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Autore: Red Owl    28/10/2022    1 recensioni
Si dice che ci sia un tesoro inestimabile, sotto alle colline di Yevàn. Nessuno ne conosce la natura: c'è chi parla di un tesoro sepolto da più di mille anni, c'è chi parla dell'oro degli Elfi, c'è chi parla di sapienza, chi di potere. Nessuno l'ha mai visto, ma tutti lo cercano.
C'è una mappa che vale oro e c'è un ladro senza scrupoli, c'è un'ereditiera più furba di quel che sembra e un mercenario venuto dal mare. C'è, soprattutto, una voce nella notte che in pochi sentono e che chiede di viaggiare lontano, lontano, oltre le porte della città e oltre la campagna, su fino alla collina del tesoro e giù tra le radici degli alberi.
Genere: Avventura, Mistero, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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A Mia il pesce fa schifo. Sarà che non l'aveva mai mangiato prima di entrare a servizio degli Shidaìn, sarà che è freddo e viscido, ma le vengono i brividi ogni volta che le tocca cucinarlo. La Signora però ne va purtroppo ghiotta, e lei si trova in coda davanti a quel banchetto maleodorante fin troppo spesso.

"Buondì, Mia, bella mia, cosa posso proporti quest'oggi?"

La ragazza inspira profondamente dal naso per mascherare l'espressione esasperata che sta cercando di farsi strada sul suo volto. L'umorismo del pescivendolo è deprimente. Malgrado vada da lui non meno di due volte a settimana, non è ancora riuscita a capire se il suo sia solo un tentativo di essere simpatico o se le stia facendo la corte.

Casca male, se così fosse, pensa osservando l'ometto di mezza età. È vedovo, se ricorda bene, e ha probabilmente più soldi di quanti ne potrebbe avere qualsiasi altro suo potenziale spasimante, ma puzza di pesce e ha la pessima abitudine di inventare giochi di parole basati sul suo nome.

Che poi: lei si fa chiamare Mia solo perché la gente della capitale pare incapace di pronunciare il suo nome completo senza storpiarlo orribilmente.

Miashàvirtscka, pensa. Mi chiamo Miashàvirtscka.

Davanti allo sguardo insistente del pescivendolo, la giovane si riscuote. "Dammi tre orate, per favore. Che siano fresche, non come quelle che mi hai rifilato l'ultima volta."

L'uomo inarca le sopracciglia con aria di sufficienza. "Il mio pesce è sempre fresco, bellezza. Chi è che ne sa di più? Uno come me, che fa questo mestiere da una vita, o una come te, che non ha mai visto l'acqua salata e che fino a qualche anno fa viveva tra capre e praterie? Dà retta a me: non troverai orate migliori nell'intero mercato."

Mia afferra il cartoccio con il pesce e allunga le monete al venditore. "Sarà, ma la Signora se n'è lamentata. Se sono come le ultime che mi hai venduto, aspettati una visita da parte sua."

Il pescivendolo si lascia ricadere sullo sgabello. "Oh, e che sarà mai!" ridacchia, prima di rivolgersi alla cliente successiva.

Mia sistema il pesce nel paniere e prosegue nel suo giro di compere. Malgrado tutto, quella vita non le dispiace. Quando da adolescente aveva lasciato la tenda di suo padre, si era forse aspettata qualcosa di diverso, si era immaginata una vita un po' più raffinata, ma tutto sommato non ha motivo di lamentarsi.

Gli Shidaìn sono dei buoni datori di lavoro, generalmente gentili e non troppo esigenti. Sono stati pazienti con lei quando è entrata a servizio da loro. Mia sorride ricordando il primo anno che ha passato nella villa del notaio. Aveva quattordici anni, due in meno di quanti ne ha ora Lyra, ma era indubbiamente più matura della sua giovane padroncina. I bambini crescono in fretta nelle steppe occidentali, ma, se la vita nomade crea uomini e donne forti, non si può dire che doni loro garbo ed eleganza.

