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Autore: Verfall    09/11/2022    4 recensioni
«Io e te, solo per questa notte, saremo fidanzati. È solo questo che vuoi, giusto?»
E lui, che cosa voleva?
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23 marzo 1990: Per Ryo inizia una giornata come tante altre, ma non sa che una certa stilista ha deciso di scombinare la sua routine.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kaori Makimura, Ryo Saeba
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: City Hunter
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 II – La fata madrina
 
Ryo sfrecciava sicuro tra il traffico e, una volta vicino al Yayogi Park, prese dal taschino una sigaretta che accese rapido. Si sentiva leggermente teso e lo infastidiva non capirne il motivo; diede perciò colpa all’abito che indossava. Non che fosse la prima volta che vestiva elegantemente, ma non aveva mai indossato nulla di così buona qualità sartoriale. Si osservò velocemente, lanciando un’occhiata allo specchietto retrovisore: sì, era assolutamente irresistibile e quel pensiero lo riempì di orgogliosa vanità.
 
«Chissà cos’ha in mente Eriko… Di sicuro appena mi vedrà così conciato mi salterà addosso, altro che evitarmi come ha fatto poco fa» si disse ancora tronfio, ma un istante dopo un altro pensiero lo rabbuiò.
Nel caso si fosse verificata davvero quell’ipotesi, avrebbe dovuto allontanare la giovane stilista da lui, farle capire che una storia seria era assolutamente fuori discussione. Ormai aveva acquisito una certa dimestichezza in quel compito e sapeva bene come gestire le brave ragazze desiderose di un compagno e, possibilmente, di un marito. Il suo lato da maniaco e i modi risoluti si erano sempre mostrati la carta vincente, in grado di scoraggiare quegli spiriti romantici che avrebbero voluto cambiarlo – a loro modo salvarlo dal suo destino –, legandolo così al giogo matrimoniale.
Strinse la mano sullo sterzo: eppure i suoi metodi non avevano scoraggiato una donna, che si era dimostrata ancor più caparbia e testarda di lui. Le aveva mostrato tutti i suoi lati peggiori – esasperandoli quando necessario –, aveva conosciuto una parte del suo terribile passato ma nulla era servito; ostinata lei era ancora lì, a condividere le sue giornate con lui, nel bene e nel male. Una parte di lui desiderava ancora allontanarla ma, allo stesso tempo, sperava che lei continuasse a essere più cocciuta di lui nel perseverare nello stargli accanto. Gli riaffiorò alla mente quanto avesse rischiato solo qualche mese prima con il vedovo. Dividere la casa con Uragami e dover sottostare a quello stupido patto con Mayuko era stato troppo per i suoi nervi, eppure lo aveva aiutato a realizzare che, per quanto si impegnasse nella sua manfrina, non voleva Kaori davvero lontana da lui. In un primo momento il suo pensiero egoistico lo aveva spaventato, ma da quando il caso si era concluso felicemente quella nuova consapevolezza non aveva smesso di pungolarlo ogni giorno. Cosa era meglio per lei? Privo di una risposta certa, si ripromise di andare presto a trovare Makimura: le sue visite al cimitero lo aiutavano sempre a mettere un po’ d’ordine nel marasma di pensieri che affollavano quotidianamente la sua testa.
Si ridestò dalle sue riflessioni appena vide stagliarsi all’orizzonte i grattacieli illuminati della zona Nishi-Shinjuku; era quasi arrivato a destinazione e si lasciò sfuggire un sospiro stanco. Conosceva il locale deciso da Eriko, era un posto elegante dove lui non aveva mai messo piede, ben lontano dai night club che lo vedevano a Kabukichō come cliente abituale. Lì di certo nessuno avrebbe potuto riconoscerlo, ma avrebbe cercato di limitare il più possibile un’eventuale passeggiata per i viali di Shinjuku: lì c’era gente che lo conosceva, perciò avrebbe fatto in modo che nessuna soffiata potesse giungere alla sua cara collega. Sicuramente avrebbe sofferto molto sapendolo in compagnia della sua vecchia amica, e perciò avrebbe voluto risparmiarle quell’ulteriore dispiacere.
 
