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Autore: effe_95    27/10/2022    2 recensioni
[Questa raccolta partecipa al Writober2022 indetto da Fanwriter.it ]
***
31 racconti diversi, ambientati in 31 universi alternativi.
Universi in cui Tooru e Wakatoshi si incontreranno - anche in forme e generi diversi - dimostrando che l'amore, se predestinato, sceglie sempre le stesse persone, non importa quanto diverse esse appaiono.
[ Ushijima x Oikawa ]
***
28. Band
-
«Ehi Tooru, aspetta!». La voce di Tobio lo inseguì, ma lui stava correndo via.
Correva davvero, con i polmoni in fiamme. Sentiva dentro una strana tempesta.
Aveva quasi raggiunto l'altro lato della strada, quando sentì il foulard che aveva messo attorno al collo scivolare sulla pelle. Lo toccò automaticamente, sentendolo sfuggire dalle dita. A quel punto si voltò di scatto e Wakatoshi era dietro di lui, con l'affanno a sua volta, e il suo foulard stretto nel pugno della mano piena di anelli.
«Tooru» lo chiamò per la prima volta con una voce profonda e monocorde, facendo muovere quella tempesta dentro di lui come un mare agitato «ti prego, diventa il cantante della mia band!».
Genere: Angst, Drammatico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Tooru Oikawa, Wakatoshi Ushijima
Note: AU, OOC, Raccolta | Avvertimenti: Gender Bender, Mpreg, Tematiche delicate
Capitoli:
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“Questa storia partecipa al Writober di Fanwriter.it”

Prompt: Poledancer

N° parole: 16.120

Note: it’s been 84 years, ma ce l’abbiamo fatta.
Segnalo qui storia ROSSA, MA CHE PIÙ ROSSA NON SI PUÒ.
Buona lettura :)
TW: sesso, turpiloquio, tematiche molto delicate







 
Stay

You don't know what you did,
did to me
Your body lightweight
speaks to me








L' Haikyuu Nightclub era come una seconda casa per Tooru.
Si esibiva tre volte a settimana, il venerdì, il sabato e la domenica notte.
Il palo era il suo cavaliere da sedurre. E sapeva farlo sempre molto bene.
Le grida volgari si agitavano ancora feroci all'interno del locale, riusciva a sentirle anche mentre camminava dietro le quinte.
Tooru fece un sorrisetto compiaciuto, raccogliendo le mance generose che avevano infilato numerose mani lascive nei suoi microscopici slip leopardati.
« E anche stanotte è stato un successo, mie care! »
Esclamò con voce squillante aprendo le tende rosse del camerino.
Sventolò il suo malloppo di banconote come fosse un ventaglio, sbattendo le ciglia.
« Fa vedere, fa vedere! » Esclamò Shouyou, saltando giù dal suo sgabello di velluto rosa con una certa abilità, considerato che indossava due zatteroni arancione fluo con almeno dodici centimetri di tacco e plateau.
« Banconote da cinquanta! » Esclamò indignato, tentando di strapparne una dal mucchietto con le sue unghie finte posate di fresco, senza riuscirci perché Tooru fu più veloce a tirare via la mano « Se me ne danno da venti devo festeggiare, quei taccagni! »
Era solo mezzo truccato, con le calze a rete arancioni, un body di pelle giallo con una spaccatura generosa sul seno finto e un pitone di piume arancioni avvolto attorno al collo. Si era già ricoperto di glitter dorato sulle spalle e sulle braccia, ma ancora non aveva messo la parrucca e ultimato il trucco.
« Che vuoi farci stellina, sei solo una povera Drag Queen passata di moda! »
Intervenne con voce zuccherosa l'altro occupante del camerino, Satori.
Anche lui era favoloso, con le calze nere semitrasparenti, un completo microscopico ricoperto di lustrini scintillanti rossi e tacchi a spillo piuttosto impegnativi. Stava passando il mascara sulle lunghe ciglia finte, che sembravano piccoli ventagli in miniatura. Si era già calato nella parte.
Ormai era la focosa Roxy a tutti gli effetti.
« Non essere cattiva, non siamo passate di moda! E tu sei la Queen indiscussa di questo reame di sporcaccioni! » Intervenne Shouyou, tentando nuovamente di sottrarre una banconota a Tooru, che gli schiaffeggiò il dorso della mano abile.
« Giù le tue zampacce, Wanda » Shouyou le soffiò contro come un gatto, calandosi nella parte, poi rise e raggiunse la sua ballerina, dove riprese a truccarsi.
Tooru raggiunse la sua postazione e infilò le banconote del borsellino interno del suo zaino. Raccolse un panno da doccia pulito, la luce dei riflettori, insieme ai movimenti attorno al palo, lo facevano sempre sudare come un maiale. Voleva lavarsi subito.
« Noi siamo troppo vestite, stellina! »
Esclamò Roxy tirandosi in piedi, il trucco che si era fatta quella sera era spettacolare.
« Ti aiuto a mettere la parrucca, coraggio »
Si mise dietro le spalle di quella che ormai era Wanda a tutti gli effetti e la aiutò ad infilare sulla testa una vaporosa parrucca cotonata da leonessa.
Proprio in quel momento sentirono bussare sulla parete, poi la testa scura di Tobio - uno dei buttafuori - spuntò attraverso le tende.
« Siete pronte, signore? » Domandò.
Tutti sapevano che le Drag Queen di quel locale andavano chiamate in quel modo.
« Ci siamo, zuccherino! »
Esclamò Roxy, camminando con grazia sui suoi trampoli mortali a spillo.
Wanda si alzò, attardandosi a dare un'ultima sistemata alla parrucca davanti allo specchio. Tooru la trovava un vero incanto, minuta e accattivante al punto giusto.
Passando dietro di lui come una serpe silenziosa e velenosa, Roxy gli schiaffeggiò una chiappa nuda, pizzicandola poi con i suoi artigli rosso fuoco, come fosse una guancia.
« Ti darei un bel morso, zuccherino » E gli fece un sorriso provocante da diva.
Tooru rise, tirando i vestiti da fuori lo zaino.
« Ora sei una splendida donna, tesoro, non mi si alza. Che peccato però »
Fu la sua replica sagace, mentre le rivolgeva uno di quei suoi sguardi da "sesso" - come li chiamava Hajime. Roxy rise giuliva, imitando male una ragazzina imbarazzata, poi passò accanto a Tobio, avventandosi su di lui. Gli accarezzò il viso con un'unghia.
« E tu? Sei interessato a farti mordere, zuccherino? »
Lo provocò, ammiccando con il suo smagliante sorriso bianco.
Tobio rimase impassibile.
« Non da te » Rispose, per poi imbronciarsi.
Roxy rise di nuovo, poi lasciò il camerino, trascinandosi la sua risata folle dietro le quinte, che rimbombò spettrale.
« Aspettami, Roxy! » Esclamò Wanda, aggiustandosi l'imbottitura nel seno.
Nel tentativo di raggiungere di fretta la sua madrina drag, inciampò in un capo di abbigliamento gettato alla rinfusa sul pavimento.
Tobio si slanciò in avanti e la prese per le braccia, evitando la rovinosa caduta sui tacchi.
Tooru alzò gli occhi al cielo di fronte quel romanticismo rivoltante.
« Grazie, micetto » Disse la Drag Queen, tirandosi in piedi.
Tobio grugnì qualcosa come " brutto idiota " tra i denti.
Wanda uscì, dandogli un buffetto sulla guancia, divertita, e lui la seguì con lo sguardo puntato dritto sul suo didietro piccolo e decisamente provocante.
« Dovresti scopartelo e basta, perché con quella bava alla bocca fai davvero schifo Tobiuccio. Sembri un pervertito »
Commentò Tooru a voce alta, attirando l'attenzione del buttafuori su di sé.
Si era appena sfilato gli slip per entrare in doccia ed era nudo come un verme, ma Tobio lo guardava come se fosse una cosa inutile, di dubbio interesse.
Era uno dei pochi. E Tooru non lo sopportava anche per quello.
Nessuno poteva resistere al sul fascino.
« Non me lo voglio solo scopare » Bofonchiò Tobio. Tooru gli rivolse un sorrisetto divertito mentre apriva il getto della doccia per far scorrere acqua calda. Era incastrata dietro le quinte, nel minuscolo bagno del camerino che condividevano tutti.
« Allora chiedigli di uscire! Altrimenti continuerà a farsi sbattere da Atsumu davanti ai tuoi occhi per farti dispetto, Tobiuccio » Il buttafuori grugnì di nuovo, infastidito.
Tooru entrò sotto il getto caldo, sospirando.
E sul palco, non molto distante, si sentì: « Siete contenti di vederci, zuccherini? »
E grida di approvazione esplosero nell'aria.


