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Autore: 18Ginny18    24/10/2022    1 recensioni
[Sequel di 'Secrets']
La vita di Ginevra Andromeda Black era stata sconvolta da quella strana Creatura Oscura di cui ignorava il nome. Viveva dentro di lei, come un parassita, e pian piano cercava di prendere il controllo al suo posto.
Genere: Drammatico, Guerra, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Fred Weasley, George Weasley, Nuovo personaggio, Regulus Black, Sirius Black | Coppie: Draco/Hermione, Harry/Ginny, Remus/Ninfadora
Note: What if? | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie '~The Black Chronicles~'
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Capitolo 29 – Come tessere di un puzzle


Quella sera Emily era bellissima. Indossava un abito verde scuro a maniche lunghe con dei fiorellini bianchi, lungo fino al ginocchio. La scollatura lasciava intravedere il seno prosperoso. Dal momento in cui l’aveva vista, Regulus aveva un solo desiderio: sfilarle quell’abito e accarezzare ogni curva del suo corpo con le dita, per scoprire se la sua pelle era davvero così morbida come la immaginava.
In realtà era da parecchi giorni che quel desiderio lo tormentava, ma lui era riuscito a sopprimerlo quasi sempre.
Non ci pensare”, era diventato il suo mantra. Lo ripeteva finché non riusciva a togliersela dalla testa, però Emily aveva molti modi per rovinare tutto. Era inevitabile.
Fissò il sguardo su di lei.
Aveva appena raccolto i capelli in una crocchia improvvisata ma qualche ciocca era sfuggita al suo controllo e le incorniciava il viso imbronciato.
L’istinto di rubarle un bacio era forte.
- Cosa c’è? - domandò notando il suo sguardo. Le sue guance si tinsero di rosa e, sorridendo un po’ impacciata, si passò una mano tra i capelli color grano controllando che fossero in ordine. - Ho qualcosa tra i capelli?
Regulus scosse la testa e scrollò le spalle. - Niente – disse, dopodiché la sua attenzione tornò sul signor Edward Green che, in quel momento, si stava dedicando alla lettura dei documenti che aveva tra le mani.
Annotò ogni cosa, anche la più stupida. Tutto, pur di non pensare a lei. Tutto pur di non guardarla e lasciarsi inebriare dal suo dolce profumo e…
Non ci pensare, idiota! Concentrati!”, si disse.
Trattenne un silenzioso ringhio di frustrazione. Sentì il bisogno di bere e, senza distogliere lo sguardo dal signor Green, allungò la mano verso il tavolino al suo fianco in cerca del bourbon. Sentì il freddo del bicchiere ancora pieno di ghiaccio che gli pizzicava le dita. Buttò giù tutto il liquido ambrato in un solo sorso e continuò a seguire i movimenti dell’Impiegato del Ministero come se fosse la sua ombra.
Regulus si accertò che il signor Green fosse da solo in quella stanza, controllando anche che non ci fosse nessuno né alla porta né davanti alla finestra. “Non si può mai sapere da dove potrebbero colpire i Mangiamorte”, si disse.
- Allora? - sollecitò Emily ad un certo punto, stanca di quel silenzio opprimente.
Regulus sospirò e si versò un altro bicchiere di bourbon. - Credo che qui ne avremo per molto – bevve un sorso e si concentrò nuovamente verso il mago e le sue scartoffie. - Passiamo al prossimo?
Non la guardava. Non poteva. Era troppo da sopportare.
La sentì rovistare i fascicoli tra le sue mani con un po’ di nervosismo, ma questa volta si trattenne dal sbirciare nella sua testolina bionda.
- Oliver Davies – pronunciò lei, sempre con professionalità. - Alla tua destra, a sette camere di distanza da qui.
