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Autore: Severa Crouch    05/11/2022    1 recensioni
Tom Riddle è il CEO della Legilimens Inc., rinomata società di software, famosa per le sue attività di profilazione approfondita. Pare che il programma della Legilimens sia in grado di conoscere i segreti più oscuri degli ignari utenti del web. Tom Riddle, però, ha anche un lato oscuro, è un famoso hacker noto nel dark web come Lord Voldemort che non esita a utilizzare le proprie risorse per abbattere la concorrenza o per procurarsi nuovi affari.
Per lui sognano di lavorare molti talenti, protagonisti delle one-shot di questa raccolta.
La prima storia "Come to the dark web" partecipa al contest “Vorrei incontrarti tra Cent’anni” indetto da Nirvana_04 sul forum Feriscelapenna.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bellatrix Lestrange, Mangiamorte, Voldemort | Coppie: Bellatrix/Voldemort
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Altro contesto
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Cronache babbane - Muggle!AU'
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Black box - grey box - white box

Tom Riddle / Bellatrix Black

 

Tom non era mai stato un tipo da cene in casa, tranne i primi tempi, quando con Antonin e Rodolphus stavano tirando su la Legilimens Inc. e il lavoro da fare era talmente tanto che trascorrevano i weekend e le vacanze insieme continuando a lavorare per quella piccola start up.

Adesso erano diventati l’unicorno dell’anno e questo riconoscimento era giunto dopo anni di sacrifici, di duro lavoro e di concorrenti spietatamente eliminati dal mercato con le buone o con le cattive.

Pertanto, non c’era un reale bisogno di organizzare quella cena, eppure, Tom l’aveva proposta a Dolohov e Bellatrix perché, dopo tutto, aveva piacere a trascorrere del tempo con loro e, anche se faticava ad ammetterlo, voleva mostrare ad Antonin le abilità da hacker di Bellatrix. 

Dolohov non la conosceva ancora troppo bene sotto quel punto di vista. Sì, l’aveva vista a qualche incontro, ma vederla smontare e violare il frutto del proprio lavoro, quello che si conosce a menadito, era un’altra cosa. Così, prima di formalizzare i nuovi aggiornamenti a cui aveva lavorato Dolohov, Tom aveva organizzato una sessione di testing su tre livelli: Bellatrix sarebbe stata la black box, l’hacker totalmente all’oscuro del funzionamento del sistema, avrebbe cercato di trovare le vulnerabilità e di bucare il sistema. Era importante perché poteva portare a scoprire elementi su cui non ci si concentrava abbastanza.

Tom, che aveva qualche dettaglio del progetto, sarebbe stato il grey box, ovvero colui che conosce a grandi linee le caratteristiche del sistema, immagina le vulnerabilità e prova a testarne la resistenza agli attacchi. 

Infine, Dolohov, il programmatore, colui che conosce il codice nella sua interezza, sarebbe stata la white-box, colui che sa in caso di attacco dove andare a guardare. Certo, di solito era sufficiente ricorrere alla grey-box, ma un test su tre livelli era più che indicato per unire l’utile (andare avanti con il lavoro) al dilettevole (guardare Bellatrix all’opera).

Il tavolo di cristallo nero del suo salotto era stato apparecchiato con tovagliette di lino nero. Bellatrix, in bagno, si stava rendendo presentabile dopo il pomeriggio che avevano passato tra le lenzuola. Tom era colpito. Non aveva mai incontrato una ragazza, anzi, una donna sensuale e disinibita come Bellatrix, instancabile e continuamente vogliosa di lui. Di solito, dopo un paio di volte in cui si finiva a letto insieme, le donne di Tom iniziavano ad avanzare pretese, diradare gli incontri, mettere paletti. Al contrario, Bellatrix era sempre accogliente, disponibile e genuinamente devota. Il suo talento nella programmazione, poi, ne faceva un asset prezioso all’interno del suo impero e la sua bravura come hacker la rendeva una perfetta compagna di scorribande clandestine. Non avrebbe mai creduto possibile che nel mondo sarebbe esistita una donna tanto perfetta quanto lo era Bellatrix. Sembrava che fosse stata creata su misura per lui, per compiacerlo. La sola domanda che si poneva, e che apriva possibilità progettuali infinite, era: ma un sistema di intelligenza artificiale, con la giusta dose di informazioni su di lui, sarebbe stato in grado di dargli un output virtuale perfetto tanto quanto Bellatrix? 