 
☆☆☆


L'Haikyuu Nightclub era uno dei pochi locali gay della città.
Era un luogo di ritrovo, un posto per persone emarginate dalla società.
Era casa e famiglia per alcuni di loro.
Tooru si aggirò tra la massa di corpi in movimento, sotto le luci stroboscopiche della discoteca, scansandoli con agilità e grazia.
Chi riconosceva in lui il ballerino sexy e quasi completamente nudo sul palo, faceva volgari battute di apprezzamento nei suoi confronti.
Nulla a cui Tooru non fosse abituato. Spesso scambiavano quella che per lui era arte, infinite ore di allenamento e sudore, per una volgare danza provocante votata al sesso.
Raggiunse il bancone del bar e si mise seduto su uno sgabello con grazia, accavallando le gambe nei jeans scuri.
Aveva indossato una maglietta a mezze maniche nera e la sua unica giacca di pelle.
« Ehi, Tooru » Lo salutò Daichi con un cenno del capo e un mezzo sorriso da dietro il bancone, mentre shakerava un drink. Tooru ricambiò il gesto.
Avevano avuto una cosa, non molti anni prima, ma non era andata bene. Ovviamente.
Nessuna delle sue storie lo faceva.
« Mi fai un Bloody Mary? » Gli chiese.
Il lato positivo del lavorare in quel posto non era tanto lo stipendio - misero - ma la possibilità di poter bere qualche drink gratis dopo lo spettacolo.
Daichi fece un cenno del capo, poi:
« Ohi, Wakatoshi! »
Chiamò, e Tooru alzò gli occhi al cielo nel sentir chiamare la sua nemesi.
L'interpellato apparve da dietro l'angolo, reggendo tra le mani una cassa di agrumi.
I muscoli delle braccia erano gonfi dallo sforzo, le vene in bella vista.
Lo stomaco di Tooru si contorse in una stretta dolorosa e piacevole al contempo.
La divisa dei barman era semplice, una maglietta nera a mezze maniche, pantaloni dello stesso colore e grembiulino blu.
Ma su un fisico come quello di Wakatoshi ...
Tooru si sarebbe fatto scopare da lui lì su quel bancone, ma non lo avrebbe mai ammesso. Nemmeno sotto tortura.
« Prepara un Bloody Mary a Tooru » Lo istruì Daichi.
Wakatoshi si limitò ad annuire.
Lavorava al Nightclub da un paio d'anni ed era avvolto da un certo mistero personale.
Non mischiava mai vita privata con quella lavorativa, motivo per cui nessuno sapeva davvero niente di lui.
Il motivo per cui Tooru lo odiava non era solo per via del fatto che lo trovasse attraente sotto ogni punto di vista, ma perché il primo giorno al locale, dopo averlo visto esibirsi nella sua variante migliore, il suo commento era stato: Potresti fare di meglio.
Nessuno gli aveva mai detto una cosa simile.
Nessuno che non ne capisse niente di pole dance quantomeno.
Da allora era stata guerra aperta e dichiarata, almeno da parte sua.
Wakatoshi, d'altra parte, non aveva mai fatto mistero del fatto che volesse scoparselo.
Glielo aveva chiesto, con la sua schiettezza a volte decisamente fuori luogo e spiazzante.
Tooru sarebbe morto, piuttosto che ammettere di essere interessato a sua volta.
« Sei stato bravo stasera » Gli disse Wakatoshi mentre prendeva un tumbler alto e lo posava sul bancone, agile e veloce. Tooru lo guardò di sottecchi, sospettoso.
I suoi complimenti erano sempre sinceri, comunque, ma non li sopportava.
« Sono sempre bravo » Rispose, tornando a fissare la pista da ballo pur di non prestare troppa attenzione al barista.
« A volte sei giù di tono, si vede »
Tooru si voltò di scatto, incrociando le braccia al petto. Wakatoshi non lo stava guardando, concentrato a versare nello shaker succo di pomodoro, spremuta il limone e qualche goccia di tabasco e Worchestershire. Si muoveva esperto.
« E tu che cazzo ne capisci? » Lo accusò. La sua espressione doveva essere truce.
Wakatoshi sollevò lo sguardo per un secondo, mentre si allungava a prendere sale e pepe, che mise in piccole dosi nello shaker.
« Un amico ha una scuola di ballo, in centro città. Insegna anche la pole dance »
Tooru sollevò un sopracciglio, improvvisamente interessato alla conversazione, anche se non voleva darlo troppo a vedere.
« E tu prendevi lezioni? » Chiese, scettico.
Con un corpo pesante come il suo ... sollevarlo e muoverlo attorno al palo con fluidità non sarebbe stato uno scherzo. Wakatoshi accennò un sorriso mentre girava gli ingredienti nello shaker con un bar spoon.
« Direi di no, ma ... » Cominciò a versare la vodka attraverso lo jigger « ... quando le cose a casa si facevano un po' pesanti, passavo i pomeriggi lì. E lo guardavo insegnare invece di fare i compiti » Senza rendersene conto Tooru si era appoggiato al bancone, prestandogli tutta la sua attenzione.
Era raro sentirlo dire cose su di sé, si potevano contare con una sola mano.
Lo osservò distrattamente mentre metteva qualche cubetto di ghiaccio nello shaker.
« Il tuo amico è vecchio » Commentò.
Wakatoshi sorrise di nuovo, sollevando solamente un angolo della bocca.
Era un movimento sexy e Tooru brontolò sotto voce contro se stesso e la sua stupidità.
« Non farti sentire da Tanji » Commentò, mentre cominciava a miscelare gli ingredienti con la tecnica del throwing in movimenti esperti e veloci, poi aprì lo shaker e bloccò il ghiaccio con uno strainer.
« Ha settantotto anni » Aggiunse, versando il contenuto dello shaker nel tumbler alto.
Il colore era invitante e decisamente perfetto.
Tooru spalancò la bocca, scioccato.
Wakatoshi doveva avere all'incirca ventisette anni, come lui.
« Insegna ancora? » Domandò. Wakatoshi aggiunse un gambero di sedano nella bevanda, uno spicchio di limone decorativo e la passò a Tooru sul bancone.
Era un drink visivamente perfetto.
« No, ha lasciato la palestra ad un suo allievo. Reon. Ma supervisiona tutto come un'aquila rapace » Tooru percepì una nota di affetto nel tono della sua voce.
Era ... strano. Bevve un sorso del suo Bloody Mary e per poco non si mise a gemere.
Era buonissimo. Dannazione.
« E comunque non sono mai giù di tono! »
Precisò, perché si era lasciato troppo andare.
Wakatoshi fece spallucce, mentre se ne stava affaccendato a pulire il bancone con gesti meccanici, veloci ed efficienti.
« Come credi » Rispose e Tooru si risentì.
« Wakatoshi, un Margarita! » Lo chiamò Daichi dall'altro lato, impegnato.
« Arriva » Fu il commento apatico.
Proprio in quel momento, mentre se ne stava a bere tutto imbronciato il suo cocktail, uno gli si mise seduto accanto. Talmente accanto da stargli quasi addosso.
Tooru lo guardò, accigliato.
Non era male, capelli biondi tinti tirati all'indietro, scuri sulla nuca e rasati.
Aveva uno sguardo vivace e un orecchino interessante al lobo destro.
« Pensi che il tuo amico può farmene uno uguale? » Gli chiese, indicando il cocktail.
Aveva un sorrisetto da schiaffi e le sue intenzioni erano palesi.
Tooru fu tentato sul momento di rispondergli con un: chiediglielo, ma poi lo sguardo gli cadde su Wakatoshi. Li stava fissando, con espressione neutra, mentre massaggiava un lime sul bancone con una mano per scaldarlo e ricavarne più succo.
Era geloso, il bastardo! Con che diritto -!
Tooru sentì il diavoletto che era in lui stuzzicarlo con il tridente nero.
« Se ti comporti bene forse te lo faccio assaggiare »
Rispose invece, accavallando le gambe, sorridendo accattivante e sporgendosi verso lo sconosciuto, che sembrava essersi fatto un bagno del profumo.
« Sono Yuji » Si presentò il tipo, avvicinandosi abbastanza perché le loro labbra fossero a pochi millimetri di distanza. Tooru leccò le proprie, provocante.
« Ciao, Yuji » Mormorò, poi, quando stavano per toccarsi, lo spinse lievemente indietro e si fece una risata voltandosi verso il bancone.
Yuji rimase qualche secondo imbambolato come uno stoccafisso, poi rise a sua volta.
Era intrigato, e adesso voleva averlo.
Tooru conosceva i tipi come lui.
Sollevò lo sguardo e incrociò quello di Wakatoshi, era intenso e infuocato di gelosia.
Gli provocò una contrazione nel basso ventre.
Smettila di scoparmi con lo sguardo!
« Mi è piaciuto il tuo spettacolo, dolcezza » Yuji tornò alla carica, appoggiandosi sul bancone, ancora talmente vicino da toccarlo quasi dappertutto.
Il viso era voltato nella sua direzione, mentre Tooru continuava a fissare davanti a sé con un sorrisetto nascosto dietro al drink che sorseggiava.
« Ovviamente, sono il migliore » Rispose.
Yuji rise e avvicinò le labbra al suo orecchio.
« Anche io sono il migliore quando si tratta di ... attività più piacevoli » Sussurrò.
Tooru sorrise e lo guardò di sottecchi.
« Ma non mi dire » Commentò ironico.
Ne aveva visti di stronzi che si proclamavano dii del sesso, per poi fare cilecca al primo colpo. E di sesso scadente ne aveva avuto a sufficienza nella sua vita.
Si era divertito solo con Tetsuro - l'altro barista, assente quella sera - Daichi e Hajime.
Tutto il resto era stata spazzatura.
Yuji gli fece scivolare la mano sul fianco.
« Se vuoi vedere da te ... » Lo provocò.
Tooru fece un sospiro, pronto a rispondere e -
« Vuoi ordinare? » Guardarono entrambi Wakatoshi, sorpresi.
Lui era impassibile, si stava asciugando le mani sul grembiule blu che aveva in vita.
« Ah ehm ... » Balbettò Yuji, preso alla sprovvista, imbarazzato dal suo sguardo atono. Tooru sollevò un sopracciglio, teso.
« Se ti siedi al bancone lo fai per ordinare » Continuò Wakatoshi, con tono ... di rabbia.
Sto stronzo sta intervenendo per aiutare! Comprese Tooru, e una strana rabbia si impossessò di lui, posò il bicchiere ormai vuoto per metà sul bancone.
Ti faccio vedere io come ti devi fare i cazzi tuoi, bastardo! Non sono tuo!
« Sono interessato alla tua offerta » La sua voce era alta, appositamente alta mentre si voltava verso Yuji e scendeva dallo sgabello, mettendogli un braccio sulle spalle per aggrapparsi a lui in maniera lasciva.
Yuji si dimenticò immediatamente di Wakatoshi, ma Tooru aveva messo su quello sguardo cattivo e seducente solo per lui.
Tu non potrai mai sfiorarmi con un dito.
Era quello che gli stava dicendo.


Quando si allontanò con Yuji si sentì un po' vuoto dentro, ma non vi diede importanza.


 
☆☆☆


Tooru viveva nella periferia della città, in un quartiere malfamato e pericoloso.
Il suo appartamento, che in realtà era un sottoscala di tre stanze appena, si trovava in un vicolo sporco e fetente, sotto un ristorante cinese che puzzava di fritto e faceva casino.
Lui e Yuji avevano scopato sul retro del locale, accanto ai cassonetti della spazzatura. Quello stronzo non aveva avuto nemmeno la decenza di portarlo in un motel.
Come si era aspettato era stato scadente e terribile, Tooru aveva dovuto pensarci da solo al proprio piacere, ma almeno il bastardo aveva usato il preservativo.
E se n'era andato via imbarazzato quando avevano finito, senza nemmeno chiedere il suo numero di cellulare.
Non che Tooru fosse interessato, ma lo stronzo avrebbe anche solo potuto fingere che non gli fosse passato l'interesse dopo esserselo sbattuto per bene.
Sospirando, infilò le chiavi di casa nella toppa della porta, aprendo con cautela.
Erano le quattro del mattino, dopotutto.
L'aria fuori si era fatta fredda, le luci per strada erano spente come al solito e un tipo si stava facendo nella strada accanto.
Entrò in quella che doveva essere cucina, ingresso e salotto insieme, venendo investito dalla solita puzza insalubre di muffa, facendo piano - perché lì, sul divano letto, ci dormiva suo nipote - ma lo trovò al tavolo, con una candela accesa, chino sui libri di scuola.
« Takeru » Sibilò sotto voce.
La porta della camera da letto era semi chiusa e dallo spiraglio si intravedeva il letto, e un fagotto avvolto sotto le lenzuola.
« Ciao, zio Tooru » Mormorò il bambino, sereno, continuando a fare gli esercizi di matematica a lume di candela.
Tooru lasciò lo zaino per terra e gli andò vicino, accarezzandogli la testa rasata.
Non potevano permettersi un barbiere, così era Tooru a tagliargli i capelli, ma non era molto bravo. A lui ci pensava Satori, che quando non faceva la Drag Queen di notte, si occupava di un normalissimo negozio di parrucchieri sulla strada principale.
Ma a Tooru non chiedeva un soldo, e lui non voleva approfittarne oltre.
« Che cosa fai sveglio a quest'ora? »
« La mamma ha avuto una delle sue crisi. Non sono riuscito a fare i compiti »
Fu la replica serena del bambino e a Tooru si strinse la bocca dello stomaco con violenza. Guardò verso la camera da letto.
Satsuki stava dormendo, per fortuna.
« Hai cenato? » Gli chiese Tooru, mettendosi seduto accanto a lui.
Takeru annuì. Aveva solo otto anni, ma sembrava averne il triplo per le responsabilità che si portava sulle spalle.
Tooru era stato cacciato di casa quando aveva diciassette anni per via del suo orientamento sessuale. Quando era da solo andava bene, se la cavava.
Lavorava part-time in due posti diversi, nella palestra di famiglia di Hajime poteva studiare pole dance gratuitamente, e la notte aveva sempre il suo corpo da usare.
Poi sua sorella maggiore era rimasta incinta di uno stronzo che l'aveva mollata, e i suoi genitori avevano buttato per strada anche lei.
Satsuki era andata da lui.
Aveva partorito Takeru e poi si era messa a lavorare, ma si era depressa con il passare del tempo e ormai era malata da anni.
Se ne stava a casa e non muoveva un dito, imbruttita, incattivita, aveva delle crisi.
Le sue medicine costavano, costava la scuola di Takeru, l'affitto di quella catapecchia con un proprietario taccagno che spacciava roba e voleva sempre essere pagato in tempo, altrimenti costringeva Tooru a fare delle consegne per lui.
Le bollette e gli abiti e il cibo.
Tooru faceva quello che poteva. Quello che riusciva.
Quando non ballava al Nightclub, passava tutti i giorni della settimana a lavorare in un ristorante elegante nella zona ricca della città, quella doveva viveva la gente che non aveva la minima idea di cosa fossero la fame e la miseria.
Lui stesso veniva da lì. Prima.
« Le sue medicine sono finite, zio Tooru »
Gli fece notare Takeru, ancora impegnato nei suoi compiti. Tooru imprecò.
« Merda. Mi sono dimenticato di prenderle »
Si grattò la nuca, stanco e imbarazzato.
« Lo faccio domani, promesso » Disse al nipote, accarezzandogli di nuovo la testa.
Takeru era un bambino intelligente, più della norma, gli insegnanti a scuola gli avevano parlato bene di lui. Tooru voleva che studiasse e diventasse qualcuno, voleva che se ne andasse da quel buco di merda e avesse una vita felice e benestante.
« La tua insegnante di classe mi ha parlato di una gita » Gli disse, sottovoce.
Non voleva svegliare Satsuki prima del tempo, non aveva idea di come si sarebbe alzata. Era diverso ogni giorno con lei.
« Si, ma non ci vado » Fu il commento di Takeru, che sollevò lo sguardo dal quaderno.
Era stanco e avrebbe dovuto dormire.
« Ma perché - »
« Il viaggio costa, zio Tooru. Inoltre, la mamma resterebbe da sola troppo a lungo »
Tooru avrebbe voluto replicare, ma Takeru era molto più saggio di lui per certe cose.
Purtroppo. Non era davvero un bambino. Per quel motivo non aveva molti amici.
« Il soldi non sono un problema tuo »
Tooru sapeva per certo che Takeru ci era rimasto male all'idea di non poter andare in gita con i suoi coetanei. Ma quel bambino non chiedeva mai niente.
Era nato nella miseria e nella privazione.
E non aveva mai fatto un capriccio per qualcosa, o si era lamentato.
« Andrai a quella gita, ho già pagato » Aveva chiesto quei soldi in prestito a Shouyou, sapeva che non glieli avrebbe richiesti con fretta.
« Ma la mamma - »
« Alla mamma ci pensa zia Junko quando non ci sono io. Non ti devi preoccupare »
Lo interruppe deciso. Aveva già parlato con la mamma di Hajime, una casalinga agguerrita, che si era offerta volentieri per aiutare.
Junko era come una madre per Tooru, ci era rimasta malissimo quando tra lui e Hajime le cose non erano andate come sperato.
Viveva nel quartiere accanto, non molto diverso. Li era pieno di case popolari.
Il viso di Takeru parve illuminarsi appena, e non c'entrava niente la candela.
« Grazie, zio Tooru » Bisbigliò.
Lui gli sorrise e gli accarezzò i capelli.
Allontanarsi per un paio di settimane gli avrebbe fatto bene. Satsuki non era una sua responsabilità comunque, ma di Tooru.
« Ora vai a dormire almeno un paio d'ore, coraggio. Per domani ti faccio la giustifica »
Takeru annuì e chiuse i libri e i quaderni, scendendo dalla sedia con ubbidienza.
Anche Tooru avrebbe dovuto dormire, ma non ne aveva voglia, la sua mente era affollata da troppi pensieri.


