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Autore: Milly_Sunshine    12/11/2022    3 recensioni
Novembre 2002: al termine di una serata con gli amici, Mark ha un appuntamento con la fidanzata Ellen, ma lei rimane ad attenderlo invano, senza ricevere sue notizie. Il giorno dopo, l'amara realtà: è stato brutalmente assassinato, mentre si trovava in un luogo in cui già fu consumato un atroce delitto. Il mistero legato alla sua morte non viene svelato, ma provoca la morte di altre persone. Novembre 2022: a vent'anni di distanza, Ellen e gli amici di Mark si ritrovano di nuovo nel loro paese natale per commemorarne la scomparsa, senza sapere che chi ha già ucciso vent'anni prima è ancora in agguato. Li aspetta un mistero fatto di lettere anonime, identità scambiate e intrighi di varia natura. // Scritta nel 2022/23, ma ispirata a un lavoro adolescenziale.
Genere: Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Triangolo, Violenza
Capitoli:
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[29 ottobre]
La sera precedente sembrava ormai un ricordo lontano, così come la telefonata di Kimberly, quando Patricia entrò nel bar in tarda mattinata. Ray le lanciò una strana occhiata, un po' come a chiederle che cosa ci facesse lì a quell'ora. Forse era arrivata un po' in anticipo, ma almeno avrebbe potuto prendersela comoda.
«Vado a cambiarmi» disse a Ray, che cercava di fermarla.
«Aspetta un attimo» la pregò il collega. «Volevo solo sapere come sta la tua compagna.»
«Roberta sta benissimo, ma finché non fa un tampone negativo non può lasciare la casa di sua madre e venire a Goldtown.»
«Sua madre e sua sorella stanno bene?»
«Anche loro, però anche Jennifer è nelle stesse condizioni. E poi, stando a quanto mi ha detto Roberta, non è detto che Jennifer torni a Goldtown a breve.»
«Sbaglio o ultimamente Jennifer passa sempre meno tempo qui a Goldtown?»
Patricia alzò le spalle, con indifferenza. Non le importava molto di quello che faceva Jennifer, soprattutto alla luce del fatto che non sembrava avere un grande rapporto con Roberta - o quantomeno, non si frequentavano, Patricia non ricordava nemmeno di averle mai viste insieme - e, di conseguenza, non aveva la benché minima influenza sulla sua vita.
«Speriamo torni presto» si limitò ad affermare Ray, per poi specificare subito dopo: «Parlo di Roberta, ovviamente.»
Patricia sorrise.
«Già, speriamo che torni presto.»
Si allontanò, per andare nel privé a cambiarsi, e quando tornò in sala trovò Ray che parlava con una cliente appena entrata. A quanto sembrava, la nuova arrivata aveva ordinato un tè caldo, ma non sembrava fosse una sua priorità che le venisse preparato nell'immediato, da come parlava con foga.
Patricia si avvicinò, cercando di captare qualche frammento del loro discorso, che possibilmente non avesse a che fare con il tè. Non fu necessario, tuttavia, ascoltare di nascosto. Ray, infatti, le fece un cenno e la pregò: «Vieni qua, Pat.»
Patricia si fece più vicina.
«Hai bisogno?»
«Non proprio. La signora è una giornalista, sta facendo una ricerca sui delitti di Goldtown.»
Venivano definiti così, semplicemente "delitti di Goldtown". Non erano mai accaduti altri gravi fatti di cronaca in paese, né prima né dopo.
«E io cosa posso farci?»
«Ho pensato che magari ricordi qualche dettaglio in più, rispetto a me.»
«Oh.»
La giornalista - una donna elegante sui quarant'anni o poco più, slanciata, con i capelli tinti di biondo tagliati a caschetto - mise in chiaro: «Non voglio disturbare nessuno, ovviamente. Anzi, le chiedo scusa se le sembro invadente.»
«Si figuri.»
«Lasci che mi presenti, mi chiamo Janice Petterson e lavoro per...»
A Patricia non importava molto della testata per la quale lavorasse, quindi si affrettò a presentarsi a sua volta: «Io sono Patricia, la titolare del bar. Il mio collega, invece, si chiama Ray.»
Janice Petterson abbozzò un sorriso.
«Scusate ancora. Vivo da qualche mese a Goldtown, quindi attualmente devo occuparmi di...»
