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Autore: Orso Scrive    06/11/2022    1 recensioni
Il tenente Manfredi e il sottotenente Bresciani, del Nucleo Tutela del Patrimonio Culturale, devono occuparsi di una nuova grana: un vandalo dall’improbabile nome di Sukker ha preso di mira i graffiti rupestri della Valle Camonica, in provincia di Brescia, imbrattandoli con bombolette spray.
Riusciranno i nostri eroi a fermare Sukker, prima che i suoi danni divengano irreparabili? Ma, soprattutto, scopriranno il mistero che si cela dietro ai graffiti rupestri, un mistero che sembra parlare di antichissime visite di esseri provenienti da altri pianeti e da altri universi? Alberto e Aurora scorgeranno questa antica verità, o il mistero resterà celato ai loro occhi?
Genere: Fantasy, Mistero, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'A&A - STRANE INDAGINI'
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7.

 

 

Sirmione, provincia di Brescia, agosto 2009

 

 

Quell’estate – l’estate dei diciassette anni – si stava rivelando esplosiva.

Alberto non avrebbe saputo come altrimenti definirla.

Come ogni anno, al termine delle lezioni scolastiche – era stato promosso alla terza liceo, con una media non altissima ma, comunque, dignitosa: aveva ripetuto due volte la prima liceo, ma da quella bocciatura in avanti le insufficienze, sul suo libretto, erano diventate una vera rarità – aveva lasciato la casa dei genitori, a Novellara, per andare ospite da sua cugina Marina, che abitava a Peschiera, sul lago di Garda. Un rito che si ripeteva ormai da innumerevoli anni e a cui il ragazzino non avrebbe mai rinunciato, per nessun motivo al mondo.

Per Alberto, i motivi di felicità, quando andava a casa di sua cugina, erano differenti e numerosi.

Per prima cosa, poteva ammirare un panorama vero, diverso dalla solita e piatta monotonia della Pianura Padana; il lago, circondato dai monti, con il suo alternarsi di saliscendi, gli dava sempre l’impressione di essersi immerso in un altro mondo. Amava perdersi con lo sguardo in quei paesaggi, sentire l’odore dell’umidità. Gli dava sempre un bel brivido di stupore esplorare le coste, scoprire un anfratto, visitare uno dei caratteristici paesini affacciati sulle sponde. Inoltre, non gli dispiaceva affatto la presenza dei numerosi turisti. Qualcuno li trovava fastidiosi, ma non lui. Soprattutto, non poteva negare che le tantissime ragazze provenienti dal Nord Europa e che, nelle estati gardesane, tingevano di un bel rosso ciliegia la loro pelle immacolata, avessero un certo fascino a cui non riusciva a essere indifferente. Peccato solo che fosse troppo timido per provare anche solo a pensare di poter approcciare quelle bellezze settentrionali. Ma questo era un discorso a cui non dava poi troppo peso, a dire il vero.

Poi c’era la non indifferente libertà che gli conferiva il poter restare lontano da Carla: lui e la sua insopportabile sorella erano perennemente ai ferri corti, e sapere che non l’avrebbe più rivista per tre mesi gli dava sempre un grande sollievo. Non che la odiasse, chiaro: nessuno può odiare un fratello o una sorella, almeno non troppo. Però non la sopportava, nemmeno un po’, e il riuscire a respirare per qualche tempo un’aria diversa dalla sua era un vero motivo di appagamento, per tutto il suo essere. La presenza costante di quella persona era una tortura a cui, da metà settembre a metà giugno, doveva sottoporsi quotidianamente. Gli toccava ascoltare di continuo i suoi rimbrotti: Carla aveva lasciato la scuola dopo la terza media per dedicarsi esclusivamente alla vita dei campi, come i genitori. Trovava che anche il fratello avrebbe potuto – anzi, dovuto – fare lo stesso, anziché perdere tempo a studiare.

