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Autore: Stillathogwarts    14/11/2022    4 recensioni
Hogwarts, ultimo anno di scuola dopo la guerra.
Due diari gemelli, due anime spezzate dalla guerra che trovano conforto l'uno nell'altra, nella garanzia dell'anonimato.
Hermione Granger torna al castello per completare gli studi e come lei, molti studenti che non hanno potuto sostenere i M.A.G.O. durante il regime dei Mangiamorte fanno altrettanto.
Per ordine del Wizengamot, Draco Malfoy e altri Serpeverde sono obbligati a ripetere il settimo anno come condizione per essere reintegrati in società.
I docenti elaborano un programma per incentivare la cooperazione tra Case, dando il via alla formazione di nuove amicizie e nuovi legami che sfidano i dissapori passati e gettano le basi per un futuro migliore, nei confronti del quale il mondo magico nutre profonde speranze.
Il tutto mentre una nuova minaccia incombe sul castello e mina l'equilibrio appena ristabilito dopo gli eventi orribili della guerra e i buoni propositi degli studenti.
| DRAMIONE (slow burn) | Personaggi leggermente OOC
Genere: Angst, Dark, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Blaise Zabini, Draco Malfoy, Ginny Weasley, Harry Potter, Hermione Granger | Coppie: Draco/Hermione
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Più contesti
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CAPITOLO 27
Sussurri







 
 


Draco
 
Figliolo,
alla luce delle recenti e turbanti notizie che abbiamo appreso da fonti sicure e dalla Gazzetta del Profeta, ci siamo sentiti in obbligo di scriverti questa lettera.
Siamo estremamente delusi dalla tua condotta.
Farneticare sull’abbandonare la linea purosanguista e sollazzarsi con una Nata Babbana sono due cose molto diverse.
Non accetteremo questa tua follia e non abbiamo intenzione di tollerarla ulteriormente, si è spinta fin troppo oltre ogni limite della decenza.
Qualsiasi cosa tu stia facendo, qualsiasi siano le tue intenzioni, ti sollecitiamo a mettere un punto a questa torbida storia.
Hai dei doveri nei confronti della famiglia, doveri ben precisi e che ti sono stati spiegati a lungo e a fondo sin dalla tua nascita.
Dovresti concentrarti su quanto ti abbiamo chiesto di fare e riavvicinarti alla giovane Parkinson o sceglierti una strega che incontri i prerequisiti necessari per divenire un giorno la tua consorte. Apprezza il fatto che ti permettiamo di sceglierla da te.
Se Zabini e le Greengrass si sentono liberi di frequentare certa gentaglia, non vuol dire che tu lo sia.
Ricordati che a prescindere da quello che credi di pensare in questo momento di vulnerabilità e dalle frottole che quella Magi-psicologa ti racconta, sei un Malfoy e come tale devi comportarti.
Non vogliamo più vedere il tuo nome accostato a quello di Hermione Granger e non stiamo scherzando, Draco.
Non farci pentire di non averti rinchiuso in camera tua e impedito di farti tornare in quella scuola indegna del suo nome.
Smettila di gettare ombra sul nome dei Malfoy e di mettermi in imbarazzo davanti agli occhi dell’intera società Purosangue.
Lucius
 
Draco fece ruotare gli occhi e gettò la lettera nel fuoco davanti a sé, lo sguardo fisso sulle fiamme che divoravano implacabili la pergamena.
Le mani di Hermione scivolarono sul suo petto dalle sue spalle e quando la ragazza parlò, il suo respiro caldo gli colpì il collo, mandandogli un brivido di piacere in tutto il corpo.
«Tutto bene?»
Il biondino annuì distrattamente, già dimentico di quello che aveva appena letto e completamente inebriato dalla sua presenza; le afferrò un braccio e la guidò davanti a sé, portandosela in grembo.
«Era da parte dei tuoi genitori?»
Lui non rispose, preferendo concentrarsi sulla porzione di pelle lasciata scoperta dalla magliettina che la Grifondoro indossava quella sera.
Non era mai stato un amante degli abiti babbani, a parte quelli eleganti, ma doveva ammettere che quando aderivano al corpo della Granger in quel modo e le lasciavano scoperte generose porzioni di pelle, non riusciva a trovare nulla da obiettare. Specie se era l’unico a poterla vedere.
«Draco…»
«Non voglio parlarne, Hermione.»
Il tono della sua voce era categorico, eppure lei sospirò ugualmente.
«Non approvano, non è vero?», gli domandò posando le mani sul suo petto e allontanandolo leggermente da sé. «Ti hanno detto di mettere fine alla nostra relazione.»
«Non ho alcuna intenzione di farlo», disse solamente lui, provando ad azzerare di nuovo le distanze tra di loro, ma Hermione glielo impedì.
Deglutì forte e abbassò lo sguardo. «Non voglio… renderti le cose più difficili di quanto non lo siano già.»
