Storie originali > Fantasy
Segui la storia  |       
Autore: Evali    24/10/2022    0 recensioni
Un villaggio isolato, un popolo spezzato in due in seguito ad una terribile calamità, due divinità da servire, adorare e rispettare in egual modo: Dio e il Diavolo.
"- Io amo gli uomini.
- E perché mai io sono andato nella foresta e nel deserto? - replica il santo. – Non fu forse perché amavo troppo gli uomini? Adesso io amo Iddio: gli uomini io non li amo. L’uomo è per me una cosa troppo imperfetta.
- È mai possibile! Questo santo vegliardo non ha ancora sentito dire nella sua foresta che Dio è morto!"
Genere: Fantasy, Sovrannaturale, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Cuore non duole
 
 
Judith si rigirò nel letto, sin troppo spazioso per come se lo ricordava la notte appena trascorsa, ma sicuramente meno rispetto al proprio giaciglio alla cattedrale.
Le coperte erano ancora calde, e ogni singolo lenzuolo che copriva quel letto era impregnato del profumo della pelle del ragazzo, dei loro due odori mischiati insieme.
Judith se ne beò, con un sorriso tra le labbra, gli occhi ancora chiusi e lontani dalla realtà.
Ma non appena la sua mano, ben più cosciente della sua mente, tastò il lato destro del letto, trovandolo vuoto, la fanciulla aprì gli occhi, realizzando concretamente di essere sola in quel giaciglio nuovo.
Si tastò il pancione lievemente dolorante, come lo era ogni mattina, e puntellò i gomiti sul cuscino morbido, per alzare la testa e osservare la stanza deserta intorno a sé.
In confronto alla propria, la camera di Blake era più vuota, meno lussuosa, ma di certo non piccola, né povera.
La fanciulla si tirò su, ricordandosi di essere completamente nuda.
Il pensiero di cosa avevano fatto la sera prima, per la seconda volta, la invase in pieno facendola sorridere appagata.
Tuttavia, avrebbe voluto trovarlo ancora lì accanto a sé al suo risveglio.
Nonostante fosse ormai primavera, neanche quella particolare stagione dell’anno si poteva dire propriamente calda a Bliaint, difatti, non appena le coperte le scivolarono via dal corpo, fu invasa dalla frescura di prima mattina, benché i raggi del sole entrassero dalla finestra alla sinistra e la illuminassero placidamente.
Cercò i suoi vestiti con gli occhi, individuandoli sparsi per la stanza: la vestaglia, il ferretto, il corpetto, la gonna, le calze, e infine le scarpe.
Non aveva alcuna voglia di rinfilarsi tutto a quell’ora del mattino, perciò optò per indossare solo la vestaglia bianca e leggera, che la copriva fino a metà coscia.
Solo in quel momento si rese conto che Nellie stava dormendo placidamente sul fondo del letto.
Le sorrise, la accarezzò, poi uscì dalla stanza.
Attraversato il corridoio, giunse nella saletta principale, che ospitava la cucina, il soggiorno, il camino e l’entrata.
Fu in quel momento che gli occhi di Alma Heloisa, l’unica sveglia e presente nella stanza, si catapultarono su di lei, a dir poco sbalorditi.
La donna, seduta al tavolo, boccheggiò, mentre Judith si avvicinava a lei.
- Voi… cosa ci fate qui, signorina Judith?
La fanciulla, in risposta, le sorrise, accomodandosi accanto a lei. – Credo che la mia seminudità stia a dimostrare cosa ci faccio qui, signora Heloisa – rispose priva di vergogna. - Posso chiamarvi solo Heloisa? D’altronde, io e Blake siamo promessi da tempo.
Heloisa strabuzzò gli occhi ancor di più. – Non vi avevo mai vista uscire dalla sua stanza seminuda, prima d’ora. Credevo che voi due, dopo la vostra amnesia, aveste chiuso i-
- Ho riacquisito i miei ricordi, Heloisa – la interruppe Judith. – Io e Blake ci siamo riavvicinati anche in seguito alla mia amnesia, a dir la verità. Ma ora, ora che ho riacquisito i miei ricordi, nulla ci impedirà di unirci davanti al Signore. Nemmeno i monaci.
- Capisco. Beh… che posso dire? Sono felice per voi.
Ad ogni modo, Blake è uscito all’alba questa mattina: doveva presiedere ad alcuni scavi alla galleria. Sicuramente non avrà voluto svegliarvi così presto. Sono certa tornerà a breve.
Judith la scrutò. – E voi come lo sapete? Ve lo ha detto lui?
- No. Ero sveglia quando se ne è andato. L’ho guardato andare via.
La fanciulla affilò lo sguardo nuovamente. - Non siete in buoni rapporti con Blake, ultimamente, non è vero, Heloisa?
La donna sussultò, a tale deduzione. Si alzò in piedi, versò dell’infuso al gelsomino su una tazza e lo porse alla ragazza, riaccomodandosi accanto a lei. – Tenete. Permettetemi di offrirvi qualcosa. Non è ancora ora di colazione, ma almeno quest’infuso vi scalderà dal freddo mattutino.
- Heloisa? Evitate la mia domanda?
La donna abbassò gli occhi, divenuti lucidi. – Non siamo mai stati in buoni rapporti, io e lui. Amo mio figlio. Ma non sono capace di amarlo nel modo giusto.
- Un problema di sin troppe madri, azzarderei a dire. Non dannatevi per questo.
Heloisa alzò lo sguardo, mostrandole i suoi occhi colmi di lacrime. – E dopo la lettera che ho ricevuto questa mattina… mi sento ancora più stupida, in errore, e sola – disse, stringendo la pergamena posata sul tavolo dinnanzi a lei, un oggetto che Judith non aveva notato prima.
- Posso chiedervi chi ve l’ha mandata?
Heloisa osservò la pergamena un’ultima volta, riflettendo.
Dopo poco, gliela porse: - Leggetela. D’altronde, è mia cugina, ma era anche la vostra amante. Era molto vicina ad entrambe, anche se in modo diverso. Immagino abbia detto addio anche a voi.
Da quelle parole, Judith capì da chi provenisse quella lettera, ed ebbe un tremito.
Prese la pergamena e cominciò a leggere, dopo aver ricevuto nuovamente il permesso di Heloisa:
“Carissima e amata cugina,
perdonami di non averti salutato di persona.
Forse me ne pentirò, ma ho ritenuto fosse meglio così.
Sarebbe stato troppo difficile separarmi da te.
Ci siamo riavvicinate molto durante questo ultimo periodo, da quando vi ho nascosto nella mia personale dimora, per settimane.
Una cugina che pensavo di aver perduto per sempre… l’ultimo legame con la mia famiglia… è tornato a me.
Non potevo chiedere di meglio, Heloisa. Per questo non ti ringrazierò mai abbastanza di essere riapparsa nella mia vita.
In questi giorni, sei stata la sorella che non ho avuto per anni.
Sei stata un supporto, un sostegno, persino una compagna.
La tragedia che abbiamo scoperto insieme, ciò che tu e solo tu, con la tua ostinazione, mi hai portato a scoprire, ci ha unite ancora di più.
Purtroppo, cara cugina, non posso restare ancora al villaggio.
Ho voluto saldare tutte le mie questioni in sospeso, ma me ne manca ancora una, la più importante, con cui fare i conti: le mie mani macchiate, del sangue dei miei figli perduti.
Entrambi siamo e siamo state madri, perciò capirai cosa significa tutto ciò per me.
Non ti ho mai narrato tutta la storia, ma non serve che lo faccia.
So che non mi giudicheresti, mai.
Tuttavia, ho delle cose da dirti, prima di andarmene.
Ti chiedo di onorare la mia memoria e il mio ricordo adempiendo alle mie richieste:
So quanto tu e Myriam, un’altra delle persone a me più care, siate in una guerra senza fine. Una guerra che non avete alcuna intenzione di far cessare.
Non posso chiederlo a lei, perché so già quale sarebbe la sua risposta, ma lo chiedo a te.
Stabilite una tregua. Una tregua per amor mio.
Siete entrambi molto importanti per il ragazzo che costituisce il motivo della vostra eterna rivalità.
Non potete combattere per il ruolo di madre. Non è un ruolo che deve spettare solo ad una di voi, può spettare ad entrambe, e sapete che è così, non vi è alcun bisogno che io ve lo dica.
Non vi è motivo di combattervi, non vi è più motivo di odiarvi.
Questo villaggio ha già subìto sin troppo male, dopo ciò che è stato fatto ai Bambini sciagurati.
Non ha bisogno di altre battaglie inutili.
Perdonatevi, o, per lo meno, imparate a convivere tra voi.
Infine, c’è anche qualcos’altro, che ti chiedo, mia amata cugina.
Io ho commesso un errore che mai mi perdonerò.
Ho pensato i miei figli come qualcosa di eterno, che mai se ne sarebbe andato.
Li ho dati per scontati, e facendo questo, ho ucciso loro e me stessa.
Non commettere i miei medesimi imperdonabili errori.
So bene quanto tu ami i tuoi figli.
In questo siamo uguali.
Ho osservato i tuoi occhi, ogni volta che parlavi di loro.
Erano gli occhi di una madre. Colma di tutto l’amore che c’è nel mondo, ma incapace di dimostrarlo come dovrebbe.
C’è tanta rabbia, tanto dolore, tanta frustrazione in te.
Non permettere che tutto questo prenda il sopravvento sul rapporto che hai con i tuoi ragazzi.
Non capita a tutte di avere due figli sani, vivi e vegeti.
Tu hai questa immensa fortuna. Non sprecarla. Non rovinare il legame che ti unisce a loro per orgoglio, o per qualche altra stupida ragione senza consistenza.
Nessuna ragione è una valida ragione per allontanare i propri figli.
Amali con tutta te stessa, ma fallo nel modo giusto, nel modo che meritano.
Il loro padre è morto, Heloisa. Hanno solo te.
Faresti bene a non dimenticarlo.
E faresti anche bene a non dimenticare quanto valgano: nutro molta stima per entrambi i miei nipoti.
Nonostante mi abbia portato via la donna che più ho amato al mondo, nutro molto rispetto per Blake.
Abbi cura di loro, Heloisa.
Ti voglio bene, cugina.
Non dimenticarlo.
Con affetto,
                                                                                                                                        Imogene”
Judith terminò di leggere, reprimendo una lacrima che scalpitava per uscire.
Imogene se ne era andata da solo un giorno, e già la sua influenza si faceva sentire, anche a distanza.
Non avrebbe potuto essere più grata a quella donna, per tutto ciò che aveva fatto per lei.
- Vostra cugina mi ha ridato i ricordi – le rivelò, riconsegnandole la lettera. – E ha benedetto il mio ventre: quando partorirò avrò tante possibilità di sopravvivere, quante ne avrò di morire. Come tutte.
Heloisa la guardò meravigliata, poi accennando un sorriso e facendosi il segno della croce al contrario. - Sia benedetto il Signore, Judith. Sia benedetto il Signore, per il miracolo che ha compiuto Imogene.
Ella vi amava. Vi amava davvero.
- Lo so. La custodirò sempre nel mio cuore.
In quel momento, Heloisa sentì dentro di sé l’ardente desiderio di dire a quella ragazza che ricordava ancora come una signorile bambina dai bellissimi capelli rossi perfettamente acconciati, tutto ciò che avrebbe voluto dirle da mesi:
- Judith…
- Sì?
- Io… c’è una cosa, che voglio dirvi.
- Vi ascolto.
- Vorrei scusarmi con voi.
Dopo aver scoperto tutto ciò che ho scoperto sulle aberrazioni che hanno commesso i monaci anni fa, ho sentito maggiormente l’esigenza di scusarmi con voi.