 
☆☆☆


« E non toccarmi, non mi toccare! »
Satsuki gli graffiò la mano con le unghie e Tooru perse la pazienza.
Smise di tentare di spazzolarle i capelli, gettando la spazzola malamente sul letto.
Quella mattina si era svegliata male.
Per fortuna, Takeru era già andato a scuola.
« Voglio solo dormire, lasciami stare »
Brontolò la sorella, tornando a strisciare sul letto.
Non si cambiava la camicia da notte da giorni, né si faceva una doccia.
Le lenzuola puzzavano e anche la stanza, che non aveva finestre ma solo un piccolo pertugio chiuso da sbarre arrugginite che affacciava sul marciapiede.
L'attività preferita di Satsuki alcune mattine, era quella di contare le scarpe dei passanti.
« Prendi le medicine, forza » La incitò, andandole vicino con le pillole in mano.
« Noo, non le voglio » Si lamentò lei come una bambina « Mi fanno istupidire, non riesco a pensare! » E gli spinse il braccio.
Tooru sospirò, ma non si lasciò scoraggiare. Come aveva fatto tante altre volte in passato, afferrò la mascella della sorella, le aprì la bocca a forza e le fece ingoiare i farmaci, tra le urla, i gorgoglii e un leggero agitarsi.
« Stronzo, sei uno stronzo! » Lo aggredì lei, tentando di nuovo di graffiarlo.
« Si, si » Commentò Tooru, distratto. Non si era alzato alle sette, con solo tre ore di sonno addosso, per andare a prenderle le medicine e ricevere quelle lamentele.
Proprio in quel momento suonarono il campanello di casa. Doveva essere Junko.
Tooru sapeva che a Satsuki serviva essere ricoverata in una struttura apposita, ma non poteva permettersela. Quelle medicine erano solo un palliativo.
Junko lo avvolse in un abbraccio stretto non appena lo vide, era una donnina energica e vivace. Entrò in casa con la sua borsa piena di cibo - Tooru le aveva detto di non farlo, ma inutilmente - portando subito vitalità e gioia.
« Oggi è di cattivo umore » Le disse.
Era in ritardo e doveva andare a lavoro.
Junko si diresse sbrigativa al lavabo.
« Ci penso io » Sbottò, poi a voce più alta « Vieni a darmi una mano con questi fagiolini, Satsuki! » Gridò, per risposta arrivò un lamento.
Tooru sospirò, prendendo la giacca, le chiavi di casa e quelle della bicicletta.
« Niente lamenti, Satsuki. Muovi quel culo! »
Urlò Junko. Tooru le diede un bacio sulla guancia di fretta e si avviò alla porta.
« Ti amo, Junko. Grazie » Le disse.
La donna gli mandò un bacio volante.
Tooru si chiuse la porta alle spalle.


 
☆☆☆


Il proprietario dell'Haikyuu Nightclub era tutto sommato un brav'uomo.
Aveva ereditato il locale dal nonno, un uomo tosto, e poi aveva messo a posto la testa, sposando l'uomo della sua vita.
Seduto davanti alla sua scrivania sul retro del locale, a fine serata, Tooru si chiedeva che cosa avesse fatto di sbagliato per trovarsi davanti a Ikkei Ukai con in faccia quell'espressione. E per di più, con Wakatoshi seduto accanto.
« Andrò dritto al punto, ragazzi » Sbottò l'uomo, appoggiando la schiena contro la sedia di pelle mentre si accendeva l'ennesima sigaretta. Il suo ufficio puzzava di fumo in maniera incredibile, ormai era impregnato anche nel legno e nel metallo.
« Il comune non ha ancora rinnovato il contratto d'affitto del locale, se non lo farà, dovremmo chiudere baracca » Tooru saltò dalla sedia, letteralmente.
« Che cosa?! Ma non possono! »
Sbottò allibito, posando le mani a palmo aperto sul ripiano della scrivania.
Ikkei lo guardò da dietro il fumo della sigaretta. Quell'uomo lo pagava una miseria, ma almeno gli permetteva di tenersi tutti i soldi delle mance.
Inoltre, il Nightclub era come una casa per lui, il luogo dove poteva essere se stesso, dove poteva fare quello che amava, circondato da persone che gli erano amiche.
Li c'era la sua altra famiglia. Tooru non poteva accettare una cosa simile.
« Possono. E lo faranno. Per questo motivo mi servite voi due, nello specifico »
Ikkei spense la sigaretta nel posacenere già straripante e si mise con la schiena dritta, intrecciando le mani sulla scrivania. Tooru tornò a sedere, rivolgendo uno sguardo a Wakatoshi, che se n'era rimasto zitto. Fu a lui che Ikkei si rivolse a quel punto.
« Tu devi parlate con tua madre, Wakatoshi e cercare di convincerla che questo locale non è ... promiscuo. Tooru ti darà una mano »
Tutta quella frase non aveva il minimo senso.
Tooru rimase per un istante seduto sulla sedia, con le mani strette sui braccioli.
La verità arrivò come un fulmine a ciel sereno.
« Il cazzo di sindaco è tua madre! » Sbottò, voltandosi a guardare Wakatoshi.
Lui rimase del tutto calmo e posato.
« Si »Una risposta irritante. Tooru strinse le mani sui braccioli della sedia.
« E perché non lo hai mai detto, di grazia? »
« Perché non lo hai chiesto »
Non faceva una piega. Tooru si zittì, almeno con lui.
« In che modo potrei aiutarlo? » Domandò, rivolgendosi direttamente ad Ikkei.
Lui scosse le spalle, sospirando.
« Tu sai parlare, Tooru. E sei affabile, hai la faccia da bravo ragazzo. Aiutalo e basta »
Quella era una follia bella e buona. Ma tacque, senza sapere bene che cosa dire.
« Abbiamo un problema » Intervenne a quel punto Wakatoshi, attirando l'attenzione dello sguardo di entrambi su di sé « Non ho un buon rapporto con mia madre. Sono andato via di casa presto, inoltre ... » Wakatoshi esitò per un istante, catturando l'interesse di Tooru per quel comportamento « ... lei non sa che io sono bisessuale »
Ci fu silenzio. Pesante silenzio.
Bi?! Fu il primo pensiero che frullò nella testa di Tooru. Wakatoshi non sembrava bi.
Non sono fatti tuoi, gli ricordò una voce nella sua testa, quella della ragionevolezza.
« Siamo fottuti » Fu la seconda cosa che pensò, e la esternò a voce alta.
Non se la sentiva di giudicare Wakatoshi per la sua scelta di non fare coming out - considerato il modo in cui era andata a lui - ma era indice del fatto che sua madre non fosse una donna tollerante verso quelle cose.
Non avevano la minima chance di convincerla a firmare un rinnovo del contratto.
« No, non lo siamo » Intervenne Ikkei. Aveva uno sguardo spaventoso sul viso.
Doveva aver appena avuto un'idea malsana.
« Basterà che Wakatoshi non dica niente »
« E con quale giustificazione dovrebbe chiedere alla madre di non chiudere questo posto? Le sembrerà sospetto! » Sbottò Tooru, incrociando le braccia al petto.
« Tanto per cominciare, questo è il suo posto di lavoro. Ha più di un motivo per protestare con lei » Disse Ikkei, cominciando ad illustrare la sua idea sulla questione.
Su quello, Tooru non poteva dargli torto.
« Secondo, ci sarai tu a renderla meno sospetta » Tooru sbatté le palpebre.
Si è fumato una canna di troppo, pensò.
« Io sono gay » Sbottò, esasperato.
« Ti vestirai da donna, Tooru. E ti fingersi la sua fidanzata. In questo modo renderai la cosa meno sospetta per Wakatoshi »
Tooru rimase in silenzio, poi scoppiò a ridere, pensando che si trattasse di uno scherzo.
Quando Ikkei non rise insieme a lui, ma rimase serio dietro la sedia, Tooru smise e fissò entrambi con espressione inorridita.
« Stai scherzando? Sono un uomo, Ikkei! Un bell'uomo, per l'esattezza. Perché non prendere una donna vera? Kiyoko ad esempio, oppure Hitoka, la sua ragazza! Sono sicuro che si presterebbero volentieri »
Ikkei scosse la testa, risoluto.
« Loro sono solo delle clienti, Tooru. Non hanno il nostro stresso attaccamento nei confronti di questo locale »
« Satori, allora! Lui sarebbe - »
« Mia madre lo conosce. È una sua cliente affezionata » Intervenne Wakatoshi, lasciandolo di stucco ancora una volta, e mai in maniera positiva « Anche con il trucco lo riconoscerebbe di sicuro »
« Shouyou! È perfetto » Tooru battè la mano sul legno della scrivania, trionfante.
« È fuori questione, il padre di Shouyou lavora al Comune. Devi essere tu, Tooru. Hai un volto perfetto per sembrare una donna » Lo stroncò Ikkei, incrociando le braccia al petto soddisfatto. A Tooru quell'idea sembrava fare acqua da tutte le parti.
« Grazie tante » Brontolò, contrariato.
Ikkei fece un sospiro e guardò entrambi.
« So che amate questo posto » Iniziò, frugando nella tasca della giacca per prendere un'altra sigaretta « Per entrambi è come una casa, anche se in modo diverso »
Se la mise tra le labbra e cercò l'accendino.
Tooru rivolse uno sguardo sorpreso a Wakatoshi. Non lo conosceva molto, ma non credeva che anche per lui quel posto fosse tanto importante.
Ikkei comunque pareva saperne molto a riguardo.
« So che fareste di tutto per proteggerla » Si accese la sigaretta e diede una bella boccata.
« Ci proverò » Commentò Wakatoshi.
Tooru fissò il tavolo, poi il suo datore di lavoro. Ikkei tirò un'altra boccata.
« Inoltre, se avrete successo, vi raddoppio lo stipendio »
Azzardò, con un sorriso feroce. Tooru si morse la lingua: passare da cinquecento dollari a mille in un solo colpo era una bella mossa.
Pensò a Takeru, a sua sorella ...
« D'accordo, ci sto » Sbottò, cedendo.
Ikkei battè il pugno sul tavolo trionfante.
È una pessima idea. Pessima.
Quel pensiero continuava a tormentarlo.


 
☆☆☆


« Non so perché ho accettato, davvero non lo so, devo essere impazzito »
A poche ora dalla cena organizzata da Wakatoshi per incontrare il sindaco, Tooru si sentiva del tutto scoraggiato e avvilito.
« Coraggio stellina, non fare così » Lo rimproverò bonariamente Satori, picchiettandogli il mento perché alzasse lo sguardo nella sua direzione.
Tooru gli rivolse un'occhiataccia velenosa.
L'appartamento di Satori si trovava esattamente sopra il suo negozio. Viveva in una bella zona, nella periferia, ma meno degradata di quella in cui stava Tooru.
Quella parte della città era frequentata dalla borghesia media, gente onesta che lavorava sodo. A Tooru piaceva la sua casa.
Non era grande, aveva giusto tre stanze. Ma era accogliente, curata e calda.
Sapeva di Satori da tutti i punti di vista.
E Roxy era un po' dappertutto lì, come se fosse la sua ombra, cosa non troppo distante.
« Pensa che lo fai per il Nightclub »
Cercò di ricordargli Satori, passandogli il mascara appiccicoso sulle belle ciglia.
La notizia della probabile chiusura si era diffusa rapidamente tra i dipendenti del locale. Così come la verità sulla parentela di Wakatoshi e il loro maldestro piano.
« Non so se farmi scocciare le palle con il nastro adesivo valga la candela! »
Borbottò, tentando di grattarsi i genitali martoriati.
Ci aveva già provato una volta, ma Satori lo aveva schiaffeggiato sulla mano.
« Ti avevo detto di farti la ceretta »
Commentò l'amico con naturalezza, sollevandogli il mento per osservare l'operato.
« La faccio la ceretta, ma non ... » Sbottò Tooru, indignato. Già si sentiva stanco.
E la cuffia per nascondere i capelli cominciava a prudente in maniera insopportabile, anche se ancora non aveva nemmeno indossato la parrucca.
Satori aveva una collezione intera, conservata con cura. Per lei aveva scelto una parrucca di capelli veri, una cascata biondo cenere naturale, mossi sulle punte.
« Dovresti, ci sono uomini a cui piace - »
« Parleremo del rim-job ... mai, grazie. Soprattutto perché sei etero! »
Lo zittì, accaldandosi tutto. Satori rise. Poi si alzò e andò a prendere la parrucca, che impiegò cinque minuti buoni a sistemargli.
« Ecco fatto, stellina. Sei ... bellissima » Tooru tentò di pestargli un piede con il tacco della scomoda scarpa che stava indossando.
Satori scansò il colpo e rise, porgendogli le mani per aiutarlo ad alzarsi.
Tooru era abbastanza stabile, nonostante non avesse mai indossato niente di così alto.
Raggiunse lo specchio a figura intera e rimase esterrefatto, di stucco.
Non sembrava nemmeno più lui.
Indossava un vestito bianco attillato, elegante, con un cinturino nero di pelle.
Non si vedeva niente nella zona bassa e il seno finto, grazie al contouring, sembrava vero. Una seconda, modesta e adatta al suo fisico slanciato e raffinato.
Il corpetto gli aveva reso le spalle meno larghe, le calze color carne le gambe più affilate e femminili. Il trucco era semplice, niente di eccessivo, ma gli aveva cambiato la faccia, totalmente. Sembrava sua sorella. Quella dei vecchi tempi, quando stava bene.
Orecchini di perle con la clip, una collanina elegante, scarpe nere con plateau e tacco non troppo alto. Borsa abbinata. Satori aveva fatto un lavoro strepitoso.
Se non avesse saputo di essere un uomo, avrebbe davvero dubitato di sé stesso.
« Sei - »
« Fantastico, lo so »
La voce di Satori era piena di soddisfazione.
Gli mise sulle spalle una giacchetta nera elegante, e gli passò un rossetto color carne.
Tooru non era abituato a quelle unghie finte color latticino, ne agli anelli, così fece più fatica a prendere il tubetto.
« Mettilo in borsa, per ritoccare il rossetto ogni tanto. Ci ho messo anche un assorbente, qualche robina da donna ... » Satori fece un gesto della mano come se stesse scacciando via una mosca, poi si diresse verso la ballerina dove aveva lasciato il cellulare.
Tooru, incredulo, sbirciò il contenuto della borsetta.
Ne tirò fuori un tampax.
« Che cosa te ne fai di questi?! » Sbottò.
Per tutta risposta Satori gli scattò una foto.
« Sono solo per far scena, nel caso dovessi aprire la borsa davanti al Sindaco, è una donna adorabile, ma molto attenta »
« Si, grazie della rassicurazione » Borbottò Tooru, rimettendo il tampax nella borsa.
Satori stava ancora trafficando con il cellulare e aveva un sorrisetto sospetto.
« Ehi, cancella quella foto! » Sbraitò Tooru. Non voleva che la foto di lui vestito da donna con un tampax in mano facesse il giro del locale. Era già umiliante così.
« Troppo tardi, stellina. L'ho già inviata a Shouyou. Ci è rimasto troppo male di non poter essere qui » Satori gli fece l'occhiolino.
Tooru fece una smorfia contrariata.
« Come no. Stasera si farà una bella scopata con Tobio, che ha finalmente mosso il culo ... davvero rimasto male, si » Borbottò, lamentandosi come un vecchio.
Proprio in quel momento qualcuno bussò al citofono.
La faccia impassibile di Wakatoshi apparve deformata nello schermo sgranato.
« È carino anche così » Cinguettò Satori, andando a rispondere.
Tooru alzò gli occhi al cielo.
« Il tuo cavaliere ti aspetta di sotto. Non romperti una caviglia mentre scendi le scale e cerca di modulare la voce, come ti ho insegnato. Andrà tutto bene »
Satori lo spinse verso la porta di casa. Tooru deglutì.
Andiamo, pensò.


