Storie originali > Fantasy
Segui la storia  |       
Autore: Red Owl    26/10/2022    1 recensioni
Si dice che ci sia un tesoro inestimabile, sotto alle colline di Yevàn. Nessuno ne conosce la natura: c'è chi parla di un tesoro sepolto da più di mille anni, c'è chi parla dell'oro degli Elfi, c'è chi parla di sapienza, chi di potere. Nessuno l'ha mai visto, ma tutti lo cercano.
C'è una mappa che vale oro e c'è un ladro senza scrupoli, c'è un'ereditiera più furba di quel che sembra e un mercenario venuto dal mare. C'è, soprattutto, una voce nella notte che in pochi sentono e che chiede di viaggiare lontano, lontano, oltre le porte della città e oltre la campagna, su fino alla collina del tesoro e giù tra le radici degli alberi.
Genere: Avventura, Mistero, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Lyra adesso si sente stupida. La sicurezza che l'ha guidata fuori di casa e attraverso i campi è svanita non appena il vento d'autunno si è levato e ha iniziato a infilarsi sotto la sua camicia da notte, superando la protezione degli stivali e dei calzettoni di lana.

Che pessima idea che ho avuto! Si dice mentre rabbrividisce e si stringe addosso la vestaglia pesante. Cosa mi è venuto in mente di venire fino a qui?

Non ha idea di quanto abbia camminato. Non si è persa, perché quelle sono zone che visita con una certa frequenza in sella a Mora, la sua giumenta pezzata, ma di sicuro non si è mai spinta tanto lontano affidandosi solo alla forza delle sue gambe.

Chissà se qualcuno si è accorto della sua assenza. Chissà se qualcuno la sta cercando.

Farei bene a tornare indietro, prima che mi pigli un accidente. Glielo dice sempre la mamma: non deve scherzare con la sua salute. Lei non se lo ricorda, ma quando era piccola ha rischiato di morire per una brutta polmonite.

Lyra si guarda alle spalle, nella direzione da cui è arrivata. Sì, sarebbe davvero il caso di tornare a casa, ma in lei c'è qualcosa che si ribella a quell'idea.

Lyra.

La voce continua a chiamarla. Ha perso la nota urgente che aveva quando l'ha tirata giù dal letto: ora è più dolce, quasi suadente. Non sembra più un ordine, ma un invito.

Ancora un pochino, decide, mentre si allontana da casa di un altro passo.

Fino a dove vuoi arrivare? Le chiede la sua coscienza. Fino alle colline?

No, ovviamente no, si risponde. Sente che non ci sarà il bisogno di arrivare fino a là: la risposta che cerca è molto più vicina.

Il pensiero che è stata fortunata a non fare brutti incontri la sfiora, ma del resto quella è una via poco frequentata. Ha lasciato presto l'ampia strada di terra battuta che parte dalla casa di suo padre e ha imboccato un sentiero secondario. Durante il giorno è utilizzato dai pescatori, dai cercatori di funghi e da chi desidera fare una passeggiata a cavallo, mentre di notte è frequentato solo da volpi, tassi e altre bestiole che scendono ad abbeverarsi al fiume.

Non c'è nulla di cui avere paura.

Da qualche parte lassù devono esserci le stelle, ma il cielo è ingombro di nubi e la ragazza si muove nel buio più totale. La cosa non la disturba: pur con la sua salute cagionevole, ha sempre avuto un'ottima vista, tanto di giorno quanto di notte.

È grazie a quei suoi occhi particolarmente acuti che riesce a vedere la foschia quasi impalpabile che si leva dal corso d'acqua che gorgoglia alla sua destra. È un torrente di poco conto, poco più di un ruscello che scorre tra irregolari massi di granito e spiaggette di ghiaia argentea, ma di notte certe cose sembrano ingrandirsi, farsi più imponenti e maestose.

Ora che vi presta attenzione, Lyra si scopre attratta da quella traccia evanescente. La nebbia si muove, si arriccia in spire simili a tentacoli: se li osserva bene, sembra quasi che le facciano cenno di avvicinarsi.

