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Autore: Dira_    31/10/2022    2 recensioni
Quando siamo attorno al fuoco e fuori piove: è questo il momento di raccontare di mostri, spiriti, streghe e folletti, ma anche di porte di servizio per mondi paralleli.
Questa è una raccolta di racconti sul soprannaturale italiano.
Genere: Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash, FemSlash
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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1. LE ANDANDE


 
“Venerdì prossimo quella terribile processione di anime passerà vicino alla tua casa, e torneranno per riprendersi ciò che è loro. Fai bene attenzione ad avere con te un gatto mammone.”
Il venerdì seguente, di sera, la processione si avvicinò alla casa. La donna, col gatto ben stretto, si presentò all’uscio. Le anime, vedendo il gatto, dissero: “Ti va bene che hai il gatto mammone in grembo, sennò ti sistemavamo!”
-Racconto di veglia raccolto a Brucciano, tratto dal libro “Magia e Stregoneria in Garfagnana”, di Oscar Guidi.
 
Ci sono posti in Italia dove halloween è una festa priva di senso. 
Ci sono paesini in cui i vecchi ridono e dicono “Quella festa lì? Ma non si chiama mica così” e raccontano di rape intagliate, ossa fatte di zucchero e processioni notturne di santi e spiriti.
Malacena, borgo della profonda e boscosa provincia di Siena, appartiene alla seconda categoria.  
 
Il fuoco scoppia nel camino; la legna scricchiola sotto l’assalto del calore, lanciando scintille violacee contro il vetro temperato.
Roísín, quindici anni e un’adolescenza che monta come una marea, vorrebbe tirare un calcio al vetro. 
È un gesto stupido, ma la rabbia che le divampa nello stomaco non la rende razionale.
“Ho già detto a Silvia che sarei andata!”
“Mi hanno messo un turno all’ultimo tesoro. Cate non può rimanere da sola.”
“Non può stare con nonno?” 
“Dopo una giornata di lavoro è stanco … Lo devo chiedere a te. Lo posso chiedere a te?” 
Sua madre sembra sempre dia la possibilità di scegliere, ma non è così. C’è una sola strada che si può percorrere quando ti chiede di fare qualcosa … ed è quella dell’assenso.
“Avevo promesso a Silvia che sarei andata alla festa,” ripete Rosi.
Non dovrebbe essere così difficile andarsene da Malacena per una sera. 
E invece.
“Puoi invitare lei e Bia qui, no? State tra di voi e intanto badate a Cate.”
“Bella merda.”
“Fai come vuoi, ma stanotte mi servi qui.”
Sua madre, una volta finito di stendere i panni, la raggiunge sul divano e le passa una mano tra i corti capelli color delle fiamme.
Le stesse che bruciano nel camino. Come brucia quel grumo di sentimenti che Rosi non riesce mai a buttare fuori. Non come vorrebbe. Non definitivamente.
Marina le sorride. “Posso contare su di te?”
“Sì.”
“Grazie tesoro.” 
 
Silvia le ha detto che non fa niente se non verrà alla festa.
Una vera merda.
Una vera merda perché Silvia non ha neanche proposto di stare tra di loro; Rosi lo capisce, a quella festa c’è un ragazzo che piace all’amica, ma questo non la fa sentire meno abbandonata.
Seppellisce il viso nel cuscino mentre fuori una pioggerella fastidiosa schizza i vetri.
Vorrebbe solo dimenticare quell’occasione di socialità mancata, che la renderà ancora più strana agli occhi dei suoi compagni di classe.
Sente un ticchettio alla finestra e ci vuole qualche attimo perché si renda conto che sono dei sassolini lanciati contro il vetro.
In strada c’è una persona coperta da un grosso ombrello nero con due stecche spezzate. Rosi sorride perché la riconosce. “Ehi Nero, ma mandarmi un messaggino no?”
L’ombrello si inclina e mostra il volto pallido di Tobia Neri, il nipote del custode del cimitero e suo migliore amico. 
“Posso entrare?”
“La strada la conosci!”
 
