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Autore: Lella73    15/11/2022    8 recensioni
Ho sempre sognato di poter offrire un'opportunità di vivere la propria felicità ai personaggi che ho sempre portato nel cuore. Vi propongo quindi la mia storia, che intrecciandosi alla trama nota che tutti amiamo, lascia tuttavia la porta aperta ad altri sviluppi...
Genere: Azione, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alain de Soisson, André Grandier, Oscar François de Jarjayes, Victor Clemente Girodelle
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
Capitoli:
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Spero mi perdonerà Margaret Mitchell per aver rubato una battuta al suo Retth Buttler per regalarla ad André!

Ancora un'ultima battaglia - parte 5

Le braccia conserte, seduta con le gambe accavallate su una seggiola a ridosso del muro, accanto alla porta, nel buio, Oscar pregava. A casa di Bernard aveva trovato l'aiuto e l'ospitalità di cui aveva bisogno.

Nel silenzio, il respiro di André era un rantolo regolare. Le lacrime scorrevano sul suo volto cadendo senza sosta. La memoria corse alle sante messe nella sontuosa cappella di Versailles e si rese conto che le ultime volte in cui aveva veramente pregato, con reale intenzione e cuore sincero, era stata sempre al capezzale di André: quando il Cavaliere Nero l'aveva ferito e dopo Saint Antoine.  Pensava che prima o poi le lacrime sarebbero finite, invece per quanto gli occhi le dolessero, il pianto sembrava non avere fine.

Oscar ripeteva mentalmente e incessantemente le Ave Maria una dietro l'altra, così come le diceva da bambina con sua madre, sgranando il rosario di perle, dono di battesimo della nonna materna. Le parole scorrevano nella speranza che anche le preghiere di chi era condannato all'inferno avessero diritto a un qualsiasi ascolto del Cielo… sì, perché era sicura che per lei ci sarebbe potuto essere solo l'inferno: pensava che il petto le sarebbe scoppiato per riuscire a contenere tutto il dolore e il senso di colpa per aver trascinato André… il suo André… in una guerra che sapeva non avrebbe voluto combattere, in un giorno di sangue e follia, fra una battaglia e l'altra attraverso una città che era diventata una polveriera, al solo scopo di provare a se stessa che poteva essere un buon condottiero. Sarebbe andata all'inferno per essersi ribellata alla corona cui aveva giurato fedeltà, per aver tradito la sua famiglia, per aver ucciso a sangue freddo… Sarebbe andata all'inferno per essersi presentata in casa del dottor Laçonne armata fino ai denti e aver strappato un uomo per bene alla propria famiglia, per trascinarlo attraverso una città in assedio.

Oscar cercò di soffocare un singhiozzo. Si alzò; le mancava il fiato… ma non era nulla che avesse a che fare con la sua malattia… Era una sensazione che le veniva direttamente dal profondo dell'anima: pensava che se André non si fosse svegliato, lei avrebbe smesso di respirare. Chiuse gli occhi, ma dalle palpebre chiuse riemerse l'immagine di André che cadeva, una mano al petto… li riaprì subito. Fece qualche passo e si avvicinò a lui. Dalla finestra la fioca luce della luna gli metteva in risalto il volto, segnato qua e là dai ricordi evidenti delle battaglie combattute nella giornata; i capelli ricadevano morbidi e scuri sul cuscino. Rosalie si era occupata di lui, l'aveva spogliato e ripulito, mentre lei attraversava Parigi per trovare Laçonne. 

Quando con i suoi uomini aveva raggiunto Bernard nella piazza dove si erano salutati la mattina, André era sorretto da Alain, che aveva cavalcato con lui. Oscar avrebbe voluto stargli accanto, essere lei a sorreggerlo, ma non sarebbe mai stata in grado di sopportare il suo peso senza procurargli ulteriori sofferenze.

Allungò una mano e lo accarezzò. Lo ricordò esanime nel letto, la notte dopo l'aggressione a Saint Antoine; gli era rimasta accanto fino all'alba, ma non aveva avuto il coraggio di toccarlo.

Quando erano arrivati Bernard si era immediatamente prodigato per trovare un dottore e alcuni bravi medici si erano fatti avanti tra le fila del popolo per soccorrere André… ma a lei non era bastato. Aveva avuto bisogno di gettarsi in un'altra follia per dire a se stessa di non aver lasciato nulla di intentato per salvarlo… Così aveva lasciato che lo conducessero a casa di Bernard, mentre lei si era procurata altre pistole fra le molte conquistate in quella giornata di battaglie lampo e si era messa a cavallo per cercare il suo dottore, l'unico di cui veramente si sarebbe potuta fidare. Era partita sola, al galoppo, senza dare spiegazioni, per poi accorgersi che Alain, Gérard e un altro paio dei suoi uomini l'avevano seguita senza chiedere nulla. Arrivata al palazzetto in cui viveva Laçonne aveva bussato forte, gridando e facendosi riconoscere, certa che per lei avrebbero aperto; quando il maggiordomo aveva socchiuso il portone, guardingo, aveva fatto irruzione in casa come un bandito, una pistola per ogni mano. Aveva sequestrato Laçonne ordinandogli di seguirla, senza rivolgere una parola a madame Anne, che, terrorizzata, l'aveva guardata andarsene con suo padre costretto fra i soldati, mentre disperata si stringeva a suo figlio.