§
 
Mancava poco più di mezz’ora alle otto quando la Mini rossa arrivò nei pressi del Sunrise Hill, l’elegante locale che si trovava lungo la Juniso-Dori Avenue, proprio di fronte al Chuo Park1, e con non poca fatica Ryo riuscì a trovare un posto per parcheggiare. Il viale era già affollato di gente che passeggiava, pregustando i divertimenti che la serata sembrava promettere loro. Uscì dall’abitacolo e dopo aver preso il soprabito – che aveva buttato sul sedile accanto per non avere intralcio alla guida – decise di metterselo in modo più pratico sulle spalle a mo’ di mantello. Fu preso nuovamente da un leggero senso di agitazione immotivata e decise di accendere l’ennesima sigaretta della giornata per trovare un po’ di calma. Mentre fumava mollemente appoggiato alla portiera dell’auto, lo sweeper si prese del tempo per osservare i paraggi e, con un certo sollievo, constatò che non c’era nessun strano movimento a turbare quella mite sera di metà marzo; un pensiero in meno per lui che di preoccupazioni ne aveva fin troppe. Chissà come sarebbe stato vivere senza avere la perenne consapevolezza che c’era qualcuno là fuori pronto a fargli la pelle, svegliarsi ogni mattina con l’unica responsabilità di dover lavorare tranquillo in ufficio, piuttosto che tenersi pronto a garantire in ogni modo la sicurezza della persona a cui teneva di più al mondo. Un uomo normale, con una vita normale e una famiglia normale… Ma il suo lato pratico decise di porre fine a quelle sciocche fantasie, spegnendole assieme alla sigaretta sotto la suola delle sue scarpe.
Con passo deciso attraversò il viale ed entrò all’interno del locale. Una volta aperta la porta, udì il vociare sommesso degli avventori che si mescolava alle morbide note di un piano jazz; un bell’ambiente senza ombra di dubbio, elegante e discreto grazie all’illuminazione soffusa dai toni caldi. Venne subito accolto da un cameriere che, dopo un inchino, gli domandò se avesse prenotato un tavolo al bistrot situato al piano superiore.
 
«No, in realtà sto aspettando una signora. Mi ha dato appuntamento qui» rispose con un sorriso sornione.
 
Il cameriere, leggermente imbarazzato, gli indicò la sala alla sua sinistra «Prego signore, può accomodarsi nel nostro lounge bar»
 
Dopo averlo ringraziato, Ryo fece il suo ingresso in un’ampia sala quadrata: alla sua sinistra si trovavano due bartender dietro un lucido bancone di mogano, mentre alla sua destra vi erano numerosi tavolini per la maggior parte occupati. Ryo si fece strada lentamente e si posizionò nell’angolo più defilato del locale, dove la luce soffusa sfumava in una indistinta penombra. Con un ampio sguardo abbracciò tutto l’ambiente e notò come la quasi totalità della clientela fosse di sesso maschile; si chiese per quale motivo Eriko avesse scelto proprio quel posto come punto d’inizio del loro appuntamento.
“Forse avrà pensato che in un ambiente quasi tutto al maschile non avrei potuto insidiare nessuna ragazza… Beh, potrò sempre rifarmi con lei” pensò con una punta di malizia, pregustando già il momento.
Si accomodò su un divanetto e si mise a tamburellare distrattamente con le dita sul tavolo; avrebbe bevuto volentieri qualcosa, ma il suo lato cavalleresco gli imponeva di aspettare l’arrivo della donna. Stava godendo della buona musica jazz a occhi chiusi quando, dopo alcuni minuti, avvertì un cambio di atmosfera; il mormorio tra gli uomini si era fatto più intenso e non gli ci volle molto per immaginare che fosse arrivata qualcosa che aveva catturato la loro attenzione. Qualcosa di davvero notevole, a giudicare da quei mezzi suoni di apprezzamento.
“Allora è arrivata” si disse, accingendosi ad alzarsi, ma si bloccò di colpo, ancora con le ginocchia piegate, incapace di proseguire il movimento. Risprofondò nel divanetto senza distogliere gli occhi dal bancone del bar.
Lì sedute vi erano due donne di spalle, intente a ordinare un drink: Eriko, che aveva riconosciuto all’istante dal tailleur che indossava anche poco prima e un’altra donna… L’altra donna lo aveva pietrificato per la sorpresa. Gli ci erano voluti pochi attimi per riconoscere quella silhouette armoniosa, elegantemente fasciata in un abito così insolito per lei: la sua postura, il modo in cui interagiva con Eriko, quell’accenno di profilo che conosceva profondamente… Spostò veloce lo sguardo, sentendo il cuore battergli più veloce e si diede dello stupido. Che gli prendeva? Non era da lui reagire così, eppure era stato preso alla sprovvista su tutti i fronti. Riportò gli occhi sulle donne e in quel momento realizzò un dettaglio che gli fece un po’ storcere il naso.
 