Un suono gutturale molto simile ad una risata sarcastica lasciò la gola del biondino. «Sei l’unica cosa che rende la mia vita sopportabile al momento, Granger.»
Le labbra di lei si incurvarono leggermente, ma quel flebile sorriso era intriso di tristezza.
«Ascolta», le disse prendendole il volto tra le mani. «Non mi importa se i miei genitori non hanno voluto imparare niente dalla guerra, se non ci accetteranno mai. Non gli permetterò mai di separarci.»
«Non fare promesse che non sei sicuro di poter mantenere, Draco» sussurrò lei di rimando, abbassando di nuovo lo sguardo sulle sue mani.
Draco emise un gemito e sospirò rumorosamente. «Perché ti rifiuti così ostinatamente di credere che io possa voler lottare per noi?»
«Perché non posso permettermi di illudermi» rispose prontamente la ragazza. «Non chiedermi questo.»
Il biondino si passò una mano sul viso. «Granger, lo so che stiamo insieme da poco. Ma io ho avuto mesi per riflettere su quello che voglio. E se proprio non vuoi credermi sulla parola, allora ti chiedo di non trarre le tue conclusioni affrettate e di concedermi il tempo di dimostrarti che dico la verità.»
Hermione gli rivolse un sorriso dolce. «È quello che sto facendo, Draco.»
Ma la tristezza velata non abbandonò comunque i suoi occhi color cioccolato.
§
Quando gli studenti che erano tornati a casa per le vacanze rientrarono al castello e le lezioni ripresero, Draco non ne era stato molto entusiasta.
Molti di loro erano stati informati via gufo dell’accaduto a Justin Finch-Fletchley durante il ballo, infervorando gli animi al punto che alcuni primini e alunni del secondo anno non avevano più fatto ritorno e altri avevano trovato estremamente sospetta l’assenza del biondino in Sala Grande al momento del fatto.
Si era diffusa largamente anche la voce della sua relazione con la Granger, ma i più sembravano dare credito alle parole della Skeeter e considerarla una qualche sorta di manovra da parte sua per convincere il mondo magico di aver cambiato le sue vedute o per coprire la sua colpevolezza in merito ai recenti attacchi ai Nati Babbani, o comunque per allontanare i sospetti al riguardo.
Come potessero ancora credere alle parole che uscivano dalla penna di quell’arpia, non era ben chiaro a Draco e ai suoi nuovi, - in cuor suo lo sperava, ma non lo avrebbe mai ammesso ad alta voce -, amici, ma Zacharias Smith rientrava in questa categoria di persone e sembrava aver fatto del tormentare e provocare il biondino l’obiettivo primario della sua carriera scolastica. Era stato più volte tentato di fargli presente che quella non era una materia di studio e che avrebbe fatto meglio a spendere le sue energie sugli argomenti dei corsi che avrebbero potuto portarlo ad ottenere qualche M.A.G.O., ma la Granger gli aveva espressamente chiesto di non dargli corda.
Restava il fatto che Smith, ogni volta che lo incrociava per i corridoi, si lasciava andare a qualche battuta o insulto tagliente o a qualche accusa velata, che il Serpeverde si era sempre fatto scivolare addosso prontamente, stringendo i pugni e tirando dritto, cercando di ignorare quelle parole, occludendo o al massimo scoccandogli occhiatacce infuocate… Finché non aveva tirato in mezzo lei.
«…probabilmente le ha somministrato un filtro d’amore. Assurdo che nessuno muova un dito per salvarla da quello schifoso Mangiamorte.»
Si arrestò sul posto e né Potter, né Weasley, né Blaise furono abbastanza repentini da afferrarlo e impedirgli di agguantare il colletto della camicia di Smith per poi inchiodarlo contro la parete.
«Che cosa hai detto?» sibilò a denti stretti.
«La verità», ribatté sfrontatamente il Corvonero. «Che sei un lurido Mangiamorte.»
«No, non quello», disse Draco freddamente, una minaccia nel tono per niente velata. «La prima parte.»
Zacharias gli rivolse un sorrisetto beffardo. «Che ti stai approfittando della Granger.»
Il pugno del Serpeverde si scontrò violentemente con il suo volto, trasformando le risate del ragazzo in gemiti di dolore.
«Sai, per essere un Corvonero, Smith, sei maledettamente infame
«Sempre meglio dell'essere uno stolto, come quegli idioti che credono che tu sia cambiato veramente.»
«Dai, Draco, vieni via…» la voce di Daphne arrivò come ovattata alle sue orecchie, come se fosse l’eco di un sogno lontano.
«Non me ne può fregare di meno di quello credi tu, Smith. Buffo che ti reputi migliore di me, quando la verità è che non sei poi così diverso dalla persona che sono stato in passato.»
Fu il turno di Draco di venire colpito; il sangue iniziò a sgorgare dal suo naso subito dopo l’impatto e solo la presa di Potter e Blaise sulle sue braccia gli impedirono di scagliarsi contro il Tassorosso e sferrargli un altro pugno.