Il binocolo che fino a quel momento era centrato sul signor Green andò oltre, fino a intercettare un uomo di basta statura, stempiato e con dei grandi baffi grigi che stava sonnecchiando sul divanetto. Regulus lo fissò per qualche minuto, per accertarsi che stesse effettivamente dormendo e, come aveva fatto per il signor Green, controllò che nessun altro, a parte il signor Davies, fosse in camera o appostato da qualche altra parte nelle vicinanze.
Emily, nel frattempo, si stava dedicando al controllo di altri due Impiegati: la signora Samantha Walker e Damian Cooper, che si trovavano rispettivamente al piano di sotto e al piano di sopra, quindi, ogni tanto Regulus la vedeva salire e scendere dal letto per poter raggiungere con più facilità il soffitto con l’apparecchio dato in dotazione dal Ministero. Ma, stranamente, quell’aggeggio non era efficace come quello dei gemelli Weasley. Alla fine, stanco di sentirla imprecare contro l’oggetto, le offrì di fare a cambio con il suo. Lei accettò con un “grazie” appena sussurrato. Si sdraiò sul letto a pancia in su e inforcò il binocolo con un sospiro soddisfatto: - Finalmente riesco a vedere cosa tiene tra le mani il signor Cooper… ed era meglio che non guardavo – rabbrividì e passò al piano inferiore, dove si trovava la signora Walker.
Regulus si lasciò sfuggire una piccola risata e lei sobbalzò, sentendo una miriade di farfalle nello stomaco svolazzare contente.
Trascorsero svariate ore, nelle quali sia Emily che Regulus stilavano pagine e pagine di rapporti su i quattro Impiegati dell’Ufficio Misteri scambiandosi un “come sta andando?” di tanto in tanto per rompere un po’ il silenzio, ma sembrava comunque una noia senza fine.
- Quanti giorni dobbiamo passare ancora in questo modo? - domandò Regulus dopo un sonoro sbadiglio.
Dopo il suo riposino pomeridiano, il signor Davies aveva iniziato una lunga e noiosa partita a scacchi magici… da solo. Lo aveva visto andare da un posto all’altro con estrema lentezza, impersonando entrambi i giocatori con entusiasmo, come se fosse una cosa normale. All’inizio Regulus pensò che fosse una cosa molto triste e allo stesso tempo molto tenera, ma alla fine il tutto si trasformò in pura noia. Non riusciva a credere che quell’uomo giocasse alla stessa partita da sette lunghissime ore senza annoiarsi.* Era impossibile!
Emily rispose alla sua domanda, contagiata dal suo sbadiglio. - Altri due giorni – disse, alzando un pugno verso l’alto fingendo di esultare.
Si stiracchiò, per poi continuare a spiare la signora Walker che stava preparando l’occorrente per andare a dormire. Emily guardò l’orologio appeso al muro della camera da letto.
Erano le 22:04.
Mancavano otto ore prima che i quattro impiegati raggiungessero il Ministero per un altro giorno di lavoro. Una parte di Emily sperava che quelle ore passassero in fretta o che, perlomeno, la signora Walker andasse a dormire in fretta come aveva già fatto il signor Cooper. Così avrebbe potuto schiacciare un pisolino anche lei. Poi, una volta arrivato il mattino, quei due sarebbero diventati il problema di qualcun altro fino alle ore 14:30.
Poteva resistere.
Sbadigliò sonoramente per la seconda volta e Regulus le sorrise. - Stai tranquilla, vai pure a dormire. Farò io il turno di notte. Questi due sono crollati – disse, riferendosi al signor Green e al signor Davies.
- Non ti preoccupare – ribatté Emily. - Sono ancora in grado di svolgere il mio dovere per qualche altra ora. Non sarà uno sbadiglio a frenarmi.
Regulus distolse lo sguardo dal signor Green per concentrarlo su di lei e scosse la testa. - Hai la testa più dura di un muro, Emily. Io cercavo solo di essere gentile.
Lei sussultò nel sentirgli pronunciare piano il suo nome.