Dopo tutto, il settore del porno era sempre stato uno dei settori trainanti del web e creare una piccola start-up in quel settore e sviluppare partner virtuali su misura delle esigenze del cliente poteva essere un business non indifferente. 

Il suono del campanello lo riscosse da quelle fantasie.

“Alecto, che sorpresa,” salutò lanciando uno sguardo interrogativo a Dolohov. Come gli era saltato in mente di estendere l’invito alla Carrow? Antonin pensava sul serio che l’invito a cena avesse un solo intento conviviale?

“Antonin mi ha detto che era a cena da te, che ci sarebbe stata anche Bellatrix…”

“Sì, insomma, le ho chiesto se avesse voglia di unirsi a noi.”

“Dovevamo testare il tuo progetto, però, non credi che Alecto possa annoiarsi?”

“Non ti preoccupare, Tom, so bene che quando c’è una tastiera di mezzo, io scompaio. Non vi darò noia.”

Tom alzò le sopracciglia perplesso e li fece entrare senza nascondere la propria irritazione. Non voleva tra i piedi la Carrow. Era già tanto doverla sopportare in ufficio. Se avesse voluto fare una rimpatriata, avrebbe esteso l’invito anche a Lestrange, Rosier, e la Turner. 

“Alecto.” La voce piatta di Bellatrix ebbe il merito di farlo sorridere. Dopo tutto, era confortante il pensiero di condividere la medesima irritazione.

“Sorpresa!” esclamò allegra Alecto che si diresse verso la cucina, probabilmente per recuperare un’altra tovaglietta e un coperto da aggiungere a tavola. Bellatrix anticipò la sua irritazione e le disse: “Faccio io, non preoccuparti, voi…” alzò lo sguardo verso di lui e Tom comprese che - dopo tutto - era lui il padrone di casa. “Sediamoci in soggiorno, vi va qualcosa da bere? Apro del vino?”

Bellatrix, perfetta come sempre, sistemò la tovaglietta di lino sul tavolo di cristallo e poi li raggiunse con quattro calici e gli stuzzichini che avevano preparato. Indossava uno dei suoi vestitini neri, con lo scollo ampio che valorizzava il suo bel decolté e che lasciava scoperti alcuni segni alla base del collo, parzialmente nascosti dai lunghi capelli neri. Tom la osservò prendere posto sul divano, scrutare gli ospiti mentre aveva in mano il suo smartphone e domandare: “Allora, cosa vogliamo mangiare?”

“Sushi?” domandò Alecto.

Tom e Antonin ridacchiarono per la proposta e Dolohov le spiegò: “Ci serviranno un po’ di energie per la serata che ci si prospetta innanzi, che ne dite di hamburger e pollo fritto?”

“Può andare se ci aggiungiamo della pizza,” concesse Bellatrix. Il sorriso di Tom si allargò: “Però ordina anche birra e un po’ di bevande energetiche per il dopocena. Le ultime le abbiamo finite ieri.” Il sorriso di Bellatrix si allargò sul volto al ricordo della notte scorsa. 

Avevano fatto l’alba cercando di buttare giù i server della Phoenix ltd., i loro maledetti competitor guidati da Albus Silente, un vecchio guru dell’informatica, ex docente universitario che invece di andare in pensione a fare la calzetta, continuava a infestare il mercato con i suoi prodotti “eticamente corretti”.

Avevano impiegato tutta la notte nel cercare di trovare una vulnerabilità e poi, come era prevedibile, ne avevano trovata una nel solito posto, tra la sedia e la tastiera. Uno degli sviluppatori del software, tale Peter Pettigrew, aveva avuto la splendida idea di usare come password di accesso all’ambiente di sviluppo Phoenix1234, da lì, Lord Voldemort e blackhat_51 avevano trascorso la notte a installare back doors da cui accedere a piacimento ai sistemi. Alla fine, erano così carichi di adrenalina che avevano fatto sesso fino all’alba per poi assopirsi esausti e soddisfatti. La prospettiva di replicare la notte precedente era troppo allettante per Bellatrix.