Patricia la interruppe: «Sì, abbiamo capito di cosa deve occuparsi, e del resto come sorprendersene? Mi stupisce piuttosto che lo stia facendo proprio adesso. Immagino che il progetto al quale sta lavorando debba vedere la luce in occasione del ventennale, ormai dovrebbe essere troppo tardi.»
La giornalista la ignorò.
«Sto scambiando qualche parola con persone che abitavano qui ai tempi dei fatti e ho pensato che anche voi poteste essermi utili. O quantomeno, il suo collega Ray sembrava ben disposto a parlarne.»
Patricia puntualizzò: «Per me non c'è problema. Non ci sono divieti al discutere di omicidi nel mio bar. Quello che non capisco è che cosa c'entri io.»
«Te l'ho detto» ribadì Ray. «Magari ricordi qualcosa che a me è sfuggito.»
Patricia si irrigidì.
«Non penso.»
«Puoi sempre limitarti ad ascoltare» ribatté Ray. «Se dico qualcosa di inesatto, magari te ne accorgi.»
Janice Petterson sembrava ben poco interessata alle loro chiacchiere.
«Sembra che tutti concordino, ormai, che l'inizio di tutto fu l'omicidio di Linda Miller, delitto che passò un po' in sordina.»
«Non penso sia corretto dire che l'omicidio di quella ragazzina passò in sordina» obiettò Ray. «Diciamo piuttosto che fu un caso isolato, almeno quello. Nessuno credeva che sarebbero morte altre persone. Semplicemente la gente non aspettava altro che saltasse fuori un colpevole, possibilmente che venisse fuori da Goldtown.»
«C'erano sospettati?»
«No.»
«Mi sembra di avere sentito accennare a un fidanzato...»
«Il fidanzato di Linda Miller era un ragazzino come lei» tagliò corto Ray. «Era una storia tra ragazzini, niente di che. Mentre Linda veniva assassinata, il suo cosiddetto fidanzato se ne stava a casa a guardare la TV, davanti alla madre e a due amiche di quest'ultima. Non trova malsano il volere per forza scaricare sempre le responsabilità sui partner delle vittime?»
Janice Petterson gli ricordò: «In molti casi l'assassino è il fidanzato o la fidanzata, o il coniuge.»
«E in molti altri casi non lo è. Nessuno ha mai avuto sospetti nei confronti del ragazzo di Linda, che peraltro non la vedeva da almeno un paio di giorni né l'aveva sentita. In più, dubito che avesse ragioni per ucciderla. Erano ragazzini, non certo depravati.»
«Li conosceva?»
«No. In seguito ho conosciuto l'ex ragazzo di Linda, ma non abbiamo molta confidenza.»
Janice Petterson annuì.
«Capisco. Dopo, invece, cosa successe? Voglio dire, nei mesi immediatamente successivi alla morte di Linda.»
«La gente si mise il cuore in pace, in un certo senso» intervenne Patricia. «Era stato un evento tragico e scioccante, ma pur sempre un episodio isolato. Ai tempi, quando accadeva qualcosa di grave a dei ragazzini, si dava la colpa alle chat. Linda avrà chattato con qualcuno, si diceva, che le avrà dato appuntamento spacciandosi per un suo coetaneo e l'avrà uccisa. Non c'era nulla che confermasse questa teoria, ma era quella che andava per la maggiore.»
Janice proseguì: «Poi, qualche mese dopo, morì Mark Forrester.»
«Già» confermò Ray. «Fu ucciso una notte di novembre, dopo avere incontrato dei suoi amici - uno dei quali era l'ex ragazzo di Linda - che al momento del delitto se n'erano già andati tutti a casa da un pezzo. Nessuno aveva idea di dove fosse. Doveva incontrarsi con una presunta fidanzata, la quale però pare non averlo mai incontrato.»
Janice Petterson continuava ad annuire. Patricia ebbe l'impressione che fosse arrivata alla parte della storia che preferiva, o forse quella sulla quale era maggiormente informata.
La informò, quindi: «La fidanzata di Mark lo stava aspettando qui al bar. La accompagnai personalmente a casa quando Mark non si presentò all'appuntamento. E, prima che me lo chieda, no, Mark non era ancora morto, al momento. Dove sia stato e chi abbia visto rimane un mistero.»
