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Autore: Orso Scrive    08/11/2022    1 recensioni
Il tenente Manfredi e il sottotenente Bresciani, del Nucleo Tutela del Patrimonio Culturale, devono occuparsi di una nuova grana: un vandalo dall’improbabile nome di Sukker ha preso di mira i graffiti rupestri della Valle Camonica, in provincia di Brescia, imbrattandoli con bombolette spray.
Riusciranno i nostri eroi a fermare Sukker, prima che i suoi danni divengano irreparabili? Ma, soprattutto, scopriranno il mistero che si cela dietro ai graffiti rupestri, un mistero che sembra parlare di antichissime visite di esseri provenienti da altri pianeti e da altri universi? Alberto e Aurora scorgeranno questa antica verità, o il mistero resterà celato ai loro occhi?
Genere: Fantasy, Mistero, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'A&A - STRANE INDAGINI'
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14.

 

 

Valli Alpine, alla fine dell’ultima Era Glaciale

 

 

 

Le stagioni si erano susseguite alle stagioni. I soli avevano compiuto il loro ciclo, le lune erano nate, cresciute e morte. Uomini e donne avevano intrapreso e portato a termine il loro cammino sulla terra, ricevendo insegnamenti da chi era giunto prima di loro e trasmettendoli a chi era venuto dopo. Il volto stesso della montagna era mutato, perché i ghiacciai si erano ritirati e le più lunghe giornate di sole avevano portato alla luce picchi e rocce altrimenti sconosciuti.

Era il volgere imperituro delle cose, che soltanto in apparenza sembravano immobili, ma che non smettevano mai di mutare, in continuo movimento.

Sul volto di Gerg si era distesa una fitta ragnatela di rughe. I capelli, divenuti bianchi, gli ricadevano sottili sulle spalle, ancora larghe nonostante l’età. I suoi occhi brillavano ancora di sapienza e di consapevolezza, nonostante le gambe stanche non lo sorreggessero quasi più.

L’ora del riposo era giunta anche per il cacciatore. L’ora di abbassare le palpebre e di affidarsi al grembo materno della terra, da dove si sarebbe ricongiunto ai suoi antenati, ai figli a cui era sopravvissuto, all’amata Ania, il cui spirito gli era rimasto accanto fin dal momento in cui aveva lasciato il suo corpo, tanto tempo prima.

Più volte, Gerg aveva anelato il dolce momento. Aveva sognato in innumerevoli occasioni di poter finalmente lasciare la valle e ritrovare coloro che aveva amato e da cui era stato amato.

Ma aveva rimandato a lungo. Aveva procrastinato, resistendo con tutte le forze all’incedere della vita. Perché il vecchio cacciatore aveva una missione da compiere, un compito da portare a termine, e non avrebbe potuto andarsene senza prima averlo fatto.

Il messaggio del dio.

Gli uomini delle vallate ne erano rimasti affascinati, dapprima. Poi, pian piano, esso era divenuto per loro come un ricordo sfumato, sempre più simile a un sogno le cui ultime briciole svaniscano nell’alba tinta di rosso. Chi aveva visto ne aveva parlato a chi non c’era, ingigantendo e trasformando tutto ciò di cui erano stati testimoni. E, spesso, le parole non erano bastate, e così si era dovuti ricorrere a esempi noti per dare a quell’immagine una forma tangibile e comprensibile.

Ciò che era stata la realtà per i presenti, era divenuto un mito per coloro che erano venuti dopo.

E, adesso, restava soltanto lui, Gerg. Lui solo ancora in vita tra tutti quelli che, in quella lontanissima notte, aveva assistito alla discesa del dio nel mezzo della valle, sulla cima del tumulo. Forse la sua accanita resistenza, forse una benedizione dovuta alla sua vicinanza al dio, avevano permesso che il cacciatore beneficiasse di un’esistenza più lunga di tutti coloro che lo avevano preceduto e succeduto. Anche se questo aveva significato dover subire il dolore di veder partire tutti quelli a cui era stato legato.

Ora, però, era arrivato anche per lui il grande momento. Aveva compiuto il suo dovere.

Con un sospiro, Gerg si appoggiò con la schiena al tronco dell’immane castagno secolare che, per tutti quegli anni, era stato la sentinella silente del suo lungo lavoro. I suoi occhi ancora vivaci seguirono il terreno cosparso di castagne e toccarono per l’ultima volta la pietra. Un sorriso delicato distese le sue labbra.

Sulla parete di roccia, con la minuziosa accuratezza messa a frutto in decenni di pratica costante, Gerg aveva realizzato delle meravigliose incisioni. Con i suoi strumenti, aveva eternato quella notte lontana. Aveva raffigurato il popolo riunito, gli animali nervosi e là, sulla collina, aveva rappresentato il dio intento a comunicare il suo messaggio. Le creature viventi disposte tutto attorno rappresentavano ciò a cui la divinità giunta da lontanissimo aveva detto di rivolgere amore e attenzioni. E là, in alto nel cielo, era rappresentato il carro volante del dio, uguale alla rosa che molti, tra i cacciatori, avevano ormai preso l’abitudine di incidere nelle vallate.

Un pensiero confortante per Gerg, questo: significava che il ricordo, in un modo o nell’altro, si era serbato. La venuta del dio sarebbe stata rammentata per sempre.

Ma limitarsi a incidere il veicolo volante del dio non sarebbe stato sufficiente. Ecco perché Gerg aveva persino rinunciato alla morte, pur di proseguire il suo lavoro. Perché dalle sue incisioni traspariva ciò che il dio aveva detto. E lo avrebbe fatto per sempre.

Un altro sospiro di soddisfazione fece sollevare il busto del vecchio e gli sfuggì dal naso.

Aveva consegnato all’eternità il messaggio. Ora poteva andarsene con la consapevolezza che altri avrebbero letto e compreso. Non si sarebbe più dimenticato. Le funeste profezie che parlavano di gente che averebbe scordato l’amore per il creato e per gli esseri viventi non si sarebbero mai verificate.

Le dita di Gerg si strinsero sul terreno morbido e friabile, profumato. La terra, nera e fertile, gli lambì le mani e gli penetrò sotto le unghie. Un dolce brivido lo scosse tutto quando i delicati profumi del sottobosco gli entrarono nelle narici.

Una figura si palesò di fronte a lui. Una figura leggiadra, una donna bellissima, che emanava una luce delicata, appagante, riposante. La più bella immagine che gli occhi di Gerg avessero mai conosciuto-

«Ania…» sussurrò il vecchio, avvolto da una profondissima sensazione di felicità.

La figura femminile annuì piano.

La sua mano si tese a sfiorare il volto di Gerg con una tiepida carezza d’amore.

Le fronde del castagno furono attraversate da una brezza delicata che, dalla terra, salì verso il cielo.

 
   
 
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