Wakatoshi era appoggiato a braccia conserte contro lo sportello di una macchina.
Una vecchia Chevrolet Spark blu.
Indossava una camicia nera senza cravatta, con le maniche già arrotolate fino ai gomiti.
Dei jeans scuri strappati e scarponi sportivi.
Era terribilmente attraente il bastardo.
Sollevò un sopracciglio quando lo vide.
« Sei - »
« Non una parola »
Lo minacciò Tooru sollevando un dito, mentre avanzava fino alla macchina cercando di non rompersi una caviglia nel processo.
Il nastro adesivo tirava ed era fastidioso, la parrucca prudeva e gli occhi bruciavano.
Le calze erano insopportabili.
Voleva urlare di frustrazione violenta. Preferiva indossare i suoi slip di pelle.
Wakatoshi non fiatò, gli aprì lo sportello e lo aiutò ad entrare in auto senza fare danni.
Poi salì dal lato del guidatore. La sua macchina era pulita, profumava grazie ad uno di quegli alberelli appesi allo specchietto retrovisore, e una foto di lui bambino con suo padre era incastrata tra il vetro del parabrezza e la guarnizione di gomma della portiera. Tooru la osservò.
« Sei pronto? » Gli chiese Wakatoshi, mettendo in moto.
Lui distolse lo sguardo dal bambino sorridente tra le braccia del padre.
« Togliamoci di mezzo questa rogna » Brontolò.
Wakatoshi inserì la marcia e partì.


Il ristorante era di lusso.
A cinque stelle, come era stato specificato più volte dal cameriere che li aveva condotti al tavolo. Per Tooru aveva già parlato troppo.
Non aveva la minima idea di come ci si comportasse in quei posti.
Aveva già dovuto lottare per tenersi la giacca sulle spalle - suggerimento di Satori.
Avrebbe voluto chiedere a Wakatoshi qualche consiglio, considerato che doveva essere cresciuto in quell'ambiente, ma sua madre il Sindaco era già seduta al tavolo.
Si alzò quando li vide arrivare.
Era una donna di un'eleganza naturale, Tooru lo aveva sempre pensato, anche quando l'aveva vista parlare nei telegiornali locali.
« Wakatoshi, che piacere vederti » Anche la sua voce era elegante, e il modo che aveva di muoversi, come avvolgere le braccia attorno alle spalle del figlio toccandolo solo marginalmente e accostare la faccia alla sua senza baciarlo davvero. Un gesto freddo.
« Mamma » Fece lui altrettanto gelido.
Poi si voltò nella sua direzione e lo indicò.
« Lei è la mia fidanzata. Tooru »
Con il cuore che gli scoppiava nel petto, Tooru fece un inchino formale.
Quella era la prova del nove.
« Piacere di conoscerla, signora »
La donna lo scrutò da capo a piedi con un sorriso di fredda cortesia sulle labbra rosse.
« Il piacere è tutto mio, cara. Prego, sediamoci. Mi sono presa il permesso di ordinare un ottimo Châtheau d'Yquem nell'attesa »
Disse la donna mentre prendevano posto attorno al tavolo.
Tooru osservò le numerose posare sistemate accanto ai suoi piatti e cominciò a sudare.
Non aveva la minima idea di cosa farsene.
« Sono rimasta piacevolmente colpita dal tuo messaggio, Wakatoshi. Era da settimane che non avevo tue notizie, tesoro »
La conversazione era cominciata e Tooru avrebbe tanto voluto afferrare il menù plastificato al centro del tavolo per sventolarsi il viso accaldato.
Prese il bicchiere e bevve un sorso di vino.
Era eccezionale. Dannazione.
« Sono stato parecchio impegnato » Fu il commento freddo di Wakatoshi.
Sotto il tavolo, Tooru gli pestò un piede con violenza.
Lui sollevò un sopracciglio e lo guardò stranito.
Quello scambio di sguardi non passò inosservato agli occhi del Sindaco.
Tooru le sorrise con troppo zelo.
« Si, lo vedo. Una così bella ragazza ... Tooru. Cosa fai nella vita, cara? »
Ecco, ci siamo! Pensò Tooru avvilito.
Il famoso interrogatorio dei genitori per tastare il terreno.
« Tooru è una ballerina » L'intervento di Wakatoshi lo spiazzò.
Stava osservando il menù ed era incredibilmente rilassato.
Tooru lo guardò imbambolato, poi si riscosse.
« Si. Sono una ballerina di pole dance » Rispose, modulando la voce come gli aveva insegnato Satori. Nel suo caso, era facile.
Il sindaco sollevò un sopracciglio. Non sembrava molto contenta.
« Vi siete conosciuti alla scuola di Tanji? »
« Si, esatto »
Tooru ricordò la loro conversazione al bancone del bar di qualche sera prima.
Era una buona bugia, quella.
Nel frattempo, arrivò il cameriere per le ordinazioni e Tooru andò letteralmente nel panico, perché non aveva nemmeno dato uno sguardo al menù.
Ne prese uno di fretta e gli venne un brutto capogiro.
Solo il vino viaggiava attorno ai cinquecento dollari, tutto il suo stipendio di un mese al Nightclub. Sperò di non dover pagare il conto, altrimenti sarebbe dovuto andare a vendersi per strada per dare da mangiare a Takeru.
Prima che potesse andare eccessivamente nel pallone, Wakatoshi ordinò con calma, poi aggiunse: « Anche per la signora » Indicando lui, e gli prese una mano.
Tooru fu tentato sul principio di allontanarla, ma poi ci pensò su e gliela strinse.
Se volevano risultare credibili ...
Wakatoshi aveva le mani grandi e calde.
Se le era immaginate addosso, qualche volta.
Cominciarono a fare conversazione.
Domande sulla sua infanzia, sui genitori, sulla famiglia. Per Tooru era facile mischiare verità e bugie, o costruire una vita in cui i suoi genitori non lo avevano cacciato di casa.
C'erano stati momenti nella sua vita in cui aveva provato il bruciante desiderio di inginocchiarsi ai loro piedi e chiedere aiuto.
La disperazione poteva far fare di tutto.
Ma era stato forte e non aveva mai chiesto niente. Se l'era cavata sempre da solo.
E non aveva idea di come stessero i suoi. La città non era tanto grande, ma Tooru non li aveva nemmeno mai incontrati per strada.
Arrivarono gli antipasti e poi il primo.
Tooru, osservando Wakatoshi di sottecchi, riuscì in qualche modo a barcamenarsi con tutte le posate, i piatti e i bicchieri di turno.
La situazione cambiò quando arrivarono al dolce.
Tooru non aveva mai mangiato tanto bene. Stava per vomitare tanto era pieno.
Avrebbe voluto che Takeru fosse lì.
Spesso, non aveva nemmeno i soldi per mandarlo a mangiare una pizza con gli amici.
Strinse il pugno sul tovagliolo.
« Tutto bene, cara? » Domandò la donna.
Di lei Wakatoshi aveva preso solo il taglio degli occhi grigi, freddo e impassibile.
Tooru allentò la presa sul tovagliolo.
« Si ... » Iniziò, poi ci pensò un attimo « No, in realtà no. Mi dispiace, amore, ma non riesco a far finta di nulla » Sbottò all'improvviso alla volta di Wakatoshi, sperando che abboccasse e non facesse l'idiota. Gli strinse di nuovo la mano.
« So che mi hai chiesto di non tirare fuori l'argomento ma - non posso far finta di niente, sapendo che stai male! »
Era arrivato il momento di andare al punto e chiudere in fretta la cosa.
« Di che cosa sta parlando, Wakatoshi? »
Abboccò il sindaco, guardando il figlio.
« Della vostra intenzione di non rinnovare il contratto d'affitto del Nightclub »
Chiarì la faccenda Wakatoshi, e Tooru gli strinse una mano per fargli capire di aver fatto bene. Il sindaco si pulì gli angoli della bocca con il tovagliolo raffinato, facendo attenzione a non sbavare il rossetto rosso, e lo posò accanto al tavolo.
« Capisco » Commentò « Ora mi è chiaro il messaggio e il motivo di questa cena »
Merda, pensò Tooru.
L'atmosfera si raffreddò in un secondo.
« Non volevi vedere tua madre, ma solo ottenere qualcosa per il tuo tornaconto »
Si accaldò la donna.
Wakatoshi posò il tovagliolo sul tavolo a sua volta, in un gesto calmo e posato.
« Invece non capisci niente » Anche la sua voce era posata e calma, nonostante dentro dovesse avere un tumulto « Sei sempre la solita, mamma. Non cambierai mai »
Strinse per un attimo il pugno attorno alla stoffa pregiata del tovagliolo e poi lasciò andare altrettanto in fretta.
« Volevo solo chiederti un favore. Se per una volta potevi fare qualcosa per me, per tuo figlio. Ma vedo che non è così » Si alzò in piedi, sposando la sedia con garbo « Papà se n'è andato per questo motivo, mamma. Perché tu mettevi il tuo ruolo davanti alla tua stessa famiglia »
« Wakatoshi, non è - »
« Non ti sei mai nemmeno interessata a me. Tu non mi conosci davvero »
Calò silenzio attorno al tavolo.
Alcuni degli altri clienti si erano voltati dalla loro parte per guardare incuriositi, attirati dai loro movimenti. Tooru pensò fosse meglio non attirare troppo l'attenzione comune.
Non su di se, almeno. Considerato che non era davvero una donna, e non voleva che la sua famiglia finisse nel mirino dei giornali.
« Scusate, adesso vado in bagno »
« Wakatoshi » Disse Tooru, facendo per seguirlo, ma poi si fermò.
Non poteva andare nel bagno dei maschi, tecnicamente, e nemmeno lasciare da sola quella donna al tavolo. Maledizione, pensò.
Aveva già i suoi problemi, non c'era bisogno che si immischiasse anche in quelli altrui.
Rimasero per un po' in silenzio, imbarazzati.
« Le chiedo scusa, io - » Azzardò.
« No, Wakatoshi ha ragione. Non sono stata una brava madre per lui. Volevo dargli un futuro migliore, ma non c'ero mai alle sue recite, passavo poco tempo a casa con lui »
La donna intrecciò le mani sul tavolo, erano ancora molto belle, ma cominciavano a mostrare i primi segni dell'età.
« L'ho fatto sentire solo tutta la sua vita. E poi, per colpa mia, anche la persona che amava di più si è allontanata da lui »
Tooru strinse le mani in grembo, giocando con gli anelli che gli stavano stretti.
« Suo padre » Indovinò, con tatto.
La donna annuì, aggiustandosi una ciocca di capelli neri come la pece dietro l'orecchio.
« Gli ho lascito spazio e indipendenza perché non pensavo di avere il diritto di intromettermi nella sua vita »
La voce le si incrinò, gli occhi si fecero lucidi, si morse il labbro inferiore.
Tooru ricordò in quel momento che il nome della donna era Sachiko.
Esitante, imbarazzato, allungò una mano sul tavolo verso quella di lei, ma si fermò quando si rese conto che la stava guardando.
Fece per ritrarre l'arto, quando Sachiko lo sorprese, posando lei una mano sulla sua.
Era calda come quella del figlio.
Tooru sentì un nodo in gola.
Un tocco così materno non lo sentiva da anni.
« Wakatoshi ama molto quel locale » Iniziò.
E anche io, ma quello non lo disse.
Senza rendersene conto dimenticò di modulare il tono della voce.
« È un luogo di incontro per molte persone che non hanno una casa o ... una vera famiglia » Si umettò le labbra senza curarsi del rossetto « Se vuole fare qualcosa per suo figlio, allora rinnovi quel contratto. Sono sicuro che Wakatoshi lo apprezzerà molto, perché sembra davvero un brav'uomo » Sachiko fece un sorriso tenero, il primo vero sorriso di tutta la serata e Tooru la guardò confuso. Lei gli diede un colpetto sulla mano.
« Avevo intenzione di rinnovare il contratto fin dal principio. Ci sono solo stati dei ritardi al comune » Lo rassicurò.
E Tooru sentì tutta la tensione accumulata nelle spalle sciogliersi.
« Ti prego di far sapere a mio figlio che ... anche se non sembra, so molte cose su di lui, fin da quando era ragazzino »
Sachiko iniziò a raccogliere la borsa e Tooru comprese che se ne sarebbe presto andata.
Si fermò un secondo, prima di alzarsi in piedi, e lo guardò negli occhi.
« Voglio che lui possa vivere la sua vita liberamente » Poi gli accennò un altro sorriso materno « E anche tu ... caro »
Tooru sentì il respiro bloccarsi nel petto.
Rimase immobile, occhi granati.
« Un giorno mi piacerebbe vederti ... con meno trucco in faccia, se avrai piacere »
Aggiunse la donna tranquilla, alzandosi.
« Il conto è stato pagato, potete andare via quando ve la sentite. Buona serata, caro »
Senza parole, Tooru non ebbe nemmeno la prontezza di ricambiare quel saluto.
Rimase seduto al tavolo imbambolato, con il dolce davanti mangiato solo per metà.