Tobia si toglie le scarpe rimanendo in calzini, che fanno un rumore umidiccio mentre percorre la distanza dalla porta al letto. Si siede in punta di materasso. “Se non vai alla festa, non vado neanche io,” dichiara.
“Dai, non fare il misantropo…”
“Ma io sono misantropo,” e le rivolge uno dei suoi rari sorrisi, obliqui come un quarto di luna. 
Sono i più belli che Rosi abbia mai visto.
Non che glielo possa dire; ci sono cose, durante l’adolescenza, che non vanno dette perché il fraintendimento è dietro l’angolo. Lei e Tobia Neri sono migliori amici. E in quella parola c’è di più di un semplice legame dato dall’aver vissuto tutta la vita nello stesso paese. 
Lei e Tobia sono nati di Domenica. Come dicono i vecchi, sentono crescere l’erba …
“Ho un programma,” la distrae il ragazzo. “Maratona di horror, schifezze e usciamo quando arriva la mezzanotte. Questa è la notte di confine. Sarà divertente.”
“Non è permesso!” 
“Vuoi davvero perderti la processione?”
Rosi esita. Quella sera avrebbe dovuto scegliere la normalità: una festa di coetanei, qualche bicchiere di troppo, brutta musica …  Invece resterà a Malacena. 
Quindi, alla fine non sarebbe manco colpa sua.
“Se Cate si addormenta per tempo…” 
 
Per Caterina quella è una serata di puro sgarro senza freni. Si rimpinza di pizza surgelata e caramelle e guarda con occhi voraci una serie di horror che avrebbero fatto venire gli incubi ad una Rosi della stessa età.
Alla fine si addormenta stremata sul divano, la bocca sporca di zucchero e le manine appiccicose.
“Con tutto quello zucchero pensavo avrebbe tirato avanti fino all’alba…” borbotta Rosi spegnendo la televisione sui titoli di coda dell’ultimo film. Il salotto viene avvolto dalla luce rossastra del camino che sta andando a pieno regime.
“È quasi mezzanotte,” dice Tobia ed ha gli occhi accesi da una luce febbrile.
Il giorno in cui morti sono all’uscio.
Rosi intreccia le dita a quelle magre - e un po’ appiccicose di caramelle - dell’altro. “Vengo con te,” mormora. “Se mi prometti che non è tuo padre che cerchiamo.”
“Non credo sarà nella processione. C’è solo gente cattiva dentro.” 
“Ci sono anche quelli che hanno affari incompiuti.”
“Babbo non ne aveva.”
Ha te, pensa Rosi, ma non lo dice.
“Va bene, andiamo…” risponde invece alzandosi in piedi.  
 
Percorrono il paese silenzioso, grati che la pioggia abbia smesso di cadere ore prima. La nebbia che viene dal bosco li immerge in un’atmosfera lattiginosa.
Camminano rasente le mura che cingono il paese, sfiorandole con le dita gelate per non perdere la via, perché più salgono, più la nebbia si fa fitta. 
Arrivano alla porta di ovest: la processione entrerà da lì e percorrerà tutto il paese per uscire dalla porta sud.
“Togliamoci di mezzo, non ci devono vedere,” dice Rosi all’amico trascinandolo dietro una casa. Stanno per assistere ad un’andanda; la processione di fantasmi che una volta all’anno può bucare il velo tra il mondo dei vivi e quello dei morti. 
“Perchè sei così nervosa? Non ci siamo mai messi in pericolo.”
“Dovrei stare a casa con Cate.”
“Caterina dorme. È al sicuro.” 
Rosi non risponde, ma pensa che quella è l’unica notte in cui non si è sicuri di niente.
 