- Scusarvi per cosa…?
Heloisa abbassò lo sguardo, lasciando andare le lacrime. – Se avessi parlato… se avessi denunciato padre Ilian allora, il giorno in cui l’ho veduto molestare quel bambino… voi non avreste subìto tutto quello che avete dovuto subire da piccola, da quel mostro… mi dispiace, cara… mi dispiace tanto!
A ciò, presa dalla commozione a sua volta, Judith le strinse calorosamente la mano nella sua, guardandola fissa negli occhi.
- Voi non dovete scusarvi di nulla.
- Voi non siete neanche l’unica con cui dovrei scusarmi…
Dopo la lettera di Imogene, mi sento ancora più in colpa per le parole uscite dalla mia bocca – disse Heloisa, e Judith dedusse subito a chi si stesse riferendo.
- Non vi angustiate, Heloisa. Sono certa che, se parlerete con lui, Blake vi perdonerà qualsiasi cosa.
- Voi non capite: gli ho detto che avrei preferito che fosse stato violentato da padre Ilian da bambino, come tanti altri. Gli ho detto che, probabilmente, se avesse subìto un trauma simile, ora camminerebbe a testa bassa e non si azzarderebbe a far sentire la sua voce, a esprimere le sue deviate e blasfeme opinioni senza paura.
Judith sbiancò a tale confessione, non sapendo più cosa dire.
Non riuscendo a reggere quel silenzio opprimente, Heloisa si asciugò gli occhi velocemente e cambiò discorso: - Ho preso degli oli profumati ieri sera, sulla strada di ritorno. Ce ne sono per tutti i gusti: andatevi a fare un bagno caldo, mentre lo aspettate.
Fu in quel momento che la porta di casa si aprì, non dando modo ad Heloisa di aggiungere altro.
Le due catapultarono gli occhi sulla porta, trovando il soggetto del loro discorso precedente, intento a sfilarsi il mantello sporco di terra.
Gli occhi di Blake si posarono subito su Judith, rivolgendole un sorriso sfinito.
- Abbiamo scavato per ore.
Perdonami se non ti ho svegliata, ma era davvero presto.
Judith ricambiò il sorriso e gli andò incontro, alzandosi sulle punte e reclamando un bacio che non tardò ad arrivare dal ragazzo.
Lui le accarezzò i capelli e saggiò le labbra di lei, ma non andò oltre il bacio a stampo.
- Sono tutto sporco di terra – le sussurrò a fior di labbra, ma alla ragazza non sembrava interessare.
- Non mi importa.. – rispose difatti, circondandogli il busto con le mani.
Heloisa distolse lo sguardo da loro, imbarazzata, iniziando a pulire le tazze sporche.
- Devo farmi un bagno, ne ho anche tra i capelli – ribatté lui in un sorriso, allontanandola delicatamente.
- Non hai fame?
- Da morire – rispose lui con un accenno di disperazione nella voce, mentre era già diretto verso il corridoio. – Ma presto porrò rimedio – aggiunse sventolando un piccolo sacco in aria.
- Che cos’è?
- Wanda, dalla locanda, ci ha portato degli strani dolci rotondi, al limone – spiegò il ragazzo, poi rivolgendo uno sguardo eloquente alla fanciulla. – Vuoi venire con me?
Judith non se lo fece ripetere, e lo seguì, fino alla stanza dedicata alla pulizia del corpo.
I due chiusero la porta, riempirono la capiente vasca di legno con l’acqua pulita precedentemente scaldata dal fuoco, poi Judith si accinse ad aggiungervi vari saponi che trovò ben sistemati sugli scaffali.
- Quanti ne metti? – le domandò il ragazzo incuriosito, osservandola occuparsi minuziosamente di quel compito, scegliendo con sin troppa concentrazione la quinta fragranza del sapone da aggiungere dentro la vasca.
- Sono abituata a scegliere le combinazioni in modo ragionato, per abbinare correttamente le varie profumazioni – gli rispose, voltandosi a guardarlo, con un sorriso felice e riposato. – Non essere riluttante, è un’arte anche questa. Un po’ come l’armocromia.
- L’armocromia..? – domandò il ragazzo, iniziando a spogliarsi della maglia sporca di terra, rimanendo a torso nudo. Quando si voltò verso di lei, la ragazza era ad un palmo da lui.
- Sì, esatto. È l’arte di saper abbinare i colori di ciò che indossiamo come ornamento del nostro corpo, alle pigmentazioni naturali delle nostre pelli, dei nostri occhi, dei nostri capelli, in modo che non stonino tra loro, ma anzi, risaltino, accostati – spiegò ella. – Il tuo è un sottotono caldo, ad esempio. I tuoi colori sono quelli dell’autunno, tranne che per gli occhi.
Mentre l’ascoltava, il ragazzo le aveva fatto scivolare giù le spalline sottili della vestaglia, la quale era caduta a terra, lasciando la fanciulla nuda.
Priva di qualsivoglia imbarazzo, Judith continuò a guardarlo negli occhi, spudorata.
- Fammi indovinare: il tuo è un sottotono freddo, giusto? Eccetto per i capelli – disse lui.
- Esatto. Sembri imparare in fretta.
Soddisfatto, Blake aprì il sacchetto di stoffa e tirò fuori uno di quei morbidi dolcetti giallo limone, dalla forma tonda, e lo assaggiò.
- Stai davvero mangiando un dolcetto mentre ti stai spogliando per fare un bagno..?! – domandò lei contrariata e divertita al contempo, dandogli una spinta che non lo smosse neanche.
Dal canto suo, mentre si gustava la pietanza, il ragazzo rivoltò le iridi all’indietro, preso dall’estasi. - Sia benedetta Wanda. Questi dolcetti sono idilliaci! E no, non lo dico solo perché ho talmente fame che mangerei la carcassa marcia di un cervo. Devi assaggiarli – le disse prendendone uno e porgendoglielo.
La ragazza acconsentì, perché infondo aveva fame anche lei e quelle palline al limone avevano davvero un bell’aspetto, gustandone il sapore. – Che il Signore benedica quella donna. Hai ragione! Ma ora dobbiamo entrare nella vasca o l’acqua si raffredderà – lo esortò leccandosi le dita che odoravano di limone, avviandosi già verso il grande recipiente in legno, colmo di schiuma profumata. Judith si immerse dentro fino al collo, chiudendo gli occhi e rilassandosi totalmente.
Dopo aver mangiato almeno altri cinque o sei di quei piccoli dolci, anche Blake finì di spogliarsi ed entrò nella vasca, alle spalle di Judith.
Il ragazzo poggiò la schiena al bordo della vasca di legno, come era solito fare, allungando le gambe lunghe e snelle; mentre Judith poggiò la schiena al petto di lui, tenendo le gambe mollemente piegate verso l’alto, una accavallata all’altra.
Si lavarono placidamente a vicenda, nell’assoluto silenzio, non riuscendo a non pensare che si sarebbero potuti facilmente abituare a quella meravigliosa e insolita quotidianità.
- Quando ti sei svegliata? – spezzò il silenzio Blake, percependo i capelli bagnati della fanciulla strusciarsi morbidamente sul proprio petto, mentre restava ad occhi chiusi. Prese a massaggiarglieli distrattamente.
- Mmm, pochi minuti prima che tornassi. Ho dormito così bene…
- Ah sì? Nonostante io non abbia un letto largo cinque metri, riempito di piume d’oca e ricoperto di seta? – la provocò lui.
- Puoi crederci o no, ma il tuo letto è persino più comodo del mio. O forse, la tua presenza lo rendeva più comodo – suppose lei, affogando un sospiro appagato in una bolla di schiuma.
- Quindi ti senti bene?
- La tua preoccupazione è toccante. Ad ogni modo, sto bene. Non temere: mi ricordo ancora tutto.
- Non mi riferivo a quello – disse il ragazzo, riaprendo gli occhi. – Mi riferivo ai bambini.
- Anche loro stanno bene. Siamo stati delicati, stanotte. Passionali, ma delicati… - disse lei prendendogli una mano e portandosela alla bocca, per baciarla teneramente.
- Ho parlato un po’ con tua madre – aggiunse poi. – Mi ha confessato quello che ti ha detto.
- Non voglio parlarne.
- Lo capisco – acconsentì lei. – Eppure… non abbiamo ancora parlato di come ti senti, in merito alla morte di tuo padre – aggiunse Judith, tastando il terreno di quell’argomento delicato e difficile da aprire. Il pensiero di Hinedia e della sua veste insanguinata le invase la mente, ma lo scacciò via subito: era un’altra gatta da pelare, la faccenda di Hinedia. Se davvero era stata lei ad uccidere Rolland, qualsiasi fossero i motivi che l’avevano spinta a farlo, Blake non le avrebbe mai perdonato di non averglielo detto prima. Ciò li avrebbe inevitabilmente riallontanati. Ma non era il momento di pensarci.
Notando il silenzio del ragazzo dietro di sé, Judith riprese: - Hai rivelato come ti senti ad una Judith che conoscevi a malapena, tramite lettera… ma non l’hai rivelato a me – disse, alzandosi dal suo petto e cambiando posizione: si voltò lentamente verso di lui, per poterlo guardare negli occhi, salendogli a cavalcioni sopra, ma facendo attenzione a non calarsi troppo verso di lui, per non spingere il pancione contro il suo addome. Restò seduta eretta sopra il bacino del ragazzo, osservandolo, in attesa.
Da quella posizione, Judith poteva anche vedere il bellissimo opale che faceva bella mostra di sé sul suo petto imperlato d’acqua.
Egli, nonostante avesse la testa abbandonata all’indietro, ricambiò il suo sguardo. – Sono passate settimane. Sto bene.
- Hai pur sempre perso un genitore.
- Quando ero piccolo ho perduto Myriam. Lei era come un genitore per me. Eppure, sono sopravvissuto. Lo farò anche ora.
Judith annuì, vedendolo rialzare la testa. – Cosa hai intenzione di fare con i monaci, Judith?
Attendeva quella domanda dolente, prima o poi.
- Mi imporrò. Devono comprendere che non possono decidere per me, per noi.
Anche se avessero già trovato una fanciulla da darti in moglie, una promessa… tu hai tutto il diritto di rifiutare.
Abbiamo il sacro diritto di sceglierci, se lo vogliamo.
Io e te ci amiamo. Neanche loro possono opporsi a questo – disse con decisione, aggrappandosi con le mani al bordo della vasca.
La schiuma le solleticava il pancione e le sfiorava i seni.
Un’improvvisa voglia di averlo e di essere sua la invase.
Alcune donne dicevano che era la gravidanza stessa ad accentuare tutte le voglie e i desideri della carne.
Ma quando era con Imogene il suo corpo non aveva mai reagito in tal modo.
Non era tanto reattivo, né voglioso a tal punto.
Inoltre, il viso del ragazzo di certo non aiutava: i suoi occhi semichiusi, liquidi e rilassati, i lunghi capelli bagnati che gli accarezzavano viso e spalle, la pelle umida e invitante.
Judith iniziò a strusciarsi sensualmente su di lui con il bacino, molto lentamente, avanti e indietro, mentre continuava a guardarlo negli occhi.
Blake, in risposta, le accennò un sorrisino che la fece fremere ancor di più.
Poi, improvvisamente e immotivatamente, un’immagine le comparve nella mente: il volto sofferente di padre Craig.
Ora che aveva recuperato i ricordi, ricordava anche i profondi sentimenti che padre Craig nutriva per entrambi.
Ciò la turbò inevitabilmente.
- Cosa diremo a padre Craig...?
Non era riuscita a frenare la lingua.