«Non osare, Malfoy! Io ero dalla parte giusta della guerra! Ero nell’Esercito di Silente!»
Una risata gelida lasciò le labbra di Draco. «Ah sì? Sbaglio o eri tu quello che spingeva via i primini durante l’evacuazione del castello, cercando di raggiungere al più presto possibile l’uscita?»
Zacharias si divincolò dalla presa dei due compagni di Tassorosso che cercavano di trattenerlo dal fiondarsi nuovamente addosso al Serpeverde.
«Perché, tu cosa sei rimasto a fare?» sputò velenoso il ragazzo. «Te ne sei stato in un angolo a piangere tra le braccia di mammina per tutto il tempo.»
Draco ringhiò. «Sono rimasto perché credevo nel fottuto Harry Potter, come tutti!»
La mano di Blaise si chiuse sulla sua spalla, ma il gesto non riuscì a calmarlo.
«Perché se avesse vinto Voldemort, tanto valeva farsi piantare un Avada Kedavra in faccia, piuttosto che vivere in quel modo!»
Il biondino continuava a gridare e tutti i presenti erano ammutoliti di colpo a quella serie di ammissioni crude, da parte sua, per di più; poi la sua voce tornò pacata, in una improvvisa presa di consapevolezza dell’enorme quantità di studenti sulla scena che stavano ascoltando le sue parole indescrivibilmente personali in quel momento, e Draco parve riuscire a ristabilire una parvenza di controllo su sé stesso. «È davvero così terribile che volessi vivere
Un vociare indistinto si levò tra il gruppo di testimoni a quelle parole, in reazione alla voce spezzata con cui avevano lasciato le sue labbra.
«Dai Malfoy, lascia perdere», il Prescelto gli sussurrò nell’orecchio.
Aveva sentito i suoi nuovi amici incitarlo a ignorare Smith per tutto il tempo, invitarlo ad andarsene, anche se non aveva capito una parola di quello che gli avevano detto.
Blaise lo strattonò per la manica del mantello e supportato da Weasley lo iniziarono a trascinare via. Poi però Zacharias parlò di nuovo e lui ignorò le sue parole per qualche istante, finché non toccò un altro tasto dolente e si arrestò sul posto, incapace di obbligarsi una seconda volta a lasciare perdere.
«Te ne vai in giro come se niente fosse, come se non fossi un lurido Mangiamorte e meritassi una seconda possibilità! E nel frattempo i Nati Babbani stanno venendo di nuovo presi di mira e non c’è nessuno che si renda conto di avere il responsabile sotto il naso!»
Draco si voltò a guardare Smith con gli occhi ridotti a due fessure.
«Non sono stato io» asserì con voce strascicata. «Non ho più nulla contro i Nati Babbani. Non credo più a quelle stronzate, non so quante volte lo devo ripetere!»
Il Tassorosso gli rivolse una risata sardonica. «La mela non cade mai troppo lontano dall’albero, Malfoy. La gente come te con cambia. Non merita il perdono. Nessuno smette di essere un Mangiamorte» sibilò con una smorfia di odio dipinta sul viso. «Per quanto tu possa sforzarti, resterai sempre il codardo che non ha avuto le palle di cambiare fronte, di combattere per la scuola. Resterai sempre e solo uno schifoso Mangiamorte, perché sei esattamente come quella feccia di tuo padre
Draco si liberò della presa dei suoi amici con uno strattone e corse verso Zacharias, colpendolo di nuovo. I nasi rotti probabilmente erano due, a quel punto.
«Che cosa sta succedendo qui?»
La voce della McGranitt mise fine al trambusto e a quella rissa degenerata, bloccando i contendenti contro il muro con un Incantesimo ben assestato.
«Oh, buon Merlino! Voi due», asserì indicandoli, guardando con disapprovazione il sangue sui loro volti, «in infermeria. Punizione per un mese, entrambi. Questo genere di atteggiamenti non verrà tollerato minimamente sotto la mia Presidenza.»
Ma prima che potesse anche solo accingersi a fare quello che gli era stato imposto, fermò Draco con una mano. «Non tirare troppo la corda, signor Malfoy. Non posso proteggerti da tutto», lo avvertì a voce bassissima, in modo che potesse sentirla solo lui.
Il biondino arricciò il naso il un gesto spontaneo che gli fece vedere le stelle, dal momento che era probabilmente rotto.
«Sì, signora.»
§
Si rinchiuse nella sua stanza subito dopo essere tornato dall’infermeria, saltando la cena.
Era grato che la Granger dovesse aiutare Paciock quel pomeriggio e non fosse con loro per assistere a quello spettacolo penoso.
«Sei esattamente come quella feccia di tuo padre.»
