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Autore: ordnassela    02/11/2022    2 recensioni
Una giovane ragazza che ha perso da poco i genitori, si ritrova a dover andare a vivere con la sorella nella vecchia casa dei nonni nel fitto dei boschi montani.
Questo cambiamento la porta a conoscere persone nuove e una nuova realtà, che non avrebbe mai potuto aspettarsi.
Nella tranquilla cittadina vicina, si annida qualcosa di innaturale; a Luna bastano pochi giorni per trovarsi in un nuovo mondo tanto incantato quanto crudele.
[PS. Ho notato che c'erano problemi per la visualizzazione su telefono, dovrei aver risolto. Buona lettura!]
Genere: Avventura, Fantasy, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
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CAPITOLO 1
Una nuova casa - Parte 1


 
La macchina viaggiava veloce mentre le prime luci dell’alba illuminavano le punte dei pini circostanti. Nel bosco si era formata la tipica nebbia mattutina, che rendeva le piante grigie di rugiada e rilassanti alla vista.
 
Luna si stava perdendo il momento, troppo impegnata a cercare di caricare il suo laptop con la batteria dell’automobile.
La sorella, al volante, di tanto in tanto gettava lo sguardo sui sedili posteriori controllando la ragazza. Ogni volta che il suo sguardo si posava sull’adolescente il suo cuore si rattristiva sempre più.
 
Avevano perso i genitori da un mese e le sorelle avevano reagito alla tragedia in modo totalmente diverso l’un l’altra.
La maggiore, ormai indipendente, non sembrava aver risentito molto della perdita. Quando seppe la notizia, i suoi occhi si riempirono di lacrime, ma accettò la cosa velocemente, forse anche troppo. Disse a tutti che ormai erano anziani e che non aveva mai avuto un bel rapporto con loro, quasi come scusa alla sua costante agiatezza.
Così, la giovane donna dovette prendersi cura della sorella, quasi come una madre.
 
A Luna non piaceva affatto sua sorella, la vedeva di rado e i ricordi più belli con lei erano di una decina di anni prima. Quando rientrò nella sua vita, Luna era diventata una ragazza riservata e piena di tristezza repressa, che trasformava in rabbia verso la sorella.
La vita della sedicenne era stata stravolta dalla morte dei genitori, aveva smesso di praticare sport e di studiare. Passava le notti insonne a suonare il suo violino, mentre dai suoi occhi blu notte scendevano lacrime ricolme di malinconia.
 Tia, così si chiamava la sorella maggiore, decise allora di ricominciare tutto da capo, andando ad abitare nella vecchia villetta dei nonni materni in montagna, ereditata dopo la loro morte, qualche anno prima. Lì avrebbero entrambe ricominciato una nuova vita, anche se a Luna non interessava affatto.
 
L’auto proseguì per qualche ora silenziosamente. Si sentiva soltanto lo sfregare degli pneumatici sull’asfalto, finché Tia non parlò.
“Va tutto bene là dietro?”
Luna non rispose, ma guardò contrariata la sorella.
“So che non vorresti trasferirti, ma servirà ad entrambe. Io troverò un lavoro meno impegnativo per avere più tempo libera, per la casa, e tu… potresti farti degli amici nella nuova scuola.”
Tia cercò di tirare su il morale della sorella, Luna la ignorò.
“Fra quanto arriviamo? È da ore che non scendo da questo catorcio.”
La voce fredda e saccata di Luna fece sorprendere l’autista “Oh! Allora sai parlare!” disse Tia ridacchiando dolcemente.
“Ci manca ancora circa un’ora, ma pensavo di fermarci in un’osteria poco fuori città, per sgranchirci le gambe.”
L’idea allettava molto Luna “Fa’ come vuoi.” disse, non volendo mostrare interesse.
Passò qualche altro minuto, in assoluto silenzio, finché non arrivarono alla locanda.
 
Il locale era impregnato di un odore dolciastro, simile a camomilla. La luce che entrava era offuscata dalle tapparelle gialle, creando un’atmosfera calma e accogliente.
Il luogo era deserto.
“Buongiorno!” salutò il barman da dietro il bancone.
L’uomo avrà avuto poco più di vent’anni e aveva la corporatura da giocatore di football. I capelli biondi, non molto curati, e la corta barba, gli davano un aspetto poco rassicurante.
I suoi occhi gentili, azzurri come il cielo, e la sua voce profonda e confortevole, davano l’impressione diametralmente opposta.
 