Si era resa conto troppo tardi che tale domanda sarebbe sembrata del tutto fuori luogo a Blake, dato che egli, presumibilmente, ancora non conosceva i sentimenti del prete.
Difatti, il ragazzo aguzzò lo sguardo, confuso, mentre lasciava ciondolare la testa di lato. – Cosa dovremmo dirgli di diverso da quello che diremo agli altri..? Oh, non dirmi che… - si bloccò lui, studiandola, cercando di carpire una qualche verità negli occhi d’ossidiana dell’amata. - … anche lui è innamorato di te, Judith? – le domandò, come se già sospettasse qualcosa di simile. - Perché Quaglia lo ha detto chiaro e tondo che fosse infatuato di te, mentre padre Craig non riuscirebbe mai a dire una cosa del genere ad alta voce.
- No – decise che negare fosse l’opzione migliore. Non gli avrebbe rivelato nulla fin quando non fosse stato padre Craig stesso a decidere di confessare anche a Blake i sentimenti che nutriva per loro. - Non intendevo questo. Intendevo che è molto legato ad entrambi e sì, sapeva di noi prima della mia amnesia, ma… sai com’è fatto, quando mutano le dinamiche tra le persone a cui tiene, viene scombussolato e si fa un sacco di problemi inutili.
- Puoi dirmelo, Judith: lui ti ha rivelato di essersi innamorato o invaghito di te? – le domandò lui, con tranquillità.
- Tu hai avuto questa impressione?
- Forse.
- Allora è una tua deduzione. Il comportamento di Quaglia è più diretto, mentre quello di padre Craig è più…
- Nebuloso – completò la frase lui al suo posto.
- Hai mai pensato che… padre Craig potrebbe provare per te, quello che tu credi provi per me? - azzardò, notando il volto del ragazzo cambiare completamente espressione.
Non era sconvolto da tale supposizione, piuttosto confuso e divertito insieme.
- Padre Craig…? Invaghito di me…?? – le domandò tirandosi lievemente su. – Quando è arrivato qui era pazzo di mia madre. Padre Craig non ha le stesse inclinazioni di Ephram.
- E tu? – gli domandò a bruciapelo lei, improvvisamente incuriosita.
- Io… cosa?
- Hai le stesse inclinazioni di Ephram?
A ciò, capendo benissimo cosa intendesse, Blake le rivolse uno sguardo a dir poco divertito. – Vuoi sapere se un ragazzo mi ha mai toccato?
- Tu sai che per me è così: sono stata con Imogene, d’altronde. Tuttavia, io non so se anche tu hai mai intrattenuto rapporti carnali con persone del tuo stesso sesso. Sono curiosa, tutto qui.
Blake rise.
- Cosa c’è da ridere?
- Nulla.
- Allora smettila di ridere. Non vuoi accontentarmi? Mi terrai sulle spine, ad immaginarti tra le braccia di un uomo?
Blake rise ancor di più, per poi tornare a rilassarsi e a guardarla negli occhi intimamente. – Ti accontento, non preoccuparti: non è mai successo.
Judith affilò lo sguardo, incerta. – Stai mentendo?
- Devo giurarlo sulla tomba di mio padre?
- Sei mai stato curioso di provare?
- Qualche anno fa, forse. Beitris me lo aveva proposto.
Nonostante avesse solo quattordici anni come me, le piaceva molto sperimentare.
D’altronde, era cresciuta in un ambiente molto libertino, sotto quel punto di vista, aveva esperienze da vendere già a quell’età. Tra i due, ero decisamente io il “novizio”.
Ad ogni modo, le era già capitato di intrattenere rapporti sessuali con più persone insieme, orge in piena regola. Non si vergognava di palesare che le piacesse e la eccitasse guardare due ragazzi, due maschi, fornicare tra loro.
Così, mi chiese di provare.
- E…? – lo incoraggiò a proseguire Judith.
- Vuoi sentire tutta la storia?
- Ovviamente.
Blake scosse la testa rassegnato e si abbandonò maggiormente con la schiena al bordo, rilassando i muscoli. – Io ero restìo all’idea. Avevo solo quattordici anni, lei è stata la mia prima volta, e non avevo intenzione di fare quello che facevo con lei con altri. Tuttavia, Beitris sapeva essere molto persuasiva. Ma soprattutto molto insistente. Alla fine cedetti, in quanto aveva fatto sorgere un pizzico di curiosità in me. Inoltre, lei continuava a ripetermi che il rapporto sessuale tra persone dello stesso sesso era una cosa comune, molto più comune di quanto pensassi, che almeno una volta nella vita ogni servo o serva del Diavolo lo avevano sperimentato. Era una tappa necessaria della crescita, sostanzialmente, per scoprire cosa davvero ti piacesse.
Un piccolo ghigno si dipinse nel bel volto della fanciulla, a tali parole. – Non aveva tutti i torti. Da come parli, sembra scontato che alla fine sia successo. Mi chiedo cosa ti abbia fatto cambiare idea.
- Lei aveva già chiamato un suo amico, un giovane servo del Diavolo come noi, per partecipare al “grande evento” – continuò il ragazzo. – Ne aveva coinvolto solo uno, per non spaventarmi, ovviamente. Mi disse che lui aveva diciotto anni, che era esperto nel sesso con gli uomini, perciò sarebbe stato molto attento, delicato, accorto, e che mi sarebbe piaciuto; mi rassicurò in ogni modo possibile a riguardo. Quando arrivò il giorno… eravamo nel bosco, in una delle zone più fitte e isolate. Nonostante il ragazzo avesse solo quattro anni più di me, quando lo vidi gelai sul posto, lo ricordo ancora: appariva più grande della sua età, mi sembrò troppo alto e troppo imponente. Mi si avvicinò e nei suoi occhi vidi una scintilla di voglia che mi paralizzò ancora di più. Beitris mi aveva già detto che lui era impaziente all’idea, e in quel momento lo notai concretamente: gli piacevo, molto.
- E a te piaceva lui?
- Era innegabilmente bello, come lo siamo tutti. Ma, in quel momento, era totalmente irrilevante. Avevo paura, mi sentivo a disagio e non volevo che mi toccasse. Odiavo l’idea che mi toccasse. Non mi ero mai sentito tanto piccolo, impotente, incomodo e a disagio come in quel momento. La prospettiva di essere toccato da lui iniziò improvvisamente a disgustarmi, e tutta la curiosità svanì di colpo.
Lo scacciai via, allontanandolo da me, prima che lui riuscisse a posarmi le mani addosso, e me ne andai, senza dire nulla.
Da quel giorno, Beitris non osò più chiedermi una cosa simile, né tantomeno provò ad imporsi a riguardo – terminò lui, continuando a guardarla negli occhi.
- Non temere, non te l’ho domandato perché ho intenzione di proporti una cosa simile – lo rassicurò Judith. – Non è ancora tra le mie recondite brame.
- “Ancora”?
Judith sorrise, tornando poi al tema principale da cui era scaturito il discorso:
- E non hai mai preso in considerazione l’idea che qualcuno possa avere delle “inclinazioni” simili, e che non possa farne a meno, neanche volendo? Non si può scegliere da chi essere attratti, né di chi innamorarsi.
- Stai parlando di nuovo di padre Craig?
La ragazza annuì, vedendolo roteare gli occhi altrove.
- Judith, te l’ho già detto: non esiste che io gli faccia quell’effetto.
- Oh, Blake… mio caro Blake, non si tratta solo di fare un certo “effetto”.
Conosci padre Craig. Egli non bada al desiderio carnale.
O, per lo meno, vi bada poco. Egli è attratto e assuefatto da ben altro… - gli disse lei, allungando una mano oltre la vasca e afferrando uno dei tanti oli profumati che Heloisa le aveva detto di aver comprato.
Lo aprì e ne versò una generosa quantità sul proprio palmo.
Inspirò e si inebriò del suo profumo: menta e salvia.
- Non hai mai pensato che la sua dedizione a te possa essere dovuta ad un sentimento più profondo di quello che credi?
- Non è così. Te lo garantisco – rispose lui, decretando la fine del discorso.
La osservò spalmarsi l’olio sui palmi, per poi avvicinarsi.
- Non ti ho ancora chiesto come sia andata a te: sembra che gli scavi alla galleria stiano procedendo bene da quando sei tu ad occuparti di tutto – sussurrò lei, iniziando a spalmargli l’olio su petto e spalle, con premura.
Ricordava quella volta in cui era stato Blake a massaggiarla, mentre le spalmava la tintura bianca per i capelli, nella vasca della cattedrale. Quel giorno aveva pensato che gli avrebbe volentieri ricambiato il favore al più presto, mentre godeva delle carezze paradisiache delle sue mani, raffinate e virili allo stesso tempo.
- Sì.. - rispose lui in un sospiro, lasciandosi cullare e chiudendo gli occhi. – Stiamo trovando un’innumerevole quantità di gemme preziose, dai molteplici utilizzi.
- Parlamene - lo incoraggiò lei, passando a massaggiargli minuziosamente il collo.
- Pietre curative, soprattutto. Ce ne sono alcune, in particolare, che non avevo mai visto.
Ci stiamo rendendo conto che la galleria è uno scrigno pregno di tesori ancora inesplorati.
Chissà cos’altro nasconde. Dobbiamo analizzarle tutte e comprenderne le funzioni, oltre che il valore.
I miei studi riguardo le collocazioni di alcune gemme, in passato, hanno dato i loro frutti.. – disse, buttando la testa all’indietro, inconsapevole della propria sensualità, mentre lei continuava ad occuparsi del suo collo con massaggi profondi e carezze.
- E ne sei felice..? – gli domandò.
- Sì – rispose lui, percependo la mano unta d’olio della ragazza aprirsi e avanzare, verso le mascelle e il mento.
Blake alzò la testa e riportò il viso dinnanzi a quello di Judith, mentre la mano aperta della fanciulla vagava ancora sulla pelle, fin quando il dito indice non sfiorò il labbro del ragazzo, premendo e facendolo schiudere al suo passaggio.
Gli osservava la bocca, famelica, e lui iniziò a fare altrettanto.
Prendendola alla sprovvista, il ragazzo alzò il viso e la coinvolse in un bacio frenetico, mentre le stringeva i fianchi.
Lei rispose immediatamente, gemendo, stringendogli possessivamente la schiena con una mano, e infilandogli l’altra tra i folti capelli bagnati.
E mentre si baciavano e giocavano con le rispettive bocche e lingue come se ne andasse della loro vita, Blake le sorrise tra le labbra. – Da domani riprenderò in mano il nostro progetto… tornerò alla fucina e farò degli esperimenti con la polvere nera.
- Non dovresti aspettare il ritorno di Quaglia per questo..? – gli domandò preoccupata, prendendogli il viso tra le mani e guardandolo negli occhi. – In due sarebbe più sicuro…
- Non so quando Quaglia tornerà – rispose lui amaramente. – Vorrei credere che tornerà presto, ma non posso esserne sicuro. Devo andare avanti da solo. Fidati di me. So quello che faccio.
Judith annuì, decidendo di fidarsi, mentre rinfilava la lingua nella sua bocca e gli avvolgeva le spalle con le braccia, portandolo ancor più vicino a sé, fin quanto le era possibile.
 
Padre Craig uscì di casa, beandosi del placido sole esterno, un cesto colmo di fiori e ortaggi stretto tra le mani.
Dopo cinque minuti di camminata, udì una voce estremamente familiare richiamarlo:
- Padre! Aspetta, padre!
Il prete si voltò e incontrò la figura di Judith, intenta a camminare velocemente per raggiungerlo.
Era incredibile pensare a quante energie avesse quella ragazza nonostante fosse quasi all’ottavo mese di gravidanza.
