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Autore: ordnassela    06/11/2022    0 recensioni
Una giovane ragazza che ha perso da poco i genitori, si ritrova a dover andare a vivere con la sorella nella vecchia casa dei nonni nel fitto dei boschi montani.
Questo cambiamento la porta a conoscere persone nuove e una nuova realtà, che non avrebbe mai potuto aspettarsi.
Nella tranquilla cittadina vicina, si annida qualcosa di innaturale; a Luna bastano pochi giorni per trovarsi in un nuovo mondo tanto incantato quanto crudele.
[PS. Ho notato che c'erano problemi per la visualizzazione su telefono, dovrei aver risolto. Buona lettura!]
Genere: Avventura, Fantasy, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
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CAPITOLO 1
Una nuova casa - Parte 2



 
Riaprì gli occhi, le sembravano passati pochi minuti, eppure il cielo era buio e lei si sentiva riposata come se avesse dormito per un giorno intero. Le bruciavano ancora gli occhi dal pianto, accese lo schermo del cellulare abbassando la luminosità per vedere meglio. Erano le dieci e mezza di sera e Luna non aveva nulla da fare, non le restava che esplorare la stanza.
Si diresse alla scrivania e accese la lampada da tavolo che le fece notare l’unico oggetto presente su di essa, una cornice. La osservò lentamente, alla destra della foto c’era una signora con aria gentile, chiara in tutto: capelli, pelle e vestiti, a Luna ricordava molto sua sorella.
La signora guardava sorridente un uomo alla sinistra della foto, il quale aveva l’aspetto molto meno rassicurante, era alto con capelli e barba neri come la pece, ma con un sorriso amorevole rivolto alla bambina nel centro dell’immagine, Luna capì che si trattava dei suoi nonni ‹‹Quindi Tia ha preso tutto dalla nonna e io… dal nonno?›› rabbrividì al solo pensiero di diventare come quell’uomo truce e rugoso. In fine guardò la bambina, aveva finito le lacrime, eppure il suo cuore si colmò di tristezza “Mamma…?” la parola rimase sospesa nell’aria come in cerca di risposta ma Luna non si aspettava di riceverne una realmente “Sì??” una voce infantile si propagò dal centro della stanza. Luna si voltò di scatto, non c’era nessuno. Il cuore della ragazza batteva all’impazzata ‹‹Un’allucinazione?›› cercò di convincersi che la voce fosse frutto della sua immaginazione e che in realtà fosse ancora mezza addormentata, stava tornando a dormire anche se l’inquietudine persisteva in lei. La voce ritornò “Vai di già a dormire? Non vuoi continuare a giocare a nascondino con me?” sentì dei piccoli passi dalla soffitta seguiti da una breve risata.
Luna indietreggiò lentamente verso la porta e in quello si accorse che di fianco al suo letto vi era una scala a pioli che comunicava direttamente alla soffitta ‹‹C’era quella scala prima? Ma a chi importa, ora ho un modo per raggiungere quella bambina insolente… se esiste›› Luna stava iniziando a dubitare della sua sanità mentale quando la risata ricominciò a diffondersi nella soffitta. Quella voce non poteva che essere vera, doveva essere vera! Luna si fece coraggio e iniziò a salire silenziosamente la scala, arrivata in cima rimosse la botola sopra di lei entrando nella soffitta. La soffitta era la punta della torretta della villa, il tetto conico aveva un’unica finestra dalla quale si riusciva a vedere la luna piena brillare nel buio ed illuminare l’intera stanza.
Luna non aveva mai avuto una soffitta, avendo sempre abitato in appartamento, ma aveva sempre visto film che le rappresentavano buie, polverose, piene di ragni e oggetti inquietanti, spesso maledetti, eppure quella stanza, sebben disordinata, era probabilmente la più pulita della casa. Luna si fece spazio fra i vari cumuli di scatoloni sigillati nella stanza cercando chi le aveva parlato, bensì ci fosse la superficie lunare ad illuminarle la strada della bambina non c’era neanche l’ombra. “Dove diavolo sei, stupida bambina?!” Luna iniziava a sentirsi frustrata dalla situazione e smise di prestare attenzione al pavimento inciampando su una vecchia cassetta degli attrezzi che si aprì facendo cadere, oltre Luna, tutto il suo contenuto creando un frastuono che avrebbe svegliato un intero isolato.
