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Autore: Orso Scrive    06/11/2022    1 recensioni
Il tenente Manfredi e il sottotenente Bresciani, del Nucleo Tutela del Patrimonio Culturale, devono occuparsi di una nuova grana: un vandalo dall’improbabile nome di Sukker ha preso di mira i graffiti rupestri della Valle Camonica, in provincia di Brescia, imbrattandoli con bombolette spray.
Riusciranno i nostri eroi a fermare Sukker, prima che i suoi danni divengano irreparabili? Ma, soprattutto, scopriranno il mistero che si cela dietro ai graffiti rupestri, un mistero che sembra parlare di antichissime visite di esseri provenienti da altri pianeti e da altri universi? Alberto e Aurora scorgeranno questa antica verità, o il mistero resterà celato ai loro occhi?
Genere: Fantasy, Mistero, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'A&A - STRANE INDAGINI'
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9.

 

 

Val Camonica, novembre 1988

 

 

«Molto bene, professor Lancellotti: lei ha effettuato una scoperta senza dubbio notevole e degna della massima considerazione. Dubito che qualcuno avesse mai anche solo sospettato della presenza di un graffito rupestre in questa parte della vallata.»

Nel tono di Giustini c’era una nota di scetticismo che non piacque al collega. Ma Peppe Lancellotti era abituato a dover lottare strenuamente, quando si trattava di difendere le teorie di cui si era fatto portavoce. Teorie alternative, che al mondo accademico non andavano a genio: anche per questo motivo, si era visto costretto a scegliere uno pseudonimo con cui firmare i suoi libri sui più svariati argomenti. Lui, per il mondo dell’editoria e per il grande pubblico, era Euprepio Filelozio. I pochi a conoscenza di quel segreto – tra cui lo stesso Giustini – si erano impegnati a non divulgarlo.

Decise di attendere, per scoprire dove sarebbe andato a parare il suo amico.

Giustini non si lasciò attendere.

Per un buon minuto, si spostò avanti e indietro lungo il graffito, osservandolo con attenzione e osservandone tutti i particolari. Più volte i suoi occhi si focalizzarono sulla rosa camuna che spiccava su tutte le altre figure. Scostò i rami più insidiosi, che impedivano una visuale completa. Era davvero interessato.

Ma non era d’accordo con Lancellotti.

«Purtroppo, professore, non mi sento minimamente di poter condividere la sua teoria in proposito delle immagini che abbiamo davanti agli occhi», disse, infine.

Lancellotti sollevò un sopracciglio dietro gli occhiali dalla montatura dorata.

«E lei, eh… avrebbe la cortesia di spiegarmi che cosa non la convince di preciso, dottor Giustini?» domandò, con fare pacato.

Giustini si girò a guardarlo. Represse a stento un sogghigno sarcastico.

«Che cosa non mi convince, professore?» disse.

Si girò ancora verso il graffito.

«Ma tutto! Per cominciare, il periodo in cui secondo lei sarebbe stato realizzato il graffito. Mi dice alla fine dell’ultima glaciazione…»

«E ne sono certissimo!» sbottò Lancellotti, colpito sul vivo. «Osservi gli animali raffigurati in basso a destra e nel centro: renne lanose, orsi delle caverne, cervi giganti! Non possono esserci dubbi!»

Giustini scosse con decisione il capo.

«Troppo stilizzati per capire davvero di che animali si tratti», obiettò. «Per quello che mi riguarda, resta valida la sola datazione riconosciuta in modo ufficiale: quella che attribuisce i graffiti dei Camuni al periodo di passaggio tra la fine dell’Età del Bronzo e l’inizio dell’Età del Ferro.»

Lancellotti puntò i piedi come un mulo.

«Assurdo!» sbottò. «Questa datazioni, poi… a che cosa farebbero riferimento? Si tratta di speculazioni fatte e finite! E lei, caro dottore, ne è consapevole quanto me, eh…»

Il dottor Giustini lo ignorò.

«Ma non è certo la questione della datazione quella a turbarmi di più! Lei, professore, asserisce che su questa parete sia rappresentato un antico incontro tra esseri umani e popolazioni provenienti nientemeno che dallo spazio! Le sembra davvero plausibile, poter presentare in ambito accademico una simile farneticazione?!»

I toni stavano cominciando ad alzarsi. I due uomini, barricati sulle loro posizioni, non si stavano facendo alcuno scrupolo nel turbare la calma misteriosa del bosco con le loro voci fastidiose.

«Non sono farneticazioni, eh…!» sbottò Lancellotti. «E lei ha del tutto frainteso le mie parole.»

Peppe Lancellotti indicò la grande figura incisa appena sotto la rosa camuna.

«Io non ho mai parlato di intere popolazioni provenienti dal cosmo, eh… io ho solo detto che, quell’essere che possiamo vedere, è Vrillon!»