«So che i sospetti si concentrarono su un ragazzo che aveva all'incirca la sua età.»
«È esatto» disse Ray. «Si chiamava Will Mason. Pare che avesse litigato piuttosto pesantemente con Mark il pomeriggio prima del delitto. Le indagini si focalizzarono su di lui, ma senza trovare niente.»
«Si sa cosa fosse successo esattamente tra Forrester e Mason?»
«Facendo manovra per entrare in un parcheggio, Forrester aveva urtato la macchina di Mason, che si era messo a inveire contro di lui. Mark aveva reagito male. Nulla che giustificasse un omicidio, ovviamente. Mason aveva avuto la sfortuna di ritrovarsi nel posto sbagliato al momento sbagliato... e gli fu fatale.»
«Fu ucciso lui stesso, pochi giorni dopo.»
Ray precisò: «Con le stesse modalità.»
Patricia aggiunse: «Pare che, per cercare di allontanare i sospetti da sé, stesse cercando di scoprire cosa fosse accaduto davvero, facendo anche domande troppo invadenti in giro. È molto probabile che l'assassino, sentendosi in pericolo, abbia pensato di fare piazza pulita.»
«Qualcuno ipotizzò» continuò Ray, «Che ci fosse anche un'altra possibilità, ovvero che Forrester e Mason fossero entrambi invischiati in qualche affare poco chiaro - e che di conseguenza il vero motivo del loro litigio non sia stato l'incidente nel parcheggio - e che qualcuno con cui entrambi avevano avuto a che fare avesse deciso di eliminare tutti e due, ma rimase solo un'ipotesi. È pure vero che quei due si conoscevano - erano stati compagni di scuola qualche anno prima - ma Mark non abitava più a Goldtown e non sembra avesse avuto contatti con persone del posto, eccetto i familiari e gli amici più stretti, negli ultimi tempi prima del suo ritorno. Quello che era certo, comunque, era che Mason non poteva essere il colpevole e che, di conseguenza, il vero assassino era ancora in giro.»
«Quindi, se non ho capito male, in un primo momento l'omicidio di Will Mason venne ritenuto collegato a quello di Mark Forrester, ma non si ipotizzarono legami con il delitto della Miller.»
«Proprio così. Sembravano due faccende totalmente slegate.»
«Quando si iniziò a pensare che, invece, tutti e tre i delitti fossero opera della stessa persona?»
«Indicativamente, quando non furono trovati collegamenti tra Forrester e Mason e venne ipotizzato, di conseguenza, che Mason fosse stato ucciso proprio perché stava cercando di scoprire chi avesse ucciso Forrester.»
«Dunque, Will Mason non sarebbe stato probabilmente ucciso se non fosse mai stato visto litigare con Mark e, dopo che quest'ultimo era stato ucciso, non si fosse messo a fare ricerche per allontanare da sé i sospetti che gli erano caduti addosso.»
«Sembra sia andata così.»
«E Forrester e la Miller? Che legame c'era tra di loro?»
Ray si girò a guardare Patricia, un po' come se stavolta cercasse la risposta da lei.
Non c'erano risposte.
Patricia riferì: «Si iniziò a sospettare che i casi di Linda e Mark avessero a che fare l'uno con l'altro quando avvenne un altro delitto. Era una ragazza poco più grande di Linda, che pare conoscesse sia Linda sia Mark. Stesse modalità dell'uccisione di Mark e di Will, ma stavolta non di notte. Era tardo pomeriggio, stava scendendo la sera.»
«La nuova vittima, secondo quanto riportato dai giornali dell'epoca» affermò Janice Petterson, «Era stata vista in un luogo isolato litigare con quella che fu descritta come "una donna minuta che portava un cappuccio sulla testa da cui uscivano alcune ciocche di capelli, forse neri".»
«Descrizione che fu messa in dubbio più di una volta nel corso delle indagini.»
«Si ipotizzò che la testimone che le aveva viste litigare mentisse?»
«No, semplicemente quella testimone, mentre stava leggendo un libro, udì delle urla provenire dall'esterno e si affacciò alla finestra. Descrisse ciò che aveva visto e sentito: due donne che si insultavano e una delle due, descritta come minuta e incappucciata, che buttava a terra l'altra con uno spintone, per poi andarsene. Tuttavia non c'era più molta luce e la testimone, per sua stessa ammissione, aveva messo giù il libro e si era affaccita alla finestra, così com'era: con indosso i suoi occhiali da presbite, che le servivano per leggere, ma che le offuscavano la vista se portati per guardare da lontano.»