“Avremo la consegna in 40 minuti, possiamo rilassarci.” Bellatrix lasciò lo smartphone sul tavolino e si concesse un sorso di vino. Scalò di un posto per fargli spazio sul divano e Tom vi prese posto concedendosi un brindisi preliminare.

“Alla nostra splendida serata,” disse Tom, “che, fin dal principio, si sta dimostrando ricca di sorprese,” concluse posando gli occhi su Alecto. La osservò arrossire imbarazzata, e forse aveva compreso di aver fatto la mossa sbagliata. L’ennesima. 

“A proposito di sorprese, venendo in macchina abbiamo visto Rodolphus con una ditta di traslochi sotto casa sua. Sta cambiando casa?” La domanda di Antonin era un patetico tentativo di portare avanti la conversazione su temi a cui Alecto avrebbe potuto partecipare.

Bellatrix mandò giù il vino e annuì: “Sì, si trasferisce a vivere con la Turner.”

“E tu come lo sai?” domandò Alecto, “Mi pareva che non parlassi con Rodolphus dopo… beh… quello che ha fatto.”

L’ennesimo passo falso di Alecto. Tom stava perdendo la pazienza. Se c’era una cosa che non tollerava, era pensare ai tempi in cui Bellatrix non era sua e in particolare al fatto che uno dei suoi più fidati collaboratori avesse avuto per le mani un simile talento senza essere in grado di apprezzarlo e valorizzarlo. Lestrange si meritava la Turner. 

“Me l’ha detto Rabastan, infatti,” commentò Bellatrix che aggiunse: “E, per la cronaca, avrei mollato Rodolphus a prescindere da quello che è successo.” 

“A proposito di cose che sono successe…” esordì Tom che era al limite della sopportazione. “Alecto, non mi sarei mai aspettato un simile comportamento da parte tua con la Turner. Chiuderla fuori dalla stanza, da parte dell’organizzatrice dell’evento e la responsabile delle Risorse Umane. Per cosa, poi? Divertirti con Antonin?”

Alecto balbettò davanti lo sguardo serio di Tom. “Beh, n-no-non era p-preventivato…”

Tom ridacchiò, la osservò mentre mandava giù un altro sorso di vino e le riservò uno dei suoi sorrisi freddi e falsamente cortesi. “Andiamo, Alecto, non prendere in giro la nostra intelligenza. Era tutto premeditato. Io l’ho detto a Bellatrix sul pullman mentre andavamo all’aeroporto.”

“Verissimo!” Bellatrix si affrettò a confermare e poi, con la luce sadica che Tom adorava, aggiunse perfidamente: “Per non parlare di quando ci hai trascinate da Victoria Secret’s in aeroporto.”

“M-mi dispiace, ma non era mia intenzione… io non ho pensato…”

“Ecco, Alecto, non hai pensato,” aggiunse Tom, “non voglio mai più sentire che una dirigente della mia azienda rimane chiusa nel corridoio dalla sua collega, dirigente, perché si sta divertendo con un altro collega. Intesi? Se la Turner non fosse stata con Lestrange, cosa sarebbe accaduto? Avrebbe dovuto passare la notte nella hall perché tu eri troppo impegnata a divertirti? Il senso delle camere doppie, ti ricordo, non è quello di divertirsi, ma di non lasciare solo nessuno. Avrebbe potuto sentirsi male, venire importunata e tu l’hai lasciata da sola.”

“Mi dispiace, Tom, hai ragione. Non si ripeterà più.”

“Voglio sperarlo, perché altrimenti dovrò fare a meno di te.” 

Alecto, finalmente, aveva smesso il sorriso e aveva compreso quanto lui fosse infuriato. “Se la mia presenza è di troppo…” disse mentre Antonin le stringeva la mano per indurla a rimanere. “Abbiamo ordinato anche per te,” le disse e sembrava tenere molto a che Alecto rimanesse. Tom non aveva mai visto Antonin così coinvolto. In tanti anni di collaborazione, nonostante le diverse storie che l’uomo aveva avuto, non aveva mai portato con sé una ragazza né si era lasciato andare a sentimentalismi. Questa volta, evidentemente, doveva essere diverso, così Tom intervenne in qualità di padrone di casa. “Ho preferito che chiarissimo tutto subito, Alecto, puoi rimanere se lo desideri.”