Oscar si inginocchiò accanto al letto. Appoggiò la testa sulla mano di André, con il palmo rivolto sulla sua guancia. Rivide gli occhi spaventati di madame Anne… madame Anne che era sempre stata tanto gentile con lei… Oscar strinse un attimo gli occhi; sarebbe veramente andata all'inferno: aveva sottratto un padre a una figlia per riparare a un danno fatto per il proprio egoismo. 

Pensò ancora a madame Anne, sola e angosciata nella propria casa, intenta a consolare il suo giovane figlio e i servitori più fedeli, mentre lei tratteneva suo padre senza nemmeno aver avuto la decenza di dirle di non avere intenzioni ambigue, senza nemmeno averle spiegato che aveva bisogno di lui per salvare André… il suo André… Aveva sequestrato quel poveretto senza una parola, minacciando armi in pugno persone che non le avevano mai fatto altro che del bene. Si chiese come avrebbe potuto André continuare ad amarla, mentre le lacrime avevano ripreso a scendere senza sosta.

Rivide se stessa ragazzina… aveva undici o dodici anni forse...  Aveva giocato un tiro mancino alla nonna di André e questa era caduta rincorrendola nelle cucine di palazzo Jarjayes. Lei si era fermata e aveva cercato di aiutarla, ma il suo tentativo maldestro aveva finito col peggiorare la situazione. In mezzo al bailamme  di cameriere e cuoche in delirio era accorso addirittura il generale… André era sbucato dal nulla, prendendola per mano e portandola via. Lei aveva pianto, spaventata, e gli aveva detto che se fosse morta sarebbe andata all'inferno per quello che aveva fatto a sua nonna. André le aveva asciugato gli occhi e l'aveva aiutata a soffiarsi il naso. Poi aveva riso di lei. Ricordava ancora le sue parole: "Non stai per morire… e forse l'inferno non esiste.". Invece esisteva, pensò adesso lei… e ci sarebbe andata eccome. 

 

Il dottor Laçonne si asciugava la fronte con la manica della camicia. Era stanco e l'espressione tirata sul volto tradiva tutta la sua spossatezza. Seduto al semplice tavolo di legno della piccola cucina, in casa del giornalista Bernard Châtelet, beveva piano dell'acqua fresca che Rosalie aveva servito, assieme ad alcune pezze di cotone e a un catino per rinfrescarsi qualora ne avesse sentito la necessità. Di fronte a lui, il collega che l'aveva appena assistito nel lungo e delicato intervento lo guardava ammirato. "Siete un chirurgo di grande talento. Non avevo mai avuto occasione di osservare una tecnica come la vostra!" gli disse. Laçonne abbozzò un sorriso e per non sembrare scortese rispose, avviando una breve conversazione: "Vi ringrazio. Senza il vostro aiuto sarei stato tuttavia in difficoltà. Il giovane cui abbiamo tentato di salvare la vita vi deve molto per la vostra competenza e la vostra disponibilità.". I due dottori si intrattennero ancora qualche minuto; il medico che lo aveva assistito, avido di insegnamenti, incalzava Laçonne con le sue domande e questi cercava di rispondere il più dettagliatamente possibile. 

Rosalie li ascoltava nervosa. Era preoccupata. Quando madamigella Oscar aveva fatto irruzione in casa sua tenendo saldamente Laçonne per un braccio, lei lo aveva riconosciuto subito. Lo aveva visto diverse volte quando aveva vissuto a palazzo Jarjayes e spesso era stato anche ospite del generale. Anche suo marito aveva riconosciuto immediatamente il dottore: gli doveva la vita. Quando Oscar gli aveva sparato alle spalle aveva rischiato di morire, ma poi lei gli aveva fornito le migliori cure possibili e grazie alla competenza di Laçonne si era potuto riprendere perfettamente.

Oscar le aveva chiesto di offrire al dottore ospitalità; non voleva che se ne andasse finché André non fosse stato fuori pericolo. Aveva addirittura lasciato dei soldati a piantonare il portone affinché non se ne andasse…

Rosalie interruppe la conversazione fra i due medici: "Dovete perdonarla dottore! È disperata!" esclamò sedendosi sulla sedia libera fra loro. Laçonne le rivolse un sorriso stanco: "Lo so. Non preoccupatevi." le disse appoggiando una mano sulla sua con premura e gentilezza;   "Ho fatto del mio meglio." aggiunse "Ho veramente bisogno di riposare. Non c'è altro che io possa fare per André in questo momento. Ha perso molto sangue. Possiamo solo attendere e sperare che si riprenda.". Rosalie sospirò; una lacrima silenziosa le percorse il viso.  Dal tinello provenivano voci concitate: Bernard e altri uomini discutevano sul da farsi per l'indomani.