- Lo so bene – disse, cercando di non tradire l’emozione che provava in quel momento. - Ma detesto quando qualcuno mette in dubbio le mie capacità. Questa non è la prima volta che sorveglio qualcuno. L’ultima volta sono rimasta sveglia per quarantottore prima che qualcuno venisse a darmi il cambio. Non ho schiacciato nemmeno un pisolino.
- Ah sì? E quanti caffè hai bevuto? - domandò lui divertito.
Emily sembrò esitare. - Quindici… credo.
Regulus si voltò nuovamente a guardarla e inarcò un sopracciglio. - Quindici? - esclamò, stupito. - E sei ancora viva?
Rise piano. Emily sbuffò un sorriso e riportò la sua attenzione sulla signora Walker. - Sei solo invidioso.
Regulus scosse la testa, sogghignando. - Oh, Emily… - sospirò con voce roca.
Ad un tratto la vide sussultare e l’istinto gli impose di dare un’occhiata ai suoi pensieri, troppo curioso per resistere. Non fu proprio una violazione della privacy, bensì un invito. Anche se inconsapevolmente, Emily lo stava invitando a leggerle la mente.
Lei aveva un’immagine ben precisa in mente. Un desiderio che le aveva fatto accelerare i battiti del cuore e che la stava facendo eccitare molto. Riusciva a vederlo come se quel desiderio fosse suo: La pioggia che martellava incessantemente su di loro, incollando i vestiti ai loro corpi. Dopo averle dato un lungo e focoso bacio, Regulus le aveva tirato su la gonna e l’aveva spinta contro un muro di un vicolo mentre lei gli avvolgeva le gambe intorno alla vita e gli chiedeva di farla sua.
Regulus tremò.
Avvertì un brivido eccitante l’ungo tutto il corpo.
Anche se il desiderio di continuare a spiare i pensieri di Emily era forte, lui decise di smettere.
Si rese conto che nei suoi pantaloni iniziava ad esserci del movimento, che quasi gli provocò una smorfia mista di piacere-dolore.
Si passò una mano tra i capelli, come faceva sempre quando era esasperato. Imprecò silenziosamente, cercando di mantenere il controllo e darsi un contegno. Non voleva che lei pensasse che fosse un lurido pervertito, ma di sicuro Emily non lo aiutava dato che continuava a fare pensieri poco casti che lo stavano facendo impazzire.
Poi i loro sguardi s’incrociarono.
Lei si stava mordendo il labbro inferiore, come per provocarlo. Qualunque cosa stesse immaginando in quel momento, la stava eccitando molto.
Regulus sentì il sangue ribollire nelle vene. Non voleva più leggere. Voleva agire e basta.
Gli aveva appena fatto una domanda, ma lui non le diede nemmeno ascolto. Sentiva il bisogno di un contatto ancora più ravvicinato.
Soffocando un’imprecazione, si alzò in piedi, le prese il viso fra le mani e si avventò sulle sue labbra.
Non era riuscito a resistere.
- Regulus – mormorò lei sulle sue labbra. Anche se colta alla sprovvista, lei rispose con la stessa foga ai suoi baci, gli avvolse le braccia intorno al collo e si strinse forte a lui. Non voleva più lasciarlo andare. Lo desiderava e lui desiderava lei. Adesso lo sapeva. Lo sentiva.
Dentro di sé, sorrise compiaciuta.
Nient’altro aveva più importanza in quel momento. Né il tempo, né il luogo.
Gli premette le dita sulla nuca desiderando che quel bacio caldo e intenso durasse per sempre.
Lui si sdraiò al suo fianco sul letto e l’attirò a sé, appoggiandole le mani sui fianchi. In quel bacio cercò di farle sentire tutta la passione e il desiderio che provava per lei. Quando si allontanarono avevano entrambi il fiato corto.
Emily era sicura che le sue guance fossero diventate ancora più rosse, ma non le importava. Desiderava baciare ancora una volta le labbra di Regulus senza il timore che Sirius o qualcun altro entrasse in camera distruggendo l’atmosfera.