Dal bosco, buio come la pece, arrivano i primi bagliori.  
E poi le forme sfilacciate e traslucide di donne e uomini … persino qualche bambino. Il viso è nascosto da cappucci candidi e hanno in mano torce che sono fatte di pura luce. 
Nonostante l’apparente candore quei fantasmi fanno parte del turbolento passato di Malacena. Tra di loro ci sono morti ammazzati, suicidi, ma anche vittime della guerra. 
Non sono spiriti benevoli e non devono incrociare il tuo sguardo. Altrimenti,  sei perduto.
“Seguiamoli…” le mormora Tobia all’orecchio. 
Le finestre sopra le loro teste hanno gli scuri chiusi, ma in molte arde una luce. I compaesani intagliano una zucca, vi pongono una candela e la mettono alla finestra. La chiamano morte  secca.
Usano quel lume per salutare i morti, ma al tempo stesso ricordargli le regole: i vivi in casa, i morti all’uscio.
 
La processione arriva in piazza e la fila, prima compatta, si divide di colpo.  
Non dovrebbe dividersi.
Prima che Rosi possa chiedersi cosa stia succedendo, il cuore le sprofonda nello stomaco.
È per Caterina.
La sorellina è uscita. È sulla soglia di casa, incongrua nel suo pigiama rosso con gli orsetti e i piedi nudi.
Tu non eri lì ad impedirglielo, urla una voce dentro la testa di Rosi, non eri lì a evitare che si svegliasse e non trovasse nessuno.
La processione ha visto Caterina. Come un serpe devia verso la bambina. 
“Cate! Entra in casa!” urla e Tobia corre con lei, ma sono troppo distanti.
Cate, sentendo la voce della sorella intuisce che ha fatto una cosa sbagliata. Si spaventa e fa per obbedirle, ma l’andanda la circonda, chiudendosi attorno a lei.
“Cate!” urla Rosi disperata. “Lasciatela stare! ” grida inutilmente perché le anime sono sorde alla voce dei vivi.  
E poi un miagolio. 
Una serie di miagolii acuti riempiono la Piazza. Rosi non vede i gatti, ma nota delle ombre. Piccoli corpi saettano da tetto a tetto. Sono i gatti del paese, e sono tanti.
E l’andanda si ritira, come una grande mano che lascia la presa … e Cate è di nuovo visibile.
Le anime riprendono la loro processione e lasciano la piazza.
I miagolii cessano.
Rosi corre verso Caterina e la prende in braccio, sentendola fredda come il marmo. La bambina piagnucola e le stringe le braccia al collo, ma è viva e presto riprenderà calore. 
Tobia guarda verso i tetti. “Gatti mammoni,” mormora con un sorriso. “Che scemo, non ci avevo pensato. L’unico modo che hai per non farti prendere dall’andanda è avere un gatto mammone con te.”
“... sono stati i gatti?”
Tobia si stringe nelle spalle “ Nonno li chiama i custodi del paese. Forse non si limitano a custodire le case dai topi” Fa una pausa meditabonda. “Dovreste prendervi un gatto.”
“Non ci piacciono gli animali per casa.” 
“Mi sa che non avete scelta,” osserva Tobia indicando qualcosa che trotterella verso di loro bucando la nebbia. Un micetto caraccola fino ai loro piedi e poi si acciambella sullo zerbino. Come tutti gli altri gatti del è tigrato, con una vistosa “m” sulla testolina spelacchiata.
Caterina si rianima di colpo, divincolandosi come un furetto. “Micino!” cinguetta. “Bel micino!”
Tobia lo solleva con delicatezza e il gattino comincia a fare le fusa sotto le carezze della bambina. Rosi sospira: è un dono dal paese, non può opporsi. 
“La prossima volta lo portiamo con noi,” commenta divertito Tobia. “Per allora sarà abbastanza grande, no?” 
Rosi vorrebbe ribattere che non ci sarà una prossima volta, ma sa che non è vero, per chi danza in bilico tra la normalità e l’altrove.
Non nella notte di halloween.
 
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