Tia ordinò un thè e una brioche per entrambe. Poco dopo, un’anziana signora uscì dalla cucina portando con sé un vassoio con l’ordine, dirigendosi al loro tavolo.
Luna si stava godendo il Wi-Fi gratuito del locale, guardando alcuni post su Instagram.
Tia soffermò la sua attenzione sulla signora.
“Scusi, lei è la signora Woodstock?”
L’anziana signora guardò le ragazze con la faccia crucciata, poggiando le brioches e i thè sul tavolo. Luna non capiva cosa stesse succedendo.
“…Tia? Da quanto tempo!”
La signora Woodstock la abbracciò affettuosamente.
“È bello rivederti dopo tanto!” disse, tornando composta.
 
Le due donne parlarono per un po’, Luna non stava seguendo la conversazione e fu colta di sorpresa quando venne chiamata.
“Tu devi essere Luna! Non so se ti ricordi di me, non ci vediamo da quando eri alta così.”
Mise la mano sinistra davanti a sé, indicando un’altezza praticamente uguale a quella del tavolo su cui c’era il vassoio. Luna le rispose imbarazzata.
“No, non ho molti ricordi della mia infanzia.”
Sistemò con la mano i suoi capelli dietro l’orecchio e distolse lo sguardo dalla cuoca.
“Oh! Tranquilla cara, non sai quante volte succede a me di dimenticare qualcosa.”
Cercò di rincuorarla la signora Woodstock, scoppiando in una breve risata acuta che fece ridere anche le sorelle.
“Ah! Quasi dimenticavo di chiederlo! Allora, cosa porta voi fanciulle da queste parti?”
Luna evitò di rispondere. Ci pensò sua sorella a farlo.
“Siamo qui perché abbiamo deciso di trasferirci, sa, nella vecchia casa dei nonni, quella nel bosco. La montagna è un posto perfetto per prendere una boccata d’aria fresca e per allontanarci dal caos della città. Penso possa capire, ci serviva un posto tranquillo dopo quello che è successo…”
Luna riprese in mano il cellulare, cercando di non ascoltare il discorso, ma le sue orecchie sentivano più di quanto volesse. La signora Woodstock aveva uno sguardo interrogativo.
“I nostri genitori hanno avuto un incidente un mese fa… non ce l’hanno fatta.”
Tia cercò di non sembrare troppo impassibile, benché la cosa non la colpisse granché.
“O cielo! Non ne avevo idea, mi dispiace così tanto.”
La cuoca si sedette davanti alla sorella maggiore, appoggiando la sua mano sopra quella della giovane donna.
“Le mie condoglianze.”
“Stia tranquilla, stiamo bene ora.”
“Ma non posso mica far finta di nulla davanti ad una cosa simile! Sappi che se ti serve qualcuno con cui parlare, io sarò sempre disponibile. E, dato che non posso lasciarvi così, sappiate che da oggi in poi potrete prendere quello che volete da qui, offrirà tutto la casa!”
“È gentile, ma non c’è bisogno di tanto, siamo a posto così. Glielo giuro.” Rispose Tia imbarazzata.
“Figurati! Farei questo e molto altro per voi due. Siete come delle figlie per me, soprattutto te signorina!”
“Grazie, ma le posso giurare che noi non…”
“Ah! Non dire nulla! Sappi che qualsiasi cosa dici, io non mi fermerò! Anzi, ora che ci penso, se ne avreste bisogno sappiate che mio figlio, Tom, potrà aiutarvi con ogni lavoro di ristrutturazione della casa e del giardino! E dammi del tu, non siamo mica estranei!”
La signora parve soddisfatta di quello che era riuscita a dire, mentre il figlio, da dietro il bancone, si incupiva al solo pensiero che avrebbe avuto altri impegni oltre ai suoi tre lavori attuali.
“Ora penso sia meglio che vi lasci gustare la vostra colazione. Buon appetito!”
 
Il thè era ancora caldo e iniziarono a berlo nel silenzio del locale.
Mangiarono tranquillamente.
 
“Quanta strada dobbiamo ancora fare?” chiese Luna, con le gambe talmente tanto intorpidite che non vedeva l’ora di alzarsi.
“Ci manca ancora qualche chilometro, dopo di che saremo a casa.”
“Sì, a casa…”
Luna non voleva vivere lì, era la casa dei suoi nonni e dove era cresciuta sua madre. Temeva che, andando in quel luogo, la tristezza l’avrebbe sopraffatta. Tia aveva notato che gli occhi di Luna si facevano sempre più pensierosi.
“L’agenzia dei traslochi dovrebbe essere già arrivata, quindi, potremmo iniziare a svuotare gli scatoloni appena arrivate, non sei felice?” ironizzò ridendo.
“Ha. Ha. Ha. Molto divertente. Ora sì che ho voglia di ripartire.” disse Luna, guardando sbeffeggiante la sorella. Sospirò.
“Su, finiamo di mangiare. Prima arriviamo, meglio è.”
“Sì, questo è vero.” confermò Tia, dando un enorme morso alla brioche e facendo un goffo sorriso ricoperto di zucchero a velo.
 