Lyra si blocca nei pressi di una curva del sentiero e affonda le dita dei piedi nella lana ruvida delle calze. Le erbacce che crescono ai lati del tracciato, cicute e ortiche e lamponi selvatici, le sfiorano la camicia da notte con le loro foglie bagnate. L'umidità non ci mette molto a penetrare fino alla pelle della ragazza, ma lei non vi bada. I secondi scorrono lenti e lenta cresce in lei la convinzione che quella è la via che deve percorrere: non deve seguire il sentiero, ma il corso del fiume.

L'idea di attraversare l'erba bagnata non è per nulla allettante, ma Lyra si dice: non sono venuta fino a qui per niente. Andrà a dare un'occhiata e poi tornerà indietro.

Stringendosi la camicia da notte attorno alle gambe per evitare che rimanga impigliata nei rovi, la fanciulla si addentra tra la vegetazione bassa, ma folta. Rischia di inciampare un paio di volte: qualcosa, forse delle radici o forse solo delle erbacce particolarmente coriacee, le aggancia i piedi e le fa perdere l'equilibrio, ma lei riesce miracolosamente a non rovinare a terra.

Attenta, adesso, si raccomanda quando raggiunge i primi sassi di fiume, lisci e tondeggianti. L'acqua scorre poco lontano e un bagno fuori programma metterebbe fine alla sua esplorazione, perché fa davvero troppo freddo per girovagare per la campagna con addosso dei vestiti fradici.

Ora che si trova nel greto del torrente, vede che la nebbia, anziché diradarsi, sembra farsi più fitta. Aleggia a una decina di centimetri dal terreno e se guarda in basso Lyra vede i propri piedi più chiaramente del resto delle gambe. Non ha mai badato prima di ora al comportamento della nebbia, ma quella stratificazione le sembra insolita.

Per un po' cammina ai margini del torrente, tra la sabbia, la ghiaia e la fanghiglia che le imbratta gli stivali, ma dopo poche centinaia di metri il greto si stringe e la ragazza è costretta a muoversi saltellando da un sasso all'altro. Mulinando le braccia per non perdere l'equilibrio, Lyra si ferma su un masso piatto che le consente di riprendere fiato. Cosa accidenti stai facendo? Si chiede, rendendosi conto della situazione. È notte fonda e lei è appollaiata su un sasso in mezzo a un fiume, vestita solo con la camicia da notte e la vestaglia e intenta a seguire una voce che nessun altro sembra sentire. Sei completamente impazzita, non c'è altra spiegazione!

Facendo un respiro profondo, si stringe addosso la vestaglia di lana e rabbrividisce. Basta così, decide. Ha seguito fin troppo a lungo la pazzia momentanea che si è impadronita di lei e l'ha spinta a lasciare la sicurezza del suo letto e della sua casa. Adesso è ora di tornare indietro, prima che qualcuno si accorga che è sparita. Nessuna persona sana di mente farebbe mai quello che lei ha appena fatto. Qua finisce che mi rinchiudono davvero in un manicomio! Si dice in preda all'angoscia.

Lyra ruota su se stessa e fa per tornare indietro – sperando di riuscire a ritrovare il sentiero, con quel nebbione! – quando un evento eccezionale le fa balzare il cuore in gola.

Come se avesse intuito le sue intenzioni, la foschia si dirada lievemente e l'acqua del fiume si tinge di un azzurro ultraterreno. Non è solo colore, ma è luce, e per un attimo il torrente pare divenire una bizzarra torcia.

La luce pulsa, si fa più intensa a poca distanza dai piedi della giovane, fino a diventare di un bianco quasi incandescente e poi, muovendosi come un'onda che risale la corrente, scorre su per il fiume. Ne seguono altre, più piccole e meno intense, ma alla fanciulla il significato di quell'evento pare inequivocabile: qualcuno (o qualcosa) la sta invitando a proseguire.

A confermare quel pensiero arriva anche la voce, che di nuovo la chiama. Lyra, le dice con gentilezza. E poi: vieni!

Quella richiesta è nuova. Fino a quel momento, la voce non aveva fatto altro che pronunciare il suo nome. Ora le sta parlando, si sta rivolgendo a lei come farebbe una persona qualunque, e Lyra si accorge di avere paura. Ora che ha la certezza che ciò che sta avvenendo non esiste solo nella sua mente (non sarebbe mai stata in grado di inventarsi un'acqua di quel colore!) teme di scoprire cosa c'è alla fine del sentiero – o del fiume.