Regulus poggiò la fronte sulla sua e sorrise. - Tu hai… un grosso potere su di me – ansimò. Poi il suo sorriso svanì. Alzò una mano per scostarle un ricciolo dagli occhi con una carezza. - Mio Dio, quanto sei bella – le disse. Abbassò la testa le catturò la bocca con l’intenzione di darle un altro bacio, questa volta più soave dei precedenti.
Un sorriso spontaneo curvò le labbra di Emily e ricambiò il bacio con dolcezza ma che ben presto sfuggì al loro controllo trasformandosi in pura passione.
La camicia nera di Regulus dalla quale lei aveva potuto ammirare i suoi invitanti addominali perfettamente scolpiti era già sparita. Emily non ricordava come o quando l’avesse tolta, in realtà non le importava davvero.
Impaziente, si strusciò contro di lui. Appoggiò i palmi sul torace; era una sensazione inebriante sentire i muscoli fremere al suo tocco. Con la punta delle dita scese dal petto fino all’addome e quando le sue mani raggiunsero la cintura dei pantaloni lo sentì tremare.
Era stanca: aveva aspettato troppo a lungo. L’unica cosa che desiderava era trasformare le sue fantasie in realtà.
Prima di sbottonargli i pantaloni e abbassare la zip, gli rivolse un piccolo sorriso malizioso che aumentò la sua eccitazione.
Lo accarezzò con dita leggere, dopodiché infilò una mano all’interno dei pantaloni, sentendo il suo respiro accelerare e il desiderio crescere. Quando fece per liberarlo completamente dai vestiti, lui la fermò.
- Sei sicura? È quello che vuoi? - le domandò in sussurrò eccitato.
Lui la desiderava. Eccome se la desiderava! Ma voleva essere sicuro che lei non se ne sarebbe pentita.
Emily si sciolse i capelli ravvivandoli con le mani e poi le sue labbra tornarono a sigillare quelle di Regulus in un nuovo bacio, chiarendo una volta per tutte le sue intenzioni. Sì, era quello che voleva.
Regulus non riuscì a resistere oltre. Pose fine alla piccola tortura che stava subendo e la spinse contro la spalliera del letto, insinuando una gamba tra le sue. Poi, le sue mani cominciarono a scendere, accarezzandole il seno attraverso quell’insopportabile tessuto. Era arrivato il momento di ricambiare.
Lei trattenne il respiro e chiuse gli occhi. Nel frattempo le mani di lui continuarono a sfiorarla dappertutto, dai fianchi fino a raggiungere le gambe… Il tocco delle sue dita la eccitava.
A quel punto Regulus sorrise e le sollevò il vestito, insinuando le mani sotto il tessuto. Le accarezzò la pelle calda e particolarmente sensibile delle cosce con le labbra e con le dita, strappandole un gemito dopo l’altro. Tutto il suo corpo era morbido proprio come aveva immaginato che fosse.
Le sfilò gli slip e li gettò sul pavimento. Dopodiché diede inizio a una lenta tortura che la mandò in estasi, accarezzando la sua femminilità con delicatezza.
Lei lo tirò a sé e lo baciò di nuovo, stringendogli le mani attorno alla nuca per poi scendere fino ai fianchi facendo scivolare i suoi boxer lungo le gambe, lasciandolo completamente nudo.
Lui le sorrise, avvicinando il viso al suo per poi coprirle il collo di baci e, quando la penetrò, un gemito di piacere le sfuggì dalle labbra mandandolo fuori di testa.
I loro gemiti si trasformarono in grida soffocate di piacere. I loro corpi si muovevano all’unisono, guidati da una passione ardente, penetrante, troppo a lungo trattenuta.
L’uno aveva sete dell’altra.
- Vorrei che questa notte non finisse mai – le bisbigliò con voce roca, in preda al piacere.