La giornalista azzardò: «Non le venne in mente, quindi, di togliersi gli occhiali e di guardare meglio?»
Ray rispose, con fermezza: «No. Per quanto la riguardava, la scena a cui aveva appena assistito era qualcosa di insignificante. Rientrò in casa e tornò a leggere. D'altronde quella ragazza non fu uccisa lì e non fu mai appurato che la presunta "donna incappucciata" fosse coinvolta nella sua morte. Anzi, la coltellata con cui fu uccisa la quarta vittima difficilmente avrebbe potuto essere sferrata da una persona descritta come minuta.»
«Questa donna minuta, tuttavia, non saltò mai fuori» aggiunse Patricia. «Anche se, dopotutto, non significa molto. Se davvero nessuno l'aveva vista litigare con la vittima, o quantomeno nessuno che potesse riconoscerla, avrà pensato che fosse molto meglio, per lei, rimanere nascosta. Avrebbe rischiato di essere sospettata, se non di essere l'autrice materiale del delitto, di esserne complice.»
«Oppure» azzardò Janice Petterson, «Anche qualcosa di peggio. Meglio starne fuori. Specie alla luce del fatto che, visto che l'ultima vittima aveva appena diciassette anni, è molto probabile che anche la presunta donna incappucciata fosse una ragazzina. È plausibile che fosse terrorizzata. Non ci sono mai stati sospetti sulla sua identità?»
«No» rispose Patricia. «Non c'erano motivi per cui la ragazza che fu ammazzata dovesse trovarsi prima davanti alla casa della signora presbite e poi sul luogo del delitto, quindi, con tutta probabilità, nessuno pensava minimamente che anche l'altra ragazza potesse essere da quelle parti. Dopotutto, ci pensi, è molto semplice. Non le è mai capitato, da adolescente, di uscire approfittando del fatto che i suoi genitori fossero al lavoro, facendo poi credere loro di essere rimasta tutto il pomeriggio a casa a studiare?»
«Questo cosa starebbe a significare?»
«Sta a significare che nessuno si aspetta che una ragazzina se ne vada in giro al buio nelle campagne che costeggiano Goldtown mentre con tutta probabilità c'è un pluriomicida che se ne va in giro così come se niente fosse. Di sicuro la tizia con il cappuccio non disse a nessuno dov'era stata e a nessuno venne mai in mente di chiederle se fosse lei la persona che se ne stava in aperta campagna a litigare con Cindy Spencer, aggredendola davanti a casa della signora presbite. È molto probabile che, se qualcuno le ha mai chiesto come avesse passato quel pomeriggio, abbia risposto di essere stata a casa a studiare, o a guardare la TV, o a leggere.»
«Già.» Janice Petterson guardò l'orologio. «Scusate, si sta facendo tardi. Vi lascio al vostro lavoro.»
Ray azzardò: «E il suo tè?»
Janice fece una mezza risata.
«Ha ragione, mi sono completamente scordata del tè. Adesso, però, si sta davvero facendo tardi. Devo andare, ma tornerò con piacere nei prossimi giorni.»
Ray le sorrise.
«Mi raccomando, la aspetto.»
Janice Petterson annuì.
«A domani, Ray.»
«A domani, signora.»
Patricia la guardò allontanarsi e attese che fosse andata fuori, prima di chiedere a Ray: «Cosa ne pensi di questa tizia?»
«Non penso niente» rispose Ray, impassibile. «Peccato che non abbia consumato niente e che, di fatto, non sia diventata una nostra effettiva cliente.»
Patricia non pensava affatto alla mancanza di consumazione, in quel momento.
«Non ti sembra strano?»
«No.»
«Si è messa a fare domande su...»
Ray non la lasciò finire: «Si è messa a fare domande scomode, è vero, ma si tratta del suo lavoro, o almeno così ci ha detto. Personalmente non mi metterei problemi perché una giornalista è venuta a farci delle domande a proposito di gente ammazzata vent'anni fa. Mi metterei molti più problemi se venisse ucciso qualcuno anche al giorno d'oggi.»
   
 
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