Giustini si sfregò le guance con evidente disagio.

«La prego, professore, non ricominci ancora una volta con questa storiella dell’alieno che trasmette messaggi via radio e televisione e di cui lei e altri sareste i seguaci!» ululò.

«Non è una storiella, eh…!» barrì Lancellotti. «Vrillon del comando galattico di Ashtar è una figura reale e concreta, eh… e noi non ne siamo affatto i seguaci: io e gli altri membri del Gruppo Alpha ne siamo i portavoce, gli ambasciatori! Noi abbiamo preso l’impegno di diffondere la sua novella e, al medesimo tempo, di cercare in giro per il mondo le prove dei suoi precedenti passaggi in mezzo a noi, eh…!»

Il dottor Giustini voltò le spalle al graffito e affrontò con aria minacciosa lo sguardo di Lancellotti. Quest’ultimo restò immobile, sostenendo i suoi occhi.

«Professore, io e lei siamo amici, ma non le permetto di servirsi di me per le sue… perdoni la parola… stronzate!»

A Lancellotti per poco mancò il respirò.

«Stro… non sono… stro… eh…» farfugliò.

«E le dico di più!» soggiunse Giustini. «Sono pronto a battermi a singolar tenzone, pur di dimostrare che ho ragione e che lei ha torto! La prego, dunque, di prepararsi al duello.»

Con un gesto fluido, il professor Lancellotti si sbarazzò di giacca e occhiali, gettandoli sull’erba. Giustini si rimboccò le maniche del maglione.

Come animali intenti a studiarsi, i due accademici presero a camminare in cerchio, senza perdersi di vista. Tenevano i pugni alzati davanti al viso, in guardia. Studiavano il punto migliore per attaccare.

Il gancio di Giustini partì quasi inaspettato. Lancellotti si scostò appena in tempo per evitare di essere colpito sul naso, e il pugno dell’amico gli sfiorò l’orecchio sinistro. Il dottore si sbilanciò e Lancellotti ne approfittò per rifilargli un montante al mento. L’altro incassò con un grugnito e rispose con un gancio da manuale. Peppe fu costretto ad alzare i pugni per parare e difendersi. Il nuovo gancio di Giustini, questa volta, raggiunse il suo scopo: con una potenza demolitrice, incontrò la guancia di Lancellotti e proseguì nella sua corsa fino a scontrarsi con il naso.

Il professore finì al tappeto, tra aghi di pino, pigne, castagne, foglie secche e radici.

«Si arrende, professore?» domandò Giustini, torreggiando su di lui. «O devo forse ricordarle che, da tutti i nostri precedenti incontri di boxe, lei è sempre uscito sconfitto?»

Lancellotti si mise seduto e strofinò via dal dolcevita il terriccio di cui si era riempito.

«Caro dottore, lei è fortunato che io sia sempre stato contrario alla violenza in tutte le sue manifestazioni, comprese quelle agonali, eh…» disse.

«La solita scusa», sogghignò Giustini.

Allungò la mano, afferrò Lancellotti per il braccio e lo aiutò ad alzarsi. I due uomini si ricomposero in fretta. Tornarono a guardare il graffito.

«Allora, non vuole proprio accettare che quello sia Vrillon?» domandò Peppe.

Giustini agitò la testa.

«Nossignore, no. Quello non è… non voglio nemmeno pronunciarlo, quel nome. Si tratta di un sacerdote, o di un principe, tutto qui. A lei, mio caro amico, va comunque l’immenso merito di aver scoperto questo straordinario esempio di arte rupestre delle valli alpine. Un graffito che sarà ricordato per sempre con il suo nome, vedrà.»

Lancellotti guardò con intensità la grande figura dell’essere extraterrestre.

«Ho quasi ultimato il mio nuovo libro», rivelò. «Si intitola Vrillon e gli antichi, eh… Come sempre, gliene manderò una copia omaggio, con autografo e dedica all’uomo più chiuso di mente che io abbia mai conosciuto, eh…»

Giustini annuì con un sorriso.

«La ringrazio per la stima e l’alta considerazione, professore», rispose. «E, come sempre, io sarò più che felice di stroncare il suo nuovo lavoro dalle pagine di ogni pubblicazione scientifica degna di questo nome.»

«Non si immagina nemmeno quanta pubblicità gratuita mi fa, con le sue recensioni negative, eh…», commentò Peppe.

«Ora che ne direbbe di andare a fare visita a quella bella trattoria che abbiamo visto prima?» chiese Giustini. «Non so a lei, ma a me passeggiare nei boschi e praticare il pugilato mette sempre un buon appetito.»

«Approvato.»

Con aria tranquilla, i due uomini si incamminarono di nuovo nel bosco, seguendo a ritroso il sentiero che li aveva condotti fino a lì. Alle loro spalle, un graffito rupestre con tutti i suoi arcani segreti.

 
   
 
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