Emily non poté reprimere l’emozione di fronte a quelle parole. Sorrise e lo baciò con ardente passione.
Si amarono tutta la notte e rimasero stretti l’uno all’altra, ansimanti e sudati, inebriati di piacere. Emily si rannicchiò contro il suo petto e si addormentò, ignorando che fosse già mattino.

Finalmente, dopo una settimana in missione sotto copertura, Emily e Regulus stavano per lasciare l’albergo.
Quegli ultimi due giorni erano passati davvero in fretta e un po’ gli dispiaceva di lasciare quella camera e tornare alle loro vite.
- È un vero peccato lasciare questo letto, signora Wood – la stuzzicò Regulus quella mattina. La stava abbracciando da dietro, accarezzandole con tenerezza la schiena e il collo, tracciando con le labbra una serie di baci, facendole provare dei piccoli brividi lungo la schiena.
Erano ancora a letto, avevano appena finito di fare l’amore.
Emily sospirò. - Già. Un vero peccato – poi lanciò un’occhiata all’orologio sul comodino e sbuffò, contrariata. - È quasi mezzogiorno, dobbiamo fare il check out.
- Dobbiamo proprio? - continuò lui, sorridendo malizioso, mentre le sue dita percorrevano con delicatezza i fianchi della bionda.
Emily si mise a ridacchiare e si voltò verso di lui. - Reg, ne abbiamo già parlato. Niente solletico!
- Perché? - domandò lui, iniziando a farle il solletico, e le risatine di Emily riempirono la stanza. Poi la baciò sulle labbra.
Amava baciarla.
Qualcuno bussò alla porta.
Emily provò ad alzarsi dal letto, ma Regulus glielo impedì.
- Ignoralo – le sussurrò riprendendo a baciarla e lei, felice di quell’opzione, gli strinse le mani attorno alla sua nuca rispondendo al bacio.
Purtroppo per loro, però, bussarono ancora alla porta e questa volta con più insistenza. - Signori Wood? È l’ora del check out! - disse la voce aldilà della porta.
Emily imprecò e, anche se controvoglia, allontanò le labbra di Regulus dalle sue. - Sì, ci dia solo venti minuti, per favore! - urlò, in modo da farsi sentire.
Regulus, però, che stava continuato a baciarle l’interno del collo, le impedì di alzarsi, sovrastandola con il suo corpo.
- Reg, ti prego – gli sussurrò lei, attraversata da un brivido di piacere. - Dobbiamo andare…
- Ne sei convinta?
Emily si morse il labbro inferiore e disse: - Sì.
Quanto maledì quella parola! Avrebbe tanto voluto mandare al diavolo tutto e tutti e restare in quel letto con Regulus per ore e ore a fare l’amore, ma la parte più razionale di lei la convinse che era meglio lasciare quell’albergo il più presto possibile suggerendole un’alternativa migliore.
- Magari… potremmo continuare da un’altra parte – propose. - Magari a casa mia…
Un sorrisetto malizioso illuminò il viso di Regulus. - D’accordo. Hai vinto tu.
E dopo averle rubato un altro bacio, si alzò in piedi e andò a prepararsi.
Emily non riusciva ancora a crederci: Regulus Black era suo. E lei, ovviamente, era completamente di Regulus.
Che cos’erano, però, ancora non lo sapeva. Fidanzati? Amanti? Amici con benefici?
Sospirò. Non era sicura di volerlo sapere.
Il rumore dell’acqua che scorreva dalla doccia attirò la sua attenzione e, subito dopo, la testa di Regulus fece capolino dal bagno insieme al suo sorriso impertinente. - Vieni a fare la doccia con me?
Emily scosse la testa. Sapeva cosa voleva dire quel sorriso.

Una volta raggiunto il pianerottolo l’appartamento di Emily, Regulus ricevette un messaggio da Severus Piton. Voleva vederlo il prima possibile.