Quelle parole rimbombavano ancora nella sua testa, facendogli ribollire il sangue nelle vene. Sapeva perfettamente che non avrebbe mai dovuto cedere alle provocazioni di quell’idiota, la McGranitt aveva ragione, non poteva permettersi di essere coinvolto in stupidaggini come risse o duelli di corridoio, ma quando aveva insinuato che si stesse approfittando di Hermione, che la stesse manipolando in qualche modo, non ci aveva visto più dalla rabbia, non era riuscito a trattenersi.
Potevano dire tutto di lui, glielo avrebbe persino lasciato fare, ma non quello.
Era ancora così nervoso da non sentire il rumore della porta della sua camera che si apriva e si richiudeva con uno scatto.
«Draco.»
Sussultò nel sentire il suo nome venire pronunciato all’improvviso e si voltò appena a guardare, sapendo benissimo chi avesse parlato prima ancora di vederla lì, in piedi a pochi passi dal suo letto, chiaramente incerta su come comportarsi; aveva poggiato un vassoio con del cibo sul comodino e lo guardava con aria apprensiva.
Draco sbuffò e si rigirò dall’altra parte. «Vattene, Granger.»
«No.»
«Non ho bisogno della tua ramanzina sul perché non dovevo reagire in quel modo», disse con voce fredda e strascicata. «Ci ha già pensato la McGranitt a ricordarmi della mia… situazione
«Non sono qui per questo», rispose lei sommessamente. «Non ho neanche capito bene cos’è successo, in realtà. Sono corsa in infermeria non appena mi hanno detto che eri lì, ma quando sono arrivata eri già andato via e sono venuta subito qui. Volevo solo accertarmi che stessi bene e portarti qualcosa da mangiare.»
Draco non le rispose e dopo qualche secondo la sentì sospirare; avvertì il letto abbassarsi leggermente sotto il suo peso e capì che si era seduta sul materasso.
«Draco…»
«Non voglio parlarne e non ho fame» affermò in tono definitivo, ma poi addolcì la voce. «Puoi… restare qui e basta?»
Merlino, odiava sembrare così vulnerabile, debole persino… ma quella era la Granger, non doveva veramente preoccuparsene, con lei. Solo con lei.
Hermione lo cinse con le braccia dolcemente, facendo aderire il petto alle spalle di lui e infilando le mani tra i suoi capelli, senza dire niente.
Cullato dalle sue carezze, Draco dopo un po’ si calmò.
«Ha detto che sono come lui», mormorò con tono distante. «Ha detto che sono come mio padre. Ma io non sono un mostro. O almeno, è quello che mi hai detto nel diario.»
La presa di Hermione su di lui aumentò leggermente e il biondino si voltò finalmente a guardarla. «Mi hai mentito, Granger?»
La ragazza scosse il capo lentamente. «No, non ho mentito. Non sei un mostro, Draco.»
Lui chiuse gli occhi nel leggere la sincerità nel suo sguardo e sospirò di sollievo; fece scivolare le braccia attorno alla sua schiena e l’avvicinò di più a sé, per poi rannicchiarsi contro il suo corpo e stringerla forte, abbandonandosi al suo tocco rassicurante.
Non era così brutto aver bisogno di qualcuno, quando si sapeva di poter contare su quel qualcuno.
«Allora, cosa sono?» domandò Draco in un sussurro quasi inudibile.
Hermione si inumidì le labbra.
«Sei solo un ragazzo che ha fatto delle scelte sbagliate» rispose dopo una pausa impercettibile. «E non c’è niente di più umano di questo.»
 
***
Hermione
 
«Quell’idiota!» esclamò Hermione con rabbia. «Dirgli una cosa del genere è stato un colpo troppo basso persino per un cretino come Zacharias Smith!»
«Aspetta», la interruppe Harry, corrugando la fronte. «È questo che ti ha detto?»
«Che cosa intendi dire?»
«Che lo ha aggredito perché gli ha detto che è come suo padre? Perché non è partita da lì, non è stato quello a fargli perdere il controllo» rispose Ron, prendendo del budino, come se stessero discutendo del tempo o dell’ultima canzone di Celestina Warbeck.
La ragazza spostò lo sguardo dall’uno all’altro, perplessa. «Non ha voluto raccontarmi i dettagli. Non so se lo avete notato, ma Draco non è esattamente uno che parla molto.»
L’espressione sui loro visi a quella constatazione sarcastica era tutto un programma: erano palesemente indecisi tra il convenire e l’approfittarne per fare qualche battuta sconcia; Hermione decise di scongiurare quest’ultima eventualità.
«Insomma, con me si apre un po’ più rispetto a quanto non faccia con gli altri, ma… è pur sempre Draco.»
«Hermione, è impazzito perché Zacharias ha insinuato che si sta approfittando di te o che comunque ti sta manipolando» le disse Ron. «Una frazione di secondo Malfoy era in mezzo a noi, rigido, ma tranquillo, quella dopo Smith era a terra con la mano sulla guancia gonfia.»
