrariata.
- Oh, certo, che stupida – rispose Sayuri, ridacchiando
– Kaori, lui è….
Si bloccò un attimo, titubante. Si era, per un attimo,
dimenticata del fatto che il vero nome di L dovesse restare un segreto.
Certamente spiattellarlo così a Kaori non sarebbe stata la
cosa migliore da fare.
- Ryuzaki – disse prontamente il ragazzo – Rue
Ryuzaki.
Sayuri cercò di non sembrare troppo stupita. Era evidente
che L era stato costretto ad utilizzare un altro nome in diverse
occasioni.
- Molto piacere, Ryuzaki – disse la ragazza, poi
continuò – Vedo che vi state proprio divertendo, o
mi sbaglio?
- Sì, diciamo di sì – rispose Sayuri
– vero, Ryuzaki?
Il ragazzo annuì.
- Stavo aspettando il mio ragazzo qua fuori – disse Kaori
– ma poi ho visto che c’eravate voi qua dentro, e
ho deciso di passare a farvi un saluto… ma credo che tra
poco me ne andrò, forse eravate impegnati….
- Avanti, Kaori, stavamo solo mangiando pasticcini e bevendo una
cioccolata, niente di particolare…. – disse Sayuri.
- No, è che vi ho visti così, da soli…
comunque – disse Kaori, rivolgendosi ad L –
è riuscita a trascinare qui anche te, eh? Guarda,
è una vergogna: se ne frega della dieta e la cosa non sembra
avere il minimo effetto su di lei! Mi auguro soltanto che non ti faccia
diventare una botte, sei così magro….
- Non… non credo proprio… - disse L, un
po’ imbarazzato. Era evidente che, in passato, non era tanto
la sua persona a creare imbarazzo nelle persone, quanto ciò
che rappresentava. Di solito erano gli altri a rispondere a lui con
tono imbarazzato, non certamente il contrario. Quest’altra
ragazza, quest’amica di Sayuri era forse ancora
più sfacciata di lei. Non che la cosa fosse necessariamente
negativa, ma un po’ lo metteva in soggezione. Era abbastanza
evidente quanto Kaori volesse sentirsi al centro
dell’attenzione: lo si poteva vedere da come parlava, a voce
alta e con tono squillante, o da come si muoveva, con ampi gesti.
- Comunque… vi conoscete da un po’, giusto?
– domandò Kaori, prendendo un altro pasticcino.
- Sì, te l’ho detto, è un mio vecchio
amico… eravamo vicini di casa – rispose Sayuri.
L si domandò come mai Sayuri stesse cercando di farlo
passare per un amico d’infanzia. Ma sicuramente lei conosceva
Kaori meglio di lui, ed era certo che se lei si stava inventando quella
bugia di sana pianta c’era un motivo.
- Ooooh, wow, Sayuri, non me ne avevi mai parlato! Comunque –
e rivolse un’occhiata complice all’amica
– ieri alla fine non siete usciti, vero?
- Ehm… no, non siamo usciti
dall’albergo… - rispose Sayuri.
L guardò le ragazze. Probabilmente il fatto che loro non
fossero usciti aveva per loro un qualche significato strano che lui non
riusciva a capire, ma quello che era certo era che Sayuri non era
affatto contenta di ciò. La sua espressione, infatti, era
quasi scandalizzata, e per quel poco che la conosceva doveva trattarsi
di qualcosa di grave.
- Bene! – disse Kaori allegramente, poi si
avvicinò ad L.
- Sai, Sayuri è proprio una brava ragazza – disse,
a voce bassa – cerca di non farle del male e di tenertela
stretta, altrimenti dovrai vedertela con me….
L la guardò, confuso. Cosa frullava per la testa di quella
ragazza?
Sayuri, invece, sembrava ancora più contrariata di prima,
nonostante ciò, continuava a sorridere; solo che, al posto
del sorriso rilassato che aveva mentre era sola con lui, ora esibiva un
sorrisetto nervoso.
- Kaori, mi accompagneresti un attimo in bagno? –
domandò.