La sua mente corre a ciò che le ha raccontato Mia, a demoni con le dita di tenebra, alle fate e agli elfi che popolano le leggende di Yevàn, e Lyra si porta nervosamente una mano alle labbra e inizia a rosicchiarsi le unghie. Cosa può fare? Vorrebbe correre a casa, ma teme che sia troppo tardi per farlo. C'è qualcuno che vuole che lei vada avanti, e chi può dire come reagirebbe se disobbedisse a quell'ordine?

Con gambe tremanti, decide di proseguire ancora. Le onde luminose la accompagnano fino a un'ansa dietro alla quale il fiume si allarga formando una pozza poco profonda. Lyra ricorda vagamente di esserci andata a giocare una qualche volta, quando era bambina.

L'acqua riluce di un bagliore celeste e, seduta sulla riva più lontana, c'è una donna. Siede sulla spiaggia di ghiaia, ma le sue gambe sono immerse nell'acqua. Porta abiti bianchi, una veste di foggia antiquata con un'ampia gonna, un corpetto aderente che le lascia le spalle scoperte e delle maniche larghe e leggere. I lunghi capelli pallidi le scendono sul petto e sulle spalle in onde morbide e sembrano completamente inzuppati.

Lyra non è in grado di scorgere i dettagli del suo viso, ma è subito colta dalla più strana delle sensazioni: l'aspetto della sconosciuta è nuovo e alieno, e tuttavia la fanciulla ha l'impressione di trovarsi di fronte a qualcosa che un tempo era noto, ma che è stato poi dimenticato.

Non si mostra sorpresa di vederla, ma sorride e allunga una mano verso di lei. "Benvenuta, Lyra" le dice con una voce che la giovane conosce bene.

Anche la sua pelle sembra brillare, ma forse è merito dell'acqua che la bagna.

La ragazza rimane impietrita, combattuta tra il desiderio di scappare e uno strano istinto che invece la spinge ad avvicinarsi alla donna in bianco.

Davanti alla sua esitazione, quella le fa ancora cenno di avvicinarsi. "Perché resti lì? Non avere paura, vieni."

Facile dirlo, per te! Pensa la fanciulla con una smorfia. Non riesce a dare un nome alla creatura che le sta davanti: la ragione le suggerisce che si tratta di una donna dalle abitudini bizzarre, ma c'è quella luce nell'acqua, ci sono i suoi abiti strani e quel certo non so che che le morde lo stomaco ogni volta che i suoi occhi si soffermano un po' troppo sulla sconosciuta.

Ma che scelta ha, se non fare quello che le viene chiesto? Stando bene attenta a non entrare in acqua, Lyra aggira la pozza e arriva a pochi metri dalla donna. Lì si ferma e si schiarisce la voce, cercando la forza di porre almeno una delle tante domande che le riempiono la testa.

"Siete voi che mi chiamate tutte le notti" dice. Vorrebbe articolare la frase come una domanda, ma l'intonazione è tutta sbagliata e forse va bene così.

La donna annuisce e la guarda con aria serena.

Lyra si torce nervosamente le mani, sentendosi decisamente fuori dal proprio elemento. "Perché? Cosa..." 

Cosa volete da me, stava per chiedere, ma riesce a fermarsi prima di porre una domanda così poco cortese.

"Cosa posso fare per voi?" chiede invece.

La dama sorride e con le dita sfiora la ghiaia argentea. "Ti prego, piccola mia: siediti."

Lyra esegue, ma sta bene attenta a mantenere una certa distanza di sicurezza. Vista da vicino, la donna è incantevole: ha un volto dalle proporzioni perfette, grandi occhi che sembrano dello stesso azzurro dell'acqua (ma forse è solo il riflesso della luce a renderli così), un naso delicato, labbra morbide e rosate e una pelle che pare di porcellana. Quando cerca di darle un'età, però, si trova in difficoltà: non è il volto di una fanciulla nel fiore degli anni, ma nemmeno quello di una matrona che ha già visto molto della vita. È piuttosto un viso che esiste al di fuori del tempo, quasi il ritratto di una bellezza ideale che un artista ha dipinto piegando a proprio piacimento le leggi del mondo e della natura. 

"Non ricordi il giorno in cui ci siamo già incontrate, vero?"