«E credimi quando ti dico che Zacharias lo ha provocato per tutta la settimana, lo ha chiamato in tutti i modi, insultato in tutte le maniere… ma Draco non aveva mai reagito prima», aggiunse Harry.
Neville annuì freneticamente, come se corroborare le parole del Prescelto con la sua testimonianza fosse di vitale importanza.
«È normale» intervenne Ginny, sedendosi accanto alla ragazza. «Loro sono fatti così quando tengono veramente a qualcuno e le insinuazioni che ha fatto Zacharias erano accuse molto pesanti, nessuno si sarebbe stato fermo. Se contate poi che sono molto protettivi…»
Dean alzò un sopracciglio, scettico.
«Sai, solo perché sembrano anaffettivi e freddi non vuol dire che lo siano veramente», sbuffò la rossa. «O che gli venga facile controllare le proprie emozioni.»
«Ehi, calma» esclamò il ragazzo. «Non sto dicendo niente. È solo che è fa ancora strano da morire stare dalla loro parte quando succedono queste cose. In genere erano loro quelli in torto.»
Ron annuì. «A volte stento ancora a crederci.»
Hermione e Ginny ruotarono gli occhi.
«Hai una Serpe nel letto, Ronald» commentò la sorella in tono cantilenante. «Da due mesi, dovresti essertene fatto una ragione a questo punto.»
«No, Gin, è sempre sconvolgente», ribatté lui, deglutendo. «Insomma, siamo tutti finiti con dei Serpeverde. Come diavolo è successo?»
Harry fece spallucce.
Nessuno di loro aveva esattamente deciso di infatuarsi di membri della Casa che per eccellenza era considerata quella rivale della propria, era successo e basta. Se avessero avuto alcun potere decisionale in merito, Hermione era sicura che nessuno di loro avrebbe optato per un voto favorevole alla cosa, Serpi e Grifoni allo stesso modo.
«Certo, Hermione e Malfoy restano imbattuti, ma…»
«Me ne vado», disse la ragazza, prima che la conversazione potesse degenerare e sfociare in una litigata.
«Non ti sto criticando!» precisò immediatamente Ron. «Ti ho detto che mi fido del tuo giudizio e tu mi hai assicurato che ti tratta con rispetto, per cui… è la tua vita, non ti dirò niente.»
Lei lo studiò per qualche istante con gli occhi assottigliati, sospettosa, ma alla fine riprese posto al tavolo.
«Io continuo a non capire come tu possa farlo», asserì, però, Seamus. «Cioè sono d’accordo nel non attaccar briga o altro e posso capire le Greengrass e Zabini, ma Malfoy, Hermione?»
«Oh, non iniziare tu ora!»
«Dico solo che… insomma, quante volte ha insultato i genitori di Neville o quelli di Harry con cattiveria inaudita? Quante volte ha insultato te? Suo padre ha persino umiliato i tuoi di genitori nel mezzo del Ghirigoro. E non sto neanche considerando le stronzate che ha fatto durante la guerra», insisté il giovane. «Ti ho solo chiesto come diavolo puoi passare sopra a tutto questo. È un dubbio lecito, no?»
Hermione aveva gli occhi lucidi per le lacrime di rabbia.
Non era facile per lei gestire la convivenza nella sua testa dell’immagine del Draco Malfoy di cui era innamorata e quella del Draco Malfoy della loro infanzia; preferiva non affrontare l’argomento, evitare di pensarci, sperando che prima o poi avrebbe avuto abbastanza ricordi belli con la prima da offuscare quelli risalenti agli albori della loro conoscenza. All’inizio di tutta quella faccenda, ci aveva quasi perso la testa, perché aveva trovato davvero estenuante non riuscire a smettere di detestare la sua vecchia versione, dal momento che non riusciva a smettere di amare quella nuova e alla fine si era dannatamente stufata di provarci, aveva ormai accettato questo paradosso nella sua esistenza, prendendolo per quello che era: un assurdo paradosso.
In generale, lo riassumeva così: odiare Malfoy, amare Draco.
Non era più difficile dell’andare in giro alla ricerca degli Horcrux senza alcuna indicazione, comunque.
Certo, in un primo momento, avrebbe voluto con tutta sé stessa rimanere fedele al suo orgoglio da Grifondoro e respingerlo? Sì.
Avrebbe voluto rinnegare quello che provava per lui per il resto della sua esistenza? Sì.
Ne era stata capace? No.
Si era aspettata che i suoi sentimenti verso il biondino potessero essere così travolgenti? No.
Aveva scelto di innamorarsi di lui? No.
Ma Hermione non se ne era neanche pentita, perché nonostante tutto, nonostante il loro passato, lui, in quel momento, la rendeva felice, anche se la loro storia era destinata a fallire miseramente, anche se un giorno sarebbe finita e le avrebbe fatto male.
Non aveva intenzione di permettere alla gente di giudicarla per aver scelto di vivere la loro relazione, quel breve momento di utopica felicità che stavano condividendo dopo gli orrori a cui avevano assistito.