“Rimani,” insistette Dolohov. 

“D’accordo.”

La notifica sul telefono di Bellatrix li informò che la cena era giunta. L’arrivo del fattorino fu propizio per stemperare l’atmosfera e far rilassare Alecto e Antonin. 

Tom aiutò Bellatrix nel distribuire le ordinazioni sul tavolo e la sentì borbottare: “Che pesantezza Alecto!”

“Non ho mai visto Antonin così preso,” le rivelò. “Guardalo.” Si erano entrambi alzati dai divani di pelle nera e in quel momento Dolohov cedeva il passo ad Alecto che gli sorrideva quasi timida, una ciocca di capelli biondi ferma dietro l’orecchio. Si sfioravano continuamente mentre parlavano e sembravano sinceramente legati.

“Ha pessimi gusti in fatto di donne,” mormorò Bellatrix strappandogli una risata. Tom la osservò e le disse: “Bella, non essere impertinente o dovrò insegnarti un po’ di disciplina.” La osservò sottecchi e continuò: “Non c’è proprio niente di cui sorridere.”

“Voglio che tu vada in camera da letto e che ti sfili le mutandine da sotto l’abito. Quando tornerai, me le darai.” Bellatrix lo osservava con una nota di preoccupazione nello sguardo e, al tempo stesso, un lampo di eccitazione. Se dovevano giocare al gioco delle coppie, tanto valeva trasformarlo in una delle loro sessioni. La guardò alzando le sopracciglia senza nascondere la sua impazienza per quell’esitazione.

“Non è una richiesta, Bella,” le sussurrò nell’orecchio, “è un ordine del tuo Signore.”

Il sorriso che comparve sul volto della sua sottomessa gli confermò che lei aveva capito e si affrettò ad allontanarsi per obbedire alla sua richiesta. Tornò poco dopo, riprendendo posto a tavola accanto a lui e passandogli sotto la tavola lo slip di pizzo nero che indossava. Tom lo mise in tasca. Saperla esposta e alla sua mercé, lo eccitava tremendamente.

Di fronte a loro, Antonin e Alecto avevano finito di comporre i loro piatti: doppio cheeseburger per Antonin e un wrap al pollo grigliato per Alecto, entrambi accompagnati da una generosa porzione di patatine fritte. Al centro del tavolo, c’era la pizza che Bellatrix aveva ordinato da dividere: al salame piccante e funghi. 

Tom addentò il suo hamburger di un selezionatissimo wagyu giapponese, condito con salsa al tartufo che esaltava il gusto della carne. Non aveva mai amato i cibi troppo elaborati, ma da quando la sostenibilità economica non era diventata un problema, aveva iniziato ad apprezzare gli ingredienti di prima scelta. Nel mondo dei programmatori, poi, il cibo spazzatura aveva dominato a lungo negli anni e non era un caso che fosse stato proprio Rodolphus, un legale, a fargli scoprire il gusto di una cucina più ricercata. Adesso, però, i programmatori di ultima generazione erano attenti alla linea, sportivi e prediligevano il cibo salutare e così persino alla Legilimens c’era varietà. Le sere con Antonin, però, si ritornava ai vecchi tempi, perché l’hacking chiedeva sostanza e non si poteva violare un sistema con un’insalata nello stomaco.

Bellatrix, al suo fianco, addentò il bacon burger con l’aria di chi stesse provando un piacere immenso. Tom la osservò soffermandosi sul modo in cui le labbra di lei si sporcavano di salsa. Avrebbe voluto leccargliela via, mangiarla allo stesso modo in cui lei stava mangiando quel panino. 