Oscar arrivò camminando con passo marziale. Rosalie si alzò correndole prontamente incontro. "Volete riposare? Cosa posso fare per voi madamigella Oscar?". Oscar la guardò un attimo… "madamigella"... quanto poco madamigella si sentiva in quel momento? Meno che in tutto il resto della sua vita. Ancora preda del senso di colpa, non riuscì a guardare Laçonne. Chiese dove si fossero riuniti i capopopolo e si avviò per raggiungerli nella stanza accanto, pregando Rosalie di restare con André.

Quando entrò nel tinello non fu sorpresa di trovare Alain alla riunione. Questi si alzò per offrirle il suo posto, ma lei rifiutò. Rimase in piedi in silenzio, ascoltando. Scoprì così che stavano progettando di assaltare la fortezza della Bastiglia. Provata dagli eventi della giornata e con il pensiero di André a riempirle cuore e mente, non ebbe voglia… o energia sufficiente… per ragionare sulla sensatezza di tale intenzione. Assorbì l'informazione così come avrebbe ascoltato in passato un ordine poco importante di un superiore. Si limitò a fare osservazioni pratiche e tattiche, che i convenuti ascoltarono con attenzione. Se ne andò quasi subito, chiamando Alain con sè.

 

Quando Oscar e Alain uscirono dal piccolo portone, trovarono i compagni accampati in strada come potevano. Era stato acceso un piccolo fuoco. Qualcuno era riuscito a procurarsi qualcosa da mangiare per tutti, alcuni giocavano a carte, altri rimuginavano in silenzio o dormivano. Oscar richiamò la loro attenzione: "Amici, ascoltatemi. Ho bisogno di parlarvi.". In un attimo li ebbe tutti intorno. Molti di loro avrebbero voluto chiedere di André, ma lei non gliene diede il tempo. Continuò immediatamente: "Domani ci aspettano altri momenti difficili. Se desiderate andarvene ne avete il diritto e avrete tutto il mio appoggio e la mia comprensione. Se invece sceglierete di continuare a lottare per la libertà, ci sarà bisogno di tutte le nostre competenze di combattimento e di artiglieria, perché saremo impegnati in un assedio.". Un brusio si levò fra gli uomini, sorpresi, ma  decisi tutti a restare. "Bene." disse Oscar in un tono neutro,  senza aggiungere altro. 

Se ne andò, inoltrandosi nella notte attraverso i vicoli. I suoi uomini la guardarono allontanarsi. Le spalle curve, il passo pesante. Alain sentì nascere nel cuore un sentimento per lui sconosciuto: un'immensa tenerezza che gli faceva provare una pena smisurata per quella figura sottile. Gli parve infinitamente sola e sentì forte il desiderio di correrle dietro per stringerla e per farsi carico del suo dolore. 

La seguì. A distanza la vide appoggiarsi a un muro e piegarsi per una tosse violenta. Non stava bene. Strinse le labbra chiedendosi se André se ne fosse reso conto. Quando la raggiunse era seduta sui gradini di una chiesa, la testa bassa, incassata fra le spalle. Alain le si sedette accanto. Oscar non alzò il capo. "Dovremmo cambiarci." gli disse. Alain inarcò le sopracciglia.  Oscar alzò lo sguardo su di lui. "Se vogliamo continuare a combattere sarà necessario procurare degli abiti civili per ciascuno di noi.". Alain le rivolse un'espressione interrogativa. Lei continuò:  "Ormai ci conoscono. Tutti sanno che abbiamo disertato. La nostra uniforme è facilmente riconoscibile e ci esporrebbe a un pericolo inutile.". Parlava sottovoce, faticando a trovare il fiato. Alain avrebbe voluto prenderla con sè, offrirle il suo petto per appoggiare la testa, le sue braccia per trovare conforto. Annuì. Rimase immobile accanto a lei. "Vedrò di procurarmi un cambio per tutti entro domattina." le rispose. "Venite ora, rientriamo." aggiunse "Domani sarà una lunga giornata… cerchiamo di riposare un po'...". 

Rendendosi conto che lei non avrebbe rinunciato all'assedio della fortezza, per la prima volta Alain si pentì di averla convinta a restare. Le avrebbe guardato le spalle, come gli aveva intimato André. Glielo doveva.

 