Lei e Draco avevano tutto il diritto di leccarsi le ferite a vicenda se lo desideravano, di provare rimettere insieme i cocci delle loro anime spezzate dalla guerra e di essere lasciati in pace nel mentre.
Non erano affari di nessuno se non suoi, se aveva deciso di tagliare i ponti con il passato e di ricominciare da zero con lui; perché a conti fatti Draco Malfoy non era quello che si aspettava e più ci passava insieme del tempo, più si avvicinavano, più lo capiva e più se ne innamorava.
Non aveva intenzione di vedere quel briciolo di felicità che aveva guadagnato con fatica venire attaccato a destra e manca.
Loro non capivano e non l’avrebbero mai fatto, perché loro non conoscevano veramente Draco, non sapevano quanto fosse tormentato dai suoi errori, non avevano la più pallida idea che il motivo per cui gli insulti sussurrati nei corridoi al suo passaggio non lo scalfivano era il fatto che lui era dieci volte più duro con sé stesso e quelle parole non erano niente in confronto a quelle che si ripeteva da solo costantemente, nei più bui angoli della sua mente o urlandosele contro il suo riflesso nello specchio.
Hermione sperava che un giorno sarebbe riuscito a perdonare sé stesso, ma la verità era che Draco sembrava totalmente intenzionato a fare in modo che ciò non accadesse; c’erano altissime probabilità che si sarebbe assicurato di pagare per sempre il prezzo dei suoi sbagli, non aveva bisogno di gente che cercava di sminuire e vanificare i suoi sforzi di redimersi agli occhi della comunità magica o, se non quello, di migliorarsi in quanto persona.
Seamus fece schioccare la lingua e la guardò con tutta l’aria di essere sul punto di dirle un «Ma per favore!» molto seccato, cosa che la seccò pesantemente.
«Vuoi smetterla di considerarti uno stinco di santo, Seamus?» ringhiò, dunque, Hermione. «O devo ricordarti del quinto anno?»
Harry e Ron seguivano il battibecco aprendo e richiudendo la bocca dopo ogni battuta, cercando di inserirsi, se per supportare Hermione o per mettere un punto a quella litigata non lo sapeva nessuno, ma i due combattenti si colpivano con tanta rapidità da non lasciargli alcun raggio d’azione. Era quasi un duello magico, ma con parole taglienti.
«Resta, comunque, più comprensibile della tua scelta di andare a letto con un Mangiamorte!» esclamò il ragazzo, alzandosi di scatto e battendo le mani con violenza contro il tavolo, versando più di qualche bicchiere di Succo di Zucca.
La Sala Grande piombò in un silenzio tombale.
Lo aveva gridato. Seamus aveva urlato quelle parole talmente tanto forte che erano riecheggiate nella stanza e avevano zittito tutti, professori inclusi.
Hermione lo fissava livida in volto, con gli occhi sbarrati e i pugni serrati, incerta se essere più arrabbiata o imbarazzata, se sentirsi umiliata o indignata. Un attimo di esitazione dopo, la ragazza stava per ribattere, intimargli di farla di finita e ribadirgli per l’ennesima volta di non aprire bocca su cose che non lo riguardavano minimamente, quando la avvertì: la familiare sensazione di due occhi grigio ghiaccio puntati su di lei, seguita da un movimento quasi impercettibile al suo fianco e seppe immediatamente che Draco si era alzato dal tavolo di Serpeverde e si era precipitato verso quello di Grifondoro, ancor prima di averne avuto conferma visiva.
Il panico minacciò di paralizzarla, ma si tenne lucida e, infine, decise di agire secondo priorità; si voltò verso il biondino, afferrandogli un braccio con entrambe le mani e stringendolo leggermente.
«Lascia stare, Draco.»
Lui non parve sentirla minimamente.
Draco aveva le narici dilatate e i suoi occhi erano scuriti dalla rabbia.
«Te lo dirò una sola volta, Finnigan», disse con voce talmente gelida da far rabbrividire più di qualcuno tra i presenti. «E stammi a sentire bene, perché non mi piace ripetermi e stai urtando i miei nervi sin dal primo giorno», ringhiò ancora a denti stretti. «Di’ quello che ti pare su me, ma lascia fuori lei
«Altrimenti?» replicò impertinente l’altro. «Userai la Cruciatus su di me?»
«Draco, per favore…»
Hermione tirava il suo braccio, ormai con disperazione; stava sudando freddo: il biondino non poteva venire coinvolto in una rissa per due giorni di seguito e Seamus era una testa calda. Sarebbe stato un disastro se le cose fossero degenerate.
«Signor Finnigan!»
La voce della McGranitt li fece sussultare tutti all’unisono. Hermione deglutì.
«Sarà pure vero che non sono più la Direttrice di Grifondoro, ma ci tengo ancora che la mia Casa faccia una bella figura» asserì in tono severo. «Non verrà accettato un simile linguaggio nella mia scuola. Dieci punti in meno a Grifondoro. Signor Malfoy, ritorni al tavolo di Serpeverde.»