“Allora, Antonin, raccontaci un po’ come è nata questa… intesa? Liason? Storia? Con Alecto,” disse Bellatrix nel tentativo di fare un po’ di conversazione e mettere in imbarazzo il collega. Tom ridacchiò, se Antonin e Alecto erano distratti nel raccontare la loro storia d’amore, lui poteva approfittarne per sfiorare Bellatrix.

“Beh…” esordì Antonin, “come diceva Alecto, non sono cose premeditate… Insomma, mentre organizzavamo la convention a Saint Tropez, ci siamo resi conto che era bello lavorare insieme.”

Tom sentì il ginocchio di Bellatrix tremare al contatto con le sue dita, tuttavia, si allargò lasciandogli accesso all’interno coscia, sotto la veste.

“Avrei voluto fare le cose con calma,” continuò, “ma quando l’ho vista in piscina con quel costume…” sorrise. 

“Stavi molto bene, in effetti,” concesse Tom. “Verrebbe da pensare che fosse premeditato.”

“Tom, credimi, non lo era. Non avevo intenzione di far finire la serata come è finita,” continuò, “non so se sai come ci si sente quando si è presi: volevo sentirmi bella, questo sì, e volevo sentirmi ammirata, almeno per una volta, ed essere libera di uscire dallo schema rigido del capo delle risorse umane.”

“Lo capisco. Come dico sempre, l’amore rischia di essere una debolezza, per questo abbiamo le policy interne.”

“Sì, e faremo qualsiasi cosa sia necessaria a non pregiudicare la società,” si affrettò a precisare Dolohov. 

Le dita di Tom erano arrivate a sfiorare il clitoride di Bellatrix che sussultò afferrando un bicchiere di birra.

“Tutto bene?” domandò Alecto.

“Mai stata meglio,” affermò Bellatrix, la voce più alta di un tono. Tom lasciò scivolare le dita inumidite degli umori di Bellatrix lungo la coscia di lei, in modo che sentisse quanto fosse bagnata e tornò a concentrarsi sulle patatine fritte nel suo piatto.

“E voi?” domandò Alecto. “Com’è nata tra di voi?”

Tom e Bellatrix si scambiarono un sorriso. Come raccontare quanto esisteva tra di loro? “Credo che tutto sia nato nel dark web,” disse tranquillamente. “Il talento di Bellatrix è così raro che è impossibile non notarlo e quando ho scoperto che oltre ad essere talentuosa era anche affascinante, beh, non potevo lasciarla sfuggire.”

“Aw, ma che cosa romantica, Tom! Sono così contenta per voi!” cinguettò Alecto, beccandosi un’occhiataccia da Bellatrix. Tom ridacchiò. Poteva essere definito in tanti modi, il più delle volte l’appellativo usato era stronzo, insensibile, egoista, narcisista, ma romantico non l’aveva mai utilizzato nessuno. Solo chi non lo conosceva poteva usare un aggettivo tanto a sproposito.

Bellatrix, però, non disse niente. 

“Devo ammettere che Bellatrix è stato un ottimo acquisto per la Legilimens,” disse Antonin. “Hai sempre avuto fiuto per le persone, Tom.”

“Parli così perché ti ho convinto a lavorare con me?”

“Non solo, noi eravamo compagni di college, ma io parlo anche di Rodolphus, Regulus, Barty, Alexandra e Alecto naturalmente. Le persone ti seguono e credono nel tuo progetto, nella Legilimens che è diventato anche un nostro progetto. Stiamo cambiando il mondo, lo sai.”

“Lo so, ma ti ricordo che non siamo gli unici sul mercato, anche se il nostro prodotto è migliore.”

“Avete visto la campagna della Phoenix ltd?”

“Sì, esatto. Sta iniziando a creare contatti con gli attivisti per i diritti umani e la cosa non mi piace, vogliono boicottare i nostri algoritmi, è palese.”

“Dici che dobbiamo tenerci pronti?”

“Hanno già sollecitato le Autorità di controllo. Ricordi l’ispezione che Rodolphus e Alexandra hanno gestito?”

Antonin annuì pensieroso. “Allora quando vedranno la nuova funzionalità, impazziranno!” Tom sorrise. “E proprio questo è lo scopo della serata. Siamo pronti per il test? Ci trasferiamo di là?”