La ragazza cercando di attutire la caduta con le braccia si era slogata il polso sinistro ‹‹Perfetto! Ci mancava solo questa, almeno non sono mancina›› pensò Luna mentre si tastava il polso. Improvvisamente nel silenzio scoppiò una risata in risposta alla buffa caduta di Luna, la quale ne approfittò e corse dritta verso la voce “Ti ho presa, impertinente!” svoltò l’ultima montagna di scatole prima della fine della stanza e… nessuno. Aveva girato ogni angolo di quella soffitta, eppure non c’era anima viva, nemmeno la traccia del passaggio di qualcuno, a parte quello che si era appena trovata di fronte. C’era una vecchia scrivania con solo un libro sopra e due candele a far luce per aiutare la lettura. Luna sconsolata si sedette su una scricchiolante sedia di fronte alle candele
‹‹Sono davvero così stanca da sentire le voci? Oppure sto solo impazzendo, cosa molto più probabile››
sospirò affrancata e nel mentre i suoi occhi si perdevano nella fiamma delle candele la sua mente iniziava a dare segno di stanchezza. La sinuosa fiamma aveva catturato tutta la sua attenzione e iniziava a portarla nel mondo dei sogni, le palpebre si stavano facendo sempre più pesanti e cercando di trovare un appoggio per la testa dove dormire tranquillamente la sua mano destra toccò qualcosa sulla scrivania: il libro!
Se n’era completamente dimenticata ma ora che ce l’aveva tra le mani la curiosità si stava facendo più forte della stanchezza. Il titolo del libro era “Inea…” Luna lesse quelle quattro lettere con spensieratezza e aprì il pesante manoscritto alla metà per capire direttamente di cosa parlasse:
 
 
La scomparsa di Alitia ebbe tremende ripercussioni sull’economia attuale nel regno, lei era il pilastro della società. Il decaduto pur sconfitto se la potò con sé e attraversò il portale destinato agli esiliati, egli andò nell’altro mondo. Gli ascesi rimasero in possesso di Yngarin la capitale del regno e di conseguenza anche di quest’ultimo, venne eletto un ministro di vecchi saggi con il solo scopo di subordinati in attesa del ritorno della Regina Alitia. Tutt’oggi gli ascesi mantengono la giustizia e sperano nel ritorno della loro Regina rapita dal temibile Re Onduras, l’ultimo Signore dei Draghi. Questa è l’antica storia de “l’esilio di Alitia e Onduras” eppure io posso decantare un’altra versione di questa storia. Durante la battaglia tra i decaduti e gli ascesi i rispettivi sovrani dei popoli s’innamorarono, il loro primo ed eterno amore. Onduras aveva predetto l’esito della guerra, sapeva che avrebbe vinto, è un innato stratega, infatti non sono ancora riuscita a batterlo a scacchi. Sapeva in anticipo ogni mossa dell’avversaria, vinceva battaglia su battaglia annientando qualsiasi cosa si ponesse sul suo cammino. Era un condottiero spietato, all’inizio. Subito dopo aver parlato con Alitia, la quale cercava un accordo di pace, il suo cuore si ammorbidì difronte alla bellezza e all’ingenuità della donna, d’altro canto pure lei iniziò a provare qualcosa per quel Re la quale voce era dolce come il miele e la pelle morbida come la seta. Erano due creature ancestrali che si riunivano dopo secoli dalla loro scesa sul continente di Inea, si potrebbe dire che erano destinati ad innamorarsi. Passarono la notte assieme e Onduras al suo risveglio accettò l’accordo il quale stabiliva di lasciare la capitale agli ascesi e i decaduti si sarebbero tenuti i territori già conquistati. Era perfetto per loro due, ma non per i loro popoli. Una parte di decaduti continuò l’avanzata ripudiando il loro Re, ritenendolo un codardo; finì in disfatta per quel popolo. Persero la guerra e i pochi decaduti rimasti vennero perseguitati, fu un genocidio. Alitia intanto aveva subito un colpo di stato da parte del suo generale, Korten, che riteneva pericoloso l’asciare in vita anche solo un bambino di quella specie, diede lui l’ordine di sterminio facendo credere a tutti che fosse stata la Regina a volerlo. Alitia riuscì a fuggire dal castello grazie ad alcune guardie che ancora seguivano i suoi ordini e si fidarono di lei. Venne scortata fino al castello di Onduras e l’avvisò del pericolo imminente. Korten aveva seguito Alitia assieme ad un gruppo di Cacciatori, fece uccidere tutti gli uomini, sia decaduti che ascesi. I due amanti, alle strette, decisero che se avessero dovuto morire l’avrebbero fatto assieme: usarono una pietra olam e si gettarono nel portale creato da essa rischiando di morire.