La giovane diede un altro strattone al braccio di Draco, lo guardava supplichevole, ma lui continuava a fissare Seamus in cagnesco; Hermione fu quasi certa che non avesse mai visto tanto odio trapelare dagli occhi del biondino prima e trattandosi di lei, ciò la diceva lunga.
«Signor Malfoy» ripeté con una nota d’avvertimento la Preside e Draco parve finalmente ritornare in sé.
«Sì, Preside» sibilò tra i denti.
La sua voce sembrava distante mentre pronunciava quella resa, ma non staccò gli occhi di dosso da Seamus per tutto il tragitto, il naso arricciato in una smorfia di cieca rabbia.
Hermione sospirò di sollievo quando lo vide sedersi accanto a Blaise e Daphne, che cercarono immediatamente di tranquillizzarlo, e si lasciò ricadere sulla panchina, con il capo tra le mani e gli occhi lucidi. Ginny le mise una mano sulla spalla per darle supporto e Harry e Ron la fissavano con delle espressioni alquanto lugubri stampate sul volto.
Seamus, invece, lasciò la Sala Grande subito dopo, palesemente adirato.
Si voltarono tutti a controllare che il Serpeverde non lo avesse seguito e a quella verifica seguì un altro sospiro di sollievo, collettivo questa volta.
«Mi dispiace, Hermione», le disse Dean sommessamente.
«Smettila di scusarti perché il tuo migliore amico è un completo idiota. Nessuno te ne fa una colpa, non c’entri niente tu
Il giovane annuì e tornò a consumare la colazione in silenzio.
La Sala Grande riprese vita, animata da un acceso chiacchiericcio, ma Hermione sapeva perfettamente che non stavano discutendo di Quidditch o delle lezioni a seguire. La consapevolezza che stessero commentando l’accaduto le piombò addosso, opprimendole il petto. A volte lo dimenticavano che dietro le cose che giudicavano ‘eccitanti’ c’erano persone in carne ed ossa a viverle.
«Fanno paura quando gli tocchi la ragazza o il ragazzo», commentò Ron dopo un po’. «L’altro giorno Nott mi ha chiamato traditore del mio sangue davanti ad Astoria e vi giuro che sembrava diventata alta dieci metri ed era sul punto di sputare fumo dalle narici.»
Hermione non riuscì a reprimere un sorriso alla fantasiosa rappresentazione del suo amico, ma l’ilarità durò solo per un fugace istante.
«Draco non può permetterselo, però», sussurrò, voltandosi a guardare il biondino seduto all’altro lato della stanza con aria preoccupata.
§
Lo afferrò per il mantello subito dopo Alchimia e lo trascinò in un armadio delle scope in disuso senza dire una parola. Non erano riusciti a parlare prima delle lezioni pomeridiane.
Il biondino ghignò immediatamente e fece per baciarla, ma lei lo fermò subito con un gesto deciso della mano e un cipiglio severo stampato in faccia, cancellando quel sorriso beffardo dal suo viso.
«Devi smetterla.»
Draco sgranò gli occhi. «Fai sul serio? Sei arrabbiata con me?»
«Non sono arrabbiata», affermò lei. «Sono contrariata
Lui rispose con un grugnito sardonico. «Ah, menomale allora.»
Hermione alzò gli occhi al cielo, ma poi sospirò. «Draco, non puoi permetterti altre scaramucce. Seriamente, sono preoccupata per te.»
«Devono lasciarti fuori da quelle stronzate» disse lui in tono perentorio, ignorando completamente l’apprensione della ragazza. «Li ho avvisati.»
«Draco, tu lo sai che sono perfettamente in grado di difendermi da sola» replicò lei in tono asciutto. «Te lo ricordi, vero?»
Mimò il gesto di un pugno ben assestato: un tentativo di sdrammatizzare… o forse un semplice promemoria a favore delle sue argomentazioni; Hermione decise che poteva andare bene come duplice allusione.
Lui deglutì e fece ruotare gli occhi. «Non è questo il punto.»
«Sì che lo è», asserì Hermione, impuntandosi. «Credevi che non sapessi quello che sarebbe successo quando ho deciso di stare con te? Credi che non sia in grado di gestirlo?»
«Ti ho detto», ripeté lui, «che non è questo il punto.»
La Grifondoro alzò un sopracciglio. «E qual è, allora? Sentiamo!»
«Non voglio che ti buttino addosso merda a causa mia.»
«Draco, non ho mai dato peso alle stronzate che dice la gente!» esclamò esasperata lei. «Lascia perdere! Non rispondere alle provocazioni!»
«Non ci riesco!» sbottò lui, spazientito. «Non ci riesco, capito? Non quando riguarda te! Non riesco a controllarmi, non riesco ad occludere. Non riesco a trattenermi! Io devo…»
Si interruppe e deglutì forte; respirava rapidamente, ed era palesemente nervoso.