Una parte di lui lo maledì, ma se voleva vederlo con tanta urgenza doveva essere importate. Subito i suoi pensieri andarono alla nipote, Ginevra, e tutto ebbe un senso.
A malincuore disse a Emily che doveva raggiunge Hogwarts per una nuova missione, omettendo tutto il resto. Era una piccola bugia, ma a fin di bene. Voleva proteggere Emily da tutto quel caos a cui lui e Ginevra erano legati. La situazione era troppo delicata.
Emily ci rimase un po’ male e non riuscì a nasconderlo, pensava infatti di passare ancora molto tempo con lui prima di tornare a lavoro.
- Mi dispiace – mormorò Regulus, accarezzandole il viso.
- Tranquillo, lo capisco. Bisogna sempre correre quando si parla di lavoro – disse lei, poi si alzò sulle punte e lo baciò. Un bacio dolce, sincero, che riuscì a fargli perdere un battito. - Quando avrai finito torna da me… solo se lo vuoi, ovviamente – aggiunse, mordendosi il labbro inferiore.
Regulus le sorrise, la strinse tra le braccia e la baciò ancora. - Non ti mollo, Tonks.
Dopo aver portato le sue valigie in casa la salutò con un altro bacio e poi raggiunse il vicolo più vicino per smaterializzarsi a Hogsmeade, dopodiché si tramutò in gatto e zampettò verso Hogwarts.
Fu un percorso lungo e faticoso ma alla fine riuscì a raggiungere il castello. Trovare il professore di Pozioni, invece, fu molto più semplice. Si trovava vicino l’ingresso della sala professori, concentrato nella lettura del libro che aveva tra le mani. Regulus, o meglio dire Ice si avvicinò a lui quel tanto che bastava per farsi vedere senza attirare troppo l’attenzione degli altri insegnanti.
Ormai conosceva bene la procedura: Severus fingeva di non vederlo, iniziava a camminare e Ice doveva seguirlo a debita distanza fino a raggiungere il posto prestabilito.
Infatti, tutto andò secondo i piani. Severus si era rifugiato in una delle aule abbandonate del quarto piano e Ice gli andò subito dietro.
Era certo che nessuno li avrebbe disturbati ma, per maggior sicurezza, Severus sigillò la stanza e applicò vari incantesimi, in modo tale che nessuno potesse sentire ciò che si sarebbero detti dentro quelle quattro mura.
L’aula in cui si trovavano in quel momento era piena di polvere e ragnatele che ricoprivano ogni superficie e qua e là vi erano delle sedie ribaltate che nessuno aveva rialzato.
Dopo un piccolo starnuto il gatto si tramutò in uomo e Regulus cacciò fuori un fazzoletto, nel quale si soffiò il naso. - Odio questo posto! - borbottò. - La prossima volta non potresti scegliere un posto meno infestato dalla polvere?
Severus lo ignorò, troppo impegnato con gli incantesimi per dargli retta ma Regulus non gli diede troppo peso. Si guardò intorno. Per quello che ricordava, un tempo quella era la sua vecchia aula di Pozioni… be’, lo era almeno fino al giorno in cui suo fratello maggiore Sirius e quello scapestrato del suo compare Potter decisero di farla esplodere. Sirius sosteneva che quello fosse stato un’incidente, ma Regulus non gli aveva mai creduto, ovviamente.
Si potevano ancora vedere le tracce di esplosione per la stanza.
Al contrario dell’animagus, Severus non era in vena di reminiscenze. Con un colpo di bacchetta dispose due sedie una vicina all’altra e le pulì con un colpo di bacchetta, dando loro un aspetto migliore rispetto alle altre alle quali mancavano le gambe o persino la seduta.
Per quanto fosse decadente, quello era uno uno dei pochi luoghi più sicuri in tutto il castello; lontano da occhi e orecchie indiscrete come quelle della Umbridge. Quell’orribile megera stava diventando sempre più fastidiosa man mano che il tempo passava, soprattutto dopo l’ultimo decreto. Nessun professore poteva fare un passo senza che lei lo sapesse, ma Severus trovava sempre il modo per depistarla.