Padre Craig aspettò che ella lo raggiungesse e le sorrise.
- Judith. Perché mi avete seguito?
Sapeva benissimo che la ragazza si trovasse nella stessa casa in cui si trovava lui, quella mattina.
Aveva collegato i pezzi ancor prima che Heloisa lo informasse che Judith e Blake stessero facendo un bagno. Insieme.
- Padre, ho recuperato tutti i miei ricordi – lo informò a bruciapelo la ragazza, facendogli strabuzzare gli occhi e cadere a terra il cesto che aveva tra le mani.
Gli occhi dell’uomo si illucidirono e quelli di Judith anche, nell’osservare la toccante reazione del prete, il quale si fiondò su di lei, incurante delle buone maniere e di trovarsi in mezzo alla strada.
La abbracciò forte, stringendola a sé, ma facendo comunque attenzione a non spingere troppo sul pancione.
- Oh, Judith… oh, mia cara Judith… sei tornata… non posso crederci! – sussurrò, scostandosi da lei e prendendole il bel viso tra le mani.
La Judith che amava era tornata.
- Tutto merito di Imogene. Non so come abbia fatto, ma la sua magia, apparentemente, è più potente di quanto mi aspettassi.
- Ora dov’è lei?
- Ha lasciato il villaggio. Nessuno sa dove sia. Se sia ancora viva o no…
“Tale incantesimo perdura solamente fin quando tutti e tre gli stregoni che l’hanno messo in atto rimangono in vita.
Se uno di noi tre dovesse morire o dovesse perdere il suo potere… sarà come se non avessimo fatto nulla…” . Le stesse parole di Imogene tornarono alla mente di padre Craig, a tale informazione.
Chissà se l’incantesimo è compromesso anche se uno di loro lascia questa terra  pensò, sperando che Imogene fosse ancora in vita.
Allontanò l’allarmismo e tornò a concentrarsi solo su Judith.
- Ci tenevo a dirtelo – disse lei, stringendogli le mani calorosamente.
- Sia lodato il cielo! – esclamò il prete, baciandole le mani con riverenza. – Mi sei mancata molto, cara Judith. Nonostante la nuova versione di te fosse altrettanto piacevole da frequentare – le disse, facendola sorridere. – Come ti senti?
- Bene. Davvero bene, a dir la verità.
Volevo parlarti anche di qualcos’altro, padre, se permetti – lo informò, raccogliendo da terra il cestino colmo che era caduto poco prima dalle mani del prete.
- Oh, cara, non dovresti prendere pesi, lascialo a me. Di cosa volevi parlarmi?
- Meglio farlo strada facendo. Io sono diretta verso il luogo in cui hanno seppellito provvisoriamente Folker e Bridgette, a metà tra le abitazioni di entrambi. Vorrei rendere loro omaggio. Vuoi accompagnarmi?
- Che casualità… - commentò il prete. – Anche io sono diretto lì.
- Allora è perfetto. Che cos’è il cesto che hai in mano?
- Dalle mie parti, ad Armelle, si usa regalare un cesto di ortaggi e fiori a coloro che hanno perduto qualcuno di caro, per porgere le proprie condoglianze – spiegò lui. – Ne ho portato uno anche a Blake e ad Heloisa alla morte di Rolland.
- Davvero una bella usanza.
- Pensavo di pregare davanti al luogo di sepoltura dei due, per poi dirigermi verso l’abitazione di Ambrose e lasciargli questo cesto. Ambrose era molto amico di Folker, ora che hai recuperato la memoria dovresti ricordarlo.
- Sì, lo ricordo… - sussurrò lei, mestamente. – Avviamoci, padre.
Judith prese il prete sottobraccio e i due iniziarono a camminare placidamente, tra la gente.
Quando si avvicinarono alla zona delle cattedrali, vi era una “tomba aperta” ogni venti metri: gli scavi per disseppellire le cripte stavano proseguendo spediti.
- Di cosa volevi parlarmi, mia cara?
- Non voglio girarci intorno. Mi piace essere chiara e diretta con te, come lo sono sempre stata: saprai che io Blake ci siamo riavvicinati molto.
Padre Craig deglutì e abbassò lo sguardo, fingendosi spontaneamente felice.
- Sì, ho saputo questa mattina. Non posso dire di non aspettarmelo minimamente. Infondo, prima della tua amnesia eravate intimi.
- So quanto ciò ti faccia soffrire – disse lei, osservandolo dispiaciuta. – Non fingere che non ti importi. Devo ricordarti che ho riavuto la mia memoria, dunque che rimembro i sentimenti che nutri per me e per lui?
- Oh, Judith. Sei sempre troppo premurosa con me.
- Forse perché Blake non lo è abbastanza, dunque devo esserlo per entrambi.
In ogni caso, non si può chiamare “premura”, la mia. Voglio solo sapere come ti senti a riguardo. Se stai bene, se il tuo cuore soffre come penso.
- Posso essere sincero con te, mia cara? – le disse lui fermando il passo e fronteggiandola.
Oramai erano giunti a destinazione.
- Certo – lo incoraggiò la fanciulla.
- Preferirei sapervi l’una tra le braccia dell’altro, pur di non sapervi tra le braccia di qualcun altro – le confessò, sorridendole malinconicamente e sinceramente.
Judith vide tutto il dolore che vorticava tra le iridi dell’uomo, di colui che considerava il suo più caro amico, e le si strinse il cuore.
Padre Craig sfuggì alle sue mani e si avvicinò alla tomba provvisoria di Folker, il rettangolo di terra scuro, asettico, privo di epitaffi, privo di una lapide, in cui era stato seppellito il ragazzo, notando immediatamente che vi fosse già qualcun altro inginocchiato lì, in posizione di preghiera.
Padre Craig sgranò gli occhi, addolorato, osservando il corpo massiccio di Ambrose piegato su se stesso, prostrato, dinnanzi a quell’angolo di terra che conteneva e conservava il giovane cadavere del suo amico, segretamente amato. Accanto a lui vi era anche un suo amico, servo del Creatore anch’egli, che tentava di confortarlo come meglio poteva, carezzandogli le spalle curve, inginocchiato affianco a lui.
Padre Craig si avvicinò ai due, non osando rivolgere la parola alla figura piegata di Ambrose, non ancora.
Piuttosto, si rivolse al suo amico, che aveva un’aria familiare. – Come vi chiamate?
- Devon, padre.
- Potete andare, Devon. Siete un buon amico. Ora ci penso io a lui – lo rassicurò, vedendolo annuire e avviarsi per andare. Quando il ragazzo intravide anche Judith, mentre si allontanava, le rivolse un gesto di galante cortesia, porgendole un rispettoso inchino, per poi andarsene.
Padre Craig si accovacciò accanto ad Ambrose, osservando quel rettangolo di terra che non rendeva affatto giustizia alla memoria del ragazzo, per poi voltarsi a guardare il giovane servo del Creatore prostrato.
- Ambrose… - sussurrò con estrema delicatezza, posandogli una mano sulla spalla tremante.
- Prudence se ne è andata poco fa. È rimasta qui tutta la notte. Io le sto dando il cambio. Per vegliare su di lui – una voce roca si alzò dal corpo del ragazzo, ancora prostrato.
- Ambrose, sono padre Craig.
- Lo so chi siete. Se volete porgere le condoglianze a Prudence, vi ho già informato che se ne è andata poco fa.
- Sono qui per porgere le condoglianze a voi, Ambrose. Vi prego, alzatevi – lo incoraggiò, prendendogli le spalle ampie con dolcezza e facendolo alzare da quella posizione.
Il volto di Ambrose era una maschera inespressiva, vuota.
- Ecco, questo è per voi.. – gli disse il prete, appoggiandogli il cesto dinnanzi.
- Vi ringrazio – rispose atono Ambrose.
A ciò, padre Craig gli prese la mano e gliela strinse calorosamente, lasciando scivolare via una lacrima. - Vi sono vicino, Ambrose. Voglio che sappiate che, di qualsiasi cosa abbiate bisogno, io sono qui. Ci sarò sempre. Tenetelo a mente, ragazzo.
Il giovane annuì, non dicendo nulla.
Fu in quel momento che intervenne Judith.
La ragazza sorpassò padre Craig e si inginocchiò di fronte al ragazzo.
Senza dire nulla, gli circondò il collo con le braccia e lo abbracciò.
Ambrose spalancò gli occhi, come risvegliatosi, a tale contatto intimo inaspettato.
Anche padre Craig sgranò gli occhi.
Non era consuetudine, a Bliaint, coinvolgere in simili contatti fisici un estraneo, soprattutto se si trattava di un membro di un culto differente, tantomeno se ciò avveniva tra uomo e donna.
Ambrose era pietrificato tra le braccia di Judith. Ella gli accarezzò la schiena e trattenne a stento le lacrime, mentre gli sussurrava: - Mi dispiace tanto. Mi dispiace davvero tanto… non avrei dovuto proporre la soluzione dei riti di purificazione. Avrei dovuto prendermi cura di lui. Avrei dovuto ricordarmi di lui… e proteggerlo. Che il Signore lo protegga e lo liberi di tutti i fardelli che ha dovuto portare in vita.
A tali parole e dinnanzi a tanto calore e affetto, Ambrose ricambiò l’abbraccio della fanciulla, circondandole la schiena a sua volta e affondando il viso nella sua spalla, come un bambino avrebbe fatto con sua madre.
Il ragazzo si lasciò andare ad un pianto sentito e liberatorio, mentre la fanciulla lo cullava.
Si permise di piangere accorato, di bagnarle l’abito pregiato di lacrime, di lasciarsi avvolgere dal profumo e dalla morbidezza della giovane donna, sentendosi tra le rasserenanti braccia di un angelo, per un attimo.
Quando si fu ripreso, ebbe il coraggio di farle sentire la sua voce a sua volta. – Signorina Judith, non è buon abito farvi vedere intenta ad abbracciare un servo del Creatore come me.
- Non importa – rispose lei, allontanandosi lievemente dal giovane e accarezzandogli una guancia maternamente.
Nonostante avessero solamente tre anni di differenza, Judith sembrava davvero una madre premurosa al momento, pensò padre Craig mentre la osservava.
Se solo si fosse data una possibilità, sarebbe stata una madre meravigliosa per i suoi gemelli, ne era più che certo.
Judith gli prese le mani e lo fece alzare. – Venite con me, Ambrose. Andiamo a parlare in un posto tranquillo. A quest’ora alla Taverna non dovrebbe esservi troppo afflusso – lo incoraggiò, per poi rivolgersi a padre Craig. – Ovviamente verrai con noi, padre.
I tre si diressero alla Taverna, e, una volta entrati, presero posto.
Come immaginavano, non vi era particolare affluenza, in quanto era quasi mezzodì.
- Non vengo in questo posto da quando… - cominciò Ambrose, con lo sguardo basso e la voce incolore. - Avevamo una congrega. Ci riunivamo qui, nei sotterranei, a prenderci a botte fino allo svenimento, per puro sfogo – confessò, violando il sacro codice della congrega.
Judith e padre Craig non commentarono nulla a riguardo, preferendo lasciarlo sfogare.
- Bridgette era una delle locandiere che ci permetteva di restare qui sotto, a fare quello che volevamo - continuò il ragazzo. – Forse, chi lo sa, già durante quegli incontri è sbocciata la loro attrazione, l’uno per l’altra. Avrei dovuto accorgermene che c’era qualcosa tra loro. Non che mi importi nulla di Bridgette, ma, forse, se me ne fossi accorto e li avessi allontanati, in un moto di gelosia, ora uno dei due sarebbe ancora vivo. Ma non sarebbe lui, molto probabilmente.
