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Autore: Orso Scrive    06/11/2022    1 recensioni
Il tenente Manfredi e il sottotenente Bresciani, del Nucleo Tutela del Patrimonio Culturale, devono occuparsi di una nuova grana: un vandalo dall’improbabile nome di Sukker ha preso di mira i graffiti rupestri della Valle Camonica, in provincia di Brescia, imbrattandoli con bombolette spray.
Riusciranno i nostri eroi a fermare Sukker, prima che i suoi danni divengano irreparabili? Ma, soprattutto, scopriranno il mistero che si cela dietro ai graffiti rupestri, un mistero che sembra parlare di antichissime visite di esseri provenienti da altri pianeti e da altri universi? Alberto e Aurora scorgeranno questa antica verità, o il mistero resterà celato ai loro occhi?
Genere: Fantasy, Mistero, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'A&A - STRANE INDAGINI'
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10.

 

 

Val Camonica, settembre 2021

 

 

«Suvvia, cerchiamo di essere razionali», sbottò Alberto. «Il fatto che, quando avevano quindici o sedici anni, con tutti i grilli che avevamo per la testa, ci sia sembrato di vedere…»

Aurora sbuffò, celando a stento la propria impazienza.

«Non ci è sembrato di vederla, Manfredino! L’abbiamo vista davvero!» Sorrise, maligna. «Guarda che me lo ricordo come se fosse successo ieri sera: mi hai fatto buttare via una sigaretta praticamente appena cominciata per trascinarmi a vedere quella cosa. Ora non vorrai dirmi che non c’era nulla, vero? Che era stato solo un modo per attirare la mia attenzione o cose del genere, giusto? Lo sai, no, che se qualcuno mi interrompe senza motivo mentre sto fumando divento nervosa, e che se divento nervosa mi faccio dispettosa, e che se mi faccio dispettosa, io…»

«Sì, sì, lo so» tagliò corto Manfredi.

Non aveva nessuna intenzione di scoprire che cosa Aurora sarebbe stata capace di fare, una volta diventata dispettosa.

Rischierei di perdere il sonno per una settimana intera, per via degli incubi, si disse.

Guardò con maggiore attenzione la rosa camuna ritratta sul graffito. Ne aveva già vedute parecchie, nel corso della sua vita, ma quella era una di quelle incise e conservate meglio. E non poteva di certo negare che non avesse una notevole somiglianza con ciò che aveva visto tanti anni prima, in una misteriosa e affascinante sera d’agosto che gli era rimasta per sempre impressa nella memoria.

Ma è davvero una somiglianza? Sono davvero due cose simili, per non dire del tutto analoghe? Oppure si tratta soltanto di una semplice coincidenza?

Non andava matto per le coincidenze. Aveva imparato da tempo che le coincidenze, semplicemente, non esistono. In vita sua aveva visto, sentito e fatto cose tali che, alla fine, si era convinto che, dietro a qualsiasi accadimento, ci fosse un motivo. Forse, qualche volta, poteva essere tutto frutto di casualità. O forse sbagliava, ed era sempre un puro caso, a mandare avanti le cose.

Però, non riusciva davvero a convincersene.

Solo che, accettare che non fosse una coincidenza, significava accettare una verità enorme e sconvolgente.

Passi che io abbia visto un disco volante. Ci può stare, in questo secolo: magari era davvero un UFO, oppure era qualcosa di normalissimo ma che io e Aurora non siamo riusciti a riconoscere, per qualche motivo. Fosse solo questo, mi andrebbe tutto bene.

Solo che non era solo quello.

Perché qui c’è da dover ammettere, allora, che gente di non so quanti millenni fa abbia visto un qualcosa di strano che compiva manovre nel cielo. E a quel tempo non c’erano aerei, palloncini o satelliti con cui fare confusione.

C’era una parola che riassumeva alla perfezione quell’idea.

Cazzo.

Ma l’immagine che stava guardando parlava fin troppo chiaro. E quel graffito che aveva davanti agli occhi, ora, non si limitava a riportarlo indietro nel tempo di migliaia e migliaia di anni, rivivendo gli accadimenti di cui erano stati testimoni gli uomini del lontano passato. Perché esso lo faceva ringiovanire ai suoi diciassette anni, a quell’estate della fine degli anni Duemila che gli era rimasta impressa nella memoria. Questo dannato pezzo di pietra incisa creava un collegamento tra il passato remoto e quello prossimo, e sarebbe stato molto più facile poterlo ignorare e fingere di non avere visto nulla.

Purtroppo, per quanti sforzi facesse per dirsi il contrario, Alberto Manfredi doveva convenire con la sua amica Aurora: loro, insieme, quella cosa l’avevano vista per davvero. Ne erano stati testimoni insieme a tante altre persone, e quell’immagine non se ne sarebbe mai più andata dalla sua mente.

 

 
   
 
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