“Nella stanza del coding?” domandò Alecto incuriosita. Tom annuì mentre Bellatrix, Antonin e Alecto infilavano velocemente gli involucri dei panini nelle buste di carta e radunavano gli avanzi: li avrebbero portati con sé nell’altra stanza e smangiucchiati mentre procedevano alle verifiche del software. 

“Sei sicura di non voler andare a casa?” domandò Antonin. “Potresti annoiarti.”

“Scherzi? Quella stanza è leggendaria in azienda! Sono tra le collaboratrici storiche e non ci ho mai messo piede! Non vedo l’ora di poter dire di aver assistito a una serata di test! Per me è un’iniziazione!” Gli occhi di Alecto brillavano per l’emozione mentre Tom guidava tutti loro in quello che non era nulla di più di un ufficio domestico.

La stanza era stretta e lunga, la parete lunga di destra aveva un lungo tavolo che la percorreva nella sua interezza, sul quale, in un angolo, vi era un computer fisso. Era il suo computer preferito per l’hacking, il computer di Lord Voldemort. 

C’erano diverse sedie da gaming e spazio per collocare altri computer portatili per le serate che organizzava di tanto in tanto. C’erano anche diversi punti con prese per l’alimentazione dei dispositivi. 

La parete lunga alle spalle del tavolo era percorsa da uno scaffale pieno dei suoi vecchi computer che aveva sempre conservato per collezionismo. Nell’angolo vicino la finestra, vi era un divano e degli scaffali più bassi pieni di libri su giochi di ruolo, fumetti e la sua collezione di numeri di Wired. Di tanto in tanto, sugli scaffali più ampi, c’era qualche action figure, mentre alle pareti erano appesi diversi poster con frasi dei più importanti hacker della storia.

Alecto sembrò delusa da quello che, dopo tutto, rimaneva pur sempre il covo di un nerd. Bellatrix, al contrario, era eccitata e lo si capiva dai capezzoli turgidi che premevano contro la stoffa dell’abito che indossava. La invitò a prendere posto su una sedia da gamer simulando un gesto di cavalleria che voleva prendere in giro Alecto. “Visto che sono romantico, prego, Miss Black, si accomodi.”

Bellatrix gli rivolse uno sguardo complice, non disse nulla e andò dritta al punto: prese il suo portatile e lo sistemò sul tavolo, circa all’altezza di metà parete, in modo da non vedere lo schermo di quello di Lord Voldemort e nemmeno di quello di Antonin che si era installato proprio davanti il divanetto su cui Alecto aveva preso posto. Sarebbe stata una lunga serata.

Tom si sorprese della resistenza di Alecto e della sua devozione a quella serata. La sua presenza, dopo tutto, si rivelò utile, visto che provvedeva a rifornirli di cibo, bevande energetiche, prendeva appunti e annotava elementi su cui Antonin avrebbe dovuto lavorare successivamente.

Dolohov aveva fatto un ottimo lavoro. Bellatrix riuscì a bucare il sistema solo verso l’alba, quando Alecto si era profondamente addormentata sul divanetto e in un momento di pausa, Antonin le aveva posato una coperta di lana sulle spalle.

Con le prime luci del giorno, si salutarono. Il test aveva mostrato poche falle e quindi era stato un vero e proprio successo. Tom era entusiasta della bravura di Antonin e persino Bellatrix quando, alla fine, aveva dato un occhio al codice sorgente, si era sorpresa della logica impeccabile con cui Antonin aveva progettato la nuova funzionalità del loro software.

Quando andarono via, Tom osservò il viso stanco e felice di Bellatrix, le domandò: “Hai sonno?”

“Ho troppa adrenalina in corpo per poter addormentarmi.”

“Io non riesco a dormire per un altro motivo,” le sussurrò. “Il pensiero di te senza mutandine, da ieri sera, mi tormenta.” Portò la mano di Bellatrix sui suoi pantaloni e lei si sorprese nel vederlo eccitato.