Quante cose che aveva dovuto imparare! E che pazienza che aveva avuto la povera Dora, la vecchia domestica del notaio che non sognava altro che di godersi presto la meritata pensione e che invece aveva dovuto prendersi cura di una ragazzina più abituata a badare alle capre che a servire il tè!

Acqua passata, pensa Mia sistemandosi la cuffietta inamidata. Adesso nessuno ha motivo di lamentarsi di me e del modo in cui svolgo il mio lavoro.

Anche se ci sono ancora delle volte in cui, di notte, le sembra che le pareti di pietra la soffochino e le facciano mancare il fiato, sente che la villa del notaio è ormai casa sua. Anche gli Shidaìn sono diventati un po' la sua famiglia. Lei si preoccupa di loro e loro hanno a cuore il suo benessere - e anche il suo futuro, se considera tutte le volte che Artem Shidaìn ha cercato di accasarla con il giardiniere.

Mia non ha nulla contro il ragazzo, ma non è neppure attratta da lui. È sicuramente un partito più gradevole del pescivendolo, considera. Brutto non è, è gentile ed è anche uno che lavora sodo. È davvero un peccato che lei non provi nemmeno una scintilla di interesse nei suoi confronti.

Non come per Jens Lowal, pensa arrossendo. Il bandito è intrigante e attraente. I suoi occhi di ghiaccio e la sua personalità decisa hanno fatto sospirare segretamente almeno la metà delle donne di Yevàn. Peccato che sia un avanzo di galera...

I suoi piedi conoscono ormai il percorso che segue ogni volta che va a fare compere al mercato e Mia può permettersi di fantasticare un po'.

Sarebbe davvero fantastico se riuscissi ad agguantare un uomo come dico io. Non troppo vecchio, ma nemmeno troppo giovane. Bello, ma non troppo vanitoso. Ricco, se possibile. Sulla ricchezza non metto limiti. Che sia gentile e pure simpatico, che non guasta, ma che non si faccia mettere i piedi in testa dal primo che passa.

Si chiede se i suoi standard non siano un po' troppo alti, ma cosa importa? È solo una fantasia. A differenza della piccola Lyra, che non ha mai mostrato il minimo interesse per i primi giovanotti che suo padre ha tentato di farle conoscere, Mia è assolutamente sicura di volersi sposare e creare una famiglia con i fiocchi. Peccato che fino a quel momento il partito perfetto non si sia ancora palesato.

Quando ha acquistato tutto ciò che le serve, la giovane si avvia di buon passo verso casa. Quella mattina il mercato era più affollato del solito, e lei vi si è trattenuta più a lungo del consueto: dovrà sbrigarsi, se spera di tornare alla villa in tempo per preparare il pranzo.

Quando giunge in vista dell'abitazione, però, Mia si ferma di colpo: davanti al cancello di ferro battuto è parcheggiata la carrozza di Lord Ardyn.

Cosa diamine vuole a quest'ora? Si chiede mentre oltrepassa il cancello e rivolge un cenno di saluto al cocchiere che con aria annoiata attende il ritorno del suo padrone.

Il nobiluomo non è mai stato scortese o inappropriato nei suoi confronti – anche perché ha sempre ignorato totalmente la sua presenza – ma ogni volta che viene a far visita al notaio, Mia si sente un po' a disagio. Lord Ardyn è... un po' troppo, per lei. Troppo raffinato, troppo affettato nel modo di parlare, troppo compiaciuto nei suoi abiti costosi ed eleganti. O forse è solo la sua percezione e c'è un po' di invidia dietro a quei pensieri, ma resta il fatto che, quando lui è nei paraggi, la giovane sente crescere a dismisura il proprio livello di attenzione. È un po' come quando, da bambina, veniva chiamata alla presenza degli anziani dell'accampamento, o come quando si trovava su un pascolo isolato e sentiva ululare i lupi nelle vicinanze.