Chiuse gli occhi e si passò una mano sulle labbra.
«Devi cosa, Draco?» domandò Hermione in un sussurro.
La guardò con il più tormentato degli sguardi che le avesse mai rivolto e poi serrò nuovamente le palpebre e sospirò, prima di rispondere a quella domanda con voce talmente bassa che la ragazza la udì a malapena.
«…proteggerti. Devo proteggerti, Hermione
Lei restò in silenzio per qualche secondo a quelle parole, elaborandole il più in fretta possibile.
«Qual è il vero problema, Draco?» chiese cautamente, dopo aver tratto un lungo e profondo respiro.
Lo vide prendersi il viso tra le mani ed esalare un suono confuso e indistinto, simile a un gemito di dolore; due secondi dopo, Hermione realizzò con estremo shock che Draco stava piangendo.
«Avrei dovuto proteggerti», disse confusamente. «Al Manor… avrei dovuto…»
Gli occhi della Grifondoro si sbarrarono.
La mente di Draco era forse la cosa che più la attraeva di lui; era complessa, il modo in cui ragionava e il filo logico che seguivano i suoi pensieri… Hermione non aveva mai conosciuto qualcuno che sfidasse la sua mente come faceva il biondino.
Ma a volte era anche frustrante, perché raramente riusciva a prevedere le sue mosse o le sue parole e se da un lato questo la elettrizzava, dall’altro la destabilizzava completamente.
Come in quel momento.
Che menzionasse Malfoy Manor non rientrava affatto nelle sue aspettative.
Draco si lasciò scivolare contro il muro e si accovacciò sul pavimento pietroso, posando il viso contro le ginocchia piegate, coperto sempre dalle sue mani.
«Avrei dovuto fare qualcosa… qualsiasi cosa…»
Hermione si accorse solo in quel momento che aveva smesso di respirare quando lui aveva fatto riferimento a quella maledetta notte, la notte più brutta della sua vita.
Cercò di riempire i suoi polmoni d’aria e poi gli si sedette accanto.
«Draco», sussurrò, sforzandosi di mantenere un tono calmo e fermo. «Non… non avresti potuto fare niente.»
Era vero ed era l’unica risposta che aveva da dargli al riguardo.
«Non farlo, Hermione», disse lui, facendo dardeggiare i suoi occhi su di lei. «Non osare darmi delle scusanti. Non ce ne sono. Lo sai. Me lo hai detto in passato. Non ho negato che fossi tu quando mia madre ti ha riconosciuta. Non ti aiutata in alcun modo. Non ti ho protetta, quando era tutto ciò che avrei dovuto fare.»
Hermione serrò gli occhi e ingoiò saliva, nel tentativo di rimediare al fatto che la sua gola si era improvvisamente seccata.
Non poteva dirgli nulla.
Non aveva nulla da dirgli, perché quel ricordo era troppo vivido nella sua mente, sulla sua pelle, e faceva troppo male per capire come lenire il suo dolore in merito ad esso.
Una parte di lei pensava di non doverlo fare affatto, che fosse lei la sola ad avere il diritto di soffrire per quanto accaduto quella notte e di essere consolata, semmai avesse avuto la forza di ammettere a sé stessa e agli altri che non lo aveva mai superato veramente.
Posò il capo contro il muro freddo. «Abbiamo deciso di ricominciare da zero.»
Lui scosse il capo lentamente. «Non posso permettermi di essere la causa del tuo dolore. Neanche indirettamente. Non posso non proteggerti, in nessun caso, non di nuovo, non più. Non azzardarti a chiedermi una cosa del genere, Granger.»
Hermione sospirò e si chinò verso di lui; gli prese il viso tra le mani e asciugò le lacrime che rigavano le sue guance.
«Voglio finire quest’anno con te», gli disse decisa. «Voglio che tu esca di qui da uomo libero e che abbia la possibilità di compiere le tue scelte, di dimostrare quanto vali veramente, di mostrare al mondo chi sei davvero.»
Fece una pausa per guardarlo negli occhi, per assicurarsi che stesse recependo il messaggio.
«Comportandoti in questo modo, rischierai di cacciarti nei guai», continuò scandendo le parole con lentezza. «E lasciamelo dire, sarebbe davvero stupido da parte tua se alla fine finissi ad Azkaban, o confinato al Manor per più tempo del necessario, per aver dato un cazzotto a un idiota.»
Draco si portò una mano tra i capelli ed emise un ultimo singhiozzo sofferto.
«Io… voglio solo che tu stia bene.»
«Allora fai questo per me», asserì decisa. «Tieniti lontano dai guai, non importa quanto ti urti quello che dicono.»
Lui alzò gli occhi al cielo, ma Hermione gli bloccò il viso per costringerlo a guardarla. «Mettiamola così, allora. Vediamo se lo capisci» precisò spazientita. «Se finisci nei guai, Draco, io non starò bene

 
   
 
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