Quando tornò al capezzale di André, Oscar trovò Rosalie e Laçonne a vegliare su di lui. Il dottore controllava la ferita e la puliva, di tanto in tanto, raccogliendo l'essudato che ne  veniva. Oscar ebbe un moto di impazienza, alzò i pugni, piegandosi in avanti: "Perché non si sveglia?!" gridò. Rosalie accorse, cingendole la vita e appoggiando il capo alla sua spalla. Laçonne si volse. "Non si sveglia perché gli hanno sparato." rispose con semplicità, con il suo solito tono calmo e pacato. "Dovete riposare madamigella Oscar. Vi ho già parlato con franchezza, ma voi non volete darmi ascolto. Abbiamo fatto tutto il possibile per il vostro André. Ora non ci resta che attendere. Potete pregare, se credete.". Oscar sentì una rabbia impotente invaderle il petto. Allontanò Rosalie e diede un calcio alla sedia su cui aveva passato le ultime ore, rovesciandola. Rosalie la raccolse, paziente. "Venite madamigella, resterò io a pregare con voi. Sedetevi.". Oscar si lasciò cadere sulla seggiola e si prese la testa fra le mani. Rosalie le accarezzò i capelli. La lasciò solo un attimo per accompagnare il dottore nella propria stanza e offrirgli l'opportunità di usarla per riposare. Congedandosi, lo guardò negli occhi con apprensione: "Perdonatela… davvero… vi prego..." gli disse "... e aiutatela se potete.". Laçonne le appoggiò una mano su una spalla, annuendo comprensivo.

 

All'alba del 14 luglio Parigi era già in fermento. Il malcontento era esploso violento negli scontri del giorno precedente e la rabbia aveva spinto il popolo a cercare sfogo tentando di espugnare uno dei più odiati simboli del potere: la Bastiglia. 

Alain era stato di parola e grazie all'ausilio di Bernard, che aveva fatto appello all'aiuto di tutti i suoi seguaci, aveva trovato abiti civili per sè e per i compagni. Cambiandosi, aveva deciso di non separarsi dal suo fazzoletto rosso e di regalare la giubba a chi ne avesse avuto bisogno.

Oscar non si era vista. Gli uomini erano ormai pronti. Rosalie aveva dato notizie sulle condizioni di André e si era preoccupata personalmente di procurare abiti adatti a madamigella Oscar, lasciandoli ben stirati in una pila ordinata sul tavolino della stanza in cui avevano ricoverato André.

Quando Alain se ne andò, prendendo il comando del proprio reggimento, continuò a girarsi indietro più e più volte, non sapeva se nella speranza o nel timore che Oscar li stesse raggiungendo.

 

Oscar aveva passato la notte sulla sedia vegliando André, assopendosi brevemente di tanto in tanto, ripiegata su se stessa, con il capo appoggiato al letto, accanto a lui. Si era rifiutata di mangiare e non aveva parlato con nessuno. Rosalie le era stata quasi sempre vicina, con affetto e premura, lasciandola soltanto alle prime luci del mattino per andare a recuperare per lei degli abiti civili, che aveva scelto accuratamente fra quelli del marito, per poi lasciarli sul tavolino della piccola stanza, ma Oscar non vi aveva fatto caso, concentrata com'era ad ascoltare il respiro di André: un rantolo regolare e doloroso che le dava l'impressione di lasciare lei priva di aria e di fiato. L'alba del 14 luglio la sorprese intenta ad accarezzargli i capelli con una tenerezza infinita, mentre pregava incessantemente per lui. 

Quando il dottore li raggiunse per controllare le sue condizioni non fece domande. Non voleva sentirsi dire nuovamente che André non si svegliava perché gli avevano sparato… non era certa di essere in grado di sopportarlo. Lo sapeva che gli avevano sparato! La consapevolezza che Girodelle l'avesse colpito solo per fare del male a lei le scavava una voragine nel cuore. Guardò in silenzio Laçonne aprire le bende e medicare la ferita con gesti rapidi e sapienti e quando se ne andò rimase sempre in silenzio, in piedi, appoggiata al muro con le braccia conserte, fissando per un tempo interminabile il volto dell'uomo che amava, con un senso crescente di impotenza, che si trasformò presto in un nodo sempre più pesante in mezzo al petto. L'inattività la faceva sentire ancor più irrequieta e nervosa. Sentì di doversi ribellare a quell'immobilità o sarebbe impazzita.

Uscì dalla stanza repentinamente,  raggiungendo il dottore e Rosalie nella cucina ormai immersa nella luce del mattino, al piano inferiore. Per la prima volta da che aveva fatto irruzione in casa sua, sequestrandolo,  Oscar ebbe il coraggio di parlare a Laçonne guardandolo negli occhi: "Io vi prego," gli disse "non lasciatelo.". La voce le si incrinò appena e gli occhi le si inumidirono; "Non lasciatelo…" aggiunse piano, per poi uscire con passo deciso per inoltrarsi fra i vicoli di una Parigi in tumulto.

 

La Bastiglia sembrava un mostro in procinto di divorare tutto intorno a sè: i cannoni puntati sulla città, l'ingresso barricato, i fucilieri nascosti dietro le feritoie e il luccicare delle baionette alla luce del sole. Alain pensava a sua madre e a sua sorella, già in salvo lontano da Parigi e cercando di dirigere i compagni si domandava come facesse Oscar a sapere sempre come muoversi:  mentre spiegava dove sistemare l'artiglieria e insisteva per far innalzare barricate più alte, pensava che il suo comandante avrebbe saputo con precisione a chi assegnare ogni singolo compito. Avrebbe impartito ordini chiari e precisi e tutti si sarebbero sentiti in qualche modo protetti dalla sua fermezza. Ripensando alle azioni del giorno prima, Alain si rese conto che Oscar riusciva sempre a mantenere una visione di insieme che le permetteva di valutare con distacco e freddezza la situazione, in modo da gestire i suoi uomini come un corpo unico, garantendo in questo modo la massima sicurezza possibile a ciascuno di loro. Valutava rapidamente rischi e vantaggi, rimaneva ferma nei momenti di confusione e in battaglia sembrava mantenere sempre il sangue freddo. Rivide in un istante la precisione con cui il giorno prima aveva colpito il comandante delle guardie reali: benché sconvolta, le era bastato un solo istante per prendere la mira e andare a segno.