Ma ad Alberto studiare piaceva davvero. Imparare cose nuove era per lui motivo di grande interesse. Lo affascinavano soprattutto le materie umanistiche: Storia, Letteratura, Arte… e non vedeva l’ora di cominciare la terza per potersi approcciare anche alla Filosofia. Questo, comunque, non toglieva che non fosse tagliato anche per il lavoro manuale, soprattutto quello a contatto con la natura. Infatti, ogni estate, quando veniva a casa di suo cugina, si prendeva cura del giardino di Marina, oltre che di quello di una villa che sorgeva a qualche chilometro di distanza, e che apparteneva a un ricco medico milanese, che trascorreva le estati sul lago. Però aveva giurato che non avrebbe mai fatto il contadino. E, per questo motivo, Carla lo disprezzava, considerandolo la pecora nera della famiglia Manfredi. I loro genitori, già un po’ avanti con gli anni e infiacchiti dal duro lavoro, non avevano mai fatto commenti in merito. Per sua fortuna, Marina era una donna molto più premurosa e affettuosa, rispetto al resto della famiglia, e lo sosteneva e lo incoraggiava in ogni modo, mettendogli anche a disposizione la variegata raccolta di libri di cui era piena la sua casa.

Quei lavori estivi – soprattutto quello nel grande parco della villa del dottor Fumagalli, dove si occupava di tagliare l’erba, curare le aiuole, potare i rami, tenere sempre bagnato l’orto e via discorrendo – avevano permesso ad Alberto di mettere da parte un bel gruzzolo. E, così, se n’era potuto servire per provare a far sistemare la vecchia Vespa di sua cugina. Non che avesse sortito grande effetto, la messa a punto a cui aveva sottoposto il motore. Il vecchio catorcio continuava a spegnersi nei momenti meno opportuni. Ma avere finalmente la possibilità di andarsene a zonzo seduto in sella era un altro dei motivi che stavano rendendo unica e speciale quell’estate.

E, naturalmente, c’era Aurora.

Era la figlia dei vicini di casa di Marina – i Bresciani, entrambi ufficiali dei Carabinieri – e lei e Alberto si erano piaciuti subito, quando si erano incontrati la prima volta, tanti anni prima. Era scoccata una specie di scintilla, tra loro due. Alberto aveva realizzato di aver trovato la sua più grande amica. E, nonostante il carattere frizzante e a tratti molto difficile della ragazza, non sarebbe mai più riuscito a stare senza di lei. Verso Aurora, provava la sensazione più simile all’amore che avesse mai provato per qualcuno.

Trascorreva l’anno intero a scambiare messaggi con lei via Messenger, seduto davanti al computer, le cuffie sulle orecchie e la playlist dove si ripetevano in continuazione i brani dei Negramaro. E, quando finalmente arrivavano giugno e il momento di rivedersi, era sempre una vera gioia.

Quell’estate, quando lo aveva rivisto, Aurora lo aveva stretto in un abbraccio che non sembrava volesse mai avere fine, facendogli ricadere sul viso una cascata di capelli rossi come la fiamma. La più dolce e più bella sensazione che Alberto Manfredi ricordasse di aver mai provato in vita sua. Non avrebbe mai lasciato andare quel corpo duro e caldo, per certi tratti mascolino e per altri decisamente femminile, che lo faceva sentire vivo e vero come niente e nessuno sapeva fare.

Era stato così che aveva avuto inizio quell’estate.

Quell’estate esplosiva, densa di avvenimenti e di misteri che non avrebbe mai dimenticato.

 

* * *

 

Quella sera dei primi di agosto, Alberto era saltato in sella alla Vespa e aveva percorso la strada da Peschiera a Sirmione. Si era dovuto fermare un paio di volte a margine della carreggiata perché il motore, surriscaldato, si era spento. Con un paio di colpi di pedivella, comunque, si era subito riavviato.

La terza fermata obbligatoria dovette farla nei pressi della Piazza del Mercato di Colombare, una delle frazioni di Sirmione. La vecchia Vespa si spense con un gemito e, nonostante i suoi reiterati tentativi, non volle saperne di rimettersi in moto.

Vabbe’, raffreddati, si arrese Alberto.

Alzò gli occhi al cielo. Era nero, inquinato dalle luci dei lampioni. Le stelle che poteva ammirare erano ridotte davvero al minimo. Ma quelli erano i giorni delle stelle cadenti: chissà se – con un po’ di fortuna – sarebbe riuscito a vederne almeno una.

Forza, stelline, pensò. Ho anche già pronto il mio desiderio.