Lui si è tolto la vita per ben altro.
- Ora non è necessario rivangare su tutto ciò – lo interruppe padre Craig, addolorato.
Non riuscì ad impedire al senso di colpa di farsi avanti, di nuovo: lui aveva scoperto cosa architettavano Myriam e padre Cliamon. Lo sapeva, eppure era rimasto in silenzio, sotto minaccia.
Aveva permesso che quel contorto abuso di cui era vittima il ragazzo andasse avanti, consumandolo.
La morte di Folker era anche colpa sua.
- Ero innamorato di lui – confessò Ambrose, incurante di averlo detto ad alta voce, in un luogo, seppur non affollato, pur sempre frequentato. - Se vorrete denunciarmi ai monaci per questo, fate pure. Sento di non provare più alcun desiderio per la vita.
- Non dite così – si impose Judith. – E parlate a bassa voce.
- Non mi importa. Che mi sentano. Lo urlerei al mondo, quanto lo amavo.
Penso a lui mattina e sera, sempre. La mia prima preoccupazione la mattina, è di andare a casa sua, di pregare in camera sua, per poi spostarmi in quell’indecente pezzo di terra in cui lo hanno seppellito, per pregare lì, e almeno sperare, illudermi, di essergli un po’ più vicino – disse, guardandoli negli occhi, prima una, poi l’altro. – Non è sano vivere come vivo io. Lo capite? Sento che, se qualcuno mi impedisse di andare da lui, dove è seppellito il suo corpo, smetterei di respirare, soffocherei.
- Oh, Ambrose… ammetto che non immaginavo che la vostra adorazione per lui arrivasse a tal punto - confessò Judith, angosciata.
- Neanche io stesso lo immaginavo.
L’ho realizzato appieno solo quando è morto.
Tuttavia, sapevo di amarlo e di volerlo anche quando era vivo. Era lui a non volermi.
- Gli avete confessato i vostri sentimenti? – gli domandò padre Craig.
- In un certo senso sì.
Proprio per questo credo di avere anche io un ruolo nella sua morte: qualche giorno prima del suo suicidio, lui mi ha concesso di fargli… tutto quello che desideravo fare, con lui. Si è donato a me. Per ringraziarmi, o per … non lo so. Lo ha fatto come atto di altruismo e di amicizia, non certo perché lo desiderasse davvero, o tantomeno ricambiasse i miei sentimenti.
Solo ora mi rendo conto che … è come se io lo avessi costretto a farlo. Contro il suo volere.
Ha dovuto fare qualcosa contro il suo volere, per l’ennesima volta, anche con me. Lo capite? Io ero il suo unico porto sicuro, io e Bridgette lo eravamo.
Ma Bridgette si è sposata, e io l’ho implicitamente costretto a sottomettersi a me, contro il suo volere.
È rimasto solo. Si è sentito solo al mondo.
- Ambrose, non potete saperlo. Non potete sapere che non lo desiderasse anche lui, non potete escludere che stesse resistendo ai sentimenti che provava per voi, a sua volta.
- Lo so e basta, padre.
- Ambrose, posso solo immaginare quanto sia dolorosa la sofferenza che state provando – gli disse Judith. – Ma non dovete gettare via la vostra vita per una perdita. Folker è stato il vostro primo amore. Con lui avete avuto modo di scoprire la vostra sessualità, di capire tante cose di voi. Probabilmente, nessuno sarà in grado di sostituirlo. O forse sì, non sappiamo cosa accadrà tra dieci o vent’anni. Ma ora, il vostro cuore è con lui. Tuttavia, non potete e non dovete buttare la vostra vita, considerarla cosa da nulla. Non potete continuare a vivere nel lutto, nel passato, nel dolore. Folker vorrebbe che voi foste felice. Teneva a voi come amico, su questo avete la totale certezza. Per lui non era affatto facile avere degli amici, specie se servi del Creatore. Teneva a voi, tanto da essersi concesso di sua volontà a voi. Per questo vorrebbe che andaste avanti – le parole di Judith attirarono l’attenzione di entrambi.
- Vi ringrazio – le rispose Ambrose.
- A mio parere, dovete continuare ad esplorare la vostra sessualità.
Avete bisogno di distogliere la mente da Folker, almeno per un po’.
Avete bisogno di pensare ad altro.
Potete ignorare le mie parole e uscire di qui, nessuno ve lo impedisce.
Tuttavia, se ve ne andrete, continuerete a vivere la vostra quotidianità nella disperazione e nel dolore, e questo non servirà a riportarlo indietro, ahimè.
Potete onorare la sua morte anche andando avanti con la vostra vita, sapete?
- Cosa intendete propormi esattamente…? – le domandò il ragazzo, spaesato.
- Vi sto suggerendo di liberare la mente e di esplorare il vostro corpo con qualcuno di diverso da Folker – rispose la ragazza, diretta.
- Judith, cosa…? – padre Craig era esterrefatto e incapace di parlare.
- Avete scoperto cosa vi attrae, cosa vi piace.
Perché non fate un tentativo…? – propose ella, vedendolo strabuzzare gli occhi, sconvolto.
- Cosa vi aspettate…?! Che sostituisca Folker con un altro giovane servo del Diavolo?!
- Vi ho già detto che non sto parlando di sostituire nessuno.
E poi, non vi spingerei nuovamente tra le braccia del peccato: io sono la prima a non approvare la legge che impedisce a uomini e donne di culti differenti di avere relazioni sentimentali e sessuali, tuttavia, non vi suggerirei mai di fare per la seconda volta qualcosa che vi farebbe rischiare il rogo seduta stante – spiegò, per poi volgere lo sguardo verso l’entrata della Taverna. – Ho notato il modo in cui il vostro amico vi confortava, poco fa, alla tomba provvisoria di Folker. Ahimè, per voi servi del Creatore è ancora un argomento ostico e proibito, quello che concerne i rapporti sessuali tra persone dello stesso sesso. Basta pensare al fatto che io, una serva del Diavolo, ho intrattenuto una relazione sentimentale e sessuale con un’altra serva del Diavolo, alla luce del sole, alla cattedrale, sotto gli occhi dei monaci. Se fossi stata una serva del Creatore… di certo non avrei potuto farlo. I monaci del Creatore e i fedeli servi del Creatore in generale, non vedono di buon occhio questa tendenza, a mio parere naturale e per nulla perversa. Proprio per tali motivi, sono certa vi siano molti ragazzi e molte ragazze, servi e serve del Creatore, che vorrebbero sperimentare quel lato di loro ma non possono, poiché spaventati dall’idea di peccare, di mancare di rispetto al Creatore, o terrorizzati di essere scoperti. Ditemi, il vostro amico vi è stato molto vicino dalla morte di Folker?
- Sì… - ammise Ambrose, riflettendovi. – Quasi ogni giorno.
- Ha colto l’occasione di questa tragedia per riavvicinarsi a voi.
Ho notato il modo in cui vi guardava. Si tratta di istinto, certo, non posso esserne del tutto certa, ma credo che il vostro amico, se solo ne avesse la possibilità, esplorerebbe questo lato della sua sessualità con voi, Ambrose.
- Cosa…? Devon?? No, impossibile. Abbiamo sempre scherzato sulle ragazze, quando eravamo molto amici, mesi fa. Non può essere.
- E se così fosse? Se questa fosse un’opportunità per fare ciò che vi ho suggerito, e provare a distaccare la mente, solo per un giorno, dal vostro eterno amore?
- Judith, non credo che una possibilità simile possa aiutarlo – si intromise con veemenza padre Craig.
- Perché lo credi, padre? – gli domandò Judith, voltandosi verso di lui. – Perché credi che provare ad andare avanti, per superare un amore che mai si potrà ottenere, un amore che ci divora da dentro, sia errato? – gli domandò, pungente, facendolo ammutolire.
Padre Craig colse il significato nascosto dietro quelle parole e dietro la stessa proposta che Judith aveva fatto ad Ambrose.
Quel discorso non era solo per il ragazzo. Era anche per lui.
Solo la prudenza di Judith, il non voler coinvolgere anche Ambrose nelle controverse questioni di cuore di padre Craig, le impedì di parlargli chiaro e tondo e di incoraggiarlo a fare la stessa cosa.
Non puoi averci.
Che senso ha continuare a struggersi per noi, padre…?
- Se anche aveste ragione… io non potrei mai pensare a me e a Devon insieme.
Mi sono sempre visto con Folker, ho sempre guardato solo lui.
- Non si tratta di andare a nozze, Ambrose, ve l’ho già spiegato. La vicinanza mentale in questo caso non è rilevante.
- Se la vicinanza mentale non è rilevante e si tratta solo e solamente di liberare la mente per un’ora, allora potrebbe trattarsi di qualsiasi persona, anche di uno sconosciuto.
Basterebbe trovare un qualsiasi servo del Diavolo che acconsenta a sottoporsi a questa tortura con me, ed è fatta.
- Volete proprio finire sul rogo, non è vero?
Cosa vi ripugna dell’idea di farlo con un amico, con qualcuno a cui dareste un po’ di fiducia, piuttosto che con un totale estraneo?
- Il fatto che Devon non è degno di fiducia – rispose duramente il giovane servo del Creatore. – Lui e altri ragazzi che un tempo erano miei amici, hanno perseguitato Folker fino a sfinirlo, credendo che fosse una strige. Ho dovuto salvarlo da loro diverse volte.
- Allora perché gli avete permesso di starvi vicino e di confortarvi dopo la morte di Folker?
- Perché è bello avere una spalla su cui piangere, una spalla amica… - ammise. – Inoltre, si è scusato con me mille volte, dopo che Folker è morto. Ha detto di essersi pentito e di temere che lui si sia tolto la vita anche a causa delle persecuzioni che lui e gli altri gli facevano patire. 
- E voi lo avete perdonato?
- No.
- Però gli date abbastanza fiducia da permettergli di confortarvi in un momento così difficile per voi.
- Dove volete arrivare…?
- Vi informo che Devon è qui, Ambrose.
- Che cosa?? – domandò il ragazzo stupito.
- Credo ci abbia seguiti.
È entrato nella Taverna qualche minuto dopo di noi e si è fermato all’entrata, a conversare con alcuni amici che ha incrociato qui, suppongo – lo informò Judith, posando un altro sguardo casuale verso l’entrata della Taverna. – Sì, è ancora lì. Suppongo che le mie intuizioni sul suo presunto interesse per voi siano fondate. Ve lo ripeto, Ambrose: non state sostituendo nessuno. Esplorare il vostro corpo non significa promettere amore eterno. Probabilmente Devon è spaventato quanto voi, da questo strano desiderio o interesse che sente crescere dentro e a cui non riesce a dare un nome – la voce della ragazza era vellutata, priva di giudizio, priva di qualsivoglia sentimento negativo.
Ambrose la guardò negli occhi, desiderando, desiderando ardentemente riuscire a provare attrazione per le donne.
Se così fosse stato, sarebbe sicuramente stato fisicamente attratto da una fanciulla bellissima, intelligente e amorevole come Judith. Chiunque ne sarebbe stato attratto.
Lui, invece, no, non lo era.
Da ciò comprese che non vi era alcuna speranza per lui.
Era condannato a vivere nella solitudine e nell’infelicità per sempre.
Tanto meglio, dato che l’amore della sua vita gli era stato brutalmente negato.
Eppure, vi era fondatezza nelle parole di Judith.
Provare ad esplorare il proprio corpo per un solo pomeriggio, non avrebbe ucciso nessuno.
Gli sarebbe solo servito per sfuggire per un po’ a quell’intenso dolore che gli attanagliava il petto e gli toglieva il respiro.