La folla tutto intorno era un'unica massa roboante; esasperati e spaventati dai cannoni puntati su di loro e sulle loro case, gli insorti si muovevano senza costrutto. Alain osservava nervoso Bernard spostarsi da una parte all'altra mentre cercava disperatamente di indirizzare la gente in una qualsiasi idea di ordine e pensò che fosse decisamente meglio come intellettuale che come uomo d'azione… Sperò che potesse tornare a casa da sua moglie quella sera: dalla fortezza avevano iniziato a sparare e a bombardare e ovunque le persone cadevano come mosche. L'odore della polvere da sparo, del sangue e della carne bruciata riempiva le narici; il fumo e la polvere si spostavano nell'aria in folte nubi coprendo l'azzurro del cielo e il caldo era opprimente. Cercò di organizzare i compagni per poter iniziare a contrattaccare.

Dal frastuono una voce roca e perentoria lo sorprese alle spalle: "Perché i nostri cannoni non stanno sparando?", il tono chiaro e deciso, quasi simile a un rimprovero. Alain si volse per vedere Oscar correre verso di lui e i compagni, schierati sulla prima linea con l'artiglieria pesante. Bellissima, sempre e ancora nella sua uniforme blu da comandante, saltò agilmente uno dei cannoni per portarsi al centro dell'azione. I lunghi capelli biondi sembravano quasi surreali in tutto quell'inferno di polvere e di fumo.

 

Oscar organizzò rapidamente il contrattacco e anche i cannoni degli insorti iniziarono a sparare, colpendo la fortezza con precisione. Il fragore era assordante e i colpi si susseguivano regolari ai suoi ordini, mentre i capelli volavano a ogni scoppio, vittime del violento spostamento d'aria delle esplosioni. Alain la guardò rapito: la spada alzata, la schiena dritta, l'espressione esaltata… gli sembrò danzare a ritmo con il rombo dei cannoni; in mezzo al grigio, al fumo, alla fuliggine e alla polvere, così bella e altera nell'uniforme blu, era come un fiore prezioso in mezzo al fango. Alain aggrottò la fronte: non era possibile non notarla… Se ne accorse tutto in una volta: non si era cambiata come tutti loro; sembrava anzi ostentare la sua uniforme con spavalderia. 

Una nube di fumo si spostò e uno sprazzo di cielo estivo azzurro comparve sopra le loro teste. Alain alzò il capo, le orecchie sorde per il troppo frastuono; un volo di colombi passò indifferente e gli sembrò fuori luogo in mezzo a quell'orrore. Seguì con lo sguardo la traiettoria delle carabine puntate dalle feritoie della fortezza e gli mancò il respiro. Si mosse con tutta la velocità di cui fu capace, afferrando Oscar giusto in tempo per trascinarla con sè, stretta fra le braccia, dietro le barricate, mentre i colpi dei fucili, uno dopo l'altro, andavano a infrangersi sulle pietre del selciato e contro le bocche dei loro cannoni. Caddero a terra, Alain le nascose il capo contro il suo petto, abbracciandola con disperazione e tenendo gli occhi chiusi, mentre sentiva schegge di proiettili piovere ovunque. Allentò la presa solo per trascinarla più indietro, al riparo delle barricate, fra i cannoni. "Lasciami stare! Lasciami andare Alain!" gridò Oscar, cercando di divincolarsi, mentre lui la tratteneva. Si alzarono in piedi; Alain le prese le braccia con le mani avvicinando il proprio volto al suo viso: gli occhi azzurri sembravano ancor più chiari visti da così vicino. "Perché diavolo non vi siete cambiata? Perché non restate al riparo?" urlò. "Non ho bisogno di nascondermi da nessuno! Lasciami andare!" ripeté lei arrabbiata, cercando di liberarsi da lui e di riconquistare la sua postazione di comando. Alain inizialmente non la trattenne, ma poi la seguì e la costrinse a voltarsi e a guardarlo in faccia, afferrandola per un braccio con una presa salda: "Cosa state cercando? Una pallottola?". "Lasciami! Voglio combattere la mia battaglia!" le fiamme negli occhi, il fiato corto, Oscar cercò di liberarsi strattonando il braccio, ma Alain non la lasciò. "Smettila Oscar dannazione! O ti farai ammazzare!". Colpita più dal tono disperatamente confidenziale che dalla sua forza, Oscar si fermò. Smise di lottare contro di lui e allora finalmente Alain lasciò la presa su di lei. Oscar raddrizzò le spalle e  la schiena e guardandolo fisso negli occhi, con aria di sfida, si slacciò rapida la giubba, si tolse l'uniforme e la scagliò a terra con rabbia, sollevando la polvere. La camicia bianca si apriva in una profonda scollatura e la faceva sembrare assurdamente fragile e allo stesso tempo sensuale in mezzo all'inferno che bruciava attorno a loro. "Sei soddisfatto adesso? Lasciami in pace!" gridò Oscar, caparbia e rabbiosa, senza distogliere lo sguardo un istante. Alain indietreggiò di un passo. "Vi prego, restate al riparo…" le disse, raccogliendo la giacca da terra. Oscar non gli rispose. Si allontanò, tornando a dirigere il contrattacco, ma non riprese la sua posizione in prima fila, davanti ai cannoni. Continuò a camminare fra i suoi uomini, mantenendo alta la concentrazione di tutti e facendo in modo che i colpi si susseguissero  uno dopo l'altro, incalzanti,  non lasciando alcuna tregua alla fortezza; nei muri si erano aperte ormai numerose brecce e la resistenza dall'interno iniziava a indebolirsi. Oscar corrugò la fronte: ormai era questione di poco. La Bastiglia sarebbe caduta.

