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Autore: drisinil    05/11/2022    2 recensioni
[kurotsuki] [nospoiler] [canonverse] [long: 2 capitoli/settimana]
«Signor è-solo-un-club sei senza parole?» lo provoca Kuroo. «Vuoi che brindi io per te? Però poi bevi tu!»
«Okay, ma solo se il brindisi mi piace» risponde Kei con arroganza, spingendosi gli occhiali sul naso.
Kuroo storce le labbra e si riprende la bottiglia, strappandola a Kei. «E' una sfida?»
«Se vuoi...»
Kuroo distende lentamente il braccio verso Kei, con la bottiglia in mano. Si schiarisce la voce e tenta di scostarsi dalla fronte il ciuffo di capelli, che però ricade subito al suo posto. «Al muro perfetto, che ferma la palla, la devia, la smorza o la costringe. Obbliga le traiettorie, crea pressione e controlla il gioco.»
Kei sorride, gli strappa la bottiglia e beve d'impeto.
E' il vino più buono che abbia mai bevuto, forse il più buono che berrà mai.
Genere: Introspettivo, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Kei Tsukishima, Tetsurou Kuroo
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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28 - Grazie per questa partita



25 luglio 2010
 

Fuori piove. Un temporale estivo scrosciante che promette di liberare la città dalla morsa del caldo, almeno per qualche ora. Dalle finestre aperte entra un odore pungente di ozono, di terra umida e di asfalto bagnato. Ogni tanto Tetsurou getta uno sguardo sconsolato ai goccioloni che rimbalzano nelle pozzanghere del cortile. 

«Tocca a te, Te-chan, non ti distrarre» lo riprende il nonno, con il tono di una pazienza sovrumana che però si sta esaurendo.

Siedono uno davanti all'altro, inginocchiati di fronte allo shogiban, come ogni domenica pomeriggio.

Il ventilatore acceso muove i capelli di Tetsurou in tutte le direzioni; ogni tanto lui se li riavvia con la mano. E' un gesto inutile, ma ormai quasi automatico, mutuato da uno spudorato, e comico, dizionario di atteggiamenti disinvolti di cui Te-chan si è armato per affrontare il liceo. Il nonno lo spia di sottecchi, diviso fra il divertimento e il rammarico per la rapidità di tutti quei cambiamenti.

Tetsurou muove una delle sue lance.

Il nonno scuote il capo e risponde con una mossa semplice, che però lo porta subito in vantaggio. Una cosa di cui Kuroo Tomo non si capacita, è di non essere riuscito a tirare su, in due generazioni, neanche un giocatore decente.

Ayumi, con la sua intelligenza analitica, unita a un carattere granitico, è un'avversaria determinata ed estremamente affidabile. Come dire terribilmente noiosa. Ogni tanto vince.

Tetsurou tutto il contrario: perde regolarmente, perché non riesce a concentrarsi abbastanza da anticipare le mosse altrui. Pianifica con cura e intelligenza gli attacchi, è temerario, è fantasioso, ma è troppo abituato all'idea di piegare gli altri alla sua volontà e finisce per convincersi che l'avversario gli farà il favore di muovere come pare a lui. La cosa buffa è che ci resta male, quando poi non succede.

Se non altro, giocare con lui di solito è divertente. Sempre che decida di accendere il cervello.

«Kuroo Tetsurou, se stacchi le dita da quella tessera te le taglio!» sibila il nonno, insofferente.

Tetsurou stringe convulsamente la presa intorno al suo generale argento e lo riporta lentamente nella casella di partenza. In effetti, era una mossa cretina.

«Che ti prende, Te-chan?»

«Niente. Era solo un errore di valutazione» si giustifica, fingendo indifferenza, mentre sposta un pedone in avanti, praticamente a caso.

Il nonno sospira e fa la sua mossa. «Dai, concentrati!»

Tetsurou guarda la scacchiera. Ma quello che vede in realtà sono le labbra rosa di Nagatomo Yuki, la curva della sua spalla nuda. Serra le palpebre e cerca di pensare ai pezzi nelle caselle. Se adesso muovesse il cavallo, allora il nonno sicuramente sposterebbe il generale oro a sinistra, e poi... di nuovo le labbra rosa di Yuki, strette intorno a...