I due riaprirono gli occhi su un nuovo mondo a loro sconosciuto, fecero in fretta ad abituarsi agli usi e alle tradizioni del luogo, iniziarono a vivere assieme diventando parte integrante della piccola comunità di Angels’ Mountain.
Quindi, per chiunque stia leggendo queste mie parole: Sì! La ninfa dell’est e il diavolo dell’ovest sono ancora vivi, e si amano.
Ed io, colei che sta scrivendo queste blasfemie divertendosi, sono il frutto di esso. Io adoro mio padre Onduras e mia madre Alitia, li amo dal profondo del mio cuore in maniera imparziale. Mio papà può aver fatto cose cattive in passato, ma l’uomo affettuoso, che ama me e mia madre e che si esalta tanto per le partite di football, non è cattivo. Lo può confermare lo sguardo di mia mamma, che in questo momento posa su di lui, quegli occhi racchiudono l’amore di una madre verso suo marito che, sebben impacciato in cucina, si è svegliato presto per prepararci delle omelet. Queste piccole cose mi bastano per capire che il passato non è tutto e che le persone possono cambiare, spero bastino anche a voi…
 
 
La pagina continuava lunga e le scritte occupavano ogni suo angolo. Essendo scritto a mano Luna cercò di interpretare il libro come il manoscritto iniziale per una storia inventata, dato che, sebbene scritto a mo’ di diario, narrava avvenimenti fantastici mai avvenuti. La sua mente era ancora più stanca dopo quella lettura e le sue palpebre non riuscirono più a stare aperte ‹‹Sembra una storia giusta per papà, lui adorava i fantasy…›› fu l’ultimo pensiero che ebbe prima di cadere in un sonno profondo e buio.
La luce del giorno che entrava dalle finestre la svegliò e si sorprese nello scoprire che era nel suo letto e la scala per la soffitta non c’era ‹‹Che mi sia sognata tutto? Eppure, era così realistico…›› si mise seduta al bordo del letto afferrando il cellulare con la mano sinistra la quale cedette quasi subito dal dolore della slogatura lasciando cadere l’oggetto. Luna non ci stava capendo nulla, quello che aveva passato la notte prima era vero o un sogno? Ma se fosse stato un sogno come si era procurata un polso slogato? Aveva troppe domande per la sua mente ancora mezza addormentata. Raccolse il cellulare, erano le 10:13 del mattino. Era ancora vestita come quando era arrivata, si infilò svogliatamente le scarpe che erano buttate a lato della scrivania e, uscita dalla camera, iniziò a scendere la lunga rampa di scale che portava all’ingresso. Arrivata si trovò sotto il lucernario e notò enormi differenze nella casa, sembrava più in ordine e più pulita ‹‹Tia si dev’essere data da fare›› iniziava a ripensare a quello che le aveva detto il giorno prima ed i sensi di colpa la sommergevano, ma non poteva farlo notare dalla sorella, cercò di essere il più impassibile possibile e entrò nella cucina per mangiare qualcosa. Tia era là, sudata e con i suoi capelli argentei raccolti a coda di cavallo, in testa aveva un foulard che impediva il sudore di andarle in faccia ‹‹Persino conciata così riesce ad essere bella. Che schifo!›› Luna cercò di evitare la sorella dirigendosi al frigo in cerca di qualcosa da mettere sotto i denti, ma Tia era più preparata di lei “Buongiorno Luna” il suo sorriso pareva quello di un angelo benché avesse comunque un lato quasi di tristezza “Mi dispiace per ieri…”
Luna continuò a guardare dentro il frigo come se non avesse notato che era vuoto
“Senti, se la camera non ti piace puoi scegliertene una tu, quella che vuoi…”
Luna la guardò fredda per un istante “No, va bene quella che hai scelto per me, grazie.” Tia era stupita e compiaciuta della risposta della sorella
“Come hai potuto sentire me l’hanno insegnato, a dire grazie intendo.”