 

Improvvisamente, come un drago cui fossero state spezzate le ali e le zampe, la fortezza capitolò e gli insorti iniziarono a entrare come un fiume inarrestabile. Oscar osservò la scena, ricordando l'orrore dell'aggressione a Saint Antoine; per un istante rivide con gli occhi della mente il corpo martoriato del cocchiere che aveva prontamente fatto recuperare affinché la famiglia avesse almeno una salma da seppellire. Era stato calpestato e vilipeso e quando l'avevano riportato a palazzo Jarjayes a lei non era era nemmeno riuscito di riconoscerlo. Gli erano persino stati rubati gli indumenti e le scarpe; il volto non esisteva più. Ricordò di aver proibito alla moglie di vederlo.

La folla inferocita correva a riversarsi all'interno della Bastiglia. Avrebbe dato sfogo nel peggiore dei modi alla propria rabbia e all'odio maturato in anni di soprusi. Si guardò intorno chiedendosi dove fosse Bernard; nemmeno lui sarebbe riuscito a dare un freno alla rabbia.

I soldati della guardia lasciarono le proprie postazioni dietro ai cannoni per raggiungere il loro comandante, pronti a seguirla in battaglia e ad obbedire ai suoi ordini. Oscar li guardò orgogliosa: pur senza uniforme, vi era in loro un portamento fiero che li riempiva di dignità.

"Amici!" disse loro "Abbiamo svolto il nostro compito. Andiamocene. Se vorrete fare irruzione nella fortezza, avrete il mio appoggio e la mia stima, ma io non verrò. La furia del popolo diventerà inarrestabile e questa giornata finirà nel terrore. Conosco bene ognuno di voi: siete bravi uomini,  uomini perbene. Rimanete tali. Conservate la vostra onestà e la vostra integrità.". Lasalle le si avvicinò: "Avete ragione comandante!". Oscar gli sorrise; "Questo non è che l'inizio. Ci saranno molte altre battaglie. Ricordatevi sempre di battervi non solo per la libertà, ma anche per la giustizia.". Improvvisamente si sentì immensamente stanca. Notò la giacca della sua uniforme appesa al carro di uno dei cannoni. Alain doveva averla raccolta. Sentì un moto di tenerezza, ma non seppe riconoscere se per quel gesto, o per se stessa nell'aver ritrovato la propria armatura, che pensava perduta. Si mise seduta sull'asse di legno fra le ruote, alzando il capo alla ricerca d'aria e chiudendo un attimo gli occhi.

 

Alain guardava Oscar seduta dietro a un cannone, appoggiata all'asse  fra le ruote del carro: le lunghe gambe accavallate, il volto sporco di polvere e fuliggine alzato a lasciare il collo sottile a fare bella mostra di sè, le palpebre abbassate e le labbra appena dischiuse; le braccia seguivano il busto e le mani poggiavano sull'asse di legno grezzo. L'uniforme blu che lui aveva raccolto era appesa accanto a lei e la camicia bianca, con le maniche rimboccate, lasciava scoperta una porzione di pelle chiara sopra i polsi. L'aveva vista combattere, perfettamente a suo agio con le armi in pugno nel vivo della battaglia, eppure in quel momento tutto in lei gli sembrò delicato e assolutamente fuori posto in mezzo al frastuono e al delirio che continuava tutto intorno a loro. Dal biondo dei suoi lunghi capelli, alla forma aggraziata ed elegante delle sue mani, ogni cosa di lei gli parve preziosa e bellissima.  I compagni raccoglievano quel che era necessario portare via e gli insorti si spingevano verso l'interno della fortezza, gridando e lanciando pietre, bastoni e qualsiasi altra cosa potesse essere scagliata per offendere; alcuni erano armati e scoppi di fucile si susseguivano allarmanti. 