«Non ci riesco!» sbuffa, sbattendo la tessera di punta sulla scacchiera. Una cosa che suo nonno detesta. «Scusa, nonno. Possiamo giocare un altro giorno?»

«Dichiara la tua sconfitta, allora.»

«Giochiamo domani, riprendiamo da qui... »

«La partita è adesso, non un altro giorno, non quando pare a te. Se ti tiri indietro, hai perso, non importa il motivo. Dichiara la tua sconfitta, Te-chan» ribadisce accigliato.

Quando il nonno fa così è insopportabile. Come se a qualcuno, a parte lui, fregasse qualcosa di vincere o perdere a una stupida partita di shogi. E' incredibile che non abbia ancora capito che sia lui che Yu-chan ci giocano solo per fargli piacere.

«E va bene!» sbotta Tetsurou, irritato. «Makemashita!» grugnisce, sbattendo la mano sul komadai ancora vuoto. Si alza in piedi di scatto, muove qualche passo verso la finestra e si mette a braccia conserte a guardare la pioggia che cade sui fiori di caprifoglio e sull'ardesia del vialetto.

Il nonno lo sta fissando, Tetsurou sente il suo sguardo che gli pungola la schiena. «Non guardarmi così!»

«Così come?»

«Come se avessi fatto chissà cosa. E' solo una stupida partita.»

«Stupida senz'altro, grazie al tuo valido contributo.» La voce del nonno ha cento timbri e mille declinazioni, non si capisce mai se, dietro l'ironia, si nasconda qualcos'altro. Bisogna guardarlo in faccia, per esserne sicuri: con gli occhi, il nonno non mente mai.

Ma Tetsurou non vuole voltarsi, non vuole mostrarsi. E' ancora offeso, ancora arrabbiato, pronto a litigare. «Sai quanto me ne frega!» 

«E' bella?» chiede il nonno. Le sue parole vagano casuali nel picchiettio delle tessere che vengono rimesse nel sacchetto, rigorosamente due a due, come comanda la tradizione.

Tetsurou non risponde.

«Te-chan, le conosco le tue facce.»

«Non ti sto guardando in faccia.»

«Conosco anche la tua schiena» ghigna il nonno. «Allora, dai, è bella questa ragazza?»

«Che ragazza?»

«Quella del ritiro»

«Tu che ne sai?» Tetsurou si volta con gli occhi sgranati.

«Suvvia, Te-chan, perché sei stordito tu, non dobbiamo per forza esserlo tutti. Sei appena tornato da un ritiro di pallavolo con lo sguardo da pesce lesso, l'umore nero e le occhiaie. Direi che le probabilità che c'entri una ragazza, e che qualcosa sia andato storto, sono alte. Allora, me lo dici se è bella? Come si chiama?»

«Nagatomo Yuki. E' molto bella» ammette seccato Tetsurou. Yuki è bellissima. Forse non nel senso canonico del termine. Ma è bellissima la sua pelle bianca, sono bellissime le sue braccia, i polsi e le caviglie sottili, il sorriso che fa abbassando gli occhi, il modo in cui si scioglie i capelli con un unico gesto.

«E... ?»

«E cosa?»

«Che altro? Non sarà la prima bella ragazza che incontri. Cosa ha di speciale?»

Di speciale. Tetsurou si gratta la testa, con una smorfia corrucciata. Non è facile trovare gli aggettivi giusti, così di botto. L'espressione del suo viso è sulla soglia che separa la prima adolescenza da quello che c'è dopo, anzi, un passo oltre. Ed è turbata.

«Qual è il problema, Te-chan?»

«Il problema è che non ci capisco niente» esala, crollando a sedere sul posto, a gambe incrociate.

Se sapesse quanto suo nonno si stia sforzando di non sorridere, Tetsurou si offenderebbe a morte. «Cosa non capisci?»

«Niente di niente. Di lei, di com'è andata. E' tutto incasinato e non ha il minimo senso!» si lamenta, strofinandosi i capelli ai lati della testa, come se potesse scuotere i pensieri che ci sono dentro e rimetterli in ordine. «Solo una cosa ho capito: che fa un male cane.»