La ragazza sgrana gli occhi e scuote la testa. No, non ricorda di aver mai visto quella donna. Sono piuttosto certa che me la ricorderei, pensa aggrottando la fronte e sforzandosi di riportare alla luce un ricordo forse smarrito. C'era però quella sensazione che aveva provato nell'istante in cui l'aveva vista, quello strano senso di famigliarità...

"È naturale" dice la dama in tono accomodante. "Eri molto piccola."

Lyra è colpita da un'illuminazione improvvisa. Ora che dice così... ora che sa che era molto piccola quando si sono incontrate per la prima volta...

"È stato quand'ero malata?" le chiede, cercando poi subito una conferma sul viso della sconosciuta.

Lei rimane impassibile, ma annuisce. "Sì. Ricordi, ora?"

Lyra è costretta a negare di nuovo. "No, purtroppo no. Però so di essere stata molto malata da bambina e di aver sofferto per una brutta polmonite. So che ho rischiato di morire, ma i miei genitori non mi hanno mai spiegato come abbiano fatto a curarmi. Siete..."

La domanda le muore sulle labbra, perché Lyra non ha il coraggio di pronunciarla ad alta voce. Stava per chiederle se era stata lei a curarla, ma farlo significherebbe riconoscere che c'è qualcosa di strano - qualcosa di sovrannaturale, forse - in quella dama dai capelli bagnati.

"Sono stata io a farti stare meglio?" conclude per lei la signora. "Sì, siamo state io e le mie due sorelle. Sono lieta di vedere che sei guarita, sei cresciuta e ti sei fatta forte."

Lyra arrossisce. "Be', insomma. Proprio forte non direi." Poi avvampa, perché non è mai una buona idea contraddire un adulto, soprattutto uno che è in una posizione sociale che è con ogni probabilità superiore alla sua. Le sarò sembrata un'ingrata?

"Però sei sana" taglia corto la signora. "I bambini che hanno un inizio come il tuo spesso non hanno una vita facile, ma vedo che tu sei più fortunata di molti."

La fanciulla china il capo. "Con ogni probabilità è merito delle vostre cure" commenta, anche se, in verità, non ha idea di quali siano le cure che le sono state prestate.

Medicine? Preghiere? Erbe officinali? Magia?

Con la coda dell'occhio, Lyra prova a spiare le orecchie della sconosciuta. Le leggende narrano che gli elfi e le fate abbiano le orecchie appuntite: più corte i primi, più lunghe le seconde. Le orecchie della signora però non si vedono, sono coperte dai suoi lunghi capelli dorati.

"È possibile, sì" concorda la donna, e poi tace.

Lyra avverte un silenzio pesante calare sopra la pozza d'acqua, e un brivido freddo le scorre lungo la schiena. Le leggende non raccomandavano forse di non fare mai accordi con il popolo fatato, perché prima o poi si sarebbe stati costretti a pagare un prezzo salato per il favore ricevuto?

Ma io non ho chiesto niente! Pensa con disappunto. Ammesso che questa storia sia vera, sono stati mamma e papà a chiedere a delle... a delle fate, o a delle streghe, di curarmi!

"E adesso volete che io faccia qualcosa per voi?"

Non è la più elegante delle domande, ma Lyra sente di dovere assolutamente avere una risposta.

La dama la fissa con i suoi occhi di fuoco azzurro. "Credi che ti abbia chiamata a me perché intendo riscuotere un favore?"

La fanciulla avvampa e china nuovamente il capo. "Io... io non so..." farfuglia.

"No, piccina", la tranquillizza la donna, "io chiamo sempre a me i miei bambini quando sono sul punto di varcare la soglia che separa l'infanzia dall'età adulta."

"Oh" sospira Lyra. Quella spiegazione le sembra stranamente toccante.

"Tuttavia..."

Il sospiro di sollievo si incastra nella gola della ragazza.

"Tuttavia", continua la dama, "in effetti ci sarebbe una cosa che potresti fare per me. C'è un oggetto che ho smarrito e forse tu sai dove si trova."

Lyra sgrana gli occhi. "Io?"

La donna annuisce. "Permettimi di mostrarti di cosa si tratta." 

Così dicendo allunga una mano verso di lei e la ragazza ha l'impressione di essere trasportata in un altro luogo. Non è una visione vera e propria, ma sembra piuttosto un ricordo: solo che non può essere suo, perché lei in quel posto è sicurissima di non esserci mai stata.