Come se una forza superiore gli avesse letto nel pensiero e avesse deciso di regalargli quella piccola e insieme immensa gioia, una scia bianca e luminosa attraversò il cielo. Alberto sorrise. Una seconda scia seguì la prima. Fu sul punto di formulare il suo desiderio, quando una terza meteora infuocata solcò la volta oscura della notte, perdendosi nel buio.

Immagini velocissime, fugaci come lampi, ma che gli restarono impresse nella mente e gli donarono una grande pace interiore.

Addirittura tre stelle, si disse. Deve essere un segno. Allora è questo il mio desiderio, stelline… vorrei che io e Aurora restassimo amici per sempre. Non mi importa di quello che accadrà, di che cosa ci riserverà il futuro, purché la nostra amicizia si mantenga salda come è adesso.

Sospirò.

Non voglio perdere Aurora.

Senza volerlo, esprimendo quel desiderio, aveva dato forma alla sua più grande paura. Perché Alberto avrebbe potuto sopportare qualsiasi cosa, ma non di perdere la sua amica. Questo era qualcosa che lo avrebbe soffocato.

E, se qualcuno glielo avesse domandato, non avrebbe saputo dirne nemmeno lui il motivo preciso. Non aveva idea di che cosa davvero lo legasse con tanta passione a quella ragazza dal carattere difficile, spesso esuberante e troppe volte propensa a voler comandare solo a lei. Sapeva soltanto che le voleva bene, gliene voleva davvero.

E volere bene ad Aurora era la più bella cosa del mondo.

Alberto fece per voltarsi verso la Vespa, per scoprire se la vecchia signora avrebbe finalmente acconsentito a rimettersi in moto. Un guizzo rosso nel cielo richiamò la sua attenzione.

Cos’è?

Alzò di nuovo gli occhi verso l’alto.

Non vide nulla di strano o di insolito.

Poteva essersi sbagliato.

Sarà stato un aereo

Una sfera rossa si materializzò all’orizzonte, oltre i tetti delle case circostanti. Brillò tanto forte da illuminare di rosso tutto il cielo.

Ma…

Sbalordito, Alberto la fissò con attenzione.

Di nuovo, così come era apparsa, la sfera scomparve. Poi ricomparve ancora, spostata verso il lago. Continuava a emanare quella sua luce tanto rossa da sembrare incandescente.

Che cazzo, quello non è un aereo!

Con uno scatto fulmineo, Alberto balzò in sella e calò il piede sulla pedivella. La Vespa, quasi avesse avvertito la sua urgenza, si accese all’istante.

Sceso dal cavalletto, il ragazzo diede gas. Avanzò lungo la strada, sempre cercando di guardare la sfera rossa che brillava in lontananza, intermittente. Non sapeva perché, ma quella strana apparizione aveva catturato la sua completa attenzione. Era intenzionato a non perderla di vista nemmeno per un breve istante.

Alberto raggiunse la fine della strada che conduceva alla piazza e si fermò nei pressi del cantiere per la nuova rotatoria e il nuovo marciapiede. Per qualche strano motivo, sindaci e assessori rimandavano i lavori di pubblica utilità sempre all’estate. Sembrava che traessero un sadico piacere dal chiudere strade, modificare percorrenze e interrompere la viabilità proprio nel pieno della stagione in cui, per via del flusso turistico, il traffico era quasi sempre congestionato.

Il ragazzo frenò. La Vespa, obbediente, quasi sapesse che presto avrebbe dovuto correre, questa volta non si spense. Il motore continuò a borbottare, con i giri ridotti al minimo e un filo di fumo azzurrognolo che scappava dalla marmitta.

Alberto guardò.

Ora aveva la visuale sgombra, in direzione di Desenzano del Garda. Di fronte a sé, sul lato opposto della strada cintata di arancione, aveva una fila di pini marittimi che, durante il giorno, ombreggiavano il marciapiede. Sotto i pini era adesso posteggiata una ruspa.

La sfera rossa era ancora là, a una distanza e a un’altezza che non sarebbe stato capace di calcolare.

La vide impallidire, poi riaccendersi e spegnersi di nuovo, a intermittenza. Infine, dopo un guizzo più forte, quasi che avesse emanato della luce infuocata, si spense per l’ultima volta.

A quel punto, prima che un qualsiasi pensiero sull’accaduto avesse potuto formularsi nella mente dell’adolescente, accadde qualcosa di nuovo.