Kuroo Tomo vorrebbe abbracciarlo stretto e accarezzarlo, come quando era bambino, ma sarebbe una pessima mossa. Si limita a restare fermo dietro la scacchiera, alla distanza che Te-chan ha voluto marcare. E sceglie anche di non parlare. Continua a riporre i pezzi nel sacchetto, con calma. Allaccia i cordoncini, poi lo infila nella scatola di legno e la chiude. Solo a quel punto alza lo sguardo.

«E soprattutto non è giusto!» esclama Tetsurou. E'  risentito, addolorato,  deluso, un maelstrom di emozioni indistricabili aggrovigliate nei lacci dei suoi quindici anni.

«Cose giuste nella vita ne incontrerai poche, Te-chan, gratis nessuna. Meglio che ti ci abitui.»

«Non è giusto» ripete Tetsurou lamentoso, guardando in basso. «E' stata lei che mi ha... è stata lei a cominciare. Ha fatto tutto lei. E le piaceva. Un sacco. E poi, come se niente fosse, ha detto che non le importava. Di me. Di noi. A me importa, però.»

Il discorso è poco chiaro, ma la sostanza di una grossa delusione emerge nitida dal garbuglio di quei mozziconi di frase.

«Ha detto anche che non significava niente. Ma non è vero. Quello che abbiamo fatto non è niente» continua Tetsurou, grattando con le dita le fibre un po' lise del tatami. E' uno di quei gesti che lo hanno seguito dall'infanzia e gli anni che corrono non sono ancora riusciti a cancellare. E sta arrossendo come un tizzone acceso.

Adesso, Kuroo Tomo pensa di aver capito. Sapeva che questo momento sarebbe arrivato. Era li lì per succedere, come una di quelle tempeste che si fanno annunciare da venti forti e schicchere di elettricità nell'aria.

«E' stato bello, almeno?»

«Cosa?» Tetsurou tenta di fare il vago, con esiti molto scadenti.

«Quella cosa che avete fatto, di cui non ti va di parlare, e che ti sta facendo venire la faccia e le orecchie del colore della maglietta della squadra.»

«E' stato incredibile» confessa Tetsurou, a voce così bassa che lo scroscio della pioggia la copre quasi completamente. In effetti, se ci ripensa, fatica a crederci.

«Dimmi una cosa importante, Te-chan: sei stato attento? Ci hai messo un po' di cervello?»

Tetsurou decodifica il senso di quelle parole con un po' di ritardo. E' ancora paonazzo. «Certo» mugola. La faccenda del preservativo gliel'hanno ripetuta così tante volte negli ultimi due o tre anni, fra scuola e casa, che non gli è neanche passata per la mente l'idea di farlo senza.

La goffaggine con cui il nipote si sforza di gestire l'imbarazzo di quella situazione è così tenera che al nonno sfugge un sorriso.

«Non c'è un cazzo da ridere.»

«Scusa, Te-chan. Hai ragione. E' che mi piace vederti diventare grande. Anche se sta succedendo molto in fretta.»

Tetsurou si alza e raggiunge il nonno, ciondolando avvilito, si inginocchia accanto a lui e gli appoggia la fronte sulla spalla. «Nonno... e ora come faccio?» E' una sorta di rito, una richiesta di aiuto che non cambia mai la sua formula, da dieci anni a questa parte, qualsiasi sia il guaio in cui si trova. Il nonno ha sempre una risposta.

«Dipende da te, Te-chan. Cosa vuoi fare?»

«Sono innamorato» confessa, parlando alla manica della polo del nonno. «Tanto innamorato.»

«Sei sicuro? A me questo non sembra amore.»

Tetsurou alza la testa di scatto. «E come fai a dirlo?»

«Amore non è quando si passano bei momenti dentro a un letto. O non so dove ci si possa nascondere durante un ritiro di pallavolo. Quelli sono, appunto, bei momenti. E vanno benissimo. Anzi, alla tua età ci vogliono.»

La voce del nonno è calda e confortante, ma Tetsurou non riesce a nascondere la delusione per quella risposta. «Dici le stesse cose assurde di Kenma. Però almeno lui è un moccioso e invece tu... »

«Io sono un geronte. Grazie, caro. Però sai che l'ho sempre pensato che è un ragazzino in gamba, il piccolo Kozume. Che ti ha detto?»

«Che sono innamorato dalle mutande in giù. Idiota.»

Kuroo Tomo non può più trattenersi e scoppia a ridere. «Non elegante, ma molto acuto. Io avrei detto che sei innamorato con gli occhi.»