“Una parrucca?! Cosa le è saltato in mente? Come se bastasse così poco per non farsi riconoscere…”
 
«Ehi, niente male, davvero un bel bocconcino quella con la gonna!»
 
Ryo, con la coda dell’occhio, individuò l’origine di quella voce; al tavolo alla sua sinistra due uomini in camicia e cravatta si stavano mangiando con gli occhi il soggetto della conversazione.
 
«Già, è un piacere rifarsi gli occhi ogni tanto. Vorrei proprio sapere chi è quella bellezza»
 
«Immagina che dopo serata ci puoi fare con una così eheh» ridacchiarono lascivi i due mentre sorseggiavano i loro whisky.
 
Ryo dovette controllarsi per non dare un pugno nei denti a entrambi, e iniziò a muovere velocemente una gamba sotto il tavolo. Si sentiva terribilmente nervoso.
 
“Quella sciocca… Perché diamine si è conciata così?”
 
Tutti gli uomini nelle sue immediate vicinanze lanciavano sguardi abbastanza eloquenti del loro apprezzamento, e ciò non fece che peggiorare il suo cattivo umore.
 
“Maledetti…E poi cosa c’è di così tanto straordinario da comportarsi così?”
 
Poi, però, un pensiero gli attraverso la mente con la forza di un proiettile.
 
“Un momento… Eriko mi ha fatto vestire elegante e anche Kaori, si vede palesemente che quell’abito l’avrà fatto lei… Vuoi vedere che…”
 
Quasi a conferma dei suoi sospetti vide Eriko alzarsi dallo sgabello, e non fu particolarmente sorpreso nel vederla prendere la direzione della toilette per poi tornare indietro verso il guardaroba, dopo aver lanciato uno sguardo fugace in direzione dell’amica. Anche Ryo si voltò in quella stessa direzione, ma, a giudicare dalla postura, Kaori doveva essere immersa in qualche riflessione; lui sapeva bene che quando piegava il capo in avanti era sempre segno che ci fosse fin troppo movimento in quella sua testolina.
Senza rendersene conto sorrise impercettibilmente, ma quando vide Eriko defilarsi dalla porta del locale iniziò a sudare a freddo. Quella donna aveva fatto in modo di organizzare un appuntamento per loro: ammise di essere sorpreso, era davvero una mossa che non si sarebbe mai aspettato, e in quell’istante tutti i suoi dubbi trovarono una risoluzione. Però, cosa doveva fare adesso? Farsi avanti con nonchalance, salutarla e dirle «Ehi Kaori, che hai fatto? Ti sei messa una parrucca per sembrare una donna?»
“No, so già come andrebbe a finire…” pensò in un sospiro, appoggiando il mento sulla mano “Come mi dovrei comportare?”
Internamente sperò che la sua socia, una volta accortasi della prolungata assenza dell’amica, tornasse a casa, risparmiandogli così la responsabilità di una scelta che, in quel momento, non aveva il cuore di prendere. Perché proprio quest’ultimo stava scalpitando in modo fin troppo ribelle, facendogli capire che un’uscita con quella bellissima ragazza la voleva eccome.
Nel frattempo le attenzioni da parte degli avventori non erano ancora scemate, e Ryo rimpianse di non avere un bazooka con sé per far saltare in aria quel posto.
 