Avverte un pericolo: se morale o fisico, non sa dirlo.

Magari temo solo che mi guardi e che chieda al Signor Shidaìn se gli sembra il caso di tenersi in casa una guardiana di capre...

Mia entra in casa in punta di piedi, facendo attenzione a non far scricchiolare la porta, e tende le orecchie per determinare la posizione del resto degli occupanti della villa.

Non c'è traccia della Signora, ma la cosa non la sorprende: sarà in giardino a ricamare, approfittando di una giornata autunnale insolitamente mite. Il notaio e Lord Ardyn devono invece essere in salotto, almeno a giudicare dalla direzione da cui giungono le loro voci.

Mia capta il nome di Lyra e drizza subito le orecchie.

Lasciatela riposare, povera bambina, pensa, lanciando un'occhiata alle scale che portano al piano superiore. Ultimamente la ragazza è pallida come un cencio e sembra eternamente stanca: da quando c'è stato il furto, sembra essere caduta in uno strano stato di agitazione perenne.

E vorrei ben vedere! Non è abituata a essere svegliata nel cuore della notte!

Non ha certo avuto un'infanzia come la sua, dove le incursioni dei predoni erano frequenti. A otto anni ha iniziato ad andare a letto con una piccola ascia intarsiata nascosta sotto le pelli del suo giaciglio.

Spossata forse dall'incubo che l'ha tenuta sveglia la notte precedente, Lyra dorme ancora. Durante la sua ultima visita, Lord Ardyn ha chiesto di poter parlare con lei: Mia spera che la cosa non si ripeta anche in questa occasione.

I toni sommessi che vengono dal salotto e il ripetersi del nome di Lyra stuzzicano la curiosità della domestica. La giovane posa il paniere colmo di viveri in cucina e poi striscia silenziosa lungo il corridoio, avvicinandosi alla porta chiusa dietro la quale stanno parlando i due uomini.

Sa che non dovrebbe origliare. Sa che, se la sorprendessero in una posizione così compromettente, rischierebbe di perdere il posto di lavoro, in barba ai buoni rapporti che intrattiene con la famiglia del notaio. Ma la curiosità è troppa, ed è accompagnata dal sentore che quello sia un discorso importante.

Con un'ultima occhiata in direzione del giardino, si assicura che non ci siano movimenti e poi si piazza a meno di un passo dalla porta del salotto.

Se dovesse arrivare qualcuno, decide, dirò che volevo informarmi su a che ora servire il pranzo, e se Sua Eccellenza intende fermarsi con noi.

Vorrebbe appoggiare l'orecchio al pannello di legno, ma forse così è un po' troppo, e comunque le parole dei due uomini sono sufficientemente chiare anche mantenendo un minimo di distanza.

"... mi sembra sempre così distratta, quasi assente" sta dicendo il Signor Shidaìn.

"E secondo te questa sua distrazione non è dovuta al furto che avete subito?" chiede di rimando Lord Ardyn.

Il borbottio di risposta è troppo basso perché Mia possa cogliere le parole del notaio, ma capisce comunque che si tratta di una negazione.

"Non me lo spiego" replica ancora il nobiluomo. "Ci sono stati altri eventi che potrebbero averla turbata?"

Questa volta la risposta è più chiara: "Nulla di cui io sia a conoscenza."

Tra i due uomini cala un silenzio prolungato e Mia inizia a chiedersi se quella conversazione sia finita così.

Proprio quando sta iniziando a pensare di tornare in cucina, però, il notaio parla ancora. "Sono preoccupato per lei. Ne ho parlato anche con mia moglie, e pensiamo che forse le farebbe bene cambiare ambiente per un po'." L'uomo fa una piccola pausa, interrotto forse da un gesto del suo interlocutore, ma poi riprende: "Sapete che l'amiamo come una figlia. Vogliamo solo il meglio per lei. Se solo poteste riprendervela per qualche tempo..."