Il viaggio di ritorno in macchina fu silenzioso per i primi dieci minuti circa.
Tooru aveva spiegato sommariamente la situazione a Wakatoshi, evitando di specificare che sua madre sapesse di lui. O che avesse intuito, probabilmente fin dal principio, che era un uomo ad accompagnare il figlio a quella cena.
Nonostante l'impeccabile lavoro di Satori.
Si fermarono ad un semaforo in centro città.
Tooru si era tolto le scomode scarpe e aveva tirato le gambe al petto, rilassandosi sul sedile. Non era abituato a muoversi in giro con una macchina, lui aveva solo una bicicletta di seconda mano che nessuno voleva nemmeno rubare nel suo quartiere.
Wakatoshi avrebbe dovuto accompagnarlo da Satori.
Takeru era partito per la gita stesso quella mattina, emozionato come non mai.
Mentre Junko gli aveva fatto il favore di restare a dormire con Satsuki.
Avrebbe passato la notte dall'amico e poi il giorno successivo sarebbe tornato a casa, giusto in tempo per il turno al ristorante.
Alla radio, che era solo un mormorio di sottofondo, passavano una canzone famosa.
« Ti va di venire da me? »
La domanda di Wakatoshi lo colse completamente impreparato.
Smise di fissare la strada illuminata nella notte, con le insegne al neon e le poche persone che ancora camminavano nel freddo.
Si voltò a guardare Wakatoshi, che aveva metà viso illuminato dal semaforo rosso.
« Non abito lontano da Satori. Siamo nello stesso quartiere, puoi salire per un caffè, poi ti porto da lui » Si guardarono.
In quel momento il semaforo tornò verde, cambiando colore anche alla faccia di Wakatoshi. Uno sulla moto li bussò da dietro. Non aveva un solo briciolo di pazienza.
Wakatoshi tornò a guidare, guardando la strada.
Tooru sapeva di dover rifiutare.
Un invito come quello finiva sempre e solo in un modo e non era un ingenuo.
Lui e Wakatoshi, nonostante l'astio, avevano il desiderio di saltarsi addosso dal primo momento in cui si erano visti. Ma Tooru non voleva che accadesse, per qualche strano motivo. Non voleva che quella cosa con Wakatoshi ... finisse.
Qualunque cosa fosse.
Non era solo una questione di principio.
« Va bene » Disse invece, stanco, senza aggiungere altro. Non ricordava nemmeno quando era stata l'ultima volta che si era concesso una serata tutta per sé.
Wakatoshi non rispose, né mostrò alcuna sorpresa alla sua risposta affermativa.
Si limitò a guidare nella notte.
Per il resto del tragitto non parlarono.


Wakatoshi viveva nell'appartamento al secondo piano di un complesso di palazzi.
Era notte, Tooru non riusciva a vederli bene, ma non sembravano essere in buone condizioni. Il quartiere era lo stesso di Satori, ma lui viveva nella parte meno graziosa.
In compenso, la casa dentro era davvero carina.
Tooru si era guardato attorno con un sorriso mesto sulle labbra.
Non era la casa di una persona ricca, ma nemmeno il sottoscala di un ristorante cinese ammuffito e umido.
Wakatoshi non voleva aiuti da sua madre, ma lei era lì, dietro le sue spalle. Comunque.
Tooru lo invidiava per quello.
Sachiko sapeva che suo figlio non era etero, anche se lui non glielo aveva detto, ed era rimasta. Era rimasta nonostante sapesse.
Wakatoshi era molto fortunato.
Seduto - o era meglio dire quasi steso - sul divano accanto alla portafinestra che dava sul bancone, nel salotto cucina open space minuscolo, Tooru lo osservava muoversi sicuro nei suoi spazi. Si era tolto le scarpe, ma solo quelle.
Non aveva idea di come rimuovere il resto senza danneggiare qualcosa di non suo.
La cucina di Wakatoshi era graziosa.
Non troppo grande, moderna, su tonalità scure di granito, ossidiana e legno.
Aveva un'isola e sopra di questa se ne stava una contro soffittatura con delle luci appese.
Erano tonde, di vetro trasparente e di tre colori diversi: azzurro, verde e fucsia
Dietro di lui, una vetrinetta di alcolici faceva bella mostra di se.
In quel momento, Wakatoshi era alle prese con una moka decorata come una mucca.
Rilassato sul divano, Tooru si godeva la vista di quell'uomo attraente e giovane che gli preparava un caffè nella sua cucina.
Era un'immagine strana per lui.
« Ti porti il lavoro a casa »
Osservò a voce alta, indicando con un movimento del mento la vetrinetta degli alcolici, aveva il vetro colorato anche quella.
Wakatoshi seguì il suo sguardo.
« Prima del Nightclub ho lavorato per circa sei anni in un bar nella capitale. Avevo l'abitudine di esercitarmi a casa »
Quell'uomo era pieno di sorprese.
Wakatoshi si fermò con il cucchiaino infilato nel raffinato caffè aromatizzato che gli aveva proposto di bere.
« Preferisci un drink leggero? » Gli chiese.
Tooru sollevò gli angoli della bocca in un sorriso davvero rilassato e morbido.
« Solo se lo prendiamo insieme »
Wakatoshi lasciò subito perdere la moka.
Aprì un mobiletto dietro di lui e prese due bicchieri bassi, sistemandoli sul bancone.
« Come mai sei tornato? »
Tooru porse la domanda mentre lo osservava aprire un cassetto sotto l'isola per prendere il suo jigger personale.
« Avevo solo voglia di tornare a casa »
Wakatoshi aprì il frigorifero e ne estrasse due bottigliette in vetro di bitter Campani, che aprì sul bordo del bancone dell'isola con movimenti esperti del polso.
« Una storia d'amore finita male » Indovinò Tooru, divertito. Wakatoshi sollevò l'angolo destro delle labbra mentre versava il primo bitter nel jigger e poi nel bicchiere.
« Storia d'amore finita male » Confermò.
Si voltò verso la vetrinetta ed estrasse quello che a Tooru sembrava del Vermouth rosso.
Gli piaceva sempre vederlo lavorare.
« E tuo padre? » Gli domandò, esitante.
Wakatoshi versò il Vermouth con il dosatore e poi si voltò a prendere il gin.
« Mio padre vive in California. Lo vedo poco, quando torna. Ogni tanto »
Doveva essere ancora una ferita aperta per lui, Tooru decise di non insistere con altre domande sull'argomento. Se avessero chiesto a lui dei suoi genitori, avrebbe detto che erano morti probabilmente.
« Non mi piace parlare molto della mia famiglia »
Aggiunse inaspettatamente l'altro, versando il gin nei bicchieri, poi gli diede la schiena per prendere del ghiaccio dal freezer, che versò a cubetti.
Da un cassetto tirò fuori un bar spoon e prese a girare il contenuto del cocktail.
« Passavo la maggior parte del mio tempo con papà, poi lui e la mamma hanno divorziato. E io non l'ho presa bene »
Afferrò un'arancia matura dalla fruttiera sistemata sull'isola e ne tagliò due fettine.
Le mise sul bordo del bicchiere, incastrate.
« Ecco a te un Negroni » Concluse.
Tooru si alzò dal divano e raggiunse l'isola, mettendosi seduto su uno dei due sgabelli.
Prese un bicchiere e lo sollevò verso di lui, capendo il suo intento Wakatoshi lo imitò, facendo cozzare i due bicchieri.
« A cosa brindiamo? » Chiese il barman.
« Al nostro successo » Commentò Tooru, mandando giù un sorso generoso.
Strizzò gli occhi e fece un sorriso contento.
« Ah, sei proprio bravo » Ammise.
Wakatoshi accennò un sorriso, mentre faceva ruotare il liquido omogeneo e rossastro nel suo bicchiere ricoperto di condensa.
« E tu, nessuna storia importante? » Gli chiese, appoggiandosi al bancone.
Tooru fece spallucce. Non aveva niente di bello di sé da raccontargli, gli uomini che aveva avuto erano tutti andati via molto presto.
« Nessuno che sia mai rimasto »
Rimasto abbastanza a lungo da sopportare i suoi casini.
Quando sollevò lo guardo dal bordo del bicchiere, Wakatoshi lo stava osservando con un'espressione intensa.
Tooru mise giù il bicchiere.
« Hai il rossetto tutto sbavato »
Gli fece notare Wakatoshi, fissando le sue labbra. Per riflesso, Tooru vi passò sopra un pollice, attirando l'attenzione di quello sguardo da aquila reale.
« Chissà come si leva questa roba dalla faccia »
Commentò, pensando a tutto il trucco che Satori gli aveva spalmato sul viso.
« Vogliamo provare con un po' d'acqua? » Propose Wakatoshi.
Tooru era certo che le ragazze non usassero della semplice acqua per levarsi quel cerone oleoso dalla faccia, ma annuì. Pur di riuscire anche solo a toglierne un po' .
Wakatoshi afferrò un panno della cucina e lo bagnò sotto l'acqua, poi fece il giro del bancone e si piazzò davanti a Tooru. Gli prese il mento e gli sollevò il viso.
Tooru schiuse leggermente le labbra per la sorpresa; avvicinandosi, Wakatoshi gli posò delicatamente il panno sull'occhio e lo passò sulla pelle con un gesto delicato.
Quando ebbe finito, fissò Tooru e le labbra cominciarono a tremargli vistosamente.
Si stava trattenendo dal ridere.
« Si è sbavato, vero? » Domandò Tooru, rassegnato. Forse ora sembrava un panda.
« Credo sia waterproof » Gli fece sapere.
Maledetto Satori!
Wakatoshi si allungò sul bancone per afferrare un vassoio, lo svuotò e lo passò a Tooru, di modo che potesse specchiarsi. Non appena si vide riflesso, scoppiò a ridere.
Wakatoshi cedette e lo imitò poco dopo.
Tooru non ricordava nemmeno quando era stata l'ultima volta che si era fatto una risata di cuore con un altro uomo accanto.
Forse con Tetsuro, prima che trovasse l'amore della sua vita nel burbero buttafuori allampanato e biondo, Kei.
« Sembro Joker » Sghignazzò, ridendo talmente tanto da rischiare di cadere dallo sgabello. Si aggrappò al braccio di Wakatoshi.
« Sei un Joker molto attraente »
Tooru si rese improvvisamente contro che si erano fatti molto vicini.
Wakatoshi si era quasi fatto spazio tra le sue gambe mezze scese dallo sgabello, e si respiravano sul viso Vermouth rosso, gin e bitter.
La risata si spense lentamente.
Wakatoshi si fece più vicino, incastrandolo contro il bancone quando appoggiò le mani sul ripiano dietro la sua schiena. Tooru si piegò automaticamente all'indietro.
« Volevi scoparmi fin dal principio, vero? Per questo mi hai invitato a salire »
Soffiò a quel punto, come un gatto.
E tu hai accettato sapendolo, parlò la voce della coscienza in lui. La scacciò.
Wakatoshi scosse lentamente la testa.
« Non volevo solo scoparti, Tooru » Gli disse, con il suo respiro dal profumo di alcol.
« Volevo fare l'amore con te. Stasera »
Mormorò sulle sue labbra.
E Tooru perse la testa.
Gli afferrò il colletto della camicia e se lo tirò contro, baciandolo con foga.
Wakatoshi fu svelto con le mani.
Le infilò immediatamente sotto la gonna del suo vestito bianco, strisciando i polpastrelli sulle calze ruvide fino al suo interno coscia.
Tooru sentì una trazione familiare e poi -
« Ahia, cazzo! » Strillò, scioccato.
Wakatoshi si fermò di colpo, immobilizzato.
Lo fissò, e Tooru ricambiò lo sguardo.
« Il nastro adesivo » Gli disse. Wakatoshi aggrottò la fronte.
« Il cosa? »
« Il nastro adesivo che mi tira il pacco! » Sbottò Tooru del tutto esasperato.
« Come credi che abbia fatto a nasconderlo sotto delle mutande di pizzo?! »
Wakatoshi gli rivolse con uno sguardo che ...
« Indossi delle cazzo di mutande di pizzo? »
« Oh merda »
Fece Tooru, ma prima che potesse anche solo ragionare, Wakatoshi lo sollevò per le cosce e lo fece sedere sul bancone dell'isola. Gli sollevò la gonna del vestito con un movimento esperto e tirò via le calze agile.
Tooru sentì subito il freddo sulla pelle nuda.
« Wakatoshi, che fai - Ah! » Gli uscì una strillo stridulo quando lui gli afferrò le mutande di pizzo e le strattonò via, insieme al nastro adesivo, che si portò dietro anche qualcos'altro. La sua erezione era ora esposta al vento.
Cercò di coprirla con le mani mentre Wakatoshi si protendeva su di lui.
« Ora va meglio » Gli disse.
Tooru gli rivolse una brutta occhiataccia.
« Sei un animale » Lo rimproverò.
Wakatoshi fece un sorriso da lupo famelico.
« Ho aspettato due anni, sai? Voglio prendermela comoda »
« Che cosa - oh cazzo! »
Wakatoshi gli afferrò i fianchi e lo trascinò fino al bordo del bancone, mettendosi tra le sue cosce. Tooru sentì i capelli della parrucca scivolare nel vuoto dietro di lui, senza cadere. Satori l'aveva fissata veramente bene.
Quando Wakatoshi calò con la bocca su di lui ebbe appena la prontezza di afferrare con le mani il bordo del bancone. Rovesciò la testa all'indietro e gemette.
« Wakatoshi non - Ah! »
Non ricordava che nessuno gli avesse mai fatto una cosa simile prima.
Gli tornarono in mente le parole di Satori: Ci sono uomini a cui piace ...
Non mi sono fatto la ceretta! Strillò il diavoletto che era dentro di lui.
Ma prima che potesse anche solo formulare un pensiero coerente, gli era già venuto in bocca come un moccioso.
Tooru rimase senza fiato a fissare il soffitto scuro sulla sua testa.
Che cazzo è successo?
Gli girava un po' la testa, come un vortice.
Non era abituato all'idea che il suo partner si occupasse prima del suo piacere, piuttosto che direttamente del proprio, godendo solo del suo bel corpo.
« Veloce » Commentò Wakatoshi.
Tooru lo fissò male, intenzionato a dargliene quattro, ma poi lo beccò mentre si puliva il mento con il dorso di una mano e si ritrovò nuovamente a deglutire.
Cielo, sbattimi come una centrifuga!
Fu sul punto di gridargli a voce alta.
Wakatoshi lo afferrò per le braccia e lo issò a sedere sul bancone, con la testa che ancora gli girava forte, poi lo prese in braccio.
Tooru si ritrovò occhi negli occhi con lui.
Gli passò le braccia attorno al collo e si avvicinò lentamente per concedersi un bacio lento, umido e passionale con lui.
« Letto » Mormorò Wakatoshi quando si separarono, con il fiatone.
« Letto » Concordò Tooru, desideroso.