“Posso, mio signore?” gli domandò con un sorrisetto che sembrava aver scacciato la stanchezza dai suoi occhi. Tom scosse la testa in segno di diniego: “Siedi sul tavolo, Bellatrix.” La vide obbedire e prendere posto accanto al computer di Lord Voldemort. Tom stese la schiena contro la sedia da gamer. “Allarga le gambe.” Si collocò proprio davanti a lei, le prese i piedi, uno alla volta e le sfilò le scarpe per poi posarli sul bracciolo della sua sedia.

Bellatrix lo guardava impaziente, ma Tom decise di prendersi qualche momento per ammirare Bellatrix in quella stanza, con le gambe aperte e completamente esposta al suo desiderio. Vedeva l’eccitazione della ragazza, il modo in cui il respiro di lei si faceva lento e i capezzoli premevano ancora di più contro la stoffa dell’abito. Tom allungò il braccio, continuando a studiare il corpo di Bellatrix, le scoprì un seno, poi l’altro. Tornò a contemplarla. 

“Sei mia,” le disse. In quella stanza erano conservati i suoi cimeli. I vecchi computer che, poteva dire, contenessero frammenti della sua anima, i suoi dati, il suo passato. I primi acquisti, fatti con i soldi che si era guadagnato da solo. Pezzi da collezione dal valore inestimabile e adesso c’era anche Bellatrix, la nuova promessa dell’hacking che era completamente e totalmente sua. Sorrise.

Voleva averla.

Affondò il viso tra le gambe di lei e iniziò ad assaporarla, a inebriarsi del suo profumo e dei suoi umori. Adorava leccarla e ancora di più amava sentirla gemere e tremare per il piacere che lui, e solo lui, poteva impartirle. Nei pantaloni, la sua erezione premeva contro la stoffa, causandogli un senso di oppressione che voleva controllare mentre si saziava dell’intimità di Bellatrix e le mordeva, leccava e baciava quelle cosce morbide. Si alzò, solo quando la sentì sul punto di abbandonarsi all’orgasmo.

Si prese del tempo per calmarsi, per far scemare un po’ l’eccitazione e poter continuare. Tornò ad ammirare Bellatrix, il modo scomposto e sfrontato con cui lei lo guardava. “Sei una ragazzina impertinente,” le sussurò. “Non dovresti guardarmi così.” Bellatrix sorrise, in tutta risposta. 

Tom tamburellò l’indice sul naso, come se stesse ammonendo una bambina capricciosa, lo lasciò scivolare sulle labbra di Bellatrix e si soffermò a giocare con la bocca di lei, l’accarezzò sentendo la morbidezza delle labbra, infilò il dito dentro, lasciò che lei lo succhiasse lasciva per poi sfilarlo e darle un buffetto sulla guancia. “Ti ho detto che non devi essere così impertinente,” le ripetè. 

“Altrimenti cosa succede?”

Il sorriso sul volto di Tom si allargò. Si chinò sul collo di Bellatrix mentre una mano le afferrava un seno e lo schiaffeggiava. La sentì sussultare ma non dismettere quello sguardo sfrontato. 

“Potrei mandarti a letto così, e vietarti di gratificarti,” le disse infine, riuscendo a cogliere la paura dietro agli occhi di lei che, tuttavia, si riprese subito e allungò una mano sui suoi pantaloni. L’attenzione di Tom tornò alla sua erezione. Si slacciò i pantaloni e le domandò: “Questo è quello che vuoi?”

Bellatrix annuì sorridendo: “Sì, mio signore, voglio essere scopata.”

“Sai di non meritarlo, vero?”

“Confido nel suo essere magnanimo, mio signore.”

Quando faceva la sottomessa in quel modo, mentre lui si accarezzava l’erezione, rischiava di farlo venire in un modo molto poco decoroso. Così, si decise ad accontentarla. Dopo tutto, era l’alba ed entrambi erano desiderosi di scaricarsi e andare a letto. Entro dentro di lei guardandola negli occhi, soffermando lo sguardo su ogni dettaglio del volto di lei che trasudava piacere. Le palpebre pesanti enfatizzavano ancora di più quello stato di totale abbandono in cui Bellatrix versava mentre si lasciava prendere da Tom.

“Chiamami mio padrone,” le ordinò e mentre lei obbediva, Tom Riddle si abbandonava all’orgasmo.

 
   
 
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