Se non fosse riuscito a farlo… nessuno gli avrebbe impedito di portare a termine l’atto pensando di avere Folker tra le braccia, invece che quella bestiaccia di Devon.
E poi, se avesse avuto la certezza che anche Devon fosse come lui, avrebbe potuto condividere il fardello della devianza con qualcuno.
Senza dire nulla, Ambrose si alzò in piedi. Guardò un’ultima volta lo sguardo incoraggiante di Judith e quello sconvolto di padre Craig, e si allontanò da loro, dirigendosi verso l’entrata della Taverna, dove si trovava Devon.
- Avevi organizzato tutto già prima di uscire di casa? – le domandò padre Craig, non sapendo più se essere curioso, meravigliato o allibito.
Non sapeva più cosa pensare.
- È giusto che lui si renda conto che non è sbagliato quello che è
Non esistono gusti sbagliati.
Deve accorgersi di avere ancora un futuro davanti a sé – rispose lei. – Non potevo sapere che il suo amico provasse qualcosa per lui finché non l’ho veduto poco fa, accanto a lui.
- Sei incredibile.
Ora, dunque, vuoi suggerire anche a me di buttarmi tra le braccia di una donna o di un uomo, trovati qui dentro?
- Ti sei già buttato tra le braccia di una donna per puro sfogo, o sbaglio, padre?
Tale constatazione fece sbiancare padre Craig. Fissò Judith, pietrificato. – Come… come fai a …?
- A saperlo? Sono una donna, ciò mi rende molto più intuitiva di te.
Osservo e leggo i segnali. Persino la tua postura è cambiata da quando hai perso la verginità.
Avanti, dimmi chi è – disse con tranquillità la fanciulla, sorseggiando il suo idromele.
Non aveva senso mentire a riguardo.
Dato che oramai erano arrivati a tal punto, tanto valeva vuotare il sacco.
- Beitris – confessò, riuscendo finalmente a stupirla.
- Davvero…? E come…? Sei andato a trovarla nelle segrete..??
Padre Craig annuì, annegando la vergogna nei sorsi della sua bevanda.
- Devo ammettere che sono sorpresa: ero convinta che fosse Heloisa.
- No, è stato Quaglia a usufruire del corpo e delle voglie di Heloisa per dimenticarsi di te. Io ero solamente attratto corporalmente da lei, nei primi tempi della mia permanenza, ma null’altro.
- Eppure, sia Beitris che Heloisa sono entrambe direttamente collegate a Blake. Beitris, addirittura, gli ha preso la verginità. Hai il coraggio di dirmi che sia un caso?
- Basta così – la placò lui, non volendo ascoltare una parola in più riguardo il suo imperdonabile peccato.
- Quello che volevo dire, è che sei già stato con una donna, hai perso la verginità con lei, hai già esplorato quel lato della tua sessualità.
Tuttavia, al contrario di Ambrose, sembra che i tuoi gusti siano molto più variegati, padre: hai giaciuto con una donna, ma non hai mai giaciuto con un uomo; eppure, ami carnalmente sia me, che Blake, quindi deve necessariamente attrarti anche il corpo maschile. Erro?
- Credi davvero che siano meramente i vostri corpi a tenermi sveglio la notte, che mi spingerebbero a fare patti col Demonio pur di vedervi ricambiare i miei sentimenti…?
Sono le vostre anime ad imbrigliarmi e a farmi battere il cuore all’impazzata.
- Indubbiamente; ma se fossero state solamente le nostre anime, stai pur certo che a legarti a Blake vi sarebbe solamente un bellissimo rapporto fraterno e null’altro, e nei miei confronti proveresti solo un potente sentimento di amicizia.
- Qual è il tuo desiderio, Judith? Rivelamelo, in modo che io sappia cosa vuoi dirmi.
- Voglio solo che tu stia bene e non soffra nel vederci insieme, padre.
- Questo non potrà mai accadere.
- Ma io voglio che accada. Sei un prete, ma evidentemente non sei nato per esserlo, ed è il momento che accetti questa verità.
Hai bisogno di trovare l’amore, la tua anima ne ha un bisogno immenso.
Anche nel tuo caso, io e lui siamo i tuoi primi amori. Ma non è detto che dobbiamo essere anche gli ultimi.
Sei giovane e non possiedi un aspetto sgradevole, tutt’altro.
Puoi facilmente trovare una persona con cui costruirti una vita.
E se non vuoi farlo, perché ti rifiuti di aprirti a qualcuno… almeno cerca di scoprirti e di sfogarti carnalmente, come ha deciso di fare Ambrose.
- Immagino tu mi stia suggerendo di giacere con un uomo, per la prima volta, per scoprire anche quel lato di me, il lato che brama Blake.
- Come ho già detto: sei già stato con una donna. Ora è il momento di provare anche qualcos’altro, che potrebbe piacerti e donarti eguale soddisfazione, se non maggiore, chi lo sa.
- Posso farti una domanda, Judith?
- Ovviamente.
- Tu temi che io possa fare qualcosa per dividere te e Blake? Per questo mi stai spingendo a fare ciò?
- Mi ritieni davvero così malfidata, padre?
Cosa non ti convince, quando ti dico che tengo a te immensamente e che non vorrei altro che saperti felice, in grado di sceglierti un compagno o una compagna alla luce del sole, senza soffrirne?
Il tuo cuore è troppo puro per pensare anche solo di fare una cosa simile.
- “Puro”? Stai chiamando puro il cuore di un “uomo di dio” che ha infranto il suo voto di castità giacendo ripetutamente con una strega rivoltosa, dentro una cella.
- Per quale motivo voi tutti reputate ogni gesto o argomento che concerne la dimensione sessuale come perverso, deprecabile, lurido o depravato??
Il sesso è un atto naturale, come lo è mangiare, bere o dormire.
Cosa ha fatto per meritarsi di essere considerato in modo tanto sacrilego?
- Hai mai pensato al fatto… - azzardò il prete, in un momento di spavalderia che sapeva sarebbe durato meno di un istante. - … che, se tu ti concedessi a me solo una volta… io potrei mettermi l’anima in pace e proseguire la mia vita serenamente?
- E in che modo ciò dovrebbe permetterti di andare avanti con la tua vita?
A mio parere, prolungherebbe solamente la tua pena, rendendola insopportabile – replicò lei, senza scandalizzarsi minimamente.
- Ma se avessi la certezza che ciò mi permetterebbe di stare bene e di dimenticarmi di te e lui… lo faresti? – la mise alla prova il giovane prete, osservando ardentemente gli occhi della ragazza.
- No. Se è un complimento quello che vuoi sentirti dire, ti accontento: l’affetto e il rispetto che nutro per te mi renderebbero molto facile giacere con te.
Ma non ricambio i tuoi sentimenti.
Sono innamorata di lui. Esattamente come te, aggiungerei.
E anche se non ne hai fatto menzione, sento di dover aggiungere anche questo: sono certa che, fin quando non giacerai anche con lui, la tua anima non avrà pace.
- Cosa vuoi dire con questo?
Judith affilò lo sguardo, incatenandolo ai suoi occhi.
- Sono certa che non ami entrambi allo stesso modo.
Il tuo amore ha le stesse necessità di un corpo umano: soffre la fame e soffre la sete.
La fame, lo sappiamo tutti, è facilmente raggirabile: come i prolungati digiuni religiosi ci dimostrano, basta concentrarsi su altro, ignorando i morsi allo stomaco, e la si sconfigge con l’abitudine. Il nostro corpo non ha bisogno di mangiare per vivere. Forse per vivere bene e pienamente sì, ma possiamo sopravvivere anche senza, per un lunghissimo periodo di tempo.
Con la sete, invece, è del tutto diverso.
Il nostro corpo è composto per la maggior parte d’acqua, per questo ne abbiamo un disperato, inesauribile, intossicante bisogno.
Già dopo il primo giorno senz’acqua, il nostro corpo risente visibilmente della totale assenza di idratazione.
Dopo il terzo giorno senz’acqua, siamo morti.
Il nostro corpo non sopravvive in assenza di acqua, ma sopravvive in assenza di cibo.
- Dove vuoi arrivare, Judith? – le domandò, confuso, impaurito dalla piega che stava prendendo il discorso.
- Rispondimi sinceramente, padre:
Se Blake non ricambiasse i tuoi sentimenti, mentre io sì, se io li ricambiassi e mi concedessi a te, con la promessa di stare insieme per sempre, tu saresti pienamente soddisfatto…?
Saresti appagato e soddisfatto nel trascorrere una vita intera con me, senza di lui?
Padre Craig ammutolì e boccheggiò.
Le aveva promesso che le avrebbe risposto sinceramente.
Ma la verità in risposta a quella domanda non gli piaceva.
- Judith, io ti amo, non immagini neanche…
- Rispondimi padre – lo interruppe lei. -… saresti soddisfatto con me, e senza di lui?
- No, non completamente.
Judith sorrise, soddisfatta di aver avuto ragione.
- E invece dimmi: se fosse l’opposto, ossia se fosse Blake a ricambiare i tuoi sentimenti, se lui si concedesse a te, anima e corpo, per sempre… saresti felice e completo? Ti sentiresti pienamente soddisfatto e realizzato con lui, ma senza di me?
Padre Craig vi rifletté su, ma non vi era neanche il bisogno di rifletterci troppo.
La risposta era chiara dinnanzi a sé.
- Sì. Lo sarei.
Di nuovo, Judith sorrise, senza ombra di delusione nel bel viso:
- Avevo ragione, dunque: il tuo cuore è come un corpo umano.
Soffre la sete e soffre la fame.
Blake è la sete.
Io sono la fame.
Di uno non puoi e non potrai mai fare a meno, mentre dell’altra sì.
- Judith…
- Non c’è bisogno di aggiungere altro, padre.
Ti sto chiedendo di guardare oltre, per una volta, e di non pensare né alla sete, né alla fame: pensa solo … al tuo appetito.
Ora è il momento di soddisfare l’appetito. Un appetito che potresti esplorare in molti modi, ma che hai sempre avuto paura e timore di approfondire.
Nessuno ti condannerà per questo. Il tuo corpo ne gioverà solamente.
Padre Craig, ancora sconvolto dal discorso appena fatto, deglutì altri sorsi di idromele, percependo la testa rimbombargli. – Io… quando ho giaciuto con Beitris… riuscivo a toccarla e a farla mia solo se pensavo a voi due, a te e a lui.
- Puoi fare la stessa cosa anche ora, se deciderai di giacere con un uomo. Tuttavia, ti suggerisco di provare a concentrarti sulla persona che hai davanti. Solo un tentativo.
Non seppe cosa lo convinse ad acconsentire alla richiesta di Judith.
Forse perché, quel giorno, le parole di Judith avevano uno strano potere incantatore per tutti.
Oppure avevano sempre quel potere. Come una falena che conduce tutti verso la fiamma.
Poi un’altra paura lo sopraffece: e se qualcuno si fosse accorto di quello che stava per fare?
Certo, oramai non indossava più la tunica monacale da un po’, dunque non era neanche identificabile come prete da uno sconosciuto, tuttavia… il terrore dei giudizi lo tormentava.
E se fosse stato proprio Blake a scoprirlo??
Judith era consapevole della cosa, anzi, era stata proprio lei a guidarlo verso quella strada, ma Blake? Cosa avrebbe pensato Blake di lui, se avesse scoperto che aveva intrattenuto un rapporto carnale con un uomo?
Poi si riscosse, riflettendo sul fatto che non sarebbe stato possibile per lui venirlo a sapere: quel giorno Blake era andato a casa della piccola Gwen, per riprendere Ioan, il quale aveva passato la notte dalla sua amica. Avrebbe trascorso il pomeriggio con Ioan, dunque si sarebbe tenuto ben a distanza da luoghi come la Taverna. Inoltre, chi altro avrebbe potuto vederlo e spargere la voce, se avesse fatto tutto in totale segretezza e accortezza?