Finirono il pasto e Tia ringraziò calorosamente la signora Woodstock, la quale insistette perché accettassero le due brioches che gli stava dando.
“È scortese rifiutare un regalo!” disse.
Non sapendo più come controbattere, Tia prese la busta con i dolci e salutò la cuoca e il figlio. Luna non aprì bocca. Entrarono in auto.
“Hai riperso la lingua, tu là dietro?”
Luna la ignorò.
“Va bene… mi tocca tirar fuori l’artiglieria pesante.” disse Tia bisbigliando.
Luna alzò gli occhi sulla sorella che riprese a parlare sogghignando.
“Però erano simpatici, non è vero piccola Lu?”
“Non chiamarmi così! Non sono una bambina!”
“Eppure, da come ti comporti lo sembri. Non pensi, piccola Lu?”
“Ti ho detto di non chiamarmi così!”
“Continuerò finché non ti comporterai in maniera matura, capito piccola Lu?”
Continuava a dirlo usando la stessa voce che avrebbe usato con un poppante. Luna non la sopportava.
“Uff! Sì, erano simpatici. Ora smettila di chiamarmi in quel mod?!”
“Mi ritengo soddisfatta, quindi la smetterò, sorellina.”
Luna la guardò male, ma aveva ottenuto quello che voleva. Decise di mettersi le cuffie per non sentire più la sorella e rilassarsi ascoltando le composizioni del suo componitore preferito: Vivaldi.
Tia mise in moto l’automobile e partirono verso la loro nuova casa.
 
Passò meno di un’ora prima del loro arrivo. Il sole era ormai alto in cielo. Si poteva sentire il ticchettare dei picchi in cerca di cibo tra la corteccia degli alberi.
Tia parcheggiò l’auto nel viale di ghiaino.
“Che bello poter essere di nuovo qui! Da bambina volevi sempre andare a trovare i nonni per andare sulla loro altalena, ricordi?”
“Ora è solo una vecchia casa abbandonata.” sbuffò Luna, senza aver ancora distolto gli occhi dallo schermo del cellulare.
“Sarà così… ma a me piace lo stesso!” rispose Tia, uscendo dall’auto.
Luna la seguì sul terreno sassoso.
Quando alzò gli occhi alla casa, le parve che il suo sguardo non avrebbe mai raggiunto la cima. Rimase a bocca aperta davanti a quella meravigliosa villa bianca.
‹‹Wow…›› pensò Luna.
Si accorse di averlo anche detto ad alta voce dato che Tia si era voltata e, con soddisfazione sul volto, la stava guardando. Per fortuna non disse nulla.
Attraversarono il portone di quercia con le valigie tra le mani. L’ingresso era più piccolo di quanto Luna ricordasse, ma pur sempre imponente. Non c’erano più i quadri comprati dal nonno decenni prima, durante le sue avventure. Le pareti erano totalmente spoglie. I muri bianchi si innalzavano per almeno sette metri, collegandosi ad un enorme lampadario in vetro arancione, sul quale si rifletteva la luce del sole che filtrava attraverso il rosone, sulla facciata della villa.
Rappresentava il giorno e la notte, a metà, quasi fossero una cosa sola. Un’idea di loro mamma.
Luna provò un enorme senso di rilassamento e improvvisamente si rese conto di essere esausta, non desiderando altro che un letto.
“Allora, è ancora solo una vecchia casa abbandonata?”
“Non lo è solo se c’è un buon letto…” rispose Luna, tastandosi la schiena indolenzita “…qual è la mia camera?”
“Hah! Una casa così grande e a te interessa solo una camera? Che generazione, la tua!” ridacchiò Tia.
“Per tua fortuna ne avevo già scelta una apposta per te, ma dovrai fare un paio di rampe di scale…”
“Allora mi accontenterò del divano, se c’è.” disse Luna, dirigendosi verso il salotto in ricerca del sofà.
Venne bloccata dalla sorella, che la afferrò per un braccio, trascinando Luna e il tappeto su cui era posata con tutto il suo peso.
 
“Su! Su! Se ce la faccio io, non vedo perché tu non debba riuscirci!” guardò sorridente Luna.
Le toccò obbedire alla sorella e la seguì per almeno tre rampe di scale. Andando oltre il primo piano la scalinata si fece più stretta e saliva a mo’ di chiocciola.
“Mi vuoi rinchiudere in soffitta?”
“Non sarebbe una cattiva idea, ma purtroppo temo venga considerata una cosa leggermente illegale.” rise “Sta tranquilla, ti sto portando in un posto molto più bello.”
Si fermarono davanti ad una porta. Tia si mise dietro a Luna e le posò le mani sugli occhi.
“Che stai facendo?” chiese Luna irritata.
“Voglio farti una sorpresa! Quindi, per favore, non aprire gli occhi finché non saremo nella stanza!” Luna sospirò, stando al gioco della sorella “Va bene.”
Sentì la porta aprirsi, fece qualche passo avanti, nel buio. Il pavimento era morbido, probabilmente era coperto da una moquette o da un tappeto. La stanza era fresca, eppure Luna riusciva a sentire la luce calda del sole sulla sua pelle.
 