Sayuri non ne poteva più. Era giunto il momento di fare un
bel discorsetto alla sua amica. Un conto era se certe battutine le
faceva con lei, ma che scocciasse pure L non andava affatto bene.
Le due ragazze si alzarono, ed entrarono nella toilette femminile.
- Kaori, che ti salta in mente? – esclamò Sayuri.
- In… in che senso? – rispose l’amica.
- Insomma, la storia dell’albergo, e poi…
“forse eravate impegnati”, oppure
“è una brava ragazza, tienitela
stretta”….
- Oh, beh, sai com’è, non ti ho mai vista molto
spesso sola con un ragazzo senza che ci fosse qualcosa di tenero di
mezzo.
- Immagino si possano ammettere eccezioni, no? Io e Ryuzaki siamo
soltanto amici, te l’ho detto e ripetuto!
Ryuzaki.
Sembrava così strano chiamarlo con quel nome falso.
- Sai, quando vi ho visti prima non sembrava….
- Cosa intendi dire con questo, Kaori?
L’insistenza dell’amica la stava solo facendo
innervosire ancora di più.
- Sareste carini assieme, io continuo a dirlo. E poi, la tua
espressione mentre vi stavo guardando da fuori….
- Che… che espressione? – domandò
Sayuri, un po’ allarmata. Non riusciva proprio a capire dove
Kaori volesse andare a parare.
- Eri sorridente, sembravi felice, rilassata. Sai, era da un
po’ che non ti vedevo così, neanche con noi.
- è strano… sto bene con lui, questo è
vero. Ma… avanti, non significa niente!
Kaori la guardò come se la sapesse lunga.
- Dillo, ti piace.
Sayuri dovette arrendersi all’insistenza
dell’amica.
- Ok, è un bel ragazzo, ma questo non vuol dire
che….
- L’hai detto! – disse Kaori, trionfante
– Allora ho sempre avuto ragione io!
- Kaori, se una persona mi piace fisicamente, non significa che ne sia
innamorata….
- Allora, se ti piace solo fisicamente, perché sei
sempre con lui?
Sayuri sospirò.
- Prima di tutto, non è che mi piaccia solo fisicamente.
Diciamo che... è una buona compagnia, ecco. Te
l’ho detto, sto bene con lui. Sono sempre con lui
perché… sento che ne ha bisogno, ecco. Non
può restare da solo, nella situazione in cui si trova, e in
più sono passati ben ventiquattro anni da quando….
Si bloccò improvvisamente. Stava per rendere ogni sforzo di
proteggere L vano, stava per svelare il suo segreto….
Che stupida,
si disse Sayuri. E ora, chi o cosa avrebbe più dissuaso
Kaori dal domandarle quale fosse il finale della frase?
- Ventiquattro anni da quando cosa? – domandò
Kaori.
- Niente, niente… lascia perdere – rispose Sayuri
e, vedendo che l’amica stava aprendo bocca, probabilmente per
ripetere la sua domanda, continuò: - Forse è
meglio ritornare di là, Ryuzaki potrebbe preoccuparsi. Del
resto, lui è convinto che siamo andate semplicemente in
bagno, e mi sa che ci siamo rimaste un po’ troppo….
Sicuramente nemmeno Kaori sarebbe stata tanto stupida da tirare in
ballo la storia dei ventiquattro anni, anzi, se ne sarebbe dimenticata
nel giro di mezz’ora, ed L non ne avrebbe mai saputo nulla,
così come non avrebbe mai saputo nulla del fatto che lei lo
reputasse carino. Non che fosse una cosa da nascondere, ma non avrebbe
mai potuto sapere come avrebbe reagito.
Sì,
è decisamente meglio così, che questa discussione
resti soltanto tra me e Kaori e che, soprattutto, cada in fretta nel
dimenticatoio, pensò Sayuri tra sé e
sé.
Errato, si
ritrovò a pensare, subito dopo aver aperto la porta del
bagno.
L era lì, fermo davanti alla porta, e aveva tutta
l’aria di aver ascoltato ogni singola parola che Kaori e
Sayuri si erano scambiate.