L’ultima cosa che Alberto Manfredi si sarebbe potuto aspettare di vedere in vita sua.

Dalla direzione in cui la sfera rossa si era dissolta, provenne in volo un disco volante.

Il ragazzino non avrebbe saputo come altrimenti definirlo.

Perché quello era davvero un disco volante.

Un disco nero, silenzioso, di metallo o di chissà quale misterioso materiale. Nel centro aveva un cupolino, che sembrava ruotare e che emanava un fascio di luce rossa tutto attorno. Lo strano oggetto era bassissimo, volava a poche decine di metri di altezza, eppure Alberto non sentì alcun suono, e non percepì nemmeno il minimo spostamento d’aria al suo passaggio, nonostante la grande velocità a cui si spostava.

Senza nemmeno rendersi conto di avere la bocca aperta per lo stupore, Alberto fissò il disco volante che attraversava la notte di fronte a lui.

Lo guardò arrivare dalla direzione di Desenzano, lo vide sorvolare le abitazioni, la ruspa e i pini marittimi. Girò la testa per continuare a seguirlo, finché lo vide proseguire verso oriente, verso il Veneto. Lo fissò finché gli fu possibile, finché il misterioso velivolo non fu del tutto scomparso, nascosto oltre i tetti delle case.

Per un brevissimo istante, Alberto Manfredi restò immobile, cercando di elaborare quello che aveva visto.

Tentò di formulare un pensiero.

Non riuscì a mettere insieme niente altro che un: Seguilo.

Abbassò a manetta l’acceleratore della Vespa e partì all’inseguimento.

 

* * *

 

Qualche giornalista, probabilmente annoiato dalla mancanza di cronache con cui riempire le pagine dei quotidiani durante il periodo più afoso – quello in cui, per antica tradizione, non accadeva mai nulla di rilevante – si era divertito a definire “Garda da X-Files” i mesi di giugno, luglio, agosto e settembre del 2008. Del resto, in quel lasso di tempo, gli avvistamenti di strane luci e velivoli misteriosi attorno alle sponde del lago si erano susseguiti numerosi, e c’era chi ne aveva approfittato per trarne articoli di vario genere.

I più scettici erano corsi subito ai ripari, facendo ricorso alle più variegate spiegazioni per dare un senso a ciò che la gente sosteneva di vedere nei cieli notturni dell’estate benacense: droni, aerei militari, proiettori di discoteche, i laser degli spettacoli di Gardaland, e altre simili cose. I giornalisti in cerca del botto, invece, non si erano fatti scrupoli a parlare di UFO, di invasione aliena, di prossimo contatto di massa o, più prosaicamente, di extraterrestri vacanzieri.

Questo, insomma, era stato il trend dell’estate del 2008. In fondo, al principio di quella stessa estate, era uscito al cinema un film che parlava di teschi di cristallo e di alieni. Molti, soprattutto i più facili alle suggestioni, si erano lasciati cogliere e trasportare dall’entusiasmo ufologico che ne era susseguito un po’ ovunque, in televisione come nelle pubblicazioni in libreria.

Solo che, mentre si era pensato che la moda del 2008 sarebbe appunto rimasta legata al 2008, tutto quanto si era ripetuto, uguale e identico, nell’estate successiva. Anzi, i casi relativamente ridotti dell’anno prima, nel 2009 erano aumentati di numero, crescendo a dismisura. Un vero e proprio boom di avvistamenti, al punto da diventare un fenomeno quasi quotidiano e di cui, alla fine, si era occupata persino la stampa nazionale, oltre a quella locale. Ai primi appassionati erano infatti susseguiti i giornalisti di quotidiani locali e provinciali e, dopo di loro, si erano viste in zona anche le telecamere e i microfoni della televisione. Quando un furgone bianco, sulla cui fiancata, in blu, capeggiava la scritta RAI – e nel cui interno, qualcuno era pronto a giurarlo, sedeva Roberto Giacobbo con tutta la troupe del suo programma – aveva attraversato un incrocio con semaforo lungo la Gardesana Occidentale, la mania ufologica era esplosa come un ordigno.

E l’onda d’urto della deflagrazione non sembrava intenzionata a spegnersi.