Oscar spalancò gli occhi, il pensiero di André stretto nel cuore. Ora aveva combattuto abbastanza. Non le restava che combattere per lui… per loro…

Si alzò e si sorprese vedendo Alain venirle incontro a grandi falcate. Fece un passo in avanti, immaginando avesse qualcosa da dirle, invece quando la raggiunse le afferrò un polso e la trascinò verso di sè, stringendola e baciandola appassionatamente, sotto lo sguardo incredulo dei compagni, in mezzo al tumulto della folla che riempiva la fortezza.

 

Alain sentiva il cuore pesante rimbombargli nelle orecchie; non era l'eccitazione della battaglia né il riverbero del frastuono: era lei. Lei che aveva occupato ogni suo pensiero, lei che adesso era sola, lei che desiderava in una maniera che non avrebbe mai creduto possibile. Decise che si sarebbe arrogato il diritto di averla: solo una volta, solo un istante, solo per un bacio. Voleva sentire il suo sapore, affondare le mani fra i suoi capelli, cancellare tutto quello che non poteva essere e non poteva avere per un'unica volta. 

La vide alzarsi e marciò verso di lei a grandi passi. Lesse lo stupore sul suo viso mentre avanzava veloce verso di lei  e quando la raggiunse la afferrò per un polso per attirarla verso di sè, una mano già sulla nuca per trattenerla. Non le diede il tempo di parlare, di chiedere o di protestare. Aprì la sua bocca su quella di lei, baciandola profondamente, cercando avido la sua lingua per far proprio il suo sapore, stringendo forte a sè il suo corpo esile per imprimersi nella memoria la morbidezza delle sue forme, che si disegnavano contro di lui, costrette nel suo abbraccio. La sentì immediatamente  respingerlo, mentre i compagni iniziavano ad avvicinarsi, ma non la lasciò.

 

Oscar vide troppo tardi negli occhi di Alain il suo sguardo cupo e determinato. Quando si rese conto delle sue intenzioni aveva già la sua bocca premuta sulla propria e il sapore del tabacco che le invadeva, prepotente e fastidioso, il gusto e l'olfatto. Lo respinse subito, non rispondendo al suo bacio e cercando di allontanarsi da lui, una mano premuta contro il torace e l'altra sul volto. Strinse le dita sullo zigomo e sulla mascella, conficcandogli le unghie nella pelle e graffiandolo fino a farlo sanguinare, ma lui non la lasciò. La barba sfatta era ruvida sulle labbra e sul mento. Costretta contro  il petto di Alain, Oscar sentiva le sue mani imporsi su di lei e sulla sua volontà, premendo sulla vita e dietro la nuca. Estrasse la pistola e finalmente lui la lasciò. Alain non si allontanò, non si difese; rimase immobile davanti a lei mentre i compagni li guardavano attoniti. Oscar fece due passi indietro puntandogli addosso la pistola che teneva stretta nella mano. Per la prima volta si trovò a tremare con un'arma in pugno, mentre lacrime di rabbia iniziavano a scendere, lasciando sul suo volto righe chiare fra la polvere. Si sentiva umiliata, ferita e profondamente offesa. Lo guardò senza distogliere lo sguardo. "Ti credevo un amico." gli disse, poi abbassò la pistola e si avviò, allontanandosi con passo malfermo e incespicando fra le macerie sparse sul selciato. Alain si volse, guardandola andarsene, mentre un dolore sordo gli riempiva il petto e l'anima, nella consapevolezza di averla persa per sempre. Sapeva di averla ferita, sapeva di averla delusa, ma non c'era spazio in lui per riconoscere il rimorso, perché era troppo forte la sofferenza nel comprendere che non sarebbe mai potuta essere sua.

Jacques gli si avvicinò: "Hei amico, André ti ammazzerà…". Alain gli offrì un sorriso beffardo, affondando le mani nelle tasche dei pantaloni e scalciando lontano un sasso. "Solo se glielo direte!" rispose ridendo. Un altro compagno lo raggiunse. "Cazzo Alain! È stato come vederti baciare mia madre!"; scoppiò una risata fragorosa. Alain si ascoltò ridere, mentre dentro si sentiva spegnere come una candela sotto a un bicchiere capovolto.

 

Gérard aveva visto Alain avvicinarsi spedito al comandante, ma dopo la fuga all'uscita dell'Abbazia e con André che stava lottando per la vita, non si era neppure potuto immaginare che quelle fossero le sue intenzioni. Quando l'aveva visto baciarla si era dispiaciuto: si era dispiaciuto per lei, perché le veniva usata una violenza che sicuramente non meritava… e si era dispiaciuto per lui, perché era stato così stupido da non rendersi conto del male che stava facendo andando a rubare un bacio che davvero non gli sarebbe mai spettato. Quando aveva visto il suo comandante, lei sempre così gentile, lottare per liberarsi, si era avvicinato per aiutarla, ma poi lei aveva estratto la pistola e finalmente Alain l'aveva lasciata andare. Ora guardava lui e i compagni ridere, mentre lei si allontanava sola in mezzo a quell'inferno che ancora non era finito. Pensava che tutti stessero ridendo perché si vergognavano e davanti a una cattiveria perpetrata gratuitamente non erano capaci di dire a un amico che aveva sbagliato. Lui no. Questa volta non avrebbe avuto paura. Si avvicinò e mise una mano sulla spalla di Alain; "Sei veramente uno stronzo." gli disse, guardandolo negli occhi. Prese la giubba dell'uniforme, che il comandante non aveva più potuto recuperare, e corse per raggiungerla. Già lontana, camminava con le spalle curve e la testa bionda si perdeva tra la folla.

