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Autore: velocecalogiuri    07/11/2022    0 recensioni
[Serie Tv]
[Serie Tv]Era un collega. Solo un collega. Nient’altro che un collega. Un collega che aveva avuto una sventura, una disgrazia, un “errore fatale” —come lo aveva definito Vitali. [Imma x Calogiuri]
Genere: Angst | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Ciao a tutt* Tataranners! Abbiate pietà di me: questa è la prima fanfiction che scrivo dal 2012 circa. E su chi altri potevo tornare a scrivere se non su quei due disgraziati materani? 
Il Capitolo 1 è molto breve, un'introduzione più che altro. Spero che l'idea di base possa piacervi. Ci vediamo a fine capitolo!

 

Il “bip” del macchinario al quale Calogiuri era attaccato per sopravvivere le ricordava spaventosamente quello che sentiva in tv, nei medical drama, poco prima che il paziente entrasse in arresto cardiaco e i medici accorressero attorno a lui col defibrillatore. L’idea la costrinse a stringere ancora più forte la mano di Pietro. Quella mano avrebbe dovuto essere quella del maresciallo, perché quello non era un medical drama e lui la vita la rischiava sul serio.

Aveva pensato a cosa avrebbe fatto se lui non fosse sopravvissuto: era da quando aveva ricevuto la notizia che ci aveva pensato. La dottoressa Tataranni era sempre pronta al peggio: avrebbe sofferto —troppo, in una maniera quasi straziante, quasi insopportabile— e si sarebbe presa del tempo per piangere. Ovviamente —e questo era inutile negarlo— lo avrebbe fatto quando nessuno la guardava: magari in bagno, con l’acqua aperta a coprire ogni rumore, si sarebbe lasciata andare al dolore più disperato che avrebbe mai dovuto affrontare. Avrebbe pianto, forse avrebbe anche gridato, forse avrebbe anche detto al vuoto della stanza tutte le cose che avrebbe sempre dovuto dire al maresciallo, ma che aveva sempre soffocato a fatica.

Avrebbe finto, con Pietro e con gli altri, che la cosa la turbasse quanto l’avrebbe turbata se al posto di Calogiuri ci fosse stato Capozza, o Bartolini, o perfino la Moliterni.

Era un collega. Solo un collega. Nient’altro che un collega. Un collega che aveva avuto una sventura, una disgrazia, un “errore fatale” —come lo aveva definito Vitali. Avrebbe concesso a Diana e al resto della squadra di prendersi del tempo per elaborare la cosa, avrebbe messo loro a disposizione il colloquio con lo psicologo al quale avevano diritto dopo un simile evento. Ma lei… oh, no, lei no. Lei non si sarebbe staccata dal lavoro, come suo solito: avrebbe sostenuto che lei non aveva bisogno di niente di tutto ciò, che lei era perfettamente in grado di superare la dipartita di un collega senza l’aiuto di nessuno strizzacervelli.

E, inoltre, non aveva bisogno di prendersi giorni per “elaborare il lutto”: infatti, anche se ogni parte di quell’ufficio —di quella procura— gli ricordava tremendamente lui, lei era perfettamente in grado di camminare dove avevano camminato insieme, di salire quelle scale dove una volta aveva inciampato ritrovandosi tra le sue braccia, di entrare in quell’ufficio dove lui —loro si erano baciati per la prima volta, per un tempo che avrebbe dovuto essere infinito e lei era sarebbe ancora dovuta essere tra le sue braccia.

Sì. La dottoressa Tataranni era perfettamente in grado di fare tutte quelle cose, a partire dal momento in cui le avrebbero comunicato la notizia. E allora perché stava tremando? Perché la mano che stringeva quella di Pietro era così fredda che le sembrava non le appartenesse più? Perché il suo cuore batteva ad una velocità tale da raddoppiare quel bip del macchinario che somigliava così tanto a quello delle tv?

Più di un anno era passato. Per la precisione —se la memoria non l’ingannava— 463 giorni da quando aveva fatto quei pensieri, e ancora non si capacitava del modo in cui anche solo per un attimo aveva pensato di poter vivere senza di lui.

Ogni giorno, ogni giorno dal momento in cui Calogiuri era stato completamente riabilitato si era goduta ogni momento assieme a lui.

La dottoressa Tataranni non era una persona credente, ma in una cosa credeva: in sé stessa. E quindi fu a sé stessa che giurò, dopo aver sentito quelle parole —“Dottoressa, è fuori pericolo”— che da quel momento in poi avrebbe vissuto ogni momento con Calogiuri come se fosse il regalo più bello che la vita potesse farle. E lo era.

“Posso, dottoressa?” La sua voce a interrompere il flusso dei suoi pensieri fu dolcemente appropriata.

“Calogiuri!” Sorrise come solo lui sapeva farla sorridere.

“Vi ho portato un caffè, so che oggi state qua da stamattina…”

Sorprendentemente, fu Calogiuri a impostare le nuove regole del gioco. Dal primo momento in cui aveva aperto gli occhi in quel letto d’ospedale, subito dopo aver preso atto di ciò che gli era accaduto, aveva deciso che tutto —tutto a partire da quel maledetto bacio sarebbe dovuto sparire.



Ovviamente, non vedo l'ora di sapere cosa ne pensate -qui o su twitter (velocecalogiuri). 
Un bacione.
   
 
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