Signori e signore di una certa età, passeggiando sul lungolago di Salò, asserivano di aver visto strane luci colorate volteggiare nel cielo notturno. Almeno un paio di concerti erano stati interrotti, con musicisti e spettatori rimasti con il naso all’insù per osservare il transito di un inspiegabile velivolo volante. Addetti del Vittoriale di Gardone Riviera raccontavano di aver assistito al passaggio di misteriose flottiglie di sfere nere e bianche. Un impiegato delle Grotte di Catullo giurava che qualcosa di simile a un sigaro gigantesco fosse piombato dal cielo e si fosse tuffato nelle acque prospicienti la penisola di Sirmione, per riemergerne alcuni minuti più tardi e risalire di corsa verso l’alto. Turisti olandesi, sdraiati in spiaggia a Lazise, avevano potuto osservare uno strano oggetto, che ricordava un disco volante, sfrecciare rapidissimo verso nord. Alcuni tedeschi in motoscafo, mentre navigavano senza un solo pensiero, si erano imbattuti in misteriose luci subacquee, che davano l’impressione di inseguirli, nonostante i loro reiterati tentativi di seminarle. Un adolescente in bicicletta, in pieno pomeriggio, a Montonale – dalle parti di Desenzano – aveva visto un cubo di metallo comparire in cielo, stazionario, riflettere la luce e poi svanire con lentezza. Un signore di origini cinesi, che lavorava come addetto alle pulizie nei bagni pubblici di Limone, aveva notato uno strano movimento in mezzo al lago, da dove qualcosa di paragonabile a una stella si era sollevato fino a scomparire nel cielo. Un padre e una figlia, mentre facevano la fila per salire sulle montagne russe di Gardaland, avevano osservato una strana luce rossa apparire e scomparire a intermittenza nel cielo notturno. Una luce simile – ma bianca e affiancata da una luce che, invece, restava immobile – era stata guardata per diversi minuti da una ragazza di vent’anni, prima che entrambe le luci si spegnessero nel cielo notturno. Quattro anziani, che giocavano a briscola in un parco pubblico di Torri del Benaco, erano stati interrotti nel mezzo del loro litigio – uno dei quattro pareva avesse barato – dal passaggio in cielo di una grossa meteora fiammeggiante e sibilante. Una coppietta di fidanzati appartati in una stradina secondaria, verso Torbole, si era trovata la macchina invasa da una luce calda e rossa, che era piovuta dall’alto per alcuni minuti, prima di spegnersi e lasciarli sconvolti e abbronzati. Persino una pattuglia della stradale di Riva del Garda, una notte, aveva riferito di aver inseguito per alcuni metri uno strano e non meglio specificato veicolo, prima che si innalzasse rapidissimo in cielo, scomparendo. E numerosi Tornado dell’Aeronautica Militare – ufficialmente solo per le esercitazioni di rito – sembravano pattugliare di continuo l’intera area gardesana, da nord a sud, da est a ovest.

Insomma, ce n’era per tutti i gusti.

Le ipotesi più svariate e in contrasto tra di loro non avevano tardato a fioccare. Chi non aveva ancora avuto la possibilità e la fortuna di assistere a qualcosa di strano, era quantomeno intenzionato a far sentire la propria voce e dire la sua.

Un sedicente ufologo, Ivano Fagioli, fondatore del G.S.U.G. (Gruppo Studi Ufologici del Garda), aveva scritto sul suo blog: “Chiaramente ci troviamo di fronte a un fenomeno inedito. Il lago di Garda è stato scelto per la nuova ondata di avvistamenti, che dura da ormai un biennio. Tali ondate non sono una novità, a livello mondiale, perché le apparizioni di UFO concentrate in determinate finestre temporali sono eventi che si susseguono a intervalli quasi regolari sin dalla fine dell’Ottocento. Di rado, però, il fenomeno ha coinvolto un’area tanto ristretta come quella del lago di Garda. Dobbiamo forse pensare che chiunque viaggi a bordo di quei velivoli abbia scelto il bacino lacustre come punto di riferimento per un primo avvicinamento di massa al nostro pianeta? C’è da domandarselo, perlomeno. Di certo, dobbiamo chiederci perché le autorità non si stiano interessando al fenomeno. Sempre, beninteso, che non lo stiano facendo, ma coperte dal segreto militare: sarà una semplice casualità ma, proprio in questo momento in cui vi scrivo, lo specchio di lago davanti alla mia finestra è stato sorvolato da un paio di caccia dell’aviazione che hanno compiuto strane evoluzioni.”