Si trova in una specie di grotta, un'enorme cavità rocciosa, e tutt'intorno a lei ci sono diverse persone. Il volte della maggior parte di esse è sfocato e offuscato, ma le due donne che le stanno più vicine sono invece chiarissime. Una è alta e imponente e ha lunghe trecce bionde adornate con un nastro di oro puro, mentre l'altra è più minuta e i suoi capelli sono d'argento, i suoi occhi dello stesso azzurro penetrante della dama del fiume.

È così che Lyra comprende che quello che sta vivendo è il ricordo della donna sconosciuta, e che quelle due donne sono le altre due sorelle che le hanno salvato la vita. 

Prima che possa provare un moto di gratitudine nei loro confronti, la donna con le trecce si volta per un istante verso di lei, quel tanto che basta perché Lyra veda che tra le mani regge qualcosa: una chiave e una mappa. La fanciulla non ha mai visto né l'una né l'altra, ma sa senza ombra di dubbio di aver passato i primi sedici anni della sua vita molto vicina a quella mappa. In fin dei conti, ci ha dormito sopra.

Un istante dopo la donna le ha dato di nuovo le spalle e si sta dirigendo verso una sorta di altare di pietra, ma la visione si fa confusa e nel giro di un respiro Lyra si ritrova nuovamente sulla sponda del fiume.

Deglutisce. "State cercando la chiave?" Non sa nemmeno lei perché lo chiede.

Sul volto della donna passa una rapida espressione di rimprovero. "Sai bene che sto cercando la mappa."

"Ehm, sì" ammette pentita Lyra. "È la stessa mappa che è stata rubata dalla casa di mio padre qualche giorno fa?"

Ora la donna sembra allarmata. "È stata rubata?" chiede.

Lyra è stupita dal fatto che non sia già a conoscenza dell'accaduto - sembra sapere così tante cose! - ma non può fare altro che annuire. "Sì, sette notti fa. Jens Lowal, un famoso brigante locale, è entrato in casa nostra e l'ha portata via."

"Jens Lowal" ripete lentamente la donna, scandendo bene le sillabe, assaporandole. "Non conosco questo nome."

Lyra si stringe nelle spalle, non sapendo che altro fare. "A Yevàn lo conoscono tutti."

La donna annuisce. "Molto bene. Suppongo che non mi resti che cercarlo e riprendermi ciò che è mio."

La ragazza vorrebbe chiedere come ci è finita la mappa a casa sua, soprattutto considerando che Lord Ardyn le aveva spiegato che essa apparteneva in realtà ai suoi antenati, ma ha come il sospetto che questa sia una di quelle faccende delle quali meno si sa, e meglio è. Ingoiando la propria curiosità sceglie quindi di rimanere in silenzio.

"C'è altro che posso fare per voi?" chiede dopo un po'.

La donna è assorta nei propri pensieri e sembra aver perso interesse per lei, ma il suono della sua voce la riscuote. "No, per ora no. Puoi andare. Ci rivedremo: credo che avrò ancora bisogno del tuo aiuto."

Ha come l'impressione che quelle parole abbiano un vago retrogusto di minaccia, ma Lyra ringrazia e si alza in piedi.

"Va da sé", aggiunge la donna quando la giovane si è già allontanata di qualche metro, "che gradirei che tu non facessi parola con nessuno del nostro incontro: non con tuo padre, non con tua madre, non con l'uomo che dà lavoro a tuo padre."

La ragazza annuisce. "Certamente, no."

Mentre ripercorre a ritroso la strada che l'ha portata fino alla pozza, si chiede se non dovrebbe essere più turbata dall'incontro con quella strana donna. Probabilmente dovrei, ragiona. Eppure non si sente particolarmente scossa, come se non fosse la prima volta che fa un incontro del genere.

E in effetti non lo è, ricorda mentre approda sul sentiero. Chissà perché la dama in bianco le ha chiesto di non dire nulla ai suoi genitori? Se è vero ciò che le ha raccontato, loro sono già al corrente della sua esistenza. E cosa c'entra Lord Ardyn?

È solo quando è ormai in vista della casa che si rende conto che, quando le ha chiesto di non parlare del loro incontro, la donna non ha citato Mia.

   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantasy / Vai alla pagina dell'autore: Red Owl