Eppure, sopraggiunse un altro problema: sarebbe stato meglio rischiare di più pur di abbandonarsi ai piaceri degli occhi, dunque optare per un servo del Diavolo? Oppure impegnarsi nel trovare un servo del Creatore a proprio agio con la propria devianza, ma rinunciando alla libido carnale di giacere con un bel corpo?
Judith, sin troppo intuitiva, venne in suo soccorso: - So a cosa stai pensando: seppur tu sia un servitore del Creatore, non sei originario di Bliaint come Ambrose; dunque, a mio parere, non sei costretto a farlo necessariamente con un servo del Creatore. Sei pur sempre uno straniero. Ciò vuol dire che le leggi di Bliaint non valgono per te. Di conseguenza, non rischieresti il rogo se giacessi con un servo del Diavolo.
- Ne sei certa?
- Sono la pupilla dei monaci, padre. Ho per caso la faccia di una donna che farebbe un’affermazione simile senza esserne certa?
- Io non sono in grado di sedurre, Judith. Non è affar per me, la seduzione… con Beitris non vi è stato bisogno, in quanto lei sembrava già sapere cosa volessi, e si è prestata a ciò, un po’ per pietà, un po’ per sfogo a sua volta, essendo imprigionata e impossibilitata a vedere chiunque.
- Lascia fare a me – lo rassicurò lei, per poi alzarsi in piedi. - Preferenze? – gli domandò casualmente, prima di allontanarsi.
- Che cosa…?
- Preferenze fisiche? – lo stuzzicò lei, vedendolo imbarazzarsi.
- No! Non mi importa.
- Bene. Ci penso io.
Padre Craig la vide avvicinarsi ad alcune locandiere e iniziare a conversare con loro.
Dopo alcuni minuti, che padre Craig trascorse a fissarla assiduamente parlare con quelle donne, temendo che qualcuno lo avrebbe scambiato per un maniaco, Judith sparì nel retro Taverna.
Il giovane prete la attese per una quantità di tempo che gli parve infinita, iniziando a farsi prendere dall’agitazione e dal pentimento per aver deciso di acconsentire.
Cominciò a chiedersi come fosse possibile trovare un ragazzo disposto a fare una cosa simile così, all’improvviso, senza neppure conoscerlo.
Venne invaso dai dubbi, fin quando non vide Judith ricomparire e riaccomodarsi accanto a lui come se niente fosse.
- Allora? – le domandò, avendo già paura della sua risposta.
- Come sai, questo villaggio è colmo di orfani, tanti maschi, quante femmine, in particolare servi e serve del Diavolo: la maggior parte sono figli di coloro bruciati al rogo o imprigionati, altri sono bastardi non riconosciuti.
Molti di loro riescono a costruirsi una vita grossomodo dignitosa, difatti Rolland ne aveva assunti diversi in passato, facendone degli scavatori della galleria. Tuttavia, molti altri cercano di sopravvivere come possono, senza una casa né una famiglia, raccattando ciò che riescono.
Alcuni di loro si sono uniti alla compagnia di stregoni eremiti, altri sono aiutati e sostenuti dalle locandiere: queste danno loro un pasto caldo, viveri e un tetto su cui dormire, ospitandoli saltuariamente nei sotterranei della Taverna.
Talvolta, in cambio di una coperta in più, di acqua calda o una razione di cibo doppia, le locandiere chiedono loro anche… alcuni piccoli favori. Nulla di arduo, poi sta a loro decidere se farlo oppure no.
- Favori di che tipo..?
- Dare qualche lezione a qualche cliente invadente o maleducato, spillare qualche soldo in più a qualche avventore dalla lingua lunga, intrattenersi con qualcuno di loro… per rubare informazioni o oggetti di valore.
- Un piccolo giro criminale sotterraneo, sostanzialmente, perfetto.
- Non fare il moralista ora, padre. Non fanno nulla di estremo o scandaloso, di certo possiamo chiudere un occhio difronte a qualche furto di poco conto; ad ogni modo tali giri si formerebbero in qualsiasi caso, anche se puniti, in quanto il villaggio è pieno di orfani che farebbero letteralmente di tutto pur di avere un letto caldo in cui dormire. Ho tentato più volte di porre rimedio al problema degli orfani in questo villaggio, ma senza il supporto e il sostegno materiale dei monaci è impossibile per me fare qualsiasi cosa per intervenire concretamente. Quei ragazzi e quelle ragazze sono visti come scarti del villaggio dai “messaggeri di dio”.
- Eppure, tu sei un’orfana, e loro ti hanno preso sotto la propria ala.
- Già. Che fortuna, non è vero?
Ad ogni modo, nonostante si prestino a tali favori, anche sessuali, per ottenere qualcosa in cambio, a loro non piace essere definiti “puttane”. Non offrono all’aria aperta i loro servizi come faceva Imogene, è una cosa del tutto diversa. Come te ne sarai accorto, non vengono viste bene le prostitute qui a Bliaint. In questo caso, ho chiesto ad una locandiera che conosco se potesse chiedere ad uno degli orfani che ospita di farci questo “favore”.
Non mi ha garantito che qualcuno di loro avrebbe accettato, ma ha detto che ci avrebbe provato. Ho garantito per te, rassicurandola sul fatto che sei un giovane uomo buono, non violento, discreto e accorto. Con queste premesse, diversi di loro sarebbero disposti ad intrattenerti per una notte, in cambio di cibo a volontà e acqua calda per una settimana.
Difatti, uno di loro ha acconsentito, e si trova già qui: ti aspetta di sotto, nell’area sotterranea.
Mi ha garantito che terrà la bocca chiusa, nel massimo della discrezione.
- Posso sapere qualcosa in più su di lui..? Non riesco ad andare là sotto, a raggiungere qualcuno che non conosco minimamente, a puro scopo sessuale… non ce la faccio.
- Si chiama Hayden. Ha vent’anni, sua madre è morta di parto e suo padre è stato schiacciato dalle macerie della galleria quando aveva cinque anni. Talvolta consegna anche lettere e pacchi. A detta della locandiera, si intrattiene sia con uomini che con donne, in base a come gli va.
- Judith, io non so se voglio ancora farlo…
- La decisione spetta a te, padre.
In ogni caso, il ragazzo ti sta aspettando.
Quell’ultima frase e lo sguardo penetrante di Judith lo spinsero a prendere coraggio e ad alzarsi dalla sedia.
Si diresse verso la botola che lo avrebbe condotto nell’area sotterranea, senza guardarsi indietro.
Scorgendolo e capendo fosse lui, una locandiera lo accompagnò e gli fece strada.
Giunto nel sotterraneo, padre Craig notò vi fossero diverse candele accese ad illuminare l’ambiente.
- Mi hanno detto che siete uno straniero – una voce chiara, giovane e maschile, gli giunse alle spalle, facendolo sussultare.
Si voltò verso di lui e lo vide a pochi passi da sé. Era un ragazzo dai capelli ricci, biondi cenere, gli occhi scuri, dal taglio affilato, e la pelle chiara. Come il prete immaginava, era un giovane bellissimo.
Sembrava un po’ trasandato, ma il suo corpo non puzzava, anzi, profumava di pulito.
Non era neanche eccessivamente alto: superava padre Craig solo di qualche centimetro.
Il ragazzo lo scrutò, girandogli intorno. – Che ci fa uno straniero qui?
Non sapeva se il fatto che molte caratteristiche fisiche di quel giovane fossero l’opposto di Blake, fosse una cosa positiva o negativa al momento.
Aveva la testa in subbuglio e stava sudando freddo.
Ma il ragazzo gli aveva fatto una domanda, e presto o tardi si sarebbe accorto di trovarsi davanti ad un pulcino impaurito.
- Vi chiamate Hayden, giusto? – gli domandò, cercando di non balbettare.
Lui si fermò e annuì. – E voi?
- Craig.
- Ho accettato solo perché ero curioso. Non sono mai stato con uno straniero. Non aspettatevi che dopo oggi ci saranno altre volte.
Padre Craig tremò per il disagio.
- Voglio chiarire una cosa: non sono una puttana – aggiunse il giovane.
- Lo so.
- Non faccio questo ogni giorno, per guadagnarmi da vivere.
- Non l’ho mai pensato – si affrettò a rispondergli.
- E voi?
- Io cosa?
- Per quale motivo volete fare questo con uno sconosciuto? – gli domandò il ragazzo, incuriosito.
- Sto cercando di indagare la mia sessualità.
- Avete scoperto solo recentemente di essere attratto dagli uomini? – gli domandò annoiato, ponendo le braccia conserte.
- In realtà… me ne sono accorto da un po’.
La verità è che mi sono innamorato di una persona. Tale persona è un ragazzo. È stato lui che mi ha fatto sorgere delle domande sulle mie… preferenze.
Questa è la mia prima volta.
A tale confessione, il ragazzo strabuzzò gli occhi scuri, illuminati vagamente dalla luce delle decine di candele accese.
- Non mi era stato detto… E il ragazzo per cui stravedete?
- Lui… non sa nulla. È ignaro di tutto questo, ed è già impegnato.
- Mi dispiace – disse Hayden, non fingendo neanche di essere interessato alla cosa.
- Non fa niente.
- Allora, da cosa volete cominciare?
Siete voi l’ospite “alla ricerca della sua sessualità”. Scegliete voi – disse il ragazzo, allargando le braccia.
Padre Craig, paralizzato, non seppe cosa fare.
- Preferisco facciate voi. Avete carta bianca – gli disse.
- D’accordo, allora, innanzitutto constatiamo se è solo il vostro amato ragazzo inconsapevole ad essere in grado di farvelo diventare duro.
Nessuno gli aveva mai parlato in modo tanto sfacciato e rozzo. Ciò lo imbarazzò e al contempo, ad una piccola parte di lui piacque.
Hayden iniziò a slacciarsi i bottoni della camicia trasandata che indossava, con lentezza e sensualità.
Quando ebbe finito, lasciò ricadere l’indumento giù dalle braccia, scoprendo le spalle e tutto il torso.
Il torace, l’addome, tutto di lui era ben proporzionato, snello, appetibile. La pelle lattea, priva di imperfezioni, che delineava deliziosamente ogni curva e forma di lui, era quanto mai stuzzicante.
Quando la camicia cadde a terra, padre Craig si concesse di osservarlo più di quanto avesse mai osato con altri, ma il suo contegno era ancora stabile.
Ma quando il ragazzo infilò la propria mano dentro i pantaloni morbidi che gli sfioravano i fianchi e le anche, iniziando a toccarsi, il tutto guardandolo dritto negli occhi, i lombi di padre Craig si infiammarono.
Hayden se ne accorse e, dopo un veloce sguardo al cavallo teso dei pantaloni dell’uomo, alzò ancora gli occhi sui suoi e gli sorrise malizioso.
- Non dovete spogliarvi per forza, se non vi sentite a vostro agio – lo rassicurò Hayden, sfilando la mano dai propri pantaloni.
Padre Craig si sentì rincuorato da quella piccola premura da parte del ragazzo.
- Potete avvicinarvi – lo incoraggiò il giovane, con la stessa voce che avrebbe usato con un bambino.
Nonostante l’ingente differenza di età, il bambino sembrava piuttosto il prete, tra i due.
Si trovava dinnanzi ad un ragazzo che aveva esperienza da vendere, nei rapporti sessuali tra uomini, e che sembrava del tutto a suo agio.