Una donna di nome Luisa, invece, aveva a sua volta adoperato un blog per portare avanti le proprie teorie in merito all’evento. Sul suo sito internet tutto luccichini e pixel colorati e brillanti, che impiegavano almeno mezz’ora a caricarsi, si poteva leggere: “Abbiamo sempre saputo che sarebbero tornati. I Seleniti hanno annunciato il loro ritorno – RITORNO!!!!!! – interi cicli fa. Ora è il tempo della nuova rivelazione: i cristalli hanno parlato!!!!!! I CRISTALLI!!!!! Purifichiamoci e insieme avremo accesso alla loro RIVELAZIONE!!!! Unisciti anche tu al GRUPPO DI ACCOGLIENZA DEI SELENITI!!!! Ci riuniremo ogni notte sulle sponde del LAGO DI GARDA e ci metteremo in CONTATTO con le FORZE NATURALI che vibrano nell’aria e insieme accoglieremo i nostri compagni, che ci traineranno con le loro mistiche parole verso la nuova ERA che si chiamerà ERA DELL’ACQUARIO!!! Come dice la canzone che poi è un inno MISTICO scritto da UOMINI E DONNE INIZIATI ai SEGRETI dell’ARMONIA, sarà un’era di PACE e di FRATELLANZA e di COMUNIONE con la NATURA!!! Ci AMEREMO in piena LIBERTÀ e i SELENITI saranno le nostre GUIDE!!!! E, a suffragare i suoi interventi, contribuivano i numerosi commenti che l’utente Lanfra47 – che, pure, frequentava assiduamente il blog di Ivano Fagioli – lasciava in calce a ciascuno dei suoi post. Lanfra47, infatti, non solo credeva a ogni singola parola scritta sul sito internet, ma si diceva più che certo che, molto presto, gli extraterrestri, che in passato avevano più volte contattato l’umanità, sarebbero tornati a farsi conoscere per mezzo di Vrillon, il loro ambasciatore.

Ovviamente, non erano stati solo ufologi improvvisati e santoni illuminati a cercare una spiegazione al fenomeno. Scienziati e giornalisti non avevano atteso nemmeno per un istante a riportare le più svariate teorie, lanciandosi a spron battuto in una direzione come nell’esatta opposta.

A chi diceva che gli alieni dell’anno prima erano tornati – forse, chissà, avevano trovato ameno il Garda – veniva risposto che, in un’estate come nell’altra, si era trattato di semplici inganni della percezione. Qualcuno sosteneva che fosse una trovata pubblicitaria di Gardaland, che proprio quell’anno aveva inaugurato una nuova attrazione a tema extraterrestre; gli veniva puntualmente replicato che nessuna campagna promozionale sarebbe potuta essere tanto estesa e costosa, e gli stessi dirigenti del parco avevano infine ammesso di non essere al corrente di nulla. A chi parlava di genuinità degli avvistamenti, veniva detto senza troppi giri di parole che erano tutte frodi. Alcuni asserivano che il troppo caldo avesse dato alla testa alla gente, soprattutto nelle serate della movida in cui si esagerava ad alzare il gomito: alcol e afa estiva, si sa, non vanno affatto d’accordo. Altri trovavano le solite e più variegate spiegazioni: lanterne cinesi, droni, aerei sperimentali, satelliti, stelle, pianeti… a costoro, veniva lasciato intendere che avessero la testa dura e una mente fin troppo chiusa, con occhi incapaci di vedere oltre il proprio naso.

Si diceva tutto e il contrario di tutto.

Alberto si era interessato solo di sfuggita a quegli eventi.

Aveva letto qualcosa in Internet e qualche trafiletto sulla stampa locale, specie tra le pagine dei giornali a distribuzione gratuita che si trovavano in giro. La cosa non lo interessava. Per quello che lo riguardava, UFO, dischi volanti ed extraterrestri non erano niente di vero. Roba da film, o al massimo di trasmissioni tipo Voyager, che seguiva sempre con divertimento ma senza davvero credere ai temi che, di volta in volta, Roberto Giacobbo presentava. E, per quello che ne sapeva lui, in quei giorni Giacobbo si trovava parecchio lontano dal Garda.