Dimenticò presto tutti i propositi per cui Wakatoshi non avrebbe mai dovuto toccarlo.


La prima cosa di cui si rese conto, restando con gli occhi chiusi ma vigile, fu di essere stretto nell'abbraccio caldo di qualcuno. Non era nel letto di casa sua, perché le lenzuola non puzzavano di muffa ma profumavano di ammorbidente.
E non erano gli arti ossuti di sua sorella Satsuki a stringerlo, ma un paio di braccia forti. Faceva freddo, lui era nudo, ma sotto quelle morbide coperte, con la schiena premuta contro quel petto ampio stava bene. Wakatoshi sembrava una stufa umana.
Nella penombra del mattino appena sbocciato, la sua spoglia camera da letto gli era estranea e distante. Tooru si mosse leggermente, stendendo le gambe sotto le coperte, erano intrecciate a quelle di Wakatoshi e i suoi peli sfregavano contro la sua pelle ancora sensibile. L'orologio digitale sul comodino diceva che erano solo le 5:17 del mattino.
Si portò le mani sul volto e soffocò il pianto.
Il modo in cui era stato toccato quella notte ...
Nessuno aveva mai usato tanto tatto nei suoi confronti.
Nemmeno Hajime, che era stato il primo di tante cose per lui. O Daichi, che pure era sempre gentile. Tetsuro, invece, non voleva che solo quello da lui e lo aveva spesso usato come valvola di sfogo personale. Ma Wakatoshi ...
Volevo fare l'amore con te.
Era era quello che aveva fatto. Amarlo.
E quella era la cosa peggiore di tutte.
Non solo il modo in cui lo aveva spogliato con gentilezza, aiutandolo a rimuovere parrucca, vestiti e quant'altro, ma anche come lo aveva steso, il modo in cui lo aveva baciato dappertutto, lo aveva preparato, gli era entrato dentro e si era mosso.
Tooru non aveva mai avuto niente del genere.
Ed era un problema. Un enorme problema.
Si sfregò gli occhi, poi sentì un respiro caldo sulla spalla e due labbra soffici baciargli proprio quella porzione di pelle calda.
Wakatoshi sollevò la testa e si sporse oltre per guardare sul comodino.
« È ancora presto » Mormorò con voce roca, ricadendo con la testa sul morbido cuscino.
Tooru si rigirò nel suo abbraccio e appoggiò il volto sulla sua spalla, osservando il suo profilo. Wakatoshi aveva gli occhi chiusi, ma con il suo sguardo fisso addosso li riaprì.
Era una bella sensazione vederlo appena sveglio al mattino.
Tooru voleva godersi ogni momento.
Wakatoshi girò leggermente la testa per guardarlo, poi allungò una mano e prese ad accarezzargli lo zigomo con dolcezza.
Hai ottenuto quello che volevi.
Adesso anche tu sparirai come gli altri, oppure mi dirai che per te è troppo ...
Quei pensieri morirono dentro di lui.
« Stavo pensando ad una cosa » Mormorò Wakatoshi con voce roca, scivolando lentamente sopra di lui mentre continuava ad accarezzargli lo zigomo.
Tooru sentì addosso la pressione del suo corpo mozzargli un po' il respiro.
Era piacevole averlo così.
« Cosa? » Fece, anche lui con la voce arsa, sollevando un braccio per aggiustargli una ciocca di capelli dietro l'orecchio.
« La prima volta che ci siamo incontrati. Ho detto qualcosa che ti ha fatto arrabbiare »
Tooru lo guardò incredulo per un istante.
« Mi stai dicendo che per tutti questi due anni tu non sei stato consapevole del mio odio profondo nei tuoi confronti? » Era incredulo. Allibito. Alle cinque del mattino.
Wakatoshi battè le palpebre, sorpreso.
« Mi odi? » Chiese ingenuamente.
Tooru scoppiò a ridere, senza riuscire a trattenersi.
« Mi hai detto che ero mediocre! » Strillò.
« Ti ho detto che poteri fare di meglio » Lo corresse Wakatoshi e Tooru gli mollò uno scappellotto dietro la nuca con la stessa mano con cui lo stava accarezzando.
« Allora te lo ricordi, stronzo »
« Mi è tornato in mente »
Fu la risposta sommessa. Tooru rise di nuovo, tornando ad accarezzarlo.
Wakatoshi si mosse appena su di lui, facendolo mugolare come un gatto in preda alle fusa, gli prese le ginocchia e gli sollevò le gambe di modo che fossero piegare sulle sue spalle. Una posa inequivocabile.
« Sono le cinque del mattino, Wakatoshi » Gli disse Tooru, tanto per lamentarsi.
Non gli era mai importato di che ora fosse per fare certe cose.
« Lo so » Fece l'altro, abbassando lo sguardo per osservare il punto in cui i loro corpi si univano. Scivolò dentro di lui con estrema facilità.
Tooru annaspò, in cerca d'aria, aggrappandosi alle sue spalle.
Era ancora ben disposto dalla sera prima.
« Senti fastidio? Bruciore? » Gli chiese Wakatoshi, leggermente affannato.
Tooru scosse la testa. Si sentiva ... pieno.
Era quello il termine giusto.
« Non volevo offenderti quando ho detto quelle parole »
Disse Wakatoshi, cominciando a muoversi con lentezza.
Toccò immediatamente il suo punto sensibile e Tooru non riuscì a rispondere.
Sarebbe uscito solo un suono incoerente.
« È perché sei bravo, sai? » Tooru gemette « Potresti diventare il migliore. Se tu - »
Poi lo zittì con un bacio, perché non sapeva che cosa avrebbe fatto che avesse continuato a parlare.
Sarebbe stato ancora più difficile sopportare il suo abbandono, dopo.
Quindi voleva che Wakatoshi usasse il suo corpo e basta, perché era quello che sapeva fare meglio. Farsi scopare.
Al resto non voleva pensare.


Seduto sul divano della cucina, come la sera precedente, guardava fuori dal balcone il quartiere nelle prime luci grigie del mattino.
Wakatoshi gli aveva prestato dei vestiti. Erano larghi, ma almeno maschili.
Inoltre, aveva rimosso trucco, unghie e anelli e si sentiva finalmente bene. Se stesso.
Anche se aveva il volto tutto rosso per via dello sfregamento, e un asciugamano di Wakatoshi era completamente da buttare.
Lui entrò nella cucina con una busta in mano.
« Ci sono tutte le cose di Satori, qui » Gli disse, mostrandogliela.
« Grazie » Rispose Tooru distrattamente, alzandosi in piedi.
Si sfregò le mani sui pantaloni larghi della tuta. Si fissarono negli occhi.
Ecco, ci siamo, pensò con sollievo.
Wakatoshi ora sarebbe stato imbarazzato, non sapendo come uscirsene dalla cosa.
E per Tooru sarebbe andata tutto bene.
Troncare quella cosa prima che -
« Andiamo a fare colazione insieme? »
Quella domanda lo destabilizzò.
« Come? »
« C'è un bar carino qui sotto casa. So che la zona non è il massimo ma ... »
Il resto della frase Tooru smise di ascoltare.
Ma che intenzioni hai, Wakatoshi?
Ma lo sai che merda di vita, che ho?
Non appena te ne renderai conto ...
Tooru doveva troncare prima che accadesse.
« Vorrei solo andare a casa » Lo interruppe.
Wakatoshi lo fissò con gli occhi leggermente spalancati, sorpreso, senza comprendere il suo improvviso cambio di umore.
» D'accordo, andiamo allora »
Disse, dandogli le spalle per prendere le chiavi della macchina.
Tooru strinse i pugni delle mani sulla tuta.
Per poco non si mise a piangere. Per poco.


 
☆☆☆


Evitarlo nei giorni successivi fu semplice.
Wakatoshi non sapeva dove abitasse, né dove si trovasse il luogo del suo altro lavoro.
Aveva il suo numero di cellulare, ma bastava ignorare i messaggi, in quel caso.
Il problema arrivò il venerdì notte.
Tooru doveva consegnare i vestiti che aveva preso in prestito da lui, ed evitarlo era praticamente impossibile.
Aveva ballato malissimo attorno al palo, quella sera, e non era un bene, non quando aveva appena firmato il contratto con l'aumento di stipendio, come promesso da Ikkei. Lo aveva informato quella sera che Sachiko era stata di parola: affitto rinnovato per i prossimi dieci anni, senza clausole. Ora stava a loro far funzionare le cose.
« Come mai sei così nervoso, Tooru? »
La domanda di Satori lo colse impreparato e si morse l'unghia che stava torturando con troppa forza. Uscì un po' di sangue.
« Merda » Mormorò, succhiandosi il dito mentre osservava la busta con i vestiti puliti e stirati di fresco. Ormai non avevano nemmeno più l'odore di Wakatoshi, quindi tenerli non era nemmeno un'opzione per lui.
« Ha qualcosa a che fare con la notte in cui sei rimasto a dormire da Wakatoshi? »
Fu come ricevere un pugno nello stomaco.
Chiuse la cerniera dello zaino con violenza e se lo mise in spalla, alzandosi mentre prendeva anche la busta con foga.
« No, ti ho già detto che non è successo niente tra di noi »
Tooru aveva mentito, ovviamente.
Quando aveva riportato le cose a Satori, l'amico lo aveva sommerso di domande e lui, invece di piangere o sfogarsi, aveva detto un mucchio di stupide bugie.
Satori, che stava finendo di struccarsi, lo guardò con uno sguardo intenso, come se sapesse. Eppure non gli disse niente.
« Ti crederò » Stabilì « Solo perché sono troppo di buon umore per litigare con te »
« Esce con una a cui va bene la storia del Drag »
Si intromise Shouyou, che da quando aveva cominciato ad uscire con Tobio - piantando la mezza storia che aveva con Atsumu - sembrava un raggio di sole.
Fastidioso, lacrimevole e irritante.
« E zitto un po', mi rovini la sorpresa! » Tooru strinse le mani attorno alla busta.
Voleva restare lì a parlare con loro, ma ...
Voleva sapere chi fosse questa donna, perché Satori era etero, ma non tutte potevano capire la sua forma d'arte e il fatto che Roxy fosse una parte di lui, ma pur sempre un personaggio di finzione.
Voleva sapere se era quella giusta, perché l'amico aveva sofferto molto in passato, ma ...
Aveva quella busta e -
« Vai pure, Tooru. Ne parliamo la prossima volta, non preoccuparti »
Guardò Satori, e poi Shouyou, che annuì.
« Grazie » Mormorò, e poi andò via.