“Ora puoi aprirli!”
 
Le pupille di Luna vennero inondate dai raggi del sole, costringendola a farsi ombra con il braccio. Appena si abituò alla luce, riuscì a distinguere i particolari della camera.
La stanza era quasi completamente arredata, aveva una forma circolare ed era molto spaziosa. C’era un armadio in legno accanto alla porta, affiancato da una scrivania con delle mensole appese, poco più sopra.
Uno specchio alto circa due metri rifletteva la luce in faccia a Luna, che entrava da una delle due finestre situate alle estremità della stanza. Appena vide il letto, si tolse velocemente le sue scarpe in tela rosse, lanciandole via, e vi si gettò sopra. Era morbido e setoso, il più comodo che avesse mai avuto.
Si stava rilassando così tanto che per poco non si scordava di Tia. Si mise seduta.
“Ora puoi andare.” disse freddamente.
“Eh ehm! Non si dice nulla in questi casi?”
Luna la guardò interrogativamente.
“Certo che i tuoi genitori non ti hanno proprio insegnato nulla!”
“Erano anche i tuoi genitori…” la rimbeccò tristemente la ragazza, Tia sorrise.
“È vero, ma almeno a me hanno insegnato a ringraziare.” Disse, rifacendo emergere la sua gentilezza comica.
Dagli occhi di Luna, fino alle sue guance, iniziarono a scendere delle lacrime. Si voltò, coprendo il volto con i capelli.
“L’avevano insegnato anche a me, erano troppo buoni per non farlo…”
La sua voce si faceva sempre più fievole. Tia le sedette accanto, stringendo Luna a sé come una madre farebbe con il proprio figlio.
Luna scoppiò in lacrime e si dimenò dall’abbraccio della sorella, alzandosi in piedi, continuando ad evitare il contatto visivo con lei.
“Tu non sei la mamma! E non potrai mai sostituirla! Qualsiasi cosa tu stia cercando di fare non serve a nulla! Tu non servi a nulla!”
Gli occhi di Tia divennero lucidi.
“Luna io non…”
“Fuori! Va’ fuori!”
I continui singhiozzi di Luna rendevano le sue parole quasi incomprensibili.
“Per favore…”
Fu l’ultima cosa che disse, prima di non riuscire più a parlare sopraffatta dalle emozioni.
Tia uscì dalla stanza guardando quasi con pietà la ragazza, ora piangeva anche lei. Chiuse la porta, dalla quale non venne nessun rumore.
 
Luna rimase sola col suo dolore, a non riuscire a far altro che piangere.
“Mamma, papà!”
Si lasciò cadere sul letto, sprofondando con la faccia nel cuscino.
I suoi genitori erano tutto quello che avesse mai avuto. Da piccola non si trovava bene con gli altri bambini, quindi, i suoi genitori, abituati allo studio autonomo, preferirono farle da insegnati a casa.
Questo era il primo anno che passava in una scuola vera. Avrebbe voluto chiedere una marea di cose ai suoi genitori, ma poco dopo l’inizio dell’anno scolastico vennero a mancare.
 
I ricordi dei bei momenti passati in famiglia, e la stanchezza, la trascinarono in un sonno profondo, dal quale pensava di non svegliarsi più.



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CARO LETTORE,
grazie per aver letto il primo capitolo di questa storia, vuol dire molto per me. Sono nuovo a questo sito e anche alla pubblicazione online dei miei scritti, quindi, sto sperimentando ancora molto in cerca della soluzione ottimale per rappresentare e suddividere il testo. Mi scuso di eventuali cambi in futuro.
Sto rendendo i capitoli più corti, così magari potranno uscire più spesso e saranno più fluidi da leggere. Ci terrei a ricevere commenti, critiche e suggerimenti riguardo al mio racconto così da poter migliorare e paragonarmi con persone che hanno la mia stessa passione, i libri.
Ho modificato l'html perché ho notato che da cellulare si vedeva abbastanza male, scusate spero di aver sistemato!
Grazie ancora di star leggendo il mio racconto.
E grazie in anticipo a chi si prenderà qualche minuto per scrivere una recensione.
Buona giornata e buona lettura!
   
 
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