Ciò avrebbe dovuto rasserenarlo, ma gli provocò l’effetto contrario.
Tuttavia, fece come il ragazzo gli aveva detto, avvicinandosi a lui e continuando ad osservare il suo corpo mozzafiato.
Hayden gli prese una mano e se la portò sull’addome piatto.
Padre Craig lo accarezzò, abbandonando la paura a poco a poco, azzardando di più.
Fece scorrere la mano verso il basso, seguendo il percorso vertiginoso che lo avrebbe portato al bordo dei pantaloni.
Con l’altra mano gli circondò la schiena e se lo portò più vicino, saggiando la sua carne sotto le dita.
Quando raggiunse la sua meta, la mano gli si strinse attorno al membro del ragazzo.
A tale tocco, Hayden non ebbe reazioni, se non un piccolo ghigno; mentre padre Craig sospirò, come se avesse appena terminato di scalare una montagna.
Non poteva dire che le sue fantasie non si fossero spinte a tanto con Blake.
Purtroppo, non riusciva a controllare la sua mente (a suo giudizio depravata), e poi, dopo la conversazione avuta con Ephram quel giorno… dopo aver saputo che, in qualche modo, poteva permettersi di fantasticare… si era lasciato andare alla creatività. Non sorpassando mai certi limiti che considerava sin troppo torbidi e conturbanti.
Guardò le iridi del ragazzo, sapendo di risultare ai suoi occhi patetico e tremante.
Ma Hayden, invece di deriderlo, gli accarezzò le guance e lo rassicurò:
- Va tutto bene. Va tutto bene… vi sta piacendo?
- Sì… - rispose padre Craig, iniziando a muovere la mano, accarezzando in maniera più decisa il membro del ragazzo. – E a voi…? A voi sta piacendo?
Hayden chiuse gli occhi e annuì, lasciandolo fare.
Per un istante o poco più, padre Craig si illuse che l’idea di Judith stesse davvero dando i suoi sperati frutti: il ragazzo dinnanzi a sé stava provando piacere, padre Craig stesso stava provando piacere e stava godendo del piacere che stava provocando a qualcuno che non fossero i suoi due amori impossibili.
Poi, in un momento, tutto si sgretolò.
Proprio nell'istante in cui i loro movimenti stavano prendendo velocità, divenendo più scattanti e intermittenti; proprio quando la bocca di padre Craig aveva iniziato a succhiare voracemente il collo del ragazzo ansimante, mentre continuava a toccare il suo sesso con veemenza, il giovane prete iniziò involontariamente ad immaginare l’unica persona a cui avrebbe voluto davvero fare quelle cose.
Nonostante provasse a non pensarci, era come una dipendenza: toccare, saggiare, usando mani, lingua e tutto ciò che il suo corpo gli dava a disposizione, portava i suoi sentimenti e le sue voglie a dipingersi nella mente quella persona.
E no, ora stava andando troppo oltre.
Sentiva che se avesse portato a termine quell’atto sessuale, ciò lo avrebbe condotto alla rovina, sia lui, che l’ignaro ragazzo dinnanzi a sé.
Hayden aveva le dita strette alle sue spalle e, in un impeto di desiderio, gli aveva infilato a sua volta la mano dentro i pantaloni, toccandolo.
E di nuovo, dinnanzi al giovane prete non c’era Hayden, bensì un giovane uomo decisamente diverso da lui.
Provò con determinazione a scacciare via l’immagine di Blake e di concentrarsi solo sul ragazzo dinnanzi a sé, fidandosi solamente dei suoi occhi.
Ciò non portò ai risultati sperati: Hayden continuò a muovere la mano sul membro del giovane prete, il quale si era improvvisamente afflosciato.
Il ragazzo non demorse e tentò ancora, facendo diventare l’atto quasi doloroso per il giovane prete.
Tutto ciò era controproducente, e prima se ne fosse accorto, più facile sarebbe stato fermarsi.
- Basta… basta, basta! Smettiamola, per favore! Non ce la faccio! – esclamò sull’orlo delle lacrime.
- Cosa vi è successo? – domandò il ragazzo, fermandosi come gli era stato chiesto.
- Non ce la faccio, mi dispiace. Pensavo fosse più facile… pensavo di farcela…
- Non riuscite a farlo senza pensare a lui? – dedusse Hayden.
Gli occhi di padre Craig e il suo sguardo disperato parlavano per lui.
A ciò, il ragazzo gli fece una proposta: - Allora pensate a lui. Continuate a pensare a lui.
- No, non voglio.
- Siete qui per conoscere meglio il vostro corpo o no?
- Non così… vi sto usando come un oggetto...
Qualcosa che ho fatto anche con Beitris…
- Non mi importa. Non siete né il primo, né l’ultimo.
- Ma almeno gli altri guardavano voi mentre vi usavano a loro piacimento…
Io non ci riesco, come vedete.
- Pensate a lui – insistette il ragazzo, facendo scontrare la schiena dell’uomo con il muro e riprendendo a muovere la mano sul suo membro. Padre Craig tentò labilmente di opporsi, lasciandosi andare quasi subito.
A ciò, non combatté più le sue fantasie, facendole scorrere liberamente.
Chiuse gli occhi e, nel giro di qualche secondo, il suo sesso tornò duro come il marmo.
Nel giro di altrettanti pochi secondi, il suo seme sgorgò fuori, sporcando la mano del ragazzo che aveva continuato a muoverla su di esso.
Hayden si osservò la mano sporca, mentre il giovane prete ansimava, sudato e accaldato, cercando di riprendere fiato.
Le stesse condizioni in cui si ritrovava dopo aver consumato un atto sessuale con Beitris.
- Non è possibile… - sussurrò il ragazzo, attirando l’attenzione del prete, il quale desiderò sotterrarsi seduta stante. – La vostra è una causa persa. Dovete dirglielo. Dovete parlare a quel ragazzo al più presto, se lui riesce a farvi quest’effetto. Non ho mai visto una mera fantasia avere così tanto potere su un uomo.
Detto ciò, Hayden si ripulì la mano, si rinfilò la camicia e uscì dal sotterraneo.
 
Ambrose e Devon si ritrovarono a casa del primo dopo aver chiacchierato un po’ alla Taverna.
Avevano continuato a parlare, per poi incollare le bocche l’una all’altra, senza accennare nulla in merito.
Non sapevano esattamente perché lo stessero facendo.
O forse, le spiegazioni reali a tale atteggiamento erano troppo difficili da accettare:
Devon non aveva ancora una promessa, e aveva un immenso bisogno di sfogare gli impulsi sessuali trattenuti che i suoi quindici anni portavano con sé, motivo per cui andava bene chiunque; mentre Ambrose stava cercando disperatamente e inutilmente di provare meno dolore per la perdita di un amore che lo aveva fatto quasi impazzire.
Essendo più esperto di lui, Ambrose lo guidò nell’atto, incollando il corpo dell’amico al muro, continuando a baciarlo, cercando di non pensare a nulla.
Devon, invece, era parecchio preso da quel bacio nuovo, inaspettato e vorace.
Motivo per cui si accorse subito che Ambrose fosse in un altro mondo, totalmente estraniato, mentre lo baciava e toccava.
Fu in quel momento che si staccò lievemente da lui, col fiatone, spingendolo per le spalle. – A cosa stai pensando? – gli domandò d’istinto, pentendosene subito dopo. Poteva immaginare benissimo a chi  Ambrose stesse pensando.
L’idea gli fece rivoltare i lombi, ma non per i motivi giusti.
- Facevi queste cose anche con lui…? – gli domandò, privo di tatto.
Ambrose si allontanò da lui, guardandolo in cagnesco, come se avesse appena bestemmiato il Creatore. – Non osare nominarlo. Mai, Devon.
- D’accordo, scusa. Non dovevo – si scusò, intristendosi lievemente, per poi farsi venire in mente un’idea. – A casa mia ho un intruglio che io e gli altri ragazzi ci siamo fatti dare da una strega – gli sussurrò, eccitato all’idea.
- Che intruglio…?
- Ricordi quando ti dicevo che in molti servi del Creatore si fanno fare degli intrugli dagli stregoni, che permettono loro di assumere i tratti e i lineamenti di qualcun altro per qualche ora?
L’idea stava già rivoltando lo stomaco ad Ambrose.
- E quindi…?
- Beh, me ne sono fatto fare uno anche io, in previsione di un momento come questo.
Pensavo di farlo con una ragazza, però. Le avrei fatto bere l’intruglio, in modo da avere l’illusione di starlo facendo con una serva del Diavolo.
Ad ogni modo, non importa, possiamo usarlo anche ora.
- Non ce ne è bisogno, Devon.
- Non ti incuriosisce nemmeno un po’? Guarda che non devi berlo tu… lo assumerei io. Così sembrerei più gradevole ai tuoi occhi.
- Devon… non è necessario – sospirò Ambrose già stanco e pentito.
Deluso e offeso da quell’atteggiamento, Devon iniziò a far riemergere una sopita rabbia che nutriva nei confronti del suo vecchio amico.
All’improvviso, il suo sguardo cambiò. – E se ti dicessi… che l’intruglio che mi sono fatto fare ricalca i lineamenti di Folker?
Ambrose strabuzzò gli occhi, avvertendo una furia traboccante mista a una dolorosa e involontaria eccitazione sgorgargli da ogni poro, ma si trattenne.
- Non dire idiozie, Devon.
Quel tipo di intruglio funziona solo se la persona a cui si vuol assomigliare si presta all’atto, e si lascia “rubare” i lineamenti. Serve per forza il suo consenso, motivo per cui è impossibile che tu ti sia fatto fare un intruglio a sua immagine! – esclamò stringendogli il collo con la mano, ma non abbastanza forte da strozzarlo.
- Perché ti agiti tanto? – lo stuzzicò ancora crudelmente il ragazzo. – E se invece stessi dicendo la verità e tu stessi sprecando un’opportunità irripetibile? Potrei somigliare a lui… sarebbe un’esperienza folle.
- Non hai un briciolo di sanità e di raziocinio in quella testa vuota?! Va’ via da casa mia! – esclamò rabbioso, stringendogli il collo più forte.
- Sai, quel giorno, nel boschetto, quando tu sei venuto a salvarlo… lo stavamo per spogliare… l’ho stretto a me per un po’ e.. Dio mi perdoni… - sussurrò in estasi. – Era talmente bello… la sua pelle era così liscia e vellutata che sembrava di star toccando una ragazza… non ho mai provato una sensazione tanto idilliaca… è davvero, davvero un peccato se ne sia andato.
- Sei un maledetto depravato!! – esclamò Ambrose, animato da una ferocia che non aveva mai provato prima. Continuò a stringere le mani intorno al collo di quella bestia, tanto forte da portarlo a tossire e a muoversi spasmodicamente in cerca d’aria.
Lo stava soffocando. Gli sarebbe bastato stringere ancora qualche istante e gli avrebbe tolto la vita con una facilità spaventosa.
Solo la voce di sua sorella fuori dalla porta della sua camera lo distolse da ciò che stava facendo e lo portò a fermarsi.
Liberato dalla presa violenta di Ambrose, Devon cadde a terre e tossì, spaventato.
Non appena ebbe la forza di rialzarsi in piedi, uscì dalla camera e poi dalla casa di Ambrose, correndo a perdifiato.
Ambrose lo lasciò fare.
Restò fermo e immobile, in trance, mentre sua sorella lo raggiungeva, chiedendogli spiegazioni.
Lui non la udiva.
Udiva solo il battito frenetico del suo cuore distrutto e frantumato, desideroso solo di raggiungere una pace che gli era malignamente negata.
 
 
 
 
 
   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantasy / Vai alla pagina dell'autore: Evali