Tia rise serenamente “Sì, l’ho notato, in fin dei conti erano degli ottimi genitori.”
Al solo pensiero di sua mamma e di suo papà gli occhi di Luna si fecero lucidi e voltò la testa verso i ripiani della cucina distogliendo l’attenzione da sé “Non abbiamo nulla da mangiare?”
“A dir la verità abbiamo ancora le brioches della signora Woodstock.” tirò fuori la busta dell’osteria “La signora ci ha dato anche del latte, così facciamo una colazione intera!” iniziò ad apparecchiare la tavola, bianca di nuovo. Due piatti, due salviette, due tazze e un bicchiere “Ma tu non hai già fatto colazione? E poi a che serve il bicchiere?” Luna si sedette
Tia lo stava riempendo di latte proprio in quel momento “Io ho mangiato un frutto qualche ora fa, ora vorrei fare una vera colazione se mi è possibile.” prese il bicchiere in mano e si diresse alla porta d’ingresso “Questo è per il nostro ospite.” “Ospite?”
“Sì, è arrivato stamattina portando il latte ed è rimasto per sistemarci il tetto. Ha detto che sua madre ci teneva tanto che lo facesse!” Tia chiamò qualcuno che era nel loro giardino “Ehi! Che ne dici di una pausa e una bella tazza di latte fresco?” le rispose una voce maschile che Luna aveva già sentito, seguita da un rumore metallico di scale “Volentieri, grazie mille!” Tia ritornò in cucina e con lei c’era il figlio della signora Woodstock, anche lui sudato e con le maniche della camicia alla boscaiola risvoltate fino al gomito, sorseggiò il bicchiere di latte fresco con espressione sollevata. I due stavano chiacchierando tranquillamente come due vecchi amici, Luna si sentiva come il terzo incomodo in quel momento, almeno finché il ventenne non la vedette “Ehi, tu… sei Luna giusto? Buongiorno!” la salutò facendole un cenno alzando il bicchiere in segno di saluto. Luna non voleva avere nulla a che fare con lui, si alzò dandogli le spalle dirigendosi verso la credenza per prendersi un cucchiaino. Appena si rivoltò notò che la sorella la stava fulminando con lo sguardo allora sbuffò e si voltò verso il loro ospite “’Giorno.”
L’uomo notò la tensione fra le due sorelle quindi decise di finire in fretta il latte “Grazie Tia, ora però devo tornare fuori a continuare.” appoggiò il bicchiere sul tavolo e notò di aver sbagliato dato che lo sguardo di Tia era ancora più severo nei confronti della ragazza
“Non c’è nessuna fretta, puoi rimanere ancora un po’, no Luna?” gli disse Tia cercando di essere indifferente alla sorella che per l’ennesima volta la ignorò
“Tranquilla, ho ancora molto lavoro prima di sistemare il tetto, se non torno subito resterei qui fino a tardo pomeriggio.” detto questo uscì di casa con un sorriso imbarazzato e riprese il suo lavoro.