 

Oscar camminava piangendo. Il fiato si faceva sempre più corto mentre cercava di farsi largo per allontanarsi dalla fortezza, fra la gente che la urtava e che improvvisamente le parve una massa senza volto. Il sapore di tabacco di Alain le riempiva ancora la bocca e le provocava una crescente sensazione di nausea. Pensava ad André che non si svegliava, all'inutilità di aver combattuto e all'assurdità di averlo voluto fare. Pensava all'amicizia tradita di Alain, su cui invece aveva tanto contato in quei giorni di battaglia e si sentì infinitamente sola. Il bisogno impellente di vomitare le ricordò prepotentemente la sua gravidanza e si defilò nel primo vicolo che si aprì alla sua destra, per appoggiarsi al muro scrostato di un caseggiato dalle finestre troppo strette e lasciarsi andare a un conato violento, che le scorticò la gola e al quale ne seguirono altri. Non mangiava da più di due giorni. Pensò di vomitare l'anima, perché le sembrava che non le restasse altro, mentre continuava a piangere lacrime di rabbia.

Cercando di raggiungerla, Gérard la scorse quasi per caso, nell'ombra del vicolo in cui si era rifugiata. La vide vomitare e corse verso di lei, preoccupato, per aiutarla. Cercò di sorreggerla ma Oscar lo allontanò con un gesto furioso, allora si ritrasse e appoggiò la giacca che portava per lei al davanzale sporgente di una piccola finestra, per poi cercare nuovamente di avvicinarsi. Debole e troppo stanca per continuare a ribellarsi, Oscar lasciò che le cingesse le spalle e le tirasse indietro i capelli, mentre cercava di pulirsi la bocca col dorso della mano. Il clamore e il frastuono della battaglia sembravano finalmente  lontani e arrivavano attutiti nell'ombra fra i palazzi alti. "Comandante, non state bene…" disse piano Gérard. Oscar alzò il viso verso di lui e per la prima volta le parole, troppo a lungo trattenute, le uscirono come un fiume: "Lo so Lasalle. Non sto bene. Ho la tisi e sono incinta. Sono incinta e André non si sveglia perché gli hanno sparato per colpa mia… e non sono più comandante di niente". Parlò a voce bassa, ogni parola bruciava nella gola e nell'anima. 

Lasalle la sostenne, aiutandola a camminare per qualche passo, per poi sedersi accanto a lei sui gradini antistanti un androne buio. Cercò nelle tasche e le porse un fazzoletto che lei afferrò bruscamente, usandolo poi per tamponarsi le labbra. "Vedrete che si sveglierà comandante. Non lascerà soli voi e vostro figlio. Si prenderà cura di voi. Vi vuole bene. Alain dice che André è innamorato di voi da tanto.". Oscar alzò una mano in un gesto infastidito e abbassò la testa, nascondendo un'espressione di dolore. Lasalle si sentì in imbarazzo: non avrebbe dovuto parlarle di Alain! Arrossì e impacciato cercò immediatamente di rimediare: "Mi dispiace per Alain comandante, davvero… Non so cosa gli sia saltato in mente… non si era mai comportato così con il colonnello d'Agoult…" si morse la lingua, ma Oscar aveva già alzato lo sguardo su di lui e lo fissava con le sopracciglia inarcate, un'espressione di divertito stupore sul volto. "Ma davvero?!?" gli disse ironica "Il colonnello non ha mai avuto di questi problemi con Alain?!?". Scoppiò a ridere suo malgrado. "E per fortuna!" aggiunse. Ridendo si alzò, seguita immediatamente da Lasalle. "Torno da André." gli disse. "Vi accompagno!" rispose Gérard ancora in imbarazzo, lo sguardo basso. Si avviarono fianco a fianco, camminando in silenzio. Oscar gli rivolse uno sguardo obliquo e gli diede una pacca sulla spalla. Le fu impossibile trattenere un sorriso: "Scommetto che il colonnello d'Agoult è proprio contento che Alain non si sia mai comportato in questo modo con lui…". Questa volta Lasalle rise con lei, poi si arrestò improvvisamente e tornò di corsa nel vicolo. "Aspettate comandante!" gridò correndo. Oscar lo vide sparire nell'ombra per poi tornare da lei con la sua uniforme in mano. "Tenete!" le disse. Oscar riconobbe immediatamente la sua divisa e la afferrò con gratitudine:  "Grazie Lasalle. Sei un uomo buono." gli disse.

 
   
 
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