“Ma cosa mi prende? Perché ho dei pensieri del genere? Io… No, io non posso essere…”
 
Geloso. Era quella la parola che faticava perfino a pensare, perché portatrice di una verità dolorosa che lottava strenuamente per negare a se stesso. Eppure non c’era possibilità di sbagliarsi, un sentimento forte, dolcissimo e tremendo albergava in lui da molto tempo, ma restava senza nome nei suoi pensieri. Non aveva bisogno di esprimerlo a parole e, ad ogni modo, non l’avrebbe mai fatto. Semplicemente perché non se lo poteva permettere.
Il lieve cigolio dello sgabello lo distolse dai suoi pensieri ma, invece di vedere Kaori andar via, notò che un bellimbusto l’aveva approcciata. Dall’aria sembrava proprio un tipo snob, capelli lunghi raccolti in un codino basso, modi palesemente affettati e viscidi… Sicuramente Kaori lo avrebbe sistemato per bene – e infatti si era già alzata – ma quale fu la sua sorpresa nel vederla poi così arrendevole, sebbene avesse capito da come aveva irrigidito la schiena che fosse molto infastidita.
“Quell’impiastro non mi piace neanche un po’… Meglio controllare la situazione più da vicino” si disse mentre si alzava dal suo posto e iniziò a camminare vicinissimo al muro per mantenersi defilato.
Il suo sesto senso ebbe ragione come sempre, perciò non si meravigliò nel vedere l’uomo ordinare da bere e far cadere nel bicchiere una pillola; non gli ci volle molta immaginazione per capire le sue intenzioni, ma quel che era peggio Kaori sembrava totalmente tra le nuvole e non si era accorta di niente.
“Come fa a essere così distratta? Per fortuna esce poco” pensò serrando i denti e con ampi passi si avvicinò ai due, appena in tempo per prendere il bicchiere dalla mano di Kaori e versarne il contenuto sulla testa di quel damerino. L’unica nota positiva era che aveva trovato finalmente qualcuno con cui sfogare un po’ del suo malumore represso.
 
«E-Ehi, tu! Che diavolo ti prend…?!» gli abbaiò l’uomo contro, ma Ryo trovò in quel momento la sua voce estremamente fastidiosa, tanto da non dargli tempo di finire la frase.
 
Con forza gli strinse la mandibola con la mano sinistra e lo sollevò da terra fin troppo facilmente.
 
«Dovrei essere io a chiedertelo. Che intendevi fare mettendo del sonnifero dentro al drink?» gli chiese spremendolo ancora più forte; tremava come una foglia e Ryo ne ebbe ancor più disgusto.
 
«Se non vuoi che ti frantumi la mascella, sparisci…» gli intimò con voce bassa e terribilmente seria.
 
Appena terminò di parlare, mollò la presa all’istante facendo cadere pesantemente l’uomo per terra, che se la diede a gambe come se avesse visto un fantasma.
Lo sweeper focalizzò la sua attenzione su quella fuga ingloriosa per prendere del tempo e decidersi sul da farsi; come doveva approcciarsi a Kaori? Ora che ce l’aveva vicina… Sapeva bene cosa gli stesse suggerendo il suo istinto, ma lo volle tenere a bada giusto il tempo per richiamarla; in tutti quegli anni ancora faceva degli errori così elementari.
 
«Insomma…» le disse, guardandola con la sua solita aria da maestro seccato «Oggi nemmeno delle liceali cadrebbero in un trucco così palese! Sei distratta, è per questo che ti succedono certe cose!»
 
La vide arrossire per l’imbarazzo, sapeva quanto non le piacesse essere ripresa con quel tono, ma non volle proseguire con la loro solita routine. Non quella sera.
 
«Che…Che cos…?!» bofonchiò Kaori prossima all’ira, ma Ryo fu più rapido di lei e la interruppe.
 