Tia si sedette al suo posto con la faccia più severa del solito e senza distogliere lo sguardo da Luna. La ragazza alzò gli occhi dalla tazza facendo la faccia più innocente che le venisse al momento “Cosa c’è sorellona?” Tia prese dei respiri profondi per tranquillizzarsi e poi le rispose “Perché devi sempre comportarti male con le altre persone?” si asciugò la fronte con il foulard, sembrava una domanda più rivolta a sé che a Luna “Che stai dicendo? Io l’ho anche salutato.” la faccia di Tia, solitamente pallida come quella della sorella, stava diventando color rosa acceso, per il caldo e per la frustrazione che aveva in corpo. Luna si stava divertendo come non mai nel vedere sua sorella in quello stato e, sovrappensiero, afferrò il manico della tazza con la mano sinistra dalla quale ebbe una fitta istantanea che le fece allentare la presa e rovesciare il latte sul tavolo, nascose il braccio sotto il tavolo. Luna stava per alzarsi per prendere qualcosa con cui pulire ma ancora una volta Tia l’aveva battuta sul tempo e, prendendole delicatamente il braccio, osservò il livido che luna si era procurata la sera prima “Come te lo sei procurata?” Luna abbassò il volto e non rispose.
Tia benché fosse preoccupata accettò il silenzio della sorella e si procurò immediatamente delle bende e la pomata per le contusioni. Luna aspettò in silenzio che la sorella la medicasse poi si alzò e prese della carta da cucina “Scusa, ora pulisco.” la voce di Luna era piena di dispiacere, persino dopo averla fatta arrabbiare tanto solo per divertirsi Tia l’aveva aiutata e l’aveva curata
“Lascia che ti aiuti.” Tia ora era dolce e tranquilla come sempre e si stava accingendo a prendere la spugna quando venne bloccata
“No, è colpa mia, sistemo io.” Tia non l’ascoltò e fece di testa sua. Luna non sapeva più come comportarsi con la sorella, ogni volta che faceva qualcosa per vederla dare di matto lei riusciva sempre a tranquillizzarsi e, spesso, ad aiutare Luna persino dopo che era stata maleducata.
Finalmente riuscirono a fare colazione, Luna si sentiva strana con il braccio fasciato ma cercò di farci l’abitudine “Quanto dovrò stare così?” mostrò il braccio alla sorella “Beh, penso ci vorrà almeno una settimana prima che potrai tornare a muoverlo come sempre.”
Luna sbuffò ‹‹Magnifico, così arriverò a scuola e sarò classificata subito come “la strana che si fascia il braccio” o “l’autolesionista”››
 
Passò mezz’ora e Luna aveva appena finito di riportarsi gli scatoloni del trasloco con le sue cose in camera e li stava svuotando quando fra i suoi vestiti trovò la bella custodia nera del suo violino, non poté far a meno di sorridere quando lo riprese in mano. Lo riaccordò, chiuse gli occhi, e come se non avesse aspettato altro per tutto il tempo iniziò a suonare: “La follia” di Vivaldi. Pensava che avrebbe rivisto nei suoi pensieri i genitori che tanto le mancavano, ma stavolta la sua mente non faceva altro che tornare alla sera prima, nella quale aveva fatto lo strano sogno, così realistico da essere impossibile considerarlo tale. Quel libro… di cosa parlava quel libro? Storie di re e regine antichi ma anche recenti, ma non era quello che la disturbava tanto. I suoi pensieri si muovevano all’unisono con le sue braccia e con il suono dello strumento, lisci come sul letto di un fiume ma impattanti come un’onda sugli scogli. Cos’era? Cos’era che la turbava tanto? Qualcosa che era scritto… no! Come era scritto! Quella calligrafia… la conosceva, ma di chi era? Di chi?!



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CARO LETTORE,
grazie per aver letto anche questo capitolo. Spero che la lettura finora vi stia intrigando o quanto meno intrattenendo!
Come sempre invito a lasciare critiche e commenti, così che io posa migliorare e, se siete scrittori, dare un’occhiata anche alle vostre storie.
Buona giornata e buona lettura!

 
   
 
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