La domestica si porta una mano alle labbra per soffocare un'esclamazione di sorpresa. Cosa significa che la amano come una figlia? Lyra non è la figlia naturale degli Shidaìn?

Evidentemente no, se ha detto questa cosa, si risponde.

Ma allora di chi è figlia? Per quanto assurdo le possa sembrare, l'ipotesi più logica, considerate le parole del notaio, è che appartenga alla famiglia di Lord Ardyn: forse è figlia del gentiluomo, forse di qualche suo parente stretto.

Quelle speculazioni sono interrotte dalla voce decisa del nobile. "No, non credo che sia una buona idea. Anch'io ho a cuore il benessere di Lyra, ma l'idea di averla in casa è insopportabile."

"È una ragazza buona..." protesta il notaio, e a Mia sembra che abbia un tono piuttosto oltraggiato.

"Non dico che non lo sia, Artem", sospira Lord Ardyn, "anzi, sono sicuro che sia assolutamente deliziosa. Ma averla sotto gli occhi tutti i giorni non farebbe altro che farmi pensare a mia moglie. Non lo posso sopportare, no, mi dispiace. Sarebbe troppo doloroso, e alla fine sarebbe la ragazza a rimetterci."

Oh, è sposato? Si chiede Mia, annusando un pettegolezzo. O forse era sposato, se dice che Lyra lo farebbe ripensare a sua moglie. Non ha mai saputo che l'uomo fosse vedovo, ma, ora che ci pensa, non ha nemmeno mai sentito parlare di una sposa che divida la casa con lui.

"Io non so davvero cosa fare con questa ragazza, Lord Ardyn" geme il Signor Shidaìn. "Forse dovrei farla vedere da un medico? Ma sospetto che il suo malessere non sia fisico, né un disturbo della mente: ho l'impressione che sia il suo spirito a soffrire."

"C'è anche da dire che è in un'età difficile" dice dopo qualche istante Lord Ardyn. Ora il suo tono è pacato, ragionevole, come se volesse convincere il notaio della bontà delle sue idee. "Da quello che mi dici, non ha molte occasioni di frequentare fanciulle della sua età."

"L'unica che frequenta con costanza in effetti è la nostra domestica, Mia, che però ha sette anni in più di lei..."

Sentendosi tirata in causa, la giovane lancia un'occhiata nervosa alla porta. Che a quei due non venga in mente di convocarla, o si accorgerebbero che è già lì, appostata a pochi metri da loro.

"C'è troppa differenza d'età, e non penso che Lyra abbia molto da spartire con una domestica, soprattutto se è una nomade dell'ovest" replica il nobiluomo, e Mia piega le labbra in una smorfia infastidita: se gli dà fastidio che una sua congiunta frequenti gentaglia come lei, avrebbe dovuto tenersela in casa, anziché affidarla a un suo sottoposto.

"Ho una proposta che forse potrebbe aiutare a migliorare un po' le cose" continua Lord Ardyn. "Qualche giorno fa sono arrivate in visita da me due delle mie nipoti, figlie della mia sorella più giovane: Valya ha quindici anni ed Ela dodici. Potrei portarle qui da te domani, così che trascorrano un po' di tempo insieme a Lyra."

Artem Shidaìn esita un attimo, prima di rispondere. "Non so se Lyra sarà in grado di intrattenere due fanciulle abituate ai lussi della buona società."

"Non vedo problemi" lo contraddice il suo interlocutore. "Valya è una ragazza avventurosa ed Ela è timida e giudiziosa: ameranno Lyra. Potrebbero fare una gita a cavallo qui nei dintorni: mia sorella è una buona madre, ma le tiene sotto una campana di vetro. Un po' di divertimento all'aria aperta farà bene anche a loro e permetterà a Lyra di conoscerle lontana dalle aspettative della società e degli adulti."

"Come desiderate" acconsente il notaio. "Chiederò a Mia di accompagnarle, così che non siano completamente abbandonate a se stesse."