«O magari sei una signorina di buona famiglia che non sa come va il mondo?» le domandò con tono improvvisamente più gentile.
 
L’espressione basita della sua partner per poco non lo fece ridere, ma ciò lo aiutò a proseguire con il suo tono scanzonato.
 
«Vedo che hai degli splendidi vestiti… Le brave signorine non dovrebbero andare a divertirsi di notte in posti come questo!»
 
“Capito Kaori? Non te ne andare in giro se poi non sei in grado di badare a te stessa”
 
Era quello il messaggio che sottintendeva, ma sicuramente non venne colto dato che il viso della giovane mostrava solo incredulità. Stava giocando col fuoco, lo sapeva bene, però aveva deciso di far finta di non averla riconosciuta. Alla fine aveva assecondato quella parte di lui che desiderava trascorrere un po’ di tempo con lei, e fare lo gnorri era l’unico modo per non esporsi troppo.
 
«Senti, non ti va di stare un po’ con me?» le domandò prima che diventasse collerica «Avevo un appuntamento qui con una persona, ma sembra che mi abbia dato buca…»
 
Ritenne giusto metterla al corrente del piano orchestrato da Eriko alle loro spalle, in modo che anche lei potesse decidere se approfittare o meno di quell’appuntamento organizzato. Attese e vide che, infine, anche Kaori aveva compreso tutto e per sua sorpresa la vide ridacchiare tra sé.
Come doveva interpretare quella risata? La sua mente restava un mistero irrisolto per lui e ne ebbe conferma poco dopo, quando gli rivolse uno sguardo truce capace di farlo raggelare dall’interno. Forse aveva scoperto che non diceva sul serio e si era scocciata delle sue chiacchiere?
 
«E-ehi… Non guardarmi così male! Se non vuoi, non c’è problema…» balbettò in difficoltà, temendo la comparsa di un martello.
 
“Prima ride, poi s’arrabbia…ma che ha?” si chiese. No, decisamente non era molto stabile mentalmente quella sera. Ma ecco che Kaori lo seppe stupire nuovamente e, dopo un altro momento di riflessione lugubre, cambiò totalmente espressione e tutta felice si slanciò verso di lui, prendendogli la mano tra le sue. Quel gesto lo imbarazzò lievemente… Un imbarazzo piacevole.
 
«No!» esclamò «Ti prego, ho bisogno di un uomo forte come te! Devo chiederti un favore!»
 
«Eh…? Un favore?» ripeté a pappagallo, ancora troppo sorpreso da quel turbinio di cambi d’umore.
 
Osservò quel viso che conosceva a menadito e capì che stava macchinando qualcosa. Sorrise indulgente.
 
«Ma certo, tutto quello che vuoi. Però, forse sarebbe meglio uscire da qui» le disse, facendole notare come tutti gli occhi erano puntati su di loro dopo lo spettacolo che avevano dato.
 
«Ehm sì…Credo che tu abbia ragione» emise Kaori arrossendo e abbassando la testa.
 
Sentì il petto stringersi in una morsa calda a quella vista e, gentilmente, la fece passare avanti.
“Io ho gettato la mia esca Kaori, vediamo cosa hai mente” si disse mentre uscivano dal locale.
Sì, decisamente sarebbe stata una serata da ricordare.
 
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1 Da qui inizieranno un po’ di riferimenti su Tokyo. Partendo dai disegni ho cercato di ricreare l’itinerario dell’appuntamento, visto che qua e là Hojo lascia degli indizi. Per il Sunset Hill ho cercato un posto che fosse vicino a un parco e, allo stesso tempo, a Nishi-Shinjuku dato che i grattacieli fanno da sfondo alla primissima parte dell’uscita (e che saranno presenti nel prossimo capitolo). Alla fine mi sono orientata per il Chuo Park, considerando che non ha orari di chiusura come il più famoso Shinjuku Gyoen, e che è proprio accanto ai grattacieli. Sempre per praticità ho situato il locale lungo il viale accanto.
   
 
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