«Gli ho tirato un pugno.»

«Lo ha schivato?»

«Certo. Se continui, ne do uno anche a te.»

Il nonno si passa la mano sulla faccia, per ricomporsi. Ha confinato la risata negli occhi. Tetsurou può vederla ancora benissimo, ma vede anche un mare di affetto e alla fine non riesce mai davvero ad avercela con lui.

«Come lo sai che non è amore? Che ne sai di come mi sento! Io penso a lei di continuo. Per questo non riesco a giocare» si lamenta, guardando lo shogiban vuoto in mezzo al tavolo.

«Pensi a lei come

«Che cavolo di domanda è?» si ribella Tetsurou, piccato e imbarazzato.

«Pensi a quello che vorresti fare con lei, o a quello che vorresti fare per lei? Pensi a quello che vi siete detti o a quello che avete fatto? Fai dei progetti a breve o a lungo termine? Pensi a come renderla felice o a come divertirti insieme a lei?»

Tetsurou è onesto. Lo è per natura, nelle azioni come nei sentimenti, a maggior ragione lo è con suo nonno. «Lei mi piace. Vorrei che fosse la mia ragazza. Per fare... cose. Ma anche per passare del tempo insieme.»

«E fin qui va tutto benissimo, Te-chan. Mi preoccuperei se tu non pensassi a fare cose alla tua età. E non saresti il ragazzo fantastico che sei se avessi accettato le... attenzioni, diciamo così, di questa signorina solo per il tuo divertimento, senza che lei ti interessasse.»

«Quello che non va benissimo è che lei non voglia stare con me.»

«Ti ha detto perché?»

«Le piace uno più grande.»

«Sedotto e abbandonato, mio povero Te-chan» commenta il nonno, con un buffetto. «Però almeno è stata sincera con te all'ultimo. Non ti ha fatto fare la figura dello scemo. Non ti ha fatto perdere tempo a rincorrerla.»

Tetsurou si scosta, imbronciato. «Quindi dovrei mollare e basta? Non mi piace mollare le cose. Penso che dovrei insistere, provare a riprendermela.»

«Riprendertela? Non è una cosa.»

«Conquistarla» corregge Tetsurou. 

Il nonno annuisce. «Dipende solo da te. Devi fare quello che pensi sia giusto, Te-chan. La differenza fra mollare rispettare le decisioni altrui puoi impararla solo con la pratica.»

«Ma tu che ne pensi?»

«Penso che lei si sia approfittata della tua inesperienza. E che però in cambio ti abbia regalato dei bei ricordi, di quelli preziosi. Forse non è la ragazza giusta, ma sono piuttosto sicuro che ti riprenderai molto presto.»

«Non lo so» sospira afflitto Tetsurou. «Mi sento a pezzi. Nonno, come sai quando è amore?»

La domanda è seria, Kuroo Tomo lo ha capito. Ma pensa che suo nipote sia veramente troppo giovane, per un discorso di questo genere. «Per prima cosa, sono sicuro che quando sarai innamorato sul serio e ti chiederò cosa ha di speciale la persona che ami, non farai scena muta, come prima. Mi inonderai di parole.»

E' vero che Tetsurou è giovane, ma è anche testardo, non si lascia distrarre e mira sempre dritto al cuore dei problemi. Tutte cose che ha imparato da suo nonno. «Sono serio. Rispondimi. Come sai quando è amore?»

Kuroo Tomo si volta per guardare Tetsurou negli occhi, che ormai sono alla stessa altezza dei suoi. Ritrovarsi giovane nei suoi tratti e specchiarsi in quegli occhi così innocenti e insieme così avidi, non smette mai di commuoverlo. Te-chan si merita sempre una risposta onesta, la migliore che suo nonno può dargli.  

«Non credo che tutti amino allo stesso modo. L'amore ha molte forme, non tutte lineari, non tutte sane. Ma penso che una cosa sia vera sempre, Te-chan: l'amore ti cambia» dice, toccando il petto del nipote con due dita, di punta, all'altezza del cuore. «Ti cambia dentro, in profondità. Ed è un cambiamento irreversibile.»

Tetsurou è confuso. «Che tipo di cambiamento?»