- Adesso siamo completamente soli – sospirò. - Possiamo parlare.
Regulus prese posto e disse: - Dimmi tutto, Severus. Sono a tua completa disposizione.
Il professore iniziò a misurare la stanza a grandi passi davanti a Regulus, parlandogli di tutto ciò che era successo durante la sua assenza. Aveva bisogno di un confronto e, per quanto fosse difficile ammetterlo, lui era l’unico con cui potesse parlare. Ignorava che l’animagus sapesse già cosa fosse successo tra Silente e Ginevra, ma gli raccontò ogni cosa, in particolar modo tutto ciò che gli aveva confessato il Preside.
- Un folle! Non è altro che un folle! - esclamò Severus. - È una ragazzina, per l’amor del cielo! Per tutto questo tempo non ha fatto altro che manovrare la sua vita e adesso vuole confonderle la mente per i suoi scopi! L’ha provocata intenzionalmente, capisci? Intenzionalmente!
Il suo tono di voce aumentava man mano, così come la rabbia che covava dentro di sé. Era frustrato.
In quel momento si trovava a un bivio e non sapeva come agire.
- Nonostante io sia assolutamente contrario a tutto questo, e lui lo sa, vuole che io convinca la ragazza a dargli ascolto, a lasciarsi manovrare come un’arma! Quel beota! - sputò Severus, rabbioso. Non gli importava di inveire contro l’uomo che lo aveva accolto e aiutato per ben quindici anni. Non gli importava di apparire isterico e men che meno di sfogare tutta la sua frustrazione sul suo vecchio compagno Serpeverde. Voleva solo un aiuto sincero. Una risposta sincera altrimenti sarebbe impazzito.
Finalmente, dopo aver camminato avanti e indietro per tutta la stanza, Severus arrestò il passo e si accasciò sulla prima sedia che trovò, quella accanto a Regulus. Si portò le mani sul viso e si coprì gli occhi per un istante, poi aggiunse con tono greve: - Mi ha detto che la ragazza è la Fonte e tu sai cosa significa. Se l’Oscuro Signore la trova… - le parole gli morirono in gola. Non voleva nemmeno pensare a cosa sarebbe successo. Sospirò. - Cosa devo fare, Regulus? - domandò. - Ho promesso che avrei fatto qualsiasi cosa per Silente… ma non posso lasciare che prenda il controllo sulla ragazza ancora una volta. Lui vuole usare il parassita a suo vantaggio, ma vuole che io la convinca a sbarazzarsene.
Lo sguardo di Regulus era fisso sul pavimento. Aveva ascoltato le parole di Severus con attenzione e sembrava che, finalmente, qualcosa stava andando al posto giusto, dissolvendo tutti i suoi dubbi una volta per tutte.
Quell’odiosa vocina nella sua testa che aveva ignorato per tutto quel tempo gli ricordò tutti i dubbi che aveva avuto nel corso degli anni nell’eseguire gli ordini di Silente. Tutti quei sotterfugi, gli incantesimi, le pozioni...
Era come se fino a quel momento nella testa di Regulus vi fosse stato un puzzle al quale mancavano delle tessere ma che, grazie a Severus, era finalmente riuscito a trovare le parti mancanti.
Una tessera, una risposta.
“Quindi era questo il vero scopo di Silente? Trasformare Ginevra in un’arma?”, si domandò.
Una tessera andò al suo posto.
“Ha ingannato anche me? Mi ha usato per tutti questi anni? Voleva davvero che io proteggessi mia nipote o voleva che io la controllassi in modo tale da usare la cosa a suo vantaggio?”.
Un’altra tessera.
L’immagine iniziava a prendere forma.
Ma c’era una cosa che ancora non riusciva a capire.
