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Autore: Alarnis    24/10/2022    3 recensioni
"Quel giorno fu lei a restare ferita, solo ora se ne rendeva conto."
Genere: Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sei quì
 
“Sospendo il comando!” aveva rivendicato.
Perché sei tornato? avrebbe voluto chiedergli quando l’aveva raggiunto richiamato dalle voci di Ubaldo,Vittorio e Ottavio.
Com’era cambiato fisicamente. Si era fatto alto. Bello lo era sempre stato, pensò orgoglioso Nicandro.
Da ragazzo, Moros, era diventato uomo.
Quando furono vicini, negli occhi di lama, lesse l’obbiettivo che li aveva ricongiunti: non l’avrebbe lasciato indietro.
Non erano più bambini in una foresta ma la promessa del bosco era rimasta. “Vivremo sempre assieme.”.
Sei vero o un sogno? si era detto. Moros aveva ripetuto il suo nome altrettanto incredulo, poi l’aveva consigliato di non commettere avventatezze nell’intromettersi tra lui e Gregorio e lui aveva cercato di rassicurarlo.
L’aveva voluto toccare… e, né più né meno della puntura dell’ago di un fuso sulle dita, il logoro mantello aveva parlato.
Una vecchia donna l’aveva stretto prima del cugino e a lui l’aveva offerto in dono con fiabesche parole: “Un eroe ha molte facce… Sembianze che non ti immagini.”. “Non te ne pentirai…”. “Il suo cappuccio…” “Protegge da ogni malanno.”.
Una seconda carezza al tessuto portò alle orecchie di Nicandro la voce allegra con cui il cugino aveva salutato un ubriaco, “Bella giornata!”. L’uomo aveva portato la mano al cuore, “Che mi prenda un accidente!” aveva detto con occhi buoni e vitrei su cui non si rispecchiava che un umido giorno di pioggia.
Nicandro inspirò. Nonostante le apparenze, quell’ubriaco rappresentava per Moros quello che Guglielmo era stato per lui. Ne fu felice e un accenno di sorriso gli sollevò le guance.
Una terza puntura gli narrò dell’incontro con una ragazza… anzi no, una donna, con una cascata di capelli neri. Bellissima. Tanto bella da togliere il fiato e seccare la gola. Stava chiudendo Moros… in un barile? “Ti ho detto di fidarti di me!” aveva risposto seccata e, come se la scena si svolgesse in quel momento dinanzi a lui, la donna aveva aperto e chiuso veloce la mano tre volte, come se stesse per toccare qualcosa di disgustoso; poi con le due mani aveva tirato il cappuccio del mantello a coprire la testa di suo cugino. “Non osare di togliertelo!” aveva detto piccata. “Protegge da ogni malanno.”. Quella parola soverchiò le altre, negandogli ogni altra immagine del cugino. Del resto…Quella voce? Gli sembrava di averla già sentita… ma quando? In un sogno forse?
Forse…
Una quarta piccola scossa e, c’era solo Ubaldo. Solo.
“Protegge da ogni malanno.”
Quella frase così ricorrente… All’apparenza priva di senso…
All’apparenza...
Purtroppo il tempo correva veloce per pensare. Tutto ciò che temeva si stava avverando. Lavinia per proteggerlo era stata scagliata a terra da Gregorio, Moros era ferito e il pericolo per i soldati era il veleno della spada di Zelio.
In quel momento Gregorio incitò il capitano. “Attacca!” disse con occhi che chiedevano sangue.
Doveva fermare Gregorio. Cercò di spostare la spada per avvicinarsi e parlargli ma lui la mantenne esattamente dov’era.
Bastò quel tocco… e la sua mente vide l’affondo che Zelio avrebbe portato al cugino, confuso con mille altri affondi già segnati da quella spada che decimava vite come fossero trofei, mentre vedeva Gregorio indietreggiare verso il balcone, sinistro come se fosse un limite da non varcare.
Gregorio non gli aveva dato ascolto o meglio…
“Nooo!” aveva gridato e la sua voce era riecheggiata nel corridoio all’indietreggiare di Zelio colpito alle spalle.
Il “Pensa a loro!” di suo cugino al principe gli arrivò rallentato quanto quel “Ti uccido!” urlato da Gregorio con sguardo satirico. Lavinia circondata dalle braccia di Mavio e Ubaldo era trascinata indietro mentre Ludovico e i cavalieri fronteggiavano l’assalto delle guardie.
L’atmosfera era caotica, come in un incendio. Il clangore delle spade feriva le orecchie, i respiri intensi nei movimenti veloci urtava le pareti ritornando al centro in un eco.
Respirò con affanno, come in un incendio. Il petto si gonfiò per prendere l’aria che arrivava dalla finestra. Accanto a lui Zelio lo guardava; il respiro altrettanto affannoso.
“Come in un incendio…” ammise sleale il capitano con occhi fluidi e svaniti: sapeva il suo punto debole.
Chiuse gli occhi alla paura. Era piccolo; una maschera di pianto. Non capiva né quel calore né quel colore. Restava fermo e piangeva. Piangeva forte. Era solo e solo fiamme c’erano attorno a lui. La pelle già scottava ma portò le braccia in avanti quando lei apparve. “A differenza di Baltasar, ho il raffinato fiuto di un gigante!” disse giuliva in viso quella donna, “Oltre a mille altrei doni!”. Chissà da dove era apparsa? Lui si artigliò al suo mantello e lei sorrise “Se quel bellimbusto di mio figlio sapesse di te, quello che so io, te lo ritroveresti oggi stesso tra i piedi!” gracchiò minimamente scomposta di ciò che si consumava attorno a loro. Guidò la sua manina al cappuccio che teneva sulle spalle e con la sua lo accompagnò a ricoprirle il capo. “Facciamo un gioco assieme ad Agata?”. Non attese risposta da lui, ma disse solo “Cucù!”.
   
 
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