Il nonno fa una smorfia di riflessione e guarda per aria, come se i concetti fossero attaccati alle pareti. Tetsurou ha sempre bisogno di esempi concreti, al contrario di Ayumi che vive nel mondo delle idee e spesso però fa fatica a scendere sulla terra. «E' come... una specie di riassetto interiore. Non sei più solo. Non sei più l'unico sole del tuo personale universo. E' come se diventassi un sistema binario e quindi cambiasse tutto: il centro di gravità, la rotazione, il moto. L'altra persona diventa te stesso. Non una parte di te, ma proprio te stesso. Una nuova versione.»

Gli occhi di Tetsurou sono attenti. «Così, all'improvviso?»

Sembra una domanda sciocca, ma non lo è affatto. «Immagino che sia diverso per ognuno. Ci sono amori che evolvono nel tempo, con cambiamenti graduali. Ad esempio quelli che nascono dall'amicizia. E poi ci sono folgorazioni potenti e improvvise, che ti sconvolgono da cima a fondo in un momento. E forse esistono anche tutte le vie di mezzo fra questi due estremi.»

Tetsurou tace. Avrebbe sulle labbra una domanda, ma non osa farla. Il nonno però guarda dentro di lui come se fosse trasparente. Perché anche quello fra loro due è, a suo modo, un grande amore. «Vuoi sapere come andrà per te? Non posso giurarci, ma ho l'impressione che noi due ci somigliamo parecchio. Quindi, se dovessi scommetterci, punterei su un evento improvviso. Un cataclisma di quelli che ti rimescolano tutto e ti mandano in pappa il cervello. E non solo. Io ancora oggi giurerei di aver sentito proprio il rumore.»

«In che senso il rumore?»

«Un rumore secco, come uno scatto, un ingranaggio, qualcosa del genere. Il mio universo che ridisegnava le sue mappe giusto in quel momento, dentro al mio povero cuore. Sconvolgente e magnifico. Anche un po' distruttivo.»

«A volte penso che tu mi prenda in giro» mormora Tetsurou scettico, sbufffando aria dal naso. Ma ha gli occhi illuminati di chi ci crede, suo malgrado.

«Chissà, magari è così... è molto divertente prenderti in giro.» Il nonno tira fuori il suo sorriso irritante, quello di chi sa un sacco di cose e non te le vuole dire. «Devi correre il rischio. Un giorno mi saprai ridire. Fra qualche anno»

Tetsurou sbuffa ancora, il nonno ride e gli assesta una bella pacca sulla spalla «Per adesso, Te-chan, mi concentrerei sul trovare una ragazza carina, intelligente e simpatica, per fare cose» dice, imitando il tono allusivo e impacciato di Tetsurou. «Cose divertenti, cose romantiche. Tutte quelle che ti va di fare. Fai esperienza, Te-chan. Tieni la testa sulle spalle, conserva il tuo onore, ma vivi la vita, goditela, assaggia tutto, tocca tutto, prova tutto. L'amore arriverà quando non te lo aspetti. Di solito non ha il buon gusto di avvertire» conclude strizzando l'occhio, mentre si alza, con un piccolo gemito di insofferenza quando sposta il peso sul ginocchio sinistro. «Metteresti a posto tu la scacchiera, Te-chan, per favore?»

Tetsurou annuisce. «Tu dove vai?» domanda, infilando i komadai all'interno della shogiban prima di richiuderla a metà.

«A convincere il grande amore della mia vita che non abbiamo bisogno di un estraneo pagato a peso d'oro, per organizzare il matrimonio di tua sorella. Credo di aver già perso. Ma vale la pena provarci.»

Tetsurou ridacchia. Non ha la minima possibilità di spuntarla, se la nonna ha già deciso. «Ehi, nonno!»

Kuroo Tomo è già alla porta, si volta con la mano appoggiata allo stipite, per sgravare un po' le articolazioni, che non sono più quelle di una volta.

«Arigatou gozaimashita» recita Tetsurou, con un breve inchino, tenendo fra le mani la scacchiera. La voce, molto più del gesto, è colma di rispetto. «Grazie per questa partita.»

Il nonno risponde con un cenno del capo e un sorriso. Poi si avvia per il corridoio col cuore che trabocca di orgoglio. Perché quel ragazzo fantastico è proprio il suo ragazzo.

 

   
 
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