Nonostante avesse già provato più volte nel corso degli anni a sopprimere il parassita dentro Ginevra quello sopravviveva. Era parte di lei. E man mano che la ragazza utilizzava il suo potere diventava un pericolo…
“Ma se così non fosse?”, si domandò l’animagus.
“Certo che è così! Deve essere così”, si rispose prontamente.
“E perché?”, continuò a chiedersi.
“Perché l’ha detto Silente…”.
A quel punto Regulus capì.
Ed ecco che un’altra tessera del puzzle andava al suo posto, rendendo l’immagine sempre più comprensibile.
Scattò subito in piedi come una molla. Imprecò e diede un calcio a una sedia malconcia, facendola arrivare dall’altra parte dell’aula. - Porca puttana! Mi sono lasciato ingannare così facilmente… Come ho potuto cascarci?
Severus inarcò un sopracciglio, ma non disse una parola. Si limitò a guardarlo, in attesa di spiegazioni che non tardarono ad arrivare.
Regulus si passò una mano tra i capelli e iniziò a camminare avanti e indietro come aveva fatto Severus fino a poco prima. - A conti fatti, tutto quello che sostiene Silente è solo una massa di supposizioni. Lui non ha certezze… Ginevra ha sempre avuto delle doti fuori dal comune. Non le controlla, questo è vero, ma questo perché Silente ha voluto subito prendere il controllo della situazione… e noi ci siamo cascati come degli idioti! È rimasto in attesa per tutti questi anni, lasciando che il potere dentro di lei aumentasse. Il mio compito era tenerla d’occhio e fare rapporto su tutto quello che succedeva… e io da bravo soldatino gli ho sempre detto tutto – esclamò, frustrato.
- E come mai non hai pensato tutto questo prima che io te ne parlassi?
- Perché sono un’idiota! - sbottò Regulus. - Credevo di agire nel bene, di aiutare mia nipote – poi sbuffò un sorriso ricco di amarezza. - Silente mi ha persino convinto a legare la mia vita a quella di Ginevra.
- Che cosa? - sbraitò Severus a occhi sbarrati. - Sai cosa comporta? Se tu dovessi...
- Lo so benissimo, ma pensavo che in questo modo l’avrei tenuta al sicuro – spiegò Regulus. Poi sospirò e disse: - E invece era per tenere al sicuro il demone! Che idiota sono stato!
I suoi occhi avevano iniziato bruciare di rabbia, poi apparvero le lacrime insieme alla consapevolezza che a Silente non era mai importato nulla di Ginevra. Voleva solo tenere al sicuro il demone.
Severus scosse la testa. Anche lui era arrivato alla stessa conclusione. - Non credevo che l’avrei mai detto ma… Dobbiamo tenerla lontana da lui. Dobbiamo proteggerla – disse.
Regulus sembro calmarsi e annuì. Era grato di non essere solo. Era grato a Severus per avergli aperto gli occhi. Ma Silente aveva ragione su una cosa: Ginevra doveva controllare i suoi poteri e loro dovevano aiutarla. Ma come? Persino le ricerche erano arrivate a un punto morto. Purtroppo per lui, il libro che gli aveva procurato Emily aveva delle pagine strappate.
La sua solita fortuna! Quando era vicino alla soluzione quella gli sfuggiva dalle mani.
Dovevano elaborare un piano e anche alla svelta, prima che fosse troppo tardi.



*Scena ispirata dal corto Pixar “La partita di Geri”.

 

ANGOLO AUTRICE:
Salve a tutti! Perdonate l'assenza, ma ultimamente non molto tempo per scrivere. Comunque ringrazio tutti coloro che continuano a leggere questa storia nonostante tutto. Grazie, grazie, grazie! 
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto e che continuerete a leggere i prossimi capitoli dove, finalmente, concluderò "L'Ordine della Fenice".
Detto questo vi mando un bacio e vi lascio in compagnia del bel Regulus ;)
A presto, 
18Ginny18
  
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