"Sa cavalcare?" chiede stupito Lord Artem, e Mia deve impegnarsi a fondo perché uno sbuffo sarcastico non lasci le sue labbra.

"Oh, sì, è un'ottima cavallerizza" conferma il Signor Shidaìn. "Ci ha raccontato che i bambini della sua tribù montano in sella fin da piccolissimi."

"Pensavo che questo valesse solo per i maschi" commenta distrattamente il nobiluomo. "Non si finisce mai di imparare..."

Un suono di passi provenienti dal giardino costringe Mia ad abbandonare la sua postazione e a precipitarsi, veloce ma silenziosa, in cucina.

"Mia? Sei rientrata?" la chiama la Signora Shidaìn.

"Sì, Signora" fa di rimando lei, tuffando le mani nel paniere e fingendosi indaffaratissima a sistemare gli acquisti. "Tra poco inizio a preparare il pranzo."

La padrona di casa si affaccia sulla porta della cucina. Malgrado le temperature più alte della norma, si stringe uno scialle di lana attorno alle spalle: a giudicare dall'aria emaciata che sfoggiano entrambe, Mia fa davvero fatica a pensare che lei e Lyra non abbiano un legame di sangue.

"Benissimo" commenta la Signora, strofinandosi gli occhi come per allontanare il sonno. "Prima di iniziare, però, ti dispiacerebbe salire di sopra a controllare se mia figlia si è svegliata? È tempo che io vada a intrattenere almeno per un po' il nostro ospite..."

La ragazza deve sforzarsi per mantenere un'espressione neutra davanti a quelle parole. Non essere sciocca, si rimprovera. Anche se non l'ha partorita, rimane comunque sua figlia. 

Però quella rivelazione l'ha scossa. Chissà se Lyra è al corrente della verità sulle sue origini.

Beh, non sta certo a me spiegarle da dove viene, pensa, rabbrividendo d'orrore alla sola idea di affrontare un discorso del genere con la ragazzina. 

"Vado subito, Signora" dice allora, rivolgendole l'accenno di una riverenza e avviandosi su per le scale. 

Lyra sta ancora dormendo. Gli scuri sono chiusi, ma le due ante non combaciano perfettamente e una sottile lama luminosa colpisce il letto della ragazza, illuminando una mano abbandonata sul copriletto. È così pallida che Mia deve guardare il movimento regolare del petto della fanciulla per convincersi che è ancora nel mondo dei vivi.

Poverina, sembra stanca anche quando dorme. Non era poi così tardi, quando si è coricata.

Colta da un moto di tenerezza nei suoi confronti, Mia si avvicina al letto con l'intento di rimboccare le coperte che Lyra sembra essersi buttata addosso alla bell'e meglio. Poco prima che le sue ginocchia tocchino il materasso, però, è la punta dei suoi zoccoli a impattare con qualcosa.

Cosa diamine...

Mia si china e sbircia sotto il letto. Con la fronte aggrottata, allunga un braccio e afferra gli oggetti contro i quali è andata a sbattere. Sollevandoli all'esigua luce che filtra dalla finestra, vede che si tratta degli stivali che solitamente Lyra indossa per andare a cavallo e che in circostanze normali sono riposti nell'apposito vano sul fondo dell'armadio. La cosa che più attira la sua attenzione, però, è lo strato di fango e foglie che è rimasto attaccato alla suola: dal momento che è lei stessa a ripulire quegli stivali dopo ogni singolo uso, sa che non erano certo in quello stato, quando li ha sistemati nell'armadio.

Lentamente sposta lo sguardo dagli stivali alla figura dormiente della ragazzina. Quell'insolita stanchezza mattutina inizia ad assumere dei connotati sospetti. 

Cos'hai fatto esattamente ieri notte, per ridurli in questo stato?

Mia espira lentamente. Sarà una sua impressione, ma inizia a credere che Lyra stia nascondendo qualcosa.

   
 
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