Wakatoshi non era dietro il bancone.
In compenso, però, c'era Tetsuro e poi Daichi, che era impegnato a provarci con uno.
Un uomo delicato, con un neo sul volto, che veniva da qualche sera al locale. Decisamente il suo tipo.
« Wakatoshi è in magazzino »
Gli fece sapere Tetsuro, mentre asciugava dei bicchieri bassi con uno strofinaccio.
Tooru imprecò a mezza bocca, fissando la busta con i vestiti. Era ironico, aveva fatto di tutto per evitarlo, e proprio quando lo cercava ... Wakatoshi era in magazzino. Tipico.
« Non fare quella faccia, dai. Tornerà a momenti » Tornò a guardare Tetsuro.
Gli era piaciuto parecchio la prima volta.
Con lui, Tooru ... scosse la testa.
« Non ho tempo da perdere » Sbottò.
Poi prese a massaggiarsi il ponte del naso.
« Cosa, te lo sei scopato alla fine? »
Tooru lo guardò malissimo da dietro le dita.
Tetsuro era andato avanti come se niente fosse stato quando quella cosa che avevano insieme - qualsiasi cosa fosse - era finita. Ma per Tooru non era stato così facile.
Lo piantavano tutti, prima o poi, Tetsuro era stato il terzo.
Sentirlo parlare in quel modo, come se lui fosse solo una puttana che andava in giro a scopare con tutto ciò che si muoveva ...
« Non sono cazzi tuoi » Ringhiò, brusco.
Tetsuro alzò le mani e sorrise divertito.
« Percepisco un po' di astio » Era ironico.
Tooru fece un respiro profondo e si preparò per andare via, non voleva perdere tempo con lui lì. Non ne valeva la pena.
« Tu fai sempre così, Tooru. Te ne vai »
Gli corse dietro l'altro, facendolo fermare. Tornò a guardarlo, arrabbiato.
Non posso restare Tooru.
Questo è ... troppo per me. Tu sei troppo.
È stato divertente, ma ... era solo sesso.
« E tu sei uno stronzo » Sbottò.
Tetsuro posò lo strofinaccio sul bancone e appoggiò le mani sul ripiano, affrontandolo.
« Non comportarti come se te ne fosse mai fregato qualcosa di me. Noi scopavamo e basta e non mi amavi di certo »
Tetsuro era sempre stato un po' cattivo di natura. Tooru lo sapeva bene, era simile a lui in quel senso. A far male la gente era bravo.
E quella era chiaramente una bugia.
Di quel pezzo di merda Tooru si era innamorato, così come aveva fatto con Hajime e poi con Daichi. Ma nessuno di loro era rimasto.
Nessuno di loro voleva vivere con la merda che si portava dietro da anni.
« Questo non lo saprai mai, stronzo »
La voce gli uscì spezzata.
Tetsuro sgranò leggermente gli occhi.
Tooru non gli diede il tempo di replicare, se ne andò, lasciando che gridasse il suo nome nella calca, come lui aveva fatto nella sua testa per innumerevoli notti insonni.


Wakatoshi era davvero in magazzino.
Tooru lo trovò piegato a raccogliere delle casse di alcolici e agrumi vari, vide limoni e lime e arance e anche pompelmi.
« Wakatoshi, ehi ... » La sua voce esitante rimbombò nel magazzino.
Lui si alzò, guardandolo con quell'espressione solitamente impassibile.
Se fosse arrabbiato o meno non si capiva.
Nel rivedere i suoi occhi, a Tooru tornò subito in mente il modo in cui lo aveva guardato mentre erano stesi a letto, subito dopo l'amplesso, ancora accaldati e affannati.
Gli si strinse lo stomaco. Era uno sciocco, e si era innamorato di ogni uomo sbagliato che gli aveva mostrato un briciolo di gentilezza, affetto o divertimento.
Ma con Wakatoshi ... oh, quello era peggio.
Quello era amore. Cazzo.
Di quello che faceva male allo stomaco.
« Tooru » Disse lui, dimenticandosi le casse.
« Ti ho portato i vestiti che mi hai prestato. Sono lavati e stirati, ti lascio la busta qui »
Si percepiva una certa fretta nella sua voce.
Lasciò la busta per terra, accanto alle casse, e poi fece per andarsene.
L'incontro con Tetsuro lo aveva provato e non aveva la forza di - Wakatoshi lo afferrò per il polso con una certa forza.
« Non scappare, Tooru » Gli disse.
Lui provò a divincolarsi, senza successo.
« Lasciami andare, per favore » Lo pregò.
Wakatoshi non mollò la presa.
« Non hai risposto nemmeno ad un messaggio. Ho forse - »
« Non lo posso fare, Wakatoshi. Lasciami! »
Tooru avrebbe voluto prendersi a schiaffi.
Scoppiare a piangere davanti a lui in quel modo, scuotendo la testa come un bambino.
Wakatoshi lo lasciò andare, sorpreso. Tooru si asciugò il volto con rabbia.
« Non vuoi una storia seria, capisco »
« No, non capisci invece! » Sbottò, frustrato.
Una storia seria era tutto quello che aveva sempre desiderato avere, una persona a cui potersi aggrappare nei giorni peggiori, ma ...
« La mia vita privata è una merda, Wakatoshi. Una grande merda! »
Scattò, cominciando a gestionale con foga.
« E quando te ne renderai conto - perché lo farai - vorrai solo andare via, come ... come hanno fatto tutti gli altri! » Smise di gridare con il fiatone, il volto bagnato e le lacrime che non ne volevano sapere di smettere di scendere. Le aveva trattenute per anni.
Ed era quella la sua paura più grande, il motivo per cui aveva continuato a respingerlo.
Perché sapeva che avrebbe fatto male.
« E se te ne vai tu, io - io - »
... io non saprei più come andare avanti.
« E se ti dicessi che voglio restare »
Wakatoshi invece rimase calmo, posato, come quando aveva affrontato sua madre.
« Che voglio restare, nonostante tua sorella. Anche se c'è tuo nipote »
Tooru rimase paralizzato, con il fiato strozzato in gola. Fissò Wakatoshi inorridito.
« Come -»
« Satori è mio amico, Tooru. Da sempre »
Una rabbia bruciante gli attraversò il petto. Per una frazione di secondo si sentì tradito, fu solo un attimo, un istante, sapeva bene perché Satori aveva detto quelle cose così personali a Wakatoshi, voleva vederlo felice.
« Tu non hai idea di che cosa stai dicendo » Mormorò.
A parole era tutto facile.
Ma restare davvero ...
Tooru non poteva rischiare.
Se non fosse andata bene, sarebbe stato lui a rimetterci il cuore, la felicità, ogni cosa.
« Tooru - »
« No, Wakatoshi. Non - »
Il cellulare cominciò a squillargli nella tasca interna del giubbotto di pelle.
Nel magazzino il suono rimbombò, come avevano fatto anche le loro voci.
Tooru aggrottò le sopracciglia, sul display lampeggiava un nome raro: Junko.
« Pronto » Rispose.
Le parole successive si fecero confuse.
Tooru seppe solo che, se Wakatoshi non fosse stato con lui, non avrebbe saputo come reagire, né come affrontare la situazione.


 
☆☆☆


Tooru si precipitò nel sottoscala spalancando la porta con violenza, senza curarsi di chiuderla. Ci pensò Wakatoshi, che lo aveva portato fino a casa, prendendo un permesso.
Satsuki era seduta su una sedia, ossuta e pallida nella sua lunga camicia da notte ingrigita, i capelli sfatti legati in un codino morbido, vomitava in una bacinella.
Junko era seduta accovacciata accanto a lei.
« Sta calmo, Tooru. Sta vomitando tutto, le ho messo le dita in gola che le aveva appena ingerite, non hanno fatto effetto »
Lo accolse la donna con voce tosta e sbrigativa. Ma Tooru era fuori di sé.
Raggiunse Satsuki e le diede uno schiaffo violento sul braccio, scuotendola tutta.
« Che hai fatto eh? » Un altro schiaffo e lei si lamentò, piangendo.
« Che cazzo hai fatto?! Satsuki?! »
Gridò, scoppiando a piangere anche lui mentre le dava un altro schiaffo forte.
Lei si mise a strillare, proteggendosi con le braccia mentre continuava a piangere.
« Tooru, per l'amor di Dio, calmati! »
Intervenne Junko, tentando di separarli.
« E Takeru? Non ci pensi a Takeru, brutta stronza?! Le mie pillole per l'ansia, sul serio? L'unica cazzo di cosa che mi fa dormire la notte tu la usi per tentare di ammazzarti ?! »
« Mi dispiace, mi dispiace Tooru. Scusa »
Disse Satsuki tra i singhiozzi, le grida e i suoi schiaffi di collera e dolore.
A quel punto Tooru si sentì avvolgere da un paio di braccia forti e cadde all'indietro, contro il petto di Wakatoshi. Cielo, aveva assistito a quella scena ...
« Calmati, Tooru. Va tutto bene. Shh »
E lui, contro ogni buon senso, si rilassò.
Senza pensarci troppo si girò e avvolse le braccia attorno al suo collo, abbracciandolo. Wakatoshi non ci mise che due secondi a ricambiare quella stretta.
Tooru non la ricordava nemmeno l'ultima volta che aveva provato un tale conforto.


Seduto attorno al tavolo, con i gomiti appoggiati sul ripiano di legno, ormai calmo, Tooru osservava Satsuki mangiare una minestra calda.
Avevano entrambi gli occhi rossi. Gonfi.
Ma si erano calmati. Junko era andata via poco prima, tranquillizzata.
Tooru avrebbe dovuto scusarsi con lei appena possibile.
Allungò una mano e sistemò una ciocca di capelli castani dietro l'orecchio di Satsuki, che gli accennò un tenue sorriso. Wakatoshi si allontanò dai fornelli e sistemò un piatto di invitanti uova in camicia sul tavolo. Era andato a fare la spesa e aveva preparato la cena per Satsuki, mentre Tooru le faceva un bagno caldo e parlavano.
« Grazie » Fece lei, osservando Wakatoshi con occhi stranamente curiosi mentre si metteva seduto attorno al tavolo, accanto a Tooru. Era tranquillo, e per nulla turbato.
« Mi piaci, comunque » Gli disse con la sua voce atona, prendendo un altro cucchiaio di minestra « Sai anche cucinare »
« Satsuki! » Fece Tooru, per tutta risposta lei gli diede una gomitata nel fianco.
« Fammi bella, dopo. Devo mettermi il vestito con i fiori »
Gli bisbigliò a voce troppo alta.
Tooru la guardò allibito, poi fissò Wakatoshi. Lui stava trattenendo un sorriso.
L'ultima volta che Satsuki aveva chiesto di indossare un vestito per sembrare carina ...
Non se la ricordava nemmeno.
« Ah, ho capito » Fece lei, guardandoli.
« Sono arrivata troppo tardi »
Un'altra gomitata nel fianco di Tooru con il suo braccio terribilmente ossuto.
« Hai tutte le fortune, fratellino »
« Quello fortunato sono io » Intervenne Wakatoshi, guardando Satsuki e non Tooru.
La loro conversazione era rimasta in sospeso. Come tutto tra di loro.
« Ecco, vedi. Mi piace » Confermò Satsuki.
Stava mangiando con appetito.
Tooru non aveva insistito troppo dopo essersi calmato.
Era stato Wakatoshi ad affrontarla.
Le si era seduto davanti e le aveva preso le mani, nonostante fosse un'estranea per lui.
Aveva visto il peggio della vita di Tooru.
La sua casa, sua sorella, il frigo vuoto ...
Hajime, che era cresciuto con Tooru, conosceva bene tutta quella situazione.
Erano rimasti amici ma ...
Non lo voglio, Tooru!
Mi dispiace, non voglio vivere con questa responsabilità. Ti voglio bene, ma ...
Erano rimasti amici, ma tra di loro qualcosa si era rotta per sempre.
Di loro era rimasta solo Junko, che ancora ci sperava.
Daichi non ci era nemmeno arrivato a quel punto. Tra di loro era andata male prima. Wakatoshi invece non aveva fatto una piega.
« Allora cerca di convincere tuo fratello a diventare il mio fidanzato »
Quelle parole lo riportarono al presente.
« Ehi, Wakatoshi! » Lo riprese.
« Tooru, certe volte sei proprio scemo » Intervenne Satsuki, senza rimorsi nella voce.
Passarono il resto della notte a scherzare.
Wakatoshi aveva nella tasca della giacca un mazzo di carte Uno, e Tooru non ebbe l'ardire di chiedere come mai. Ci giocarono, agguerriti, anche Satsuki.
E quando cominciò a stancarsi, diventando taciturna e di nuovo spenta, la portarono a letto, dove si addormentò. Tooru buttò le pillole per l'ansia nella spazzatura.
Non voleva le venisse di nuovo in mente di ... magari quando c'era Takeru.
« Grazie » Mormorò a Wakatoshi sull'uscio della porta, molto più tardi. Verso le tre.
Voleva dirgli di fare attenzione per strada a quell'ora, e che sperava avrebbe trovato ancora la macchina dove l'aveva lasciata.
Ma Wakatoshi conosceva bene quel quartiere.
« Non voglio la tua gratitudine » Ammise.
Tooru lo sapeva. Ma era stanco. Molto stanco quella sera.
Non te ne andare. Non poteva dirlo.
« Sono stanco, ti prego » Mormorò invece.
Wakatoshi annuì, senza insistete oltre.
Prima di andarsene però gli accarezzò una guancia con le sue ruvide dita da barman.
Era andato via con la divisa addosso.
Rientrato in casa, Tooru si chiuse la porta alle spalle e si vi appoggiò contro.
Sul tavolo vide un pentolino sigillato.
Aggrottò le sopracciglia e si avvicinò, accanto vi era un biglietto con una pessima calligrafia:


Mangia qualcosa.
Ti ho preparato del brodo caldo.