Aurora, invece, ne era entusiasta. La sua amica andava matta per tutto ciò che era misterioso e inspiegabile. Trascorreva interi pomeriggi a parlarne con la sua vicina di casa, anch’essa più che propensa a credere in ogni cosa, specialmente se rientrava nel campo dell’ignoto e dell’irrazionale.

In effetti, quella vicina di casa era la medesima Luisa che curava il sito misticheggiante in cui si parlava di Seleniti e di Era dell’Acquario. Era stata Aurora a far scoprire ad Alberto quella nauseante pagina internet tutta svolazzi e colorini, stelline, ghirigori e cuoricini – a fissarla troppo a lungo, ne era certo, si sarebbe rischiato un attacco epilettico – che lui aveva letto con assai poco interesse.

«L’unica cosa bella della tua vicina, è che prende il sole sul balcone completamente nuda», aveva commentato lui, dopo aver letto quelle righe.

«Lo fa perché dice che vuole unirsi il più possibile alla natura», aveva replicato Aurora, guardandolo storto. «È stato Selenius Maximus a dirle di fare così.»

«Sel… chi?!»

«Il suo spirito guida!» aveva detto Aurora, fissandolo quasi disgustata per via della sua mancata conoscenza in quegli ambiti. «È un’entità astrale che le parla attraverso il cosmo, mandando messaggi telepatici da Alpha Centauri. Se cerchi, nel sito, c’è un’intera sezione dedicata a lui.» Abbassò la voce di parecchie ottave, come una cospiratrice, per non farsi sentire dalla madre che si trovava nella stanza accanto. «Luisa descrive nel dettaglio anche il sesso a distanza che fanno lei e Selenius Maximus.»

«Ah», era stata la sola risposta sensata che Alberto fosse riuscito a formulare.

Secondo me quella Luisa è solo un’esibizionista, oppure una pazza isterica, aveva pensato. Però quando è nuda è bella da guardare. Ha due tette che quasi quasi me le sogno anche di notte.

Anche per questo, quando la sua amica lo invitava a passare il pomeriggio insieme sul balcone, che formava un unico piano con quello di Luisa, da cui era separato solo da una sbarra di metallo, Alberto ci andava sempre volentieri. Ma non lo avrebbe mai ammesso ad alta voce davanti a lei.

Per qualche ragione, sentiva che Aurora sarebbe stata capace di ucciderlo, se lo avesse fatto.

«Mamma, quando la vede, diventa una furia e minaccia di volerla arrestare», aveva proseguito la ragazza, con candore. «Papà, invece, dice che non c’è niente di male e che non dà affatto fastidio. A quel punto la mamma si incazza ancora di più.»

Una sera che, come spesso stava accadendo in quell’estate, lui e Aurora erano entrati in argomento ufologia, avevano quasi litigato, visto che nessuno dei due voleva abdicare dalle proprie posizioni.

«Sei uno zuccone, Manfredino!» gli aveva gridato lei.

Sedevano in riva al lago, e lui aveva appena finito di dire che, per quello che lo riguardava, non c’era alcun UFO e la gente vedeva chissà quale cosa normalissima scambiandola per tutt’altro.

«E tu sei troppo fantasiosa!» era riuscito a replicare lui. «Leggi troppi di quei libracci che ti passa la tua vicina di casa!»

«Non credi a niente, nemmeno a ciò che ti trovi davanti agli occhi», aveva proseguito Aurora, con fare altezzoso. «Sono pronta a scommettere che, se adesso mi cavassi maglia e reggiseno e ti sventolassi le tette davanti agli occhi, diresti che non sei affatto sicuro di ciò che stai vedendo.»

A me non dispiacerebbe affatto, se lo facessi, si era scoperto a pensare Alberto. Ma questo mica te lo dico.

In ogni caso, poi lei non lo aveva fatto.

Adesso, però, era tutto diverso.

Perché adesso aveva appena visto un disco nero volare silenzioso e veloce in direzione di Peschiera, e lui stava percorrendo la statale nel tentativo di raggiungerlo e vederlo di nuovo. Ora avrebbero potuto raccontargli qualsiasi cosa, riguardo agli errori di percezione, ma di una cosa poteva dirsi più che certo: quello che gli era passato davanti agli occhi, non era stato un errore di percezione.

Non lo era stato affatto.

 

 
   
 
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