P.S Nella dispensa ci sono dei panini al latte.
Se non ricordo male, dovrebbero essere i tuoi preferiti.


P.P.S Ho preso anche qualche porcheria per Takeru. Merendine, pizza, patatine fritte.
E le carte, erano un regalo per lui in realtà.
Me lo ha suggerito Satori. Mi ha detto che avrei potuto ingraziarmelo in quel modo.


P.P.P.S Voglio restare Tooru. Sul serio.


Prima di arrivare alla fine del biglietto Tooru stava già piangendo e ridendo insieme.
Quell'uomo.
Quel meraviglioso e sciocco uomo.


 
☆☆☆


Tooru amava allenarsi.
Lo faceva con fatica, dedizione e sangue.
Il palo era il suo amante, colui che non lo avrebbe mai tradito. Toccarlo, stringerlo, usarlo come sostegno e muoversi attorno a lui era una vera e propria danza d'amore.
Gli dava sicurezza e conforto.
L'unico punto fisso della sua vita. Aveva iniziato da bambino e non aveva mai smesso.
« Ohi, Tooru. Sono le nove, stiamo per chiudere » Gli urlò una voce familiare.
Tooru si tenne fermo al palo con forza, esibendosi in una rotazione perfetta prima di atterrare, poi tolse la cuffietta dell'orecchio.
« Scusa, Hajime. Ora vado via » L'altro si appoggiò con la spalla sullo stipite della porta, osservandolo mentre raccoglieva un panno per asciugarsi il volto sudato.
Avrebbe fatto una doccia a casa.
Era passato troppo tempo dall'ultima volta che aveva potuto allenarsi nella palestra.
Ma aveva perso la cognizione del tempo.
« Tutto bene? Sei strano oggi » Tooru guardò il suo amico di sempre.
Hajime era stato tutte le sue prime volte. Ma non era rimasto.
Non era rimasto con lui fino alla fine.
« Sto bene » Mentì, infilandosi una maglietta a mezze maniche bianche addosso, i pantaloni della tuta e poi una felpa, che chiuse per riparasi dal freddo della notte.
« Ti vedi con qualcuno » Indovinò Hajime.
Tooru tirò su il cappuccio, nascondendo i ricci bagnati di sudore sotto la stoffa.
Hajime doveva aver saputo da Junko quello che era successo a Satsuki, ed era per quel motivo che era andato a tallonarlo.
Non parlavano come un tempo, non più dopo il modo in cui Hajime l'aveva lasciato.
Ormai doveva rincorrerlo per farsi dire qualcosa. Tooru non se la sentiva di confidarsi con lui riguardo i suoi problemi, considerato che era per quelli che era finita.
« No, abbiamo deciso che non era cosa »
Rispose, disattivando il bloothooth dal cellulare e riponendo le cuffie nel borsone.
Infilò il cellulare in tasca mentre Hajime sospirava, staccandosi dal muro.
« Però lui ti piace » Constatò.
Tooru era andato ben oltre il mero piacere.
« Si, come mi piacevi tu. E Daichi e Tetsuro, e tutti gli altri che si sono divertiti a scoparmi ma poi sono scappati via non appena la cosa si è fatta un po' più seria »
Calò il silenzio nella palestra deserta.
Tooru si morse il labbro, gettando il cellulare all'interno del borsone con foga.
Non aveva avuto intenzione di uscirsene con quella frase, ma era un fascio di nervi tesi in quel periodo della sua vita.
Hajime accolse il colpo con una certa compostezza. Dopotutto, era nel torto.
« Mi dispiace, Tooru. So che è colpa mia » Tooru alzò gli occhi al cielo.
« La mia esistenza non ruota intorno al mio struggimento per te, Hajime. Ho cose più serie di cui occuparmi » Sbottò, acido.
Hajime entrò nella stanza e prese una corda, cominciando a piegarla per bene.
« Mi riferivo al motivo per cui hai paura di rischiare, perché temi di essere lasciato indietro. Di nuovo » Replicò, calmo.
E per Tooru fu come riceve un calcio dritto nello stomaco, tirato con violenza.
Hajime posò la corda al suo posto.
« Sono stato uno stronzo con te. Avevo paura, non ti amavo abbastanza. Ma non lasciare che questo ti blocchi »
Tooru avrebbe voluto dire qualcosa, ma non riusciva a parlare.
Non riusciva a muoversi.
« Se qualcuno vuole restare, Tooru, allora permettiglielo. Altrimenti non saprai mai come sarebbero potute andare le cose »
Hajime si lasciò cadere su una sedia, stanco.
« I rimpianti ti tormentano per sempre Tooru. Fidati di me »
Lo guardò dritto negli occhi e Tooru comprese: il suo più grande rimpianto era lui.


Fuori, il freddo gli morse la pelle sudata.
Infilò le mani nelle tasche della felpa e sollevò il volto per guardare il cielo.
Le stelle erano numerose e la luna piena.
Voglio restare. Sul serio.

 
☆☆☆


La canzone che aveva scelto per lo spettacolo di quel sabato sera era sexy, un po' sboccata e forse esplicita. Proprio come il modo in cui si stava muovendo su quel palo, come se stesse flirtando con lui, lo stesse provocando.
Mani volgari si allungavano verso di lui con banconote, intente ad ottenere qualche toccatina. Non quella sera. Quella sera Tooru aveva un obiettivo in mente.
Cogliendo tutti di sorpresa, tanto da attirare anche l'attenzione di chi era sulla pista da ballo nell'altra parte del locale, balzò giù dal palcoscenico e salì con un movimento agile sul bancone del bar. Gli spettatori seduti sugli sgabelli urlarono.
Tooru camminò lungo il bancone con i pesanti stivali di pelle che scricchiolavano. Indossava solo uno slip di pelle nero e una cravatta con il nodo allentato.
Raggiunse uno dei quattro pali di ferro che reggevano la struttura del bar al centro del locale. Vi si appoggiò sopra.
« Ehi, barman » Fece ad alta voce, rivolgendo a Wakatoshi, che lo guardava sorpreso, uno sguardo da "sesso", per citare Hajime « Ho saputo che hai richiesto un ballo privato tutto per te » Wakatoshi lo guardò imbambolato e Tooru fu sicuro - al cento per cento - che avrebbe specificato di non averlo fatto, invece.
Non era nella sua natura capire quelle cose.
E per quello lo amava da impazzire.
Ma prima che potesse farlo, iniziò a ballare.
Non era nient'altro che una danza per sedurlo. Muovere il bacino in quel modo.
Fu provocante, sexy e deciso.
E per tutto il tempo non spostò lo sguardo da quello di Wakatoshi, che si era andato man mano a scurire e farsi più intenso.
Quando la musica terminò, si sfilò la cravatta, si mise seduto sul bancone, dando le spalle al pubblico, e la avvolse attorno al collo di Wakatoshi tirandoselo addosso.
Lui parò lo strattone appoggiando le mani accanto ai suoi fianchi, sul bordo del bancone. Tooru lo accolse nello spazio tra le sue gambe, i loro nasi si toccarono.
« Resta » Gli mormorò sulle labbra, poi rise divertito e infine lo baciò sotto una marea di grida divertite, cellulari che riprendevano e colleghi con battute pronte.
Wakatoshi poggiò la fronte sulla sua.
« Grazie per esserti fidato di me. Ti amo »
Parole sussurrate tra di loro.
« Signori, giù le mani da questo barman! Ormai è mio! »
Gridò Tooru rivolgendosi alla folla, che esplose in risate ed acclamazioni.
Ci fu anche qualche lamentela.
Poi tornò a concentrarsi su Wakatoshi.


Forse finalmente qualcuno sarebbe rimasto.
Anzi, ne era quasi certo.

 
☆☆☆


L'appartamento nuovo era arieggiato, imbiancato di fresco, spazioso e aveva tre balconi. Oltre che due bagni. Era al terzo piano di un complesso di edifici popolari nello stesso quartiere dove aveva vissuto Wakatoshi fino ad allora.
Tooru non aveva idea che i traslochi potessero essere tanto faticosi.
Ma nella sua vita, di cambiamenti, ne erano avvenuti tanti negli ultimi tempi.
« Questo è l'ultimo » Posò lo scatolone accanto agli altri e guardò Wakatoshi, in bilico su uno scalino mentre finiva di montare la tenda nella loro camera da letto.
Poco tempo dopo essersi messi ufficialmente insieme, Sachiko - ormai sua suocera - aveva voluto conoscerlo per davvero. Senza trucco o maschere.
Lei e Wakatoshi avevano parlato molto in quell'occasione.
E Tooru non aveva nascosto niente di sé, o della sua famiglia.
La settimana successiva, il sindaco gli aveva fatto sapere che si era liberato un posto nella miglior clinica della città - di sua proprietà - per Satsuki.
Ovviamente, era tutto pagato.
Tooru se l'era presa con Wakatoshi per quello.
Non era abituato ad avere un aiuto che non richiedesse qualcosa in cambio.
Ma Satsuki lo aveva stupito. Gli aveva detto di volerci andare.
Devi vivere la tua vita, Tooru. E io la mia.
Takeru sarebbe rimasto con lui.
E Tooru aveva imparato da quella storia che non era una debolezza accettare l'aiuto di qualcuno. Soprattutto se di cuore e sincero.
Aveva poi lasciato il lavoro al ristorante.
Reon, il giovane allievo che si era occupato della scuola di Tanji - l'amico di Wakatoshi - aveva dovuto lasciare per trasferirsi altrove.
Il vecchio aveva allora lasciato legalmente la scuola nelle mani di Wakatoshi.
E adesso, la gestivano insieme a tutti gli effetti. I profitti erano inaspettati.
E lui faceva il lavoro migliore del mondo: insegnare la pole dance.
Era rimasto a lavorare anche all'Haikyuu Nightclub per tre notti di fila, perché non avrebbe mai potuto abbandonare quel luogo.
E alla fine, Wakatoshi gli aveva chiesto di andare a vivere insieme, con Takeru.
Ed erano arrivati fin lì, nell'arco di pochi mesi.
Stanco, si mise seduto sul materasso ancora imballato del loro letto.
Per risparmiare, avevano riutilizzato alcuni dei mobili che già possedevano, come la cucina di Wakatoshi e la testiera del suo letto, o l'armadio.
Ma avrebbero avuto tempo per rendere quella casa il loro nido personale.
Wakatoshi scese dalla scaletta, tirò la tenda per verificare che funzionasse e poi lo raggiunse, mettendosi seduto accanto a lui.
« Non vedo l'ora di vedere la faccia di Takeru quando vedrà la sua nuova cameretta »
Gli disse, con la solita voce che non tradiva in realtà nessuna trepidazione d'attesa.
Takeru aveva una stanza tutta per sé. Per la prima volta nella sua vita.
Wakatoshi se lo era preso molto a cuore e l'affetto era stato ricambiato tutto.
La cameretta gliel'aveva montata tutta lui, inoltre, aveva anche voluto che il bambino avesse una paghetta mensile con cui poter uscire con gli amichetti o comprarsi qualcosa. Gli aveva anche rifatto il guardaroba.
E Takeru aveva anche cominciato a farsi crescere i capelli, su cui Satori non vedeva l'ora di allungare quelle sue manacce.
« Sarà felicissimo » Commentò Tooru, stiracchiandosi « Domani potremmo andare a prenderlo da Junko » La casa non era perfetta, ma abitabile.
Si lasciò cadere di schiena sul materasso imballato, era bello comodo. Soffice.
« Stasera dobbiamo andare alla festa di fidanzamento di Shouyou e Tobio »
Gli ricordò Wakatoshi, stendendosi accanto a lui. Tooru fece una smorfia.
« Già si sposano, quelli sono matti! »
Brontolò. Wakatoshi allungò una mano e prese ad accarezzargli il braccio.
Tooru fece le fusa a quelle carezze.
« Non sei stato tu a spingere Tobio a fare finalmente la prima mossa? »
Gli chiese Wakatoshi, prendendo a sbottonargli la camicia.
« Si, e me ne prendo tutti i meriti! » Sbottò, alzandosi di scatto.
Spinse Wakatoshi sul materasso e si mise a cavalcioni su di lui.
« Ma abbiamo tutto il tempo per inaugurare questo letto, o sbaglio? »
Wakatoshi accennò un sorriso, appoggiandogli le mani sulle cosce.
« Ho intenzione di fare l'amore con te su ogni superficie piana della nostra casa »
Lo informò. Il sorriso gli si ammorbidì nel sentir pronunciare la parola "nostra".
« Non perdiamo tempo, allora »



 
You don't know what you did,
did to me
Your body lightweight
speaks to me